PAOLO, UN’AUTOBIOGRAFIA IN GAL 1,11-24
questo è il titolo che la BJ edizione italiana da a questa parte della lettera ai Galati, l’interpretazione di questa lettera non è facile, a detta anche di Mons. Ravasi – sto leggendo il suo commento ai Galati – quello che mi interroga è proprio questa presentazione molto personale, questo annuncio del vangelo che Paolo fa in questa parte della lettera; ho in mano una, abbastanza breve, spiegazione di Mons. Ravasi, la propongo, stralciandola dall’intero commento alla lettera paolina, perché sembra una sorta di autobiografia che Paolo fa, una autobiografia nella quale il protagonista non è più Paolo con la sua storia: la nascita gli studi, la conversione ecc., i luoghi dove è nato, cresciuto, ma una biografia che parte da Gesù, il primo personaggio di questa non è più Paolo stesso, ma Gesù il primo protagonista, Paolo non si mette al centro della sua storia, ma mette Gesù Cristo al centro della sua storia, e questo a me sembra un passaggio particolarmente importante, sia delle lettere, sia della persona di Paolo, della sua fede; come un indicare a chi ascolta la sua parola, legge le sue lettere, chi è veramente al centro della vita dell’uomo; questo il mio pensiero, ora ascoltiamo ciò che dice Ravasi:
un breve passaggio dall’ introduzione a questa parte:
« Teniamo… presente che Paolo, come apostolo e pastore, è profondamente coinvolto nel messaggio che annuncia e che da noi viene richiesta l’apertura del cuore, perchè tocchiamo le radici del nostro credere cristiano, perché diventi anche in noi efficace e non rimanga «
commento a Gal 1,11-24, il commento prosegue fino a 2,14 considerando un’unica unità, ma io mi fermo a questo breve, ma intenso scritto, la parola a Mons. Ravasi:
« IL VANGELO ANNUNCIATO DA PAOLO (Gal 1,11-2,14 – lettura solo di 1,11-24)
… che con la parola Paolo non intende il testo scritto, ma la persona stessa di Gesù Cristo che è tutt’uno con il suo messaggio. Sappiamo anche che Paolo ripete che non esiste altro vangelo al di fuori di quello da lui annunciato.
a) Origine del vangelo annunciato da Paolo
Paolo puntualizza l’origine, la genesi del vangelo. Vediamo come egli esprime ciò nella lingua greca, usufruendo della potenzialità espressiva di tre preposizioni che nella traduzione italiana va un po’ perduta. In 1,11-12 egli scrive:
<Vi dichiaro, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull’uomo; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo>
Innanzitutto l’espressione è una parafrasi; in greco c’è semplicemente Katà ànthropon, , .
Dice poi: , in greco parà anthrópou,cioè non l’ha ricevuto
, per derivazione (parà) umana. Da una lato quindi un vangelo che non è fondato su ragionamenti umani, dall’altro la sua trasmissione che non è avvenuta attraverso la comunicazione normale da uomo a uomo, il dialogo intraumano.
Infine Paolo dice:
, in greco: dià apokalýpseos, che Gesù Cristo ha fatto.
Il movimento indicato delle tre proposizioni originali è comprensibile anche a chi non sappia il greco: si parte dal basso con katà in riferimento alla fondazione non umana; parà esprime lo scorrimento orizzontale, il canale umano; ambedue le cose vengono escluse; infine dià indica la vera mediazione, che è verticale, viene dall’alto, è rivelazione.
Usando ora il linguaggio teologico possiamo dire che Paolo sottolinea il carattere trascendente del vangelo da lui predicato: non sboccia da terreno umano, ma scende dal cielo di Dio.
b) Forza dell’evangelo
Dopo averne esposto l’origine, Paolo passa a considerare la forza del vangelo, realtà divina efficacie, potente, che non nasce da semplici meccanismi o dinamismi umani, che non è prodotto del nostro volere, della nostra esperienza, del nostro desiderio, ma si compie come dono dall’alto. Lui stesso, Paolo, ne è una prova, un testimone: il vangelo ha distrutto ogni sua opposizione istantaneamente con un’irruzione dall’esterno. In questo contesto, Paolo riprende la parola apokálypsis, che aveva usato poco prima, e specifica , . Paolo racconta in prima persona con poche pennellate la sua conversione, narrata anche negli Atti degli apostoli, con gli interventi stilistici tipici di luca, per ben tre volte (c. 9, 22 e 26). Qui vi è messa alla radice la forza stessa del vangelo, il messaggio di salvezza del Cristo.
<Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri> (1,11-15)
È il passato di Paolo, l’orizzonte lascito alle spalle dopo esservi stato profondamente immerso, avvolto in esso come in una ragnatela che lo possedeva integralmente.
<Ma (ecco il ‘ma’ delle grandi svolte) quando colui che mi scelse fin dal senso di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me (in greco abbiamo en emòi, quindi non ‘a me’, ma ‘dentro di me’ ) suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare uomo...> (1, 16-17).
Le poche volte in cui Paolo accenna alla sua conversione, alla chiamata e all’ in lui del Cristo, usa lo schema:
; al centro si inserisce la lama che trafisse la sua esistenza.
c) Sviluppo nella biografia di Paolo del vangelo da lui annunciato
Qui Paolo si lascia prendere dal filo autobiografico che lentamente si configura come elemento teologico. Ci interesseremo, ora, di una questione storica, cioè della vicenda personale di Paolo, perché essa ha continui riverberi, connotati e qualità di tipo teologico. È il messaggio che dobbiamo con attenzione scoprire e non la semplice informazione storica.
1) IL RITIRO NEL DESERTO
Paolo dice: . È un breve cenno autobiografico nei vv. 16-17:
<...senza consultare nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi tornai a Damasco.>
Dopo l’evento sulla via di Damasco, la conversione, egli non va a Gerusalemme, si ritira in Arabia. Col termine Arabia si indicava una regione sterminata, Paolo intende probabilmente la zona meridionale dell’attuale Giordania, L’Arabia Nabatea, dove passavano le carovane dei famosi mercanti nabatei che diedero origine a quella singolare, unica e stupenda città che è Petra. »
il testo di Ravasi prosegue da 2,1 quando Paolo, in seguito va a Gerusalemme.