17 aprile 2008 – DIO NEL CIELO E « SOTTO I NOSTRI PIEDI »
sto rileggendo la presentazione di San Paolo apostolo ai Romani di Jean-pierre Lémonon, Lettere di San Paolo, già utilizzato per qualche commento sulle lettere. La comunità di Roma era composta di da cristiani di origine giudaica e da cristiani di origine ebraica, i pagano-cristiani, come li chiama il biblista, stavano aumentando di numero e l’attrito tra le due « anime » si rafforzava, inoltre i pagano-cristiani cominciano a ritenere che Israele avesse perduto il suo posto nel « piano misterioso di Dio », Paolo, senza ignorare nessuno, si rivolge in primo luogo ai pagano-cristiani, scrive Lémonon a pag 36 del libro, che tendono a rifiutare l’antica Alleanza, Paolo più volte nella lettera afferma che il messaggio di salvezza non annulla l’anteriorità della fede di Israele;
Paolo scrive ancora nella Lettera ai Romani 11,16-24 che nell’ulivo buono che è Israele sono stati innestati i rami d’ulivo selvatico che sono i pagani. E san Paolo, l’antico fariseo divenuto «l’apostolo delle nazioni» dirà ai pagano-cristiano: «Non menar tanto vanto; non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te» (Rom. 11, 18)…è l’ebreo che ti porta.
La considerazione che mi viene da fare, ed è molto tempo che ci penso, che anche noi oggi siamo tentati a vedere ed anche a credere in un cristianesimo a partire da Gesù – ossia storicamente da Gesù – e a dimenticare la « storia » della salvezza;
la Croce di Cristo estende le sue braccia su tutta la storia e al di sopra di essa, niente è perduto del passato, ma tutto è disegno di Dio, la storia della salvezza, l’antica – e sempre nuova perché mai rinnegata da Dio – alleanza precorre la venuta di Cristo e sta, comunque. alla radice della nostra fede;
di più, oltre l’oggi temporale delle cose che facciamo, di ciò che crediamo, c’è il futuro che vorremmo progettare, ma che ci sfugge sempre dalle mani; il « disegno di Dio » nel pensiero di San Paolo – nell’annunzio di Cristo, nei vangeli – si protende anche verso il futuro;
direi, inoltre, che la storia della salvezza « sovrasta » anche la storia stessa per entrare nell’eternità: dall’eternità di Dio arriva la rivelazione, le tavole della legge, l’Alleanza, Gesù dopo la sua morte ritorna al Padre, la sua storia va verso l’eternità che sembra esser lo stesso Dio;
in Paolo c’è la necessità urgente, pressante, appassionata di predicare Gesù, morto e risorto, ma anche che tutto, il tutto, è al di sopra del contingente, l’amore di Cristo è al di sopra di tutto: « Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? …Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore. » (Rm 8, 35-39), questo viene chiamato, titolo della Bibbia: « Inno all’amore di Dio »;
ma poi prosegue, leggo Rm 11,16-18: « Se le primizie sono sante, lo sarà tutta la pasta; se santa è la radice, lo saranno anche i rami. Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, essendo oleastro, sei stato innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della linfa dell’olivo, non menar tanto vanto contro i rami! Se ti vuoi proprio vantare, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te. »;
tutta la storia, da quando Dio si è compiaciuto della sua creazione, va verso Cristo, va verso il Padre, è proprio lo sguardo Paolo – pur annunziato la salvezza di Cristo nella storia, in luoghi e città precise, a persone spesso conosciute – che rimanda oltre il contingente al di sopra della vita e della morte;
così come la storia – ed in fondo è a questo discorso che volevo arrivare – sembra che camini sopra l’eternità, sopra Dio stesso;
l’eternità – in Paolo, ma anche in tutta la Scrittura – sembra spuntare sotto i nostri piedi, come i fili d’erba e, sembra, ugualmente, venire dal cielo;
noi non poggiamo i piedi su di un suolo dove sotto c’è solo la terra dove si seppelliscono i morti, ma sotto i nostri piedi c’è Dio; nella terra è stato sepolto Cristo, come seme che porta frutto; dalla terra fino al cielo si innalza il braccio verticale della croce, dal passato verso il futuro le braccia orizzontali della croce ed oltre;
nella fede di Paolo, nella sua certezza, mi sembra di intravedere l’abbraccio di Dio, leggiamo nel salmo 139 che il salmista rende lode a Dio per la sua presenza nella sua vita: Dio lo « circonda », egli trova Dio nel cielo, ed ecco lo trova anche negli inferi, posto il salmo 139 da 1 a 10 (sono 24 versi):
Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.
Signore, tu mi scruti e mi conosci, 2 tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri, 3 mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie; 4 la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta. 5 Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano. 6 Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo. 7 Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza? 8 Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti. 9 Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare, 10 anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.