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29 SETTEMBRE. SANTI ARCANGELI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE

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29 SETTEMBRE. SANTI ARCANGELI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE

In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico».
Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!» . Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo»
(Dal Vangelo secondo Giovanni 1, 47-51)

Vedere il cielo aperto, il desiderio più intimo di ogni uomo. Vederlo ora, in questa storia concreta che stiamo vivendo. Il sogno di Giacobbe, cui fanno riferimento le parole di Gesù, è un’immagine della fede: vedere in ogni evento una scala ben piantata sulla terra ma che sale sino al Cielo. E, nel Cielo aperto, contemplare il Figlio dell’Uomo, il Signore Gesù Cristo risorto dalla morte. Senza questa scala non possiamo vivere in pienezza, gli eventi, le esperienze, ogni aspetto della nostra vita scorre via senza senso, anche se vissuto intensamente. Senza questa scala la via diviene come quella dei « molti che, credendosi degli dei, pensano di non aver bisogno di radici, né di fondamenti che non siano essi stessi. Desidererebbero decidere solo da sé ciò che è verità o no, ciò che è bene o male, giusto e ingiusto; decidere chi è degno di vivere o può essere sacrificato sull’altare di altre prospettive; fare in ogni istante un passo a caso, senza una rotta prefissata, facendosi guidare dall’impulso del momento. Queste tentazioni sono sempre in agguato. È importante non soccombere ad esse, perché, in realtà, conducono a qualcosa di evanescente, come un’esistenza senza orizzonti, una libertà senza Dio » (Benedetto XVI, Madrid 2011). La scala che ha visto Giacobbe è la garanzia di un fondamento sicuro e di un orizzonte certo; la scala di Giacobbe è la Croce del Signore, piantata nella storia nostra di ogni giorno e la « cui cima tocca il Cielo », come recita un inno della Chiesa primitiva.
La scala di Giacobbe ci svela il mistero racchiuso negli eventi della nostra vita: essi non sono qualcosa di evanescente, ma « guardano » al Cielo. Di più, ogni avvenimento che ci coinvolge è « contemporaneo » del Cielo, mentre lo viviamo qui sulla terra esso è « trascritto » lassù. Ogni istante ha un valore eterno, è parte di una storia che trascende il tempo e lo spazio, è unico, irripetibile e santo in Dio. Per questo Gesù ci dice che vedremo cose più grandi, cose meravigliose: esse sono tutte le cose che ci riguardano e che, in Lui, nella sua vittoria sulla morte, oltrepassano l’attimo fuggente, sconfiggono l’ineluttabile scorrere ed evaporare del tempo. Le cose più grandi sono le nostre vite, le cose nostre di tutti i giorni, quelle della routine e quelle degli eventi che ci sorprendono, le gioie e i dolori. Le vedremo tutte grandi della sua grandezza, tutte belle della sua bellezza, tutte affascinanti del suo fascino. Le vedremo più grandi perchè in tutte vi è inscritto il mistero più grande, la scala che conduce al Cielo, la sua Croce che ci attira a sé, alla sua dimora, alla pace e al compimento del Cielo. Come Giacobbe impaurito, solo, ramingo e in fuga dalla storia, nella notte di un deserto di angoscia, anche a noi, così spesso chiusi nelle alienazioni che, stordendoci, ci aiutino a non pensare e soffrire, appare una scala, la Croce di Cristo, e ci schiude il Cielo, il senso unico ed autentico della nostra esistenza.
Ogni cosa che ci appartiene infatti è un frammento di Cielo, una primizia di quella che sarà la vita beata nella sua intimità. Vedremo in ogni cosa, relazione, attività, l’abbozzo di quel compimento cui aneliamo. Ora, in questo istante, è già tutto compiuto: non manca nulla a nessun secondo della nostra vita. Potremmo morire ora, in questo istante, sazi di giorni e di beni, esattamente come siamo e con quello che abbiamo vissuto. Anche se ci sembra di non aver concluso nulla, di essere ancora dispersi nella precarietà degli affetti, del lavoro, della salute: in Lui ogni lembo di terra che calpestiamo è uno spicchio di Cielo, ogni fallimento diviene un successo, ogni debolezza una forza da trasportare le montagne, ogni morte è trasformata in vita. La fede ci apre gli occhi sulla grandezza della nostra vita, perchè in essa è stata deposta la scala che svela il destino autentico, la comunione e l’intimità con Colui che è disceso dal Cielo per raggiungere il nostro presente e farlo contemporaneo del Cielo, per prenderci, ora e sederci accanto a Lui alla destra del Padre.
E’ questa la notizia che gli angeli, instancabilmente, recano a ciascuno di noi. Gli Arcangeli, che salgono e scendono la scala che unisce la terra al Cielo, che consegnano agli uomini il cuore di Dio, l’intimità con Lui da loro vissuta. Essi « portano Dio agli uomini, aprono il cielo e così aprono la terra. Proprio perché sono presso Dio, possono essere anche molto vicini all’uomo. Gli Angeli parlano all’uomo di ciò che costituisce il suo vero essere, di ciò che nella sua vita tanto spesso è coperto e sepolto. Essi lo chiamano a rientrare in se stesso, toccandolo da parte di Dio » (Benedetto XVI, Cappella Papale per l’Ordinazione di nuovi vescovi, 2007).
Per questo la missione degli angeli definisce quella della Chiesa. Non a caso, nella Chiesa primitiva, i vescovi erano chiamati angeli. « In occasione del Giubileo del 2000, il Beato Giovanni Paolo II ha ribadito con forza la necessità di rinnovare l’impegno di portare a tutti l’annuncio del Vangelo «con lo stesso slancio dei cristiani della prima ora». È il servizio più prezioso che la Chiesa può rendere all’umanità e ad ogni singola persona alla ricerca delle ragioni profonde per vivere in pienezza la propria esistenza » (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Missionaria, 2011). Lo slancio degli angeli, le ali della Chiesa che sospingono gli apostoli sino agli estremi confini della terra: come Michele, per difendere e combattere il drago e distruggere le sue menzogne che accusano Dio e l’uomo; come Gabriele, per annunciare la notizia che Dio si è fatto carne per salvare ogni carne e condurla al Cielo; come Raffaele, per sanare ogni rapporto nella comunione strappata alla concupiscenza, e guarire gli occhi perchè possano contemplare, in tutto, l’amore di Dio.
Attirati nella visione della fede, accompagnati dai messaggeri che ci conducono a salire e ridiscendere la scala della Croce, siamo chiamati anche noi a divenire angeli per chi ci è affidato: « vicini a ciascuno per la compassione ed elevati al di sopra di tutti nella contemplazione… Per questo Giacobbe, quando il Signore risplendeva su di lui in alto ed egli in basso unse la pietra, vide angeli che salivano e scendevano: a significare, cioè, che i veri predicatori non solo anelano verso l’alto con la contemplazione, al Capo santo della Chiesa, cioè al Signore, ma nella loro misericordia scendono pure in basso, alle sue membra » (S. Gregorio Magno, Regola Pastorale, II 5). Ecco dunque la nostra missione, come una scala offerta al mondo: uno sguardo che contempla il Cielo per scorgervi la vita trasfigurata nel Signore vittorioso; e una compassione infinita che consegni, ad ogni uomo qui sulla terra, Cristo vivo in noi, perchè vi prenda dimora il suo amore e lo conduca al Cielo. « Anche oggi Egli ha bisogno di persone che, per così dire, gli mettono a disposizione la propria carne, che gli donano la materia del mondo e della loro vita, servendo così all’unificazione tra Dio e il mondo, alla riconciliazione dell’universo. Cari amici, è vostro compito bussare in nome di Cristo ai cuori degli uomini. Entrando voi stessi in unione con Cristo, potrete portare la chiamata di Cristo agli uomini » (Benedetto XVI, ibid).
Angeli che mettono a disposizione la propria carne perchè Cristo giunga sulla soglia di ogni uomo, la nostra vita è, come quella di Santo Stefano, consegnata alle pietre dei nemici. E’ proprio quando il mondo si ribella contro Dio, quando perseguita e di nuovo crocifigge Cristo nei suoi discepoli che il Cielo si schiude e la salvezza scende dal Trono misericordioso di Dio. Sotto la tempesta di pietre che ne carpivano la vita, il volto di Stefano diveniva, proprio agli occhi dei suoi carnefici, come quello di un angelo; e, piegando le ginocchia mentre raccoglieva gli ultimi respiri, egli contemplava il Cielo aperto ed il Figlio dell’Uomo alla destra del Padre, la bestemmia più grande, la stessa che aveva crocifisso il SIgnore. La bestemmia che annuncia il Cielo finalmente dischiuso sulle vicende di ogni uomo, Dio che si fa prossimo ad ogni sofferenza, che prende carne umana per far santa ogni vita: nessuno può sopportare la bellezza e la santità della propria vita, mentre la sua libertà pervertita gli fa gustare il frutto amaro di dolore, corruzione e morte. Nessuno può accettare il paradosso della misericordia di Dio capace di prendere su di sé ogni peccato e perdonarlo: è troppo per l’orgoglio dell’uomo, significa accettare la propria debolezza e il proprio fracasso. E’ necessario vederla autentica e credibile questa misericordia; è necessario che bussi alla porta del proprio sepolcro, sono necessari angeli come Stefano che la incarnino, e mostrino il Cielo nella morte. E’ necessaria la nostra vita, dove Cristo viene a prendere dimora per replicare, ogni giorno, come in Stefano, il suo mistero d’amore. Così è proprio mentre il mondo ci rifiuta, disprezza e uccide nei tanti nemici che reclamano la nostra vita, che esso riceve la vita. E’ proprio mentre moriamo crocifissi e perdoniamo che il Signore appare vivo in noi; è nel martirio quotidiano che offriamo, ai nostri carnefici, la scala che li conduce al paradiso. Siamo chiamati ad essere Angeli sulla soglia della tomba, ad annunciare il perdono e la vita, che non vi è nulla da temere, che Cristo è risorto dai morti e attende ogni uomo in Galilea, nella sua storia concreta, dove vederlo e incamminarsi con lui verso il Cielo.

Publié dans:ANGELI ED ARCANGELI |on 30 septembre, 2014 |Pas de commentaires »

GLI ANGELI NELLA SACRA SCRITTURA (anche Paolo)

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GLI ANGELI NELLA SACRA SCRITTURA (anche Paolo)

Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la sal­vezza? ». (Eb 1,14) « Benedite il Signore voi tutti suoi angeli, potenti ese­cutori dei suoi comandi, pronti al suono della sua parola. Benedite il Signore voi angeli suoi ministri, che fate il suo volere ». (Salmo 102, 20-21)

GLI ANGELI NELLA SACRA SCRITTURA
La presenza e l’opera degli angeli compaiono in molti testi dell’Antico Testamento. I cherubini con le loro spade folgoranti custodiscono la via all’albero della vita, nel paradiso terrestre (cfr Gn 3,24). L’angelo del Signore ordina ad Agar di ritornare dalla sua signora e la salva dalla morte nel deserto (cfr Gn 16,7-12). Gli angeli liberano Lot, sua moglie e le sue due figlie dalla morte, a Sodoma (cfr Gn 19,15-22). Un ange­lo viene mandato davanti al servo di Abramo per gui­darlo e per fargli trovare una moglie per Isacco (cfr Gn 24,7). Giacobbe vede in sogno una scala che si erge fino in cielo, con angeli di Dio che vi salgono e scendono (cfr Gn 28,12). E più avanti questi angeli vanno incontro a Giacobbe (cfr Gn 32,2). « L’angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi giovinetti! », (Gn 48,16) esclama Giacobbe benedicendo i suoi figli prima di morire. Un angelo appare a Mosè in una fiamma di fuoco (cfr Es 3,2). Uangelo di Dio precede l’accampamento di Israele e lo protegge (cfr Es 14,19). « Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato » (Es 23,20). « Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco, il mio angelo ti precederà » (Es 3Z34); « Manderò da­vanti a te un angelo e scaccerò il Cananeo… » (Es 33,2). L’asina di Balaam vede sulla strada un angelo con la spada sguainata in mano (cfr Nm 22,23). Quando il Signore apre gli occhi a Balaam anch’egli scorge l’angelo (cfr Nm 22,31). Un angelo incoraggia Gedeone e gli ordina di combattere i nemici del suo popolo. Gli promette di restare al suo fianco (cfr Gdc 6,16-22). Un angelo appare alla moglie di Manoach e le annun­cia la nascita di Sansone, nonostante la donna sia steri­le (cfr Gdc 13,3). Quando Davide pecca e sceglie come castigo la peste: « L’angelo ebbe stesa la mano su Geru­salemme per distruggerla… » (2 Sam 24,16) ma poi la riti­ra per ordine del Signore. Davide vede l’angelo che colpisce il popolo d’Israele e implora da Dio il perdo­no (cfr 2 Sam 24,17). L’angelo del Signore comunica a Elia la volontà di Jahvé (cfr 2 Re 1,3). L‘angelo del Signore colpì centottantacinquemila uomi­ni nell’accampamento degli Assiri. Quando i superstiti si svegliarono al mattino, li trovarono tutti morti (cfr 2 Re 19,35). Nei Salmi si citano spesso gli angeli (cfr Salmi 8;90; 148). Dio manda il suo angelo a chiudere la bocca dei leoni per non far morire Daniele (cfr Dn 6,23). Gli angeli com­paiono di frequente nella profezia di Zaccaria e il libro di Tobia ha come personaggio di primo piano l’angelo Raffaele; questi svolge un ruolo di protettore ammire­vole e dimostra come Dio manifesti il suo amore per l’uomo attraverso il ministero degli angeli.

GLI ANGELI NEL VANGELO
Troviamo spesso gli angeli nella vita e negli insegna­menti del Signore Gesù. L’angelo Gabriele appare a Zaccaria e gli annuncia la nascita del Battista (cfr Lc 1,11 e ss.). Ancora Gabriele annuncia a Maria, da parte di Dio, 1 incarnazione del Verbo in lei, per opera dello Spirito Santo (cfr Lc 1,26). Un angelo appare in sogno a Giuseppe e gli spiega ciò che è accaduto a Maria, gli dice di non temere di rice­verla in casa, poiché il frutto del suo grembo è opera dello Spirito Santo (cfr Mt 1,20). Nella notte di Natale un angelo porta ai pastori il lieto annuncio della nascita del Salvatore (cfr Lc 2,9). L’angelo del Signore appare in sogno a Giuseppe e gli ordina di ritornare in Israele col bambino e sua madre (cfr Mt 2, 19). Finite le tentazioni di Gesù nel deserto… « il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano » (Mt 4, 11). Durante il suo ministero Gesù parla degli angeli. Mentre spiega la parabola del grano e della zizzania, dice: « Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. il campo è il mondo. il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemi­co che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappre­senta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo, il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi intenda! » (Mt 13,37-43). « Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni » (Mt 16,27). Quando si riferisce alla dignità dei bambini dice: « Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sem­pre la faccia del Padre mio che è nei cieli » (Mt 18, 10). Parlando della risurrezione dei morti, afferma: ‘Alla ri­surrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo » (Mt 2Z30). Nessuno conosce il giorno del ritorno del Signore, « neanche gli angeli del cielo » (Mt 24,36). Quando giu­dicherà tutti i popoli, verrà « con tutti i suoi angeli » (Mt 25,31 o cfr Lc 9,26; e 12, 8-9). Presentandoci davanti al Signore e ai suoi angeli, dun­que, saremo glorificati oppure rifiutati. Gli angeli par­tecipano alla gioia di Gesù per la conversione dei pec­catori (cfr Le 15,10). Nella parabola del ricco epulone troviamo un compito degli angeli molto importante, quello di portarci dal Signore nell’ora della nostra morte. « Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo » (Lc 16,22). Nel momento più difficile dell’agonia di Gesù nell’or­to degli Ulivi venne « un angelo dal cielo a confortar­lo » (Lc 22, 43). Il mattino della risurrezione appaiono di nuovo gli angeli, come già era accaduto nella notte di Natale (cfr Mt 28,2-7). I discepoli di Emmaus sentirono parlare di questa presenza angelica il giorno della risur­rezione (cfr Lc 24,22-23). A Betlemme gli angeli avevano recato la notizia che Gesù era nato, a Gerusalemme che era risuscitato. Gli angeli furono dunque incaricati di annunziare i due grandissimi avvenimenti: la nascita e la risurrezione del Salvatore. Maria Maddalena ha la fortuna di vedere « due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’al­tro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù ». E può anche ascoltare la loro voce (cfr Gv 20,12-13). Dopo l’ascensione, due angeli, sotto forma di uomini in bianche vesti, si presentano ai discepoli per dire loro « Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo » (At 1, 11).

GLI ANGELI NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI
Negli Atti viene narrata l’azione protettrice degli ange­li nei confronti degli apostoli e proprio a beneficio di tutti questi avviene il primo intervento (cfr At 5,12-21). Santo Stefano cita l’apparizione dell’angelo a Mosè (cfr At 7,30). « Tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissan­do gli occhi su di lui, videro il suo volto [il volto di santo Stefano] come quello di un angelo » (At 6,15). Un angelo del Signore parlò a Filippo dicendo: ‘Alzati, e và verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza » (At 8,26). Filippo ubbidì e incon­trò ed evangelizzò l’Etiope, funzionario di Candace, regina di Etiopia. Un angelo appare al centurione Cornelio, gli dà la bella notizia che le sue preghiere e le sue elemosine sono arrivate a Dio, e gli ordina di mandare i suoi servi a cer­care Pietro per farlo venire lì, in quella casa (cfr At 10,3). Gli inviati raccontano a Pietro: Cornelio  » è stato avver­tito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli “ (At 10,22). Durante la persecuzione di Erode Agrippa, Pietro viene messo in prigione, ma, un angelo del Signore gli appar­ve e lo fece uscire dal carcere: « Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei » (cfr At 12,6-16). Poco tempo dopo, Erode, colpito « improvvisamente » da « un angelo del Signore », « roso dai vermi, spirò » (At 12,23). In viaggio verso Roma, Paolo e i suoi compagni in peri­colo di morte a causa di una fortissima burrasca, rice­vono l’aiuto salvifico di un angelo (cfr At 27,21-24).

GLI ANGELI NELLE LETTERE DI SAN PAOLO E DI ALTRI APOSTOLI
Numerosissimi sono i passi in cui si parla di angeli nelle lettere di san Paolo e negli scritti degli altri apo­stoli. Nella Prima lettera ai Corinzi San Paolo dice che siamo venuti per essere « spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini » (1 Cor 4,9); che giudicheremo gli angeli (cfr 1 Cor 6,3); e che la donna deve portare « un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli » (1 Cor 11,10). Nella seconda Lettera ai Corinzi li avverte che « anche Satana si maschera da angelo di luce » (2 Cor 11,14). Nella Lettera ai Galati considera la superiorità degli an­geli (cfr Gai 1,8) e afferma che la legge ‘fu promulgata per mezzo di angeli attraverso un mediatore » (Gal 3,19). Nella Lettera ai Colossesi, l’Apostolo enumera le di­verse gerarchie angeliche e sottolinea la loro dipenden­za da Cristo, nel quale tutte le creature sussistono (cfr Col 1,16 e 2,10). Nella Seconda lettera ai Tessalonicesi ripete la dottrina del Signore sulla sua seconda venuta in compagnia degli angeli (cfr 2 Ts 1,6-7). Nella Prima lettera a Timoteo dice che « è grande il mistero della pietà: Egli si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu an­nunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria » (1 Tm 3,16). E poi ammonisce il suo disce­polo con queste parole: « Ti scongiuro davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di osservare queste norme con imparzialità e di non far mai nulla per favo­ritismo » (1 Tm 5,21). San Pietro aveva sperimentato personalmente l’azione protettrice degli angeli. Così ne parla nella sua Prima lettera: « E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi, erano ministri di quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno predicato il vangelo nello Spirito Santo mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo » (1 Pt 1,12 e cfr 3,21-22). Nella Seconda lettera parla degli angeli decaduti e non perdonati, così come si legge anche nella lettera di San Giuda. Ma è nella lettera agli Ebrei che troviamo riferimenti abbondanti all’esistenza e all’azione angelica. Il primo argomento di questa lettera è la supremazia di Gesù su tutti gli esseri creati (cfr Eb 1,4). La grazia specialissima che lega gli angeli a Cristo è il dono dello Spirito Santo loro concesso. È, infatti, lo Spirito stesso di Dio, il legame che unisce angeli e uo­mini con il Padre e con il Figlio. Il collegamento degli angeli con Cristo, il loro ordinamento a lui come crea­tore e Signore, si manifesta a noi uomini, soprattutto nei servigi con cui essi accompagnano in terra l’opera salvifica del Figlio di Dio. Attraverso il loro servizio gli angeli fanno sperimenta­re al Figlio di Dio fattosi uomo che egli non è solo, ma che il Padre è con lui (cfr Gv 16,32). Per gli apostoli e i discepoli, invece, la parola degli angeli li conferma nella fede che il regno di Dio si è avvicinato in Gesù Cristo. L’autore della lettera agli Ebrei ci invita a perseverare nella fede e porta come esempio il comportamento de­gli angeli (cfr Eb 2,2-3). Ci parla anche dell’incalcolabile numero degli angeli: « Voi vi siete invece accostati al monte Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli… » (Eb 12, 22). E, infine, dice una cosa che dovremmo tenere sempre presente quando incontriamo un fratello bisognoso: « Non dimenticate l’ospitalità: alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo » (Eb 13,2).

GLI ANGELI NELL’APOCALISSE
Nessun testo è più ricco di questo, nel descrivere il numero incalcolabile degli angeli e la loro funzione glorificatrice di Cristo, il Salvatore di tutti. « Dopo ciò, vidi quattro angeli che stavano ai quattro angoli della terra, e trattenevano i quattro venti » (Ap 7,1). ‘Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliar­di e i quattro esseri viventi, si inchinarono profonda­mente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo: Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di gra­zie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen’ « (Ap 7,11-12). Gli angeli suonano la tromba e scatenano piaghe e ca­stighi per i malvagi. Il capitolo 12 ci descrive la grande battaglia che ha luo­go in cielo tra Michele e i suoi angeli da una parte, e Satana e il suo esercito dall’altra (cfr Ap 12,7-12). Chi adora la bestia sarà torturato « con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell’Agnello » (Ap 14,10). Nella visione del Paradiso l’autore contempla « le dodi­ci porte » della città e su di esse « i dodici angeli » (Ap 21,12). Nell’epilogo Giovanni sente: « Queste parole sono cer­te e veraci. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra breve » (Ap 2, 26). « Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell’angelo che me le aveva mostrate » (Ap 2,28). « Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese » (Ap 22,16).

GLI ANGELI NELLA SACRA SCRITTURA

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GLI ANGELI NELLA SACRA SCRITTURA

Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la sal­vezza? ». (Eb 1,14) « Benedite il Signore voi tutti suoi angeli, potenti ese­cutori dei suoi comandi, pronti al suono della sua parola. Benedite il Signore voi angeli suoi ministri, che fate il suo volere ». (Salmo 102, 20-21)

GLI ANGELI NELLA SACRA SCRITTURA
La presenza e l’opera degli angeli compaiono in molti testi dell’Antico Testamento. I cherubini con le loro spade folgoranti custodiscono la via all’albero della vita, nel paradiso terrestre (cfr Gn 3,24). L’angelo del Signore ordina ad Agar di ritornare dalla sua signora e la salva dalla morte nel deserto (cfr Gn 16,7-12). Gli angeli liberano Lot, sua moglie e le sue due figlie dalla morte, a Sodoma (cfr Gn 19,15-22). Un ange­lo viene mandato davanti al servo di Abramo per gui­darlo e per fargli trovare una moglie per Isacco (cfr Gn 24,7). Giacobbe vede in sogno una scala che si erge fino in cielo, con angeli di Dio che vi salgono e scendono (cfr Gn 28,12). E più avanti questi angeli vanno incontro a Giacobbe (cfr Gn 32,2). « L’angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi giovinetti! », (Gn 48,16) esclama Giacobbe benedicendo i suoi figli prima di morire. Un angelo appare a Mosè in una fiamma di fuoco (cfr Es 3,2). Uangelo di Dio precede l’accampamento di Israele e lo protegge (cfr Es 14,19). « Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato » (Es 23,20). « Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco, il mio angelo ti precederà » (Es 3Z34); « Manderò da­vanti a te un angelo e scaccerò il Cananeo… » (Es 33,2). L’asina di Balaam vede sulla strada un angelo con la spada sguainata in mano (cfr Nm 22,23). Quando il Signore apre gli occhi a Balaam anch’egli scorge l’angelo (cfr Nm 22,31). Un angelo incoraggia Gedeone e gli ordina di combattere i nemici del suo popolo. Gli promette di restare al suo fianco (cfr Gdc 6,16-22). Un angelo appare alla moglie di Manoach e le annun­cia la nascita di Sansone, nonostante la donna sia steri­le (cfr Gdc 13,3). Quando Davide pecca e sceglie come castigo la peste: « L’angelo ebbe stesa la mano su Geru­salemme per distruggerla… » (2 Sam 24,16) ma poi la riti­ra per ordine del Signore. Davide vede l’angelo che colpisce il popolo d’Israele e implora da Dio il perdo­no (cfr 2 Sam 24,17). L’angelo del Signore comunica a Elia la volontà di Jahvé (cfr 2 Re 1,3). L‘angelo del Signore colpì centottantacinquemila uomi­ni nell’accampamento degli Assiri. Quando i superstiti si svegliarono al mattino, li trovarono tutti morti (cfr 2 Re 19,35). Nei Salmi si citano spesso gli angeli (cfr Salmi 8;90; 148). Dio manda il suo angelo a chiudere la bocca dei leoni per non far morire Daniele (cfr Dn 6,23). Gli angeli com­paiono di frequente nella profezia di Zaccaria e il libro di Tobia ha come personaggio di primo piano l’angelo Raffaele; questi svolge un ruolo di protettore ammire­vole e dimostra come Dio manifesti il suo amore per l’uomo attraverso il ministero degli angeli.

GLI ANGELI NEL VANGELO
Troviamo spesso gli angeli nella vita e negli insegna­menti del Signore Gesù. L’angelo Gabriele appare a Zaccaria e gli annuncia la nascita del Battista (cfr Lc 1,11 e ss.). Ancora Gabriele annuncia a Maria, da parte di Dio, 1 incarnazione del Verbo in lei, per opera dello Spirito Santo (cfr Lc 1,26). Un angelo appare in sogno a Giuseppe e gli spiega ciò che è accaduto a Maria, gli dice di non temere di rice­verla in casa, poiché il frutto del suo grembo è opera dello Spirito Santo (cfr Mt 1,20). Nella notte di Natale un angelo porta ai pastori il lieto annuncio della nascita del Salvatore (cfr Lc 2,9). L’angelo del Signore appare in sogno a Giuseppe e gli ordina di ritornare in Israele col bambino e sua madre (cfr Mt 2, 19). Finite le tentazioni di Gesù nel deserto… « il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano » (Mt 4, 11). Durante il suo ministero Gesù parla degli angeli. Mentre spiega la parabola del grano e della zizzania, dice: « Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. il campo è il mondo. il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemi­co che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappre­senta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo, il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi intenda! » (Mt 13,37-43). « Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni » (Mt 16,27). Quando si riferisce alla dignità dei bambini dice: « Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sem­pre la faccia del Padre mio che è nei cieli » (Mt 18, 10). Parlando della risurrezione dei morti, afferma: ‘Alla ri­surrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo » (Mt 2Z30). Nessuno conosce il giorno del ritorno del Signore, « neanche gli angeli del cielo » (Mt 24,36). Quando giu­dicherà tutti i popoli, verrà « con tutti i suoi angeli » (Mt 25,31 o cfr Lc 9,26; e 12, 8-9). Presentandoci davanti al Signore e ai suoi angeli, dun­que, saremo glorificati oppure rifiutati. Gli angeli par­tecipano alla gioia di Gesù per la conversione dei pec­catori (cfr Le 15,10). Nella parabola del ricco epulone troviamo un compito degli angeli molto importante, quello di portarci dal Signore nell’ora della nostra morte. « Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo » (Lc 16,22). Nel momento più difficile dell’agonia di Gesù nell’or­to degli Ulivi venne « un angelo dal cielo a confortar­lo » (Lc 22, 43). Il mattino della risurrezione appaiono di nuovo gli angeli, come già era accaduto nella notte di Natale (cfr Mt 28,2-7). I discepoli di Emmaus sentirono parlare di questa presenza angelica il giorno della risur­rezione (cfr  Lc 24,22-23). A Betlemme gli angeli avevano recato la notizia che Gesù era nato, a Gerusalemme che era risuscitato. Gli angeli furono dunque incaricati di annunziare i due grandissimi avvenimenti: la nascita e la risurrezione del Salvatore. Maria Maddalena ha la fortuna di vedere « due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’al­tro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù ». E può anche ascoltare la loro voce (cfr Gv 20,12-13). Dopo l’ascensione, due angeli, sotto forma di uomini in bianche vesti, si presentano ai discepoli per dire loro « Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo » (At 1, 11).

GLI ANGELI NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI
Negli Atti viene narrata l’azione protettrice degli ange­li nei confronti degli apostoli e proprio a beneficio di tutti questi avviene il primo intervento (cfr At 5,12-21). Santo Stefano cita l’apparizione dell’angelo a Mosè (cfr At 7,30). « Tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissan­do gli occhi su di lui, videro il suo volto [il volto di santo Stefano] come quello di un angelo » (At 6,15). Un angelo del Signore parlò a Filippo dicendo: ‘Alzati, e và verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza » (At 8,26). Filippo ubbidì e incon­trò ed evangelizzò l’Etiope, funzionario di Candace, regina di Etiopia. Un angelo appare al centurione Cornelio, gli dà la bella notizia che le sue preghiere e le sue elemosine sono arrivate a Dio, e gli ordina di mandare i suoi servi a cer­care Pietro per farlo venire lì, in quella casa (cfr At 10,3). Gli inviati raccontano a Pietro: Cornelio  » è stato avver­tito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli “ (At 10,22). Durante la persecuzione di Erode Agrippa, Pietro viene messo in prigione, ma, un angelo del Signore gli appar­ve e lo fece uscire dal carcere: « Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei » (cfr At 12,6-16). Poco tempo dopo, Erode, colpito « improvvisamente » da « un angelo del Signore », « roso dai vermi, spirò » (At 12,23). In viaggio verso Roma, Paolo e i suoi compagni in peri­colo di morte a causa di una fortissima burrasca, rice­vono l’aiuto salvifico di un angelo (cfr At 27,21-24).

GLI ANGELI NELLE LETTERE DI SAN PAOLO E DI ALTRI APOSTOLI
Numerosissimi sono i passi in cui si parla di angeli nelle lettere di san Paolo e negli scritti degli altri apo­stoli. Nella Prima lettera ai Corinzi San Paolo dice che siamo venuti per essere « spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini » (1 Cor 4,9); che giudicheremo gli angeli (cfr 1 Cor 6,3); e che la donna deve portare « un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli » (1 Cor 11,10). Nella seconda Lettera ai Corinzi li avverte che « anche Satana si maschera da angelo di luce » (2 Cor 11,14). Nella Lettera ai Galati considera la superiorità degli an­geli (cfr Gai 1,8) e afferma che la legge ‘fu promulgata per mezzo di angeli attraverso un mediatore » (Gal 3,19). Nella Lettera ai Colossesi, l’Apostolo enumera le di­verse gerarchie angeliche e sottolinea la loro dipenden­za da Cristo, nel quale tutte le creature sussistono (cfr Col 1,16 e 2,10). Nella Seconda lettera ai Tessalonicesi ripete la dottrina del Signore sulla sua seconda venuta in compagnia degli angeli (cfr 2 Ts 1,6-7). Nella Prima lettera a Timoteo dice che « è grande il mistero della pietà: Egli si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu an­nunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria » (1 Tm 3,16). E poi ammonisce il suo disce­polo con queste parole: « Ti scongiuro davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di osservare queste norme con imparzialità e di non far mai nulla per favo­ritismo » (1 Tm 5,21). San Pietro aveva sperimentato personalmente l’azione protettrice degli angeli. Così ne parla nella sua Prima lettera: « E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi, erano ministri di quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno predicato il vangelo nello Spirito Santo mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo » (1 Pt 1,12 e cfr 3,21-22). Nella Seconda lettera parla degli angeli decaduti e non perdonati, così come si legge anche nella lettera di San Giuda. Ma è nella lettera agli Ebrei che troviamo riferimenti abbondanti all’esistenza e all’azione angelica. Il primo argomento di questa lettera è la supremazia di Gesù su tutti gli esseri creati (cfr Eb 1,4). La grazia specialissima che lega gli angeli a Cristo è il dono dello Spirito Santo loro concesso. È, infatti, lo Spirito stesso di Dio, il legame che unisce angeli e uo­mini con il Padre e con il Figlio. Il collegamento degli angeli con Cristo, il loro ordinamento a lui come crea­tore e Signore, si manifesta a noi uomini, soprattutto nei servigi con cui essi accompagnano in terra l’opera salvifica del Figlio di Dio. Attraverso il loro servizio gli angeli fanno sperimenta­re al Figlio di Dio fattosi uomo che egli non è solo, ma che il Padre è con lui (cfr Gv 16,32). Per gli apostoli e i discepoli, invece, la parola degli angeli li conferma nella fede che il regno di Dio si è avvicinato in Gesù Cristo. L’autore della lettera agli Ebrei ci invita a perseverare nella fede e porta come esempio il comportamento de­gli angeli (cfr Eb 2,2-3). Ci parla anche dell’incalcolabile numero degli angeli: « Voi vi siete invece accostati al monte Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli… » (Eb 12, 22). E, infine, dice una cosa che dovremmo tenere sempre presente quando incontriamo un fratello bisognoso: « Non dimenticate l’ospitalità: alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo » (Eb 13,2).

GLI ANGELI NELL’APOCALISSE
Nessun testo è più ricco di questo, nel descrivere il numero incalcolabile degli angeli e la loro funzione glorificatrice di Cristo, il Salvatore di tutti. « Dopo ciò, vidi quattro angeli che stavano ai quattro angoli della terra, e trattenevano i quattro venti » (Ap 7,1). ‘Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliar­di e i quattro esseri viventi, si inchinarono profonda­mente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo: Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di gra­zie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen’ « (Ap 7,11-12). Gli angeli suonano la tromba e scatenano piaghe e ca­stighi per i malvagi. Il capitolo 12 ci descrive la grande battaglia che ha luo­go in cielo tra Michele e i suoi angeli da una parte, e Satana e il suo esercito dall’altra (cfr Ap 12,7-12). Chi adora la bestia sarà torturato « con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell’Agnello » (Ap 14,10). Nella visione del Paradiso l’autore contempla « le dodi­ci porte » della città e su di esse « i dodici angeli » (Ap 21,12). Nell’epilogo Giovanni sente: « Queste parole sono cer­te e veraci. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra breve » (Ap 2, 26). « Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell’angelo che me le aveva mostrate » (Ap 2,28). « Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese » (Ap 22,16).

29 settembre: Festa dei Santi Michele, Gabriele e Raffaele Arcangeli

http://www.figlidellaluce.it/documenti/parola-per-la-vita/omelie/6051-festa-dei-santi-michele-gabriele-e-raffaele-arcangeli

29 settembre: Festa dei Santi Michele, Gabriele e Raffaele Arcangeli

(bella anche la presentazione degli Arcangeli su ETWN, un sito « Global Catholic Network », metto il link e non traduco neppure con un traduttore perché l’inglese è di difficile traduzione, potete utilizzzare quello che volete, per me Google, meglio Reverso:
http://www.ewtn.com/saintsholy/saints/A/archangels.asp)

La Sacra Scrittura e l’ininterrotta Tradizione della Chiesa lasciano scorgere due significativi aspetti dell’identità dell’Angelo.
Egli è innanzitutto una creatura che « sta davanti a Dio », orientata con l’intero suo essere verso Dio. Sintomaticamente, i nomi dei tre Arcangeli finiscono con la parola ‘El’,: Dio è iscritto nei loro nomi, nella loro stessa identità. La loro natura è l’esistenza in vista di Lui e per Lui.
Questo introduce all’altra dimensione: essi sono messaggeri di Dio, portano Dio agli uomini, dischiudono il Cielo e, così, aprono la terra alla Verità, come testimonia il Vangelo odierno. Proprio perché sono presso Dio, possono essere anche molto vicini agli uomini. Gli Angeli ci invitano a riscoprire che noi, come loro, riceviamo continuamente il nostro essere da Dio e siamo chiamati a stare dinnanzi a Lui: questa è la nostra comune identità e verità. Dio è iscritto nel loro e nel nostro nome! Guardando da vicino i tre Arcangeli diviene ancora più luminosa la loro fisionomia e preziosa la loro missione.
Dell’Arcangelo Michele la Scrittura presenta due mandati. Egli difende la causa dell’unicità di Dio contro la presunzione del drago; è il diabolico tentativo, in ogni epoca della storia, di far credere agli uomini che Dio debba scomparire, affinché essi possano diventare grandi. Il drago, tuttavia, non accusa solo Dio; egli accusa anche l’uomo: satana è «l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusa davanti a Dio giorno e notte» (Ap 12,10). Chi allontana Dio, non rende grande l’uomo, ma, al contrario lo priva della sua dignità e lo rende insignificante. La fede in Dio invece difende l’uomo e lo rende libero, svelandogli, in Dio, la sua grandezza.
L’altro grande compito di Michele è quello di essere protettore del Popolo di Dio (cfr Dn 10,13.21;12,1); laddove risplende la gloria di Dio nella santa Chiesa, là si scatena forte l’invidia del demonio. La cristianità medievale ben comprese questo specifico compito di protezione ed elevò all’Arcangelo Michele splendide e ardimentose chiese: basti pensare al trittico di Abbazie: S. Michele sul Gargano, la Sacra di San Michele di Torino e Mont Saint Michel in Francia; luoghi sacri che, persino attraverso la loro collocazione geografica (equidistanti di 1000 km e collocati su un unico asse orientato esattamente verso Gerusalemme), testimoniano la fiducia ecclesiale nella sua celeste protezione sull’Europa tutta. Oggi, più che mai, ci è necessaria la sua potente difesa!
San Gabriele è il messaggero dell’Incarnazione di Dio (Lc 1,26-38). Egli bussa alla porta di Maria e, per suo tramite, Dio stesso chiede alla Vergine il suo «sì» per divenire la Madre del Redentore. Il Signore sta instancabilmente alla porta, alla porta del mondo e alla porta di ogni cuore e continua a bussare: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20). Egli bussa per domandare alla libertà di aprire. Egli, entrando in noi e abitando tra noi, desidera che la nostra vita abbia il respiro di Dio e l’ampiezza del Cielo. Nella comunione con Cristo, siamo associati anche noi alla missione di Gabriele: portare la chiamata di Cristo agli uomini e dare il lieto annuncio della sua presenza.
San Raffaele, infine, viene presentato nel Libro di Tobia come l’Angelo a cui è affidata la mansione di guarire. Quando Gesù invia i discepoli in missione, al compito dell’annuncio del Vangelo associa anche quello di guarire. Annunciare il Vangelo, significa già di per sé guarire, perché l’uomo necessita soprattutto della verità e dell’amore di Dio. L’Arcangelo Raffaele guarisce la comunione tra uomo e donna. Guarisce il loro amore e dona loro la capacità di accogliersi a vicenda e per sempre. In secondo luogo, il Libro di Tobia parla della guarigione degli occhi ciechi. Tocchiamo con mano quanto oggi siamo minacciati dalla cecità per Dio. Quanto grande sia il pericolo che, di fronte a tutto ciò che sulle cose materiali sappiamo e con esse siamo in grado di fare, diventiamo ciechi per la luce di Dio. Non percepiamo più il Cielo spalancato su di noi: questo rende povera la terra e triste la nostra vita. Guarire questa cecità dei cuori, con l’annuncio di Cristo, è il compito sublime che a noi, insieme a Raffaele, è affidato. Solo l’esperienza della presenza rigenerante di Cristo può far brillare di luce nuova il nostro sguardo e dischiudere i Cieli aperti, nei quali gli Angeli « salgono e scendono » a servizio e a lode della Comunione tra Cielo e terra.
Oggi, nei Santi Arcangeli il Cielo di Dio brilla luminoso e si dischiude nuovamente per noi: come difesa e protezione, come lieto annuncio della sua presenza e come luce risanatrice per i nostri occhi. Ringraziamo il Signore per il dono di questi potenti Amici e invochiamoli quali celesti protettori, congiuntamente a Colei che è Regina degli Angeli, per il bene nostro e della Chiesa tutta!
Fonte: Congregazione per il Clero

Publié dans:ANGELI ED ARCANGELI, SANTI |on 28 septembre, 2012 |Pas de commentaires »

GLI ANGELI TRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO (molto su Paolo) (Gianfranco Ravasi)

dal sito:

http://www.enec.it/AliDio/03_GLIANGELITRAANTICOENUOVOTESTAMENTO.pdf

GLI ANGELI TRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

Gianfranco Ravasi

Dalla prima pagina delle Scritture Sacre coi “Cherubini dalla fiamma della spada folgorante”, posti a guardia del giardino dell’Eden (Genesi 3,24), fino alla folla angelica che popola il cielo dell’Apocalisse, tutti i libri della Bibbia sono animati dalla presenza di queste figure sovrumane, ma non divine, che già occhieggiavano nelle religioni circostanti al mondo ebraico e cristiano. Proprio i Cherubini, che saranno destinati a proteggere l’Arca dell’Alleanza (Esodo 25,18-21), sono noti anche nel nome (karibu) all’antica Mesopotamia, simili quasi a sfingi alate, dal volto umano e dal corpo zoomorfo, posti a tutela delle aree sacre templari e regali, mentre i Serafini della vocazione di Isaia (6,1-7), nella loro radi- ce nominale, rimandano a qualcosa di serpentiniforme e ardente.
L’Angelo, “trasparenza” del divino Ma lasciamo questo intreccio marginale – coltivato, però, con entusiasmo dalle successive tradizioni apocrife e popolari – tra mitologia e angelologia per individuare, in modo sia pure molto semplificato, il vero volto dell’Angelo secondo le Scritture. V’è subito da segnalare un dato statistico: il vocabolo mal’ak, in ebraico “messaggero”, tradotto in greco come ‘Anghelos (donde il nostro “angelo”) risuona nell’Antico Testamento ben 215 volte e diventa persino il nome (o lo pseudonimo) di un profeta, Malachia, che in ebraico significa “angelo del Signore”. Certo, come prima si diceva a proposito di Cherubini e Serafini, non mancano elementi di un retaggio culturale remoto che la Bibbia ha fatto suoi: la Rivelazione ebraico-cristiana si fa strada nei meandri della storia e nelle coordinate topografiche di una regione appartenente all’antico Vicino Oriente e ne raccoglie echi e spunti tematici e simbolici. I “figli di Dio”, ad esempio, nella religione cananea, indigena della Palestina, erano dèi inferiori che facevano parte del consiglio della corona della divinità suprema del pantheon, ’El (o in altri casi Ba’al, il dio della fecondità e della vita). Israele declassa questi “figli di Dio”, che qua e là appaiono nei suoi testi sacri (Genesi 6,1-4; Giobbe 1,6 e Salmi 29,1), al rango di Angeli che assistono il Signore, il cui nome sacro, unico e impronunziabile, è JHWH. Anche “il Satana”, cioè 1’avversario (in ebraico è un titolo comune e ha l’articolo), in Giobbe appare come un pubblico ministero angelico della corte divina (1,6-12). L’Angelo biblico, perciò, conserva tracce divine. Anzi diventa non di rado – soprattutto quando è chiamato mal’ak Jhwh, “Angelo del Signore” – una rappresentazione teofanica, ossia un puro e semplice rivelarsi di Dio in modo indiretto. Come scriveva uno dei più famosi biblisti del Novecento, Gerhard von Rad, “attraverso 1’Angelo è in realtà Dio stesso che appare agli uomini in forma umana”. E’ per questo che talvolta 1’Angelo biblico sembra entrare in una dissolvenza e dal suo volto lievitano i lineamenti del Re celeste che lo invia. Infatti in alcuni racconti l’Angelo e Dio stesso sono intercambiabili. Nel roveto ardente del Sinai a Mosè appare innanzitutto “l’Angelo del Signore” ma, subito dopo, la narrazione continua così: ”Il Signore vide che Mosè si era avvicinato e Dio lo chiamò dal roveto” (Esodo 3,2.4). Questa stessa identificazione può essere rintracciata nel racconto che vede protagonisti Agar, schiava di Abramo e di Sara, e suo figlio Ismaele dispersi nel deserto (Genesi 16,7.13) in quello del sacrificio di Isacco al monte Moria (Genesi 22,11-17), nella vocazione di Gedeone (Giudici 6,12.14) e così via. Lasciamo ai nostri lettori più esigenti la verifica all’interno dei passi biblici citati. In questa funzione di “trasparenza” del divino, 1’Angelo può acquistare anche fisionomie umane per rendersi visibile. Così nel capitolo 18 della Genesi – divenuto celebre nella ripresa iconografica di Andrej Rublev – gli Angeli si presentano davanti alla tenda di Abramo come tre viandanti; uno solo di loro annunzia la promessa divina; nel prosieguo del racconto (19,1) diventano “due Angeli”, ritornano poi a essere “tre uomini” per ritrasformarsi in Angeli (19,15), mentre è uno solo a pronunziare le parole decisive per Lot, nipote di Abramo (19,17-22). E’ ancora sotto i tratti di un uomo misterioso che si cela 1’Angelo della lotta notturna di Giacobbe alle sponde del fiume Jabbok (Genesi 32,2333), ma il patriarca è convinto di “aver visto Dio faccia a faccia”. Dobbiamo, allora, interrogarci sul significato di questa personificazione “angelica” di Dio che appare in non poche pagine bibliche come espressione della sua benedizione ma anche del suo giudizio (si pensi all’Angelo sterminatore dei primogeniti egiziani nell’Esodo che il libro della Sapienza reinterpreta come la stessa Parola divina). Se non leggiamo materialmente o “fondamentalisticamente” (cioè in modo letteralistico) quei passi, ma cerchiamo di coglierne il significato genuino sotto il velo delle modalità espressive, ci accorgiamo che in questi casi l’Angelo biblico racchiude in sé una sintesi dei due tratti fondamentali del volto di Dio. Da un lato, infatti, il Signore è per eccellenza 1’Altro, cioè colui che è diverso e superiore rispetto all’uomo, è – se usiamo il linguaggio teologico – il Trascendente. D’altra parte, però, egli è anche il Vicino, 1’Emmanuele, il Dio – con -noi, presente nella storia dell’uomo. Ora, per impedire che questa vicinanza ‘impolveri’ Dio, lo imprigioni nel mondo come un oggetto sacro, 1’autore biblico ricorre all’Angelo. Egli, pur venendo dall’area divina, entra nel mondo degli uomini, parla e agisce visibilmente come una creatura. Ma il messaggio che egli porta con sé è sempre divino. In altri termini 1’Angelo è spesso nella Bibbia una personificazione dell’efficace parola di Dio che annunzia e opera salvezza e giudizio. La visione della scala che Giacobbe ha a Betel è in questo senso esemplare: “Gli angeli di Dio salivano e scendevano su una scala che poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo” (Genesi 28,12). L’Angelo raccorda cielo e terra, infinito e finito, eternita e storia, Dio e uomo.
Il volto “ personale” dell’Angelo Ma gli Angeli sono anche qualcosa di più di una semplice immagine di Dio. E’ necessario, perciò, percorrere altre pagine bibliche. Ebbene, in altri testi antico o neotestamentari gli Angeli appaiono nettamente con una loro entità e identit à e non come rappresentazione simbolica dello svelarsi e dell’agire di Dio. E’ necessaria, però, una nota preliminare. Soprattutto nell’Antico Testamento, non si parla mai di “purissimi spiriti” come noi siamo soliti definire gli Angeli, perché per i Semiti era quasi impossibile concepire una creatura in termini solo spirituali, separata dal corpo (Dio stesso è raffigurato antropomorficamente). Essi, perciò, hanno connotati e fisionomie con tratti concreti e umani. Ed è soprattutto nella letteratura biblica successiva all’esilio babilonese di Israele (dal VI secolo a.C. in poi) che 1’Angelo acquista un’identità propria sempre più spiccata. Evochiamone alcuni desumendoli dalla narrazione biblica. Iniziamo con la storia esemplare di Tobia jr. che parte verso la meta di Ecbatana, ove 1’attenderanno le nozze con Sara, accompagnato da un giovane di nome Azaria. Egli ignora che, sotto le spoglie di questo ebreo che cerca lavoro, si cela un Angelo dal nome emblematico, Raffaele, in ebraico “Dio guarisce”. Egli, infatti, non solo preparerà un filtro magico per esorcizzare il demonio Asmodeo che tiene sotto il suo malefico influsso la promessa sposa di Tobia, Sara, ma anche appronterà una pozione oftalmica per far recuperare la vista a Tobia sr., il vecchio padre accecato da sterco caldo di passero. Come è facile intuire, il racconto “fine e amabile” di Tobia secondo la definizione di Lutero che ne raccomandava la lettura alle famiglie cristiane – è percorso da elementi fiabeschi, ma la certezza dell’esistenza di un “Angelo custode” del giusto è indiscussa. discorso finale che egli rivolge ai suoi beneficati nel capitolo 12 del libro di Tobia, al momento dello svelamento, è significativo: Raffaele-Azaria ha introdotto 1’uomo nel segreto del re divino e    1’b rivelato come quello di un Dio d’amore (“quando ero con voi, io non stavo con voi per mia                                          iniziativa, ma per la volontà di DIO” confessa in Tobia 12,18). L’idea di un Angelo che non lascia solo il povero e il giusto per le strade del mondo, ma gli cammina a fianco è, d’altronde, reiterata nella preghiera dei Salmi: “L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva (…). Il Signore darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi; sulle loro mani ti porteranno perchè non inciampi nella pietra il tuo piede” (Salmi .34, 91,11-12). Nel libro di Giobbe appare anche 1’Angelo intercessore che placa la giustizia divina educando 1’uomo alla fedeltà e incamminandolo sulle vie della salvezza: “Se 1’uomo incontra un angelo un intercessore tra i mille, che gli sveli il suo dovere, che abbia compassione di lui e implori: Scampalo, Signore, dal discendere nella fossa della morte perchè io gli ho trovato un riscatto!, allo la carne dell’uomo ritroverà la freschezza della giovinezza e tornerà ai giorni dell’adolescenza” (Giobbe 33,23-25). Un’altra figura angelica “personale” di grande rilievo per entrambi i Testamenti è, con Michele (“chi è come Dio?”), Angelo combattente, Gabriele (“uomo di Dio” o “Dio si è mostrato forte” o “uomo fortissimo”). Nel libro di Daniele egli entra in scena nel funzioni di Angelo “interprete”, perchè consegna e decifra ai fedeli gli enigmi della Rivelazione divina, spesso affidata ai sogni. Si leggano appunto i capitoli 7-12 del libro apocalittico di Daniele, che è molto simile a una sciarada storico-simbolica, i cui fili aggrovigliati vengono dipanati da Gabriele, 1’Angelo che – come vedremo – sarà presente anche alla soglia del Nuovo Testamento. Nella tradizione giudaica, soprattutto in quella della letteratura apocalittica apocrifa dei secoli III-I a.C., egli si affaccia dal cielo per abbracciare con sguardo tutti gli eventi del mondo così da poterne riferire a Dio. E presiede le classi angeliche dei Cherubini e delle Potestà e ha in pratica la gestione dell’intero palazzo celeste. Gli Angeli si moltiplicheranno in particolare nel racconto biblico dell’epoca dei Maccabei, combattenti per la libertà di Israele sotto il regime siro-ellenistico nel II secolo a.C. Questa proliferazione è naturalmente lo specchio di un’epoca storica e della convinzione di combattere una battaglia giusta e santa, avallata da Dio stesso che ne produce 1’esito positivo attraverso la sua armata celeste. Ma v’è anche la netta certezza che 1’Angelo faccia parte delle verità di fede secondo una sua precisa identità e funzione. Così, al ministro siro Eliodoro, che vuole confiscare il tesoro del tempio di Gerusalemme, si fanno incontro prima un cavaliere rivestito d’armatura aurea e poi “due giovani dotati di grande forza splendidi per bellezza e con vesti meravigliose” che lo neutralizzano e lo convincono a riconoscere il primato della volontà divina ( 2Maccabei 3,24-40). Durante un violento scontro tra Giuda Maccabeo e i Siri “apparvero dal cielo ai nemici cinque cavaliere splendidi su cavalli dalle briglie d’oro: essi guidavano gli Ebrei e, prendendo in mezzo a loro Giuda, lo ripararono con le loro armature rendendolo invulnerabile” (2 Maccabei 10,29-30). Altre volte è un solitario “cavaliere in sella, vestito di bianco, in atto di agitare un’armatura d’oro”, a guidare Israele alla battaglia (2 Maccabei 11,8). E non manca neppure una vera e propria squadriglia angelica composta da “cavalieri che correvano per 1’aria con auree vesti, armati di lance roteanti e di spade sguainate” (2 Maccabei 5,2).Al di là della retorica marziale di queste pagine v’è la sicurezza di una presenza forte che, come si diceva nei Salmi già citati, si accampa accanto agli oppressi e ai fedeli per tutelarli e salvarli.
Gli Angeli che circondano Gesù Gli Angeli popolano con la loro presenza anche le pagine del Nuovo Testamento, rivelando talora quei nomi che la tradizione giudaica aveva loro assegnato, come Gabriele e Michele (Luca 1,19.20; Apocalisse 12,7; Giuda 9), delineando le loro gerarchie di Troni, Dominazioni, Principati e Potestà (Colossesi 1,16; 2,10; Efesini 1,21; 1 Pietro 3,22; Giuda 8), presentandoli come assistenti al soglio divino (1 Pietro 1,12; Apocalisse), come custodi dei piccoli (Matteo 18,10) e delle chiese di Cristo (Apocalisse 2-3), dotati di una loro lingua specifica (l Corinzi 13,1) e segnati al loro interno da una linea di demarcazione drammatica, quella della ribellione satanica che dà origine all’Angelo tenebroso (Giuda 6; Apocalisse 9,11; 12,9; 2 Corinzi 11,l4; Matteo 25,41; Romani 8,38). Nonostante questo affollarsi angelico, bisogna, però, riconoscere che le Scritture Sacre cristiane sono sobrie nei loro colori, tese come sono a ricondurre a Dio e al suo Cristo la centralità della fede. Dalla prima Alleanza, al cui servizio essi erano destinati (Atti degli Apostoli 7,30.35.38.53; Galati 3,19; Ebrei 11,28), gli Angeli si pongono ora a disposizione di Cristo e della sua Chiesa. Hans Urs von Balthasar ha giustamente notato che “gli angeli circondano 1’intera vita di Cristo – appaiono nel presepe come splendore della discesa di Dio in mezzo a noi; riappaiono nell’Ascensione come splendore della nostra ascesa in Dio”. Iniziamo, allora, con il Natale di Cristo. Se ci fermiamo alla pura statistica, 1’Angelo entra in scena quattro volte con Matteo (1,20.24; 2,13.19), rivolgendosi a Giuseppe e scandendo tutte le tappe di quei giorni già segnati dall’ombra della croce che si proietta sul piccolo Gesù, perseguitato e profugo, e sul mistero della sua nascita. Si ripresenta ben quattordici volte in Luca (1.11- 19.26.27.30; 2,9-14), coinvolgendo le due annunciazioni – a Zaccaria e a Maria – e le due nascite, quelle di Giovanni il Battista e di Gesù. Non per nulla ai nostri occhi il Natale è ancor oggi una notte gelida, un brivido di luce, i pastori attorno a un ciocco che arde, un manto di neve, una grotta con alcune presenze povere, ma solenni. In alto, però, ci sono soprattutto gli Angeli, tanti Angeli che intonano un corale cosmico: “Subito apparve con l’angelo [che aveva annunziato la nascita del Cristo] una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Luca 2,13-14). Ma tutto era cominciato prima, quando l’Angelo Gabriele era apparso a Zaccaria per annunziargli la nascita di Giovanni il Battista (Luca 1,8-20) e quando un Angelo anonimo si era presentato ad annunziare a Giuseppe la notizia del mistero che stava per compiersi in quella donna che egli voleva ripudiare. Racconta Matteo: “Mentre stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore che gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria. (…) Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato 1’angelo del Signore” (Matteo 1,20.24). Dopo la nascita di Cristo ecco profilarsi l’incubo della persecuzione di Erode. Matteo, continua così il suo racconto: “Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: ‘Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto’ ” (2,13). E dopo il soggiorno egiziano, “morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: ‘Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele’ ” (2,19). Ma entrato in Palestina, seppe che regnava Archelao, figlio di Erode, e allora “avvertito in sogno, [Giuseppe con Gesù e Maria] si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret” (2,22-23). Come si vede il tracciato dei voli angelici pervade tutto il cielo del Natale quasi come una mappa di luce, di salvezza, di speranza. Una posizione privilegiata è occupata da Gabriele, ministro del consiglio della corona di Dio: non per nulla Luca (1,19) gli mette in bocca una frase che nel linguaggio orientale definisce i ministri (“Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio” e i ministri erano appunto “coloro che avevano accesso al cospetto del re”). Ma con Gabriele appaiono altri Angeli anonimi nel Natale di Cristo; anzi Luca (2,14) in quella notte, come si è visto, introduce “tutta la milizia celeste”, cioè tutto l’esercito di Dio, composto di legioni angeliche, pronte a combattere il male e 1’ingiustizia. Quelle legioni che Gesù, al momento dell’arresto nel giardino del Getsemani, dirà di non voler convocare per bloccare il suo destino sacrificale (Matteo 26,53: “Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?”). Ma la presenza angelica si era affacciata già prima di quell’ora terribile. Vi sono, infatti, gli Angeli che si accostano a Gesù, al termine delle tentazioni sataniche, per servirlo (Matteo 4,11). V’è l’Angelo che veglia sui piccoli: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 18,10). V’è 1’Angelo consolatore nella sera dell’agonia: “Gli apparve [nel Getsemani] un angelo del cielo a confortarlo” (Luca 22,43), V’è l’Angelo che indica il destino dell’uomo oltre la morte: “Alla risurrezione (…) si sarà come angeli nel cie lo” (Matteo 22,30). Ma, impor-tanti come quelli del Natale, sono gli Angeli della Pasqua. Se 1’Angelo del Natale era simile a un profeta che annunziava l’incarnazione, cioè 1’ingresso di Dio nella storia proprio sotto le spoglie di quel bambino nato nella “città di Davide”, Betlemme, 1’Angelo della Pasqua proclama la redenzione piena operata da Cristo e sigillata dalla sua vittoria sulla morte. “Vi fu un grande terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma 1’angelo disse alle donne: ‘Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. E’ risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: E’ risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete’. Ecco, io ve 1’ho detto’ ” (Matteo 28,2-7). Sulle labbra dell’Angelo risuona la professione di fede pasquale della Chiesa: “ E’ risorto!”. E’ ciò che ripeterà anche 1’Angelo pasquale di Marco, raffigurato come “un giovane vestito di una veste bianca” (16,5-6) o “i due uomini in vesti sfolgoranti” del racconto di Luca (24,4-6). Essi inaugurano anche la missione della Chiesa quando, nel giorno dell’ascensione di Cristo nella sua gloria celeste, sotto 1’aspetto di “due uomini in bianche vesti” (e il bianco nella Bibbia è simbolo dell’Eterno), si rivolgeranno agli Apostoli così: “Uomini di Galilea, perchè state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui 1’avete visto andare in cielo” (Atti degli Apostoli 1,10-11).
Gli Angeli che accompagnano la Chiesa La Chiesa vive da quel momento accompagnata dagli Angeli. V’è 1’Angelo degli Apostoli: apre loro le porte del carcere a notte fonda (Atti degli Apostoli 5,19). V’è 1’Angelo di Pietro: di notte gli scioglie le catene, lo riveste e gli spalanca le porte della prigione (Atti degli Apostoli 2,7-11). V’è 1’Angelo del diacono Filippo: mette questo ministro del vangelo sulla strada di Gaza per incontrare 1’eunuco etiope, funzionario della regina Candace, e così convertirlo (Atti degli Apostoli 8,26). V’è 1’Angelo del centurione romano Cornelio: gli annunzia la via della salvezza attraverso 1’incontro con Pietro (Atti degli Apostoli 10,3; 11,13). V’è 1’Angelo di Paolo: durante la tempesta che colpisce la nave che porta 1’Apostolo a Roma per essere processato, lo conforta e gli assicura che raggiungerà il tribunale di Cesare per testimoniare Cristo (Atti degli Apostoli 27,23-24). V’è 1’Angelo di tutti gli annunziatori del vangelo: assiste alla lotta che il discepolo deve condurre per compiere la sua missione (1 Corinzi 4,9). V’è 1’Angelo della liturgia e lo presenta lo stesso Paolo nel passo un po’ folcloristico sul velo delle donne (1 Corinzi 11,10). Come si vede, la presenza angelica popola le strade della Chiesa e della sua storia. E non 1’abbandona nel momento estremo, quello dell’approdo alla Gerusalemme celeste. Lo stesso Gesù nel suo “discorso escatologico”, dedicato alla meta ultima della vicenda umana e cosmica, aveva evocato la funzione degli Angeli quasi come cerimonieri dell’evento del giudizio finale (Matteo 13,41-42; Marco 13,27.32; Luca 16,22). Ma sarà 1’Apocalisse ad affollare il cielo di Angeli, riflettendo in questo un modello tipico di una letteratura allora popolare, quella chiamata appunto apocalittica e che abbiamo già avuto occasione di evocare. In un trionfo di luce, gli Angeli dell’Apocalisse cantano, assistono al soglio divino, suonano trombe, scagliano i flagelli del giudizio, scardinano dalle fondamenta Babilonia, la città del male, simbolo della Roma imperiale, incatenano la Bestia infernale, vegliano alle porte della Gerusalemme celeste, la città della gioia, seguono Michele nella lotta estrema tra Bene e Male. La coreografia dell’Apocalisse ha 1’Angelo come attore di grande rilievo, nella prospettiva di una palingenesi di tutto 1’essere e in particolare dell’umanità, chiamata alla cittadinanza celeste e alla comunione angelica, come Paolo (Efesini 1,18; Filippesi 3,20). Ma lo stesso libro nelle sue pagine di apertura, ossia nelle lettere indirizzate ad altrettante comunità cristiane dell’Asia Minore (Apocalisse 2-3), rivela che su ogni Chiesa ancora pellegrina sulla terra veglia un Angelo del Signore. Egli raccoglie il messaggio ora dolce ora aspro che Cristo ai fedeli di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea, divenendo così partecipe delle sorti della comunità che egli assiste. Rimane un’ultima nota. E’ facile colmare i cieli di deliziosi Angioletti; è ancor più facile bamboleggiare ideologicamente con le “misteriose presenze” e spiritualmente con misticismi alla melassa. E’ pericoloso inoltrarsi nel mondo angelico con intenti esoterico-magici perché questa è idolatria nel caso peggiore o stupidità nel caso dell’ingenuità superstiziosa. L’Angelo è, in verità, un segno dell’unico che dev’essere adorato, Dio; è solo un indice puntato verso 1’unico, vero mistero, quello divino; è un mediatore al servizio dell’ “unico mediatore” tra Dio e gli uomini che è Cristo Signore. Ritornare al rigore e alla sobrietà della fede, in questo come in altri campi, è necessario. Ce lo ricorda soprattutto Paolo. Egli aveva già reagito con veemenza a questa riduzione idolatrica del mistero cristiano quando, scrivendo ai cristiani di Colossi, una città della più profonda provincia dell’Asia Minore, aveva polemizzato con un loro culto angelico esasperato, forse simile a quello che sta ai nostri giorni qua e là affiorando: “Nessuno si compiaccia in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le pretese visioni” (Colossesi 2,18). “A quale degli angeli Dio ha detto: ‘Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato?’ ”, si domanda 1’anonimo autore neotestamentario della Lettera agli Ebrei (1,5). Al centro dell’autentica fede cristiana non ci sono gli Angeli, ma Cristo che è “al di sopra di ogni potenza angelica” e nel cui nome “ogni ginocchio si piega in cielo, sulla terra e sotto terra” (Filippesi 2,10).

Gli « angeli »

dal sito:

http://www.ritornoallatorah.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=303:malachim&catid=46:credenze&Itemid=77

Gli « angeli »   
 
In molte religioni esiste la credenza negli angeli, cioè creature spirituali al servizio della Divinità o aiutanti soprannaturali degli uomini.
Questa concezione angeologica ha certamente affascinato gli Ebrei durante le loro peregrinazioni tra i popoli stranieri e ha in parte influenzato l’Ebraismo, soprattutto i vari movimenti Esseno-Enochici che credevano fermamente nell’esistenza degli angeli e dei demoni malefici.
Il Talmud dichiara che gli Israeliti presero i nomi degli angeli da Babilonia e che spesso i Maestri dovettero lottare contro la fantasia popolare che tendeva a dare grande importanza a tali credenze mistiche, allontanandosi quindi dal puro e assoluto Monoteismo.
Ma allora cosa sono gli « angeli » nell’Ebraismo privo di influenze pagane?
La parola angelo in Ebraico corrisponde al termine malach (al plurale malachìm) che significa semplicemente inviato, messaggero, o colui che compie una missione. Nella Bibbia, con questa parola vengono spesso indicati degli inviati umani o dei profeti, che sono i messaggeri di Dio agli uomini; il nome del profeta Malachia (in Ebraico Malachì ) significa proprio « mio messaggero », e sappiamo bene che costui era un essere umano, non una creatura spirituale.
Ad essere definiti malachim sono anche gli ambasciatori che Giacobbe mandò ad Esaù (Genesi 32:3), gli uomini che Giosuè inviò ad ispezionare Gerico (Giosuè 6:17) e i messaggeri mandati dal re David nel deserto (1Samuele 25:14).
Questi pochi esempi possono bastare per comprendere che il termine malach non abbia in sè alcun riferimento a creature ultraterrene, almeno non nel suo significato originario.
In altri brani biblici i malachim sono manifestazioni di Dio nel mondo, come nel caso delle fiamme che apparvero a Mosè (Esodo 3:2) e in quello della colonna di nuvola e di fuoco (Esodo 13:21 ; Esodo 14:19).
Quindi un malach può anche essere una materializzazione della Presenza Divina fra gli uomini, nel senso che il Creatore utilizza fenomeni naturali e fisici come « strumenti » o « inviati » per manifestarsi.
A volte alcune figure bibliche vengono identificate come angeli anche se il testo non le menziona come tali. E’ il caso dei « Benè haElohim » di Genesi 6:2, che nelle traduzioni della Bibbia vengono solitamente chiamati « Figli di Dio », cioè esseri spirituali venuti dal Cielo.
In realtà benè haElohim significa più propriamente « figli dei Giudici », « figli dei nobili » o addirittura « Potenti », dato che sia benè che Elohim sono parole con una vasta area semantica.
Il passo di Genesi vuole dirci che i principi (cioè i potenti della Terra) si presero come mogli le figlie degli uomini comuni (benot haAdam).
Nella Bibbia e nella letteratura rabbinica ci sono però vari riferimenti agli « angeli » che non sono intesi come esseri umani.
La Mishnah fornisce la chiave per interpretare tali riferimenti: un malach può compiere una sola missione, e due malachìm non possono avere lo stesso compito. L’angelo è la rappresentazione e l’attuazione della Volontà Divina; non possiede quindi il libero arbitrio, non può ribellarsi a Dio e può compiere solo ciò per cui è stato « programmato » per poi essere distrutto.
Rabbi Moshè Chaim Luzzatto parla delle forze dei Nivdalìm e dei malachìm come della causa di tutto ciò che accade nel mondo.
Nella Guida Dei Perplessi, Maimonide spiega che gli angeli sono emanazioni del Creatore, intelligenze astratte ed incorporee attraverso cui Dio interagisce con l’universo materiale.
Possiamo dire che per Maimonide gli angeli sono anche ciò che governa le leggi della Fisica e della natura; essi sono infatti riconosciuti come la causa del movimento dei pianeti e persino dei comportamenti animali, in riferimento a Daniele 6:22 « Il mio Dio ha mandato il suo malach che ha chiuso le fauci dei leoni ».
La seguente spiegazione è senza dubbio molto illuminante:
« La nostra Legge religiosa non nega il fatto che Dio governi questa esistenza tramite gli angeli. [....] In alcuni passi i Saggi dicono semplicemente così: Il Santo non fa nulla finchè non ha consultato la famiglia superiore [....] In tutti questi testi, l’intento non è quello che pensano gli ignoranti, cioè che Dio parli, pensi, rifletta e si avvalga dell’opinione di altri: come potrebbe il Creatore avvalersi dell’aiuto di ciò che Lui stesso ha creato? Anzi, tutto questo spiega chiaramente che anche i particolari dell’esistenza, persino la creazione degli organi degli animali, sono stati fatti tramite gli angeli, poichè tutte le forze sono angeli. Quanto è grande la cecità degli ignoranti, e quanto è dannosa! Se tu dici ad uno di coloro che pretendono di essere i sapienti d’Israele che Dio ha mandato un angelo nell’utero della donna per formarvi il feto, questo lo riempirà di meraviglia, ed egli lo accetterà come un atto della grandezza e della potenza di Dio, e come un segno della Sua sapienza; egli crederà anche che l’angelo sia un corpo di luce ardente grande come la terza parte del mondo intero, e tutto ciò gli sembrerà possibile da parte di Dio.
Se invece tu gli dici che Dio ha posto nel seme umano la potenza di formare e di definire gli organi, e che ciò sia l’ »angelo », allora egli si stupirà perchè non capisce che il vero atto di grandezza e potenza consiste nel far esistere delle forze che agiscano pur non essendo percepite dai sensi.
I Saggi hanno spiegato che ognuna delle facoltà del corpo è un « angelo », e tanto più lo sono le potenze disseminate nel mondo. [....] I Saggi hanno dunque già spiegato a chi fa uso del suo intelletto che la facoltà dell’immaginazione è chiamata angelo; e l’intelletto è chiamato cherubino ».  (Guida dei Perplessi 2,4 ; 2,6).
Per quanto riguarda gli angeli descritti dettagliatamente in alcuni brani delle Scritture come esseri dotati di facce, ali e altre caratteristiche fisiche, Maimonide spiega che si tratta sicuramente di rappresentazioni metaforiche prodotte dalle visioni dei profeti.
Persino Dio, che è Immateriale e Incorporeo, viene talvolta descritto metaforicamente come un essere antropomorfo sia nella Bibbia che negli scritti della Tramandazione Ebraica, e infatti « La Torah parla la lingua degli uomini » (Yebamot 74).
Quella esposta nella Guida Dei Perplessi non è l’unica interpretazione ebraica dell’angeologia, ne esistono infatti altre più mistiche e meno razionali, ma tutti i Maestri concordano comunque nell’affermare che gli « angeli » non sono mediatori tra Dio e l’umanità, ed è perciò proibito rivolgersi ad essi in preghiera.
Inoltre, non c’è dubbio sul fatto che gli angeli non agiscano in modo indipendente, ma le loro azioni e la loro stessa esistenza sono strettamente legate alla Volontà Divina.
Secondo la definizione di Rabbi Adin Steinsaltz, gli angeli sono realtà spirituali privi di forma e materialità. Essi vengono creati continuamente dalle azioni umane che generano forze spirituali positive o distruttrici.
Per ciò che riguarda la concezione ebraica del Satàn vi invitiamo a leggere l’articolo Le due Inclinazioni dell’uomo.

Publié dans:ANGELI ED ARCANGELI |on 16 novembre, 2011 |Pas de commentaires »

San Gabriele Arcangelo (Beh! è il mio onomastico!)

dal sito:

http://it.wikipedia.org/wiki/Arcangelo_Gabriele

San Gabriele Arcangelo

Arcangelo Gabriele. Josè Camaròn Bononat. Sec XVIII, Academia de San Carlos, Valencia

Venerato da Chiesa cattolica, Chiesa ortodossa, Islam

Ricorrenza 29 settembre

Attributi Ali, giglio

Patrono di Diplomazia e comunicazione, Telecomunicazioni

Nelle religioni abramiche, Gabriele (ebraico גַּבְרִיאֵל, Gavriʼel, latino Gabrielus, greco Γαβριήλ, ebraico tiberiano Gaḇrîʼēl, arabo جبريل Jibrīl o Jibrail), significa « forza di Dio ».

Il nome deriva dall’ebraico e significa: « La forza di Dio » « Dio è forte », o anche « l’eroe di Dio ». È uno dei tre arcangeli menzionati nella Bibbia. È il primo ad apparire nel Libro di Daniele della Bibbia. Era anche rappresentato come « la mano sinistra di Dio ». Ha annunciato la nascita di Giovanni Battista e di Gesù, e per i musulmani è stato il tramite attraverso cui Dio rivelò il Corano a Maometto.

Nella tradizione biblica è a volte rappresentato come l’angelo della morte, uno dei Messaggeri di Dio: anche come angelo del fuoco. Il Talmud lo descrive come l’unico angelo che può parlare siriaco e caldeo. Nell’Islam, Gabriele è uno dei capi Messaggeri di Dio.

Nella tradizione cristiana è conosciuto come uno degli arcangeli, anche se questo è improprio dato che nella Bibbia si parla sempre di un solo arcangelo (angelo capo) al singolare e mai al plurale; e comunque mai riferito a Gabriele; semmai a Michele. Nell’Antico Testamento Gabriele interpreta la visione profetica del capro e del montone (Daniele 8:15-26) e spiega la predizione delle settanta settimane di anni (490 anni) dell’esilio da Gerusalemme (Daniele 9:21-27); nel Nuovo Testamento annuncia a Zaccaria la nascita del figlio Giovanni Battista e a Maria di Nazareth la nascita di Gesù Cristo (Luca 1:11-20).

Secondo alcune elucubrazioni, nel nome Gabriele, Kha-Vir-El, secondo l’antica pronuncia egiziana, Ga o Ka indicano « desiderio », « sentimento » ed « amore espresso »; Bir o Vir indicano l’elemento « acqua ». Gabriele, infatti, governa l’acqua e i liquidi, che costituiscono i tre quarti del pianeta. Gabriele è il sovrintendente della totalità del regno fisico. In effetti sembra che tradizione ‘cristiana’ e tradizione ‘biblica’ dissentano in quanto all’effettivo titolo di quest’ultimo. Nella Bibbia infatti si parla sempre e soltanto di un solo Arcangelo (singolare) che per l’appunto significa ‘angelo capo’ ed è sempre riferita a Michele e mai a Gabriele. I riferimenti a Gabriele sono sempre e soltanto in qualità di ‘angelo’ ossia messaggero. – Nella Bibbia troviamo diverse figure angeliche tra cui appunto Angeli, Cherubini, Serafini… ma un solo Arcangelo; e non era Gabriele.

L’angelo Gabriele domina su tutti gli angeli principi delle 70 Nazioni e rappresenta la Sefirah Ghevurah. Egli è chamato l’uomo vestito di lino.

« …Gavriel dice (a Dio): « Israele è il potente esecutore dei Tuoi ordini e proclama: « Iddio è forte » (Ghibbor E-l) », come è scritto: Dio grande, forte e terribile (Deut10.17). Sii il loro aiuto ed il loro scudo perché invero una spada a doppio taglio è nelle loro mani … Gavriel domina tutti i principi (angeli) delle Nazioni »

(El’azar da Worms, Il segreto dell’Opera della Creazione)

L’angelo Gabriele diresse la punizione divina contro Sodoma e Gomorra.

Una delle sue missioni è anche quella di far maturare i frutti.

Egli è lo scriba celeste, inoltre rivela la profezia dei sogni profetici.

Storia e Bibbia ebraica

Nello storico contesto della distruzione del Tempio di Gerusalemme di Salomone, e nella cattività babilonese del Regno di Giuda che seguì, il profeta Daniele pensava quale fosse il significato delle diverse visioni che aveva vissuto in esilio, quando Gabriele gli apparve (Daniele 8:16-25).

Gabriele è menzionato due volte per nome:

« … e egli arrivò per passare, quando io, io Daniele, ebbi la visione, che cercavo per capire; e, vedo, lì davanti a me l’apparire come di un uomo. E io sentii la voce di un uomo tra le rive dell’Ulai, che chiamava, e disse: ‘Gabriele, fa che quest’uomo possa capire la visione’. Così egli venne vicino dove io ero: e quando arrivò, io ero terrificato, e caddi; ma egli mi disse: ‘Capisci, figlio dell’uomo; per la visione che appartiene al tempo della fine… » [1] (Daniele 8:15-17).

È verso la fine del potere di Babilonia che ancora Gabriele viene inviato a elaborare e spiegare i problemi relativi alla « Fine dei Giorni » come quando il regno di Persia, Grecia e Roma stavano perdendo il dominio del mondo.

« …E dopo che io ebbi parlato, e pregato, e confessato i miei peccati ed i peccati del mio popolo di Israele, e presentato le miei suppliche davanti al Signore mio Dio per la sacra montagna del mio Dio; e mentre stavo parlando e pregando, l’uomo Gabriele, che avevo visto nella visione all’inizio, stava volando veloce, recandosi vicino a me verso l’ora dell’offerta serale. E lui mi fece capire, e mi parlò, e disse: ‘Daniele, sono ora giunto per renderti capace di capire…Settanta settimane sono dichiarate per la tua gente e per la tua santa città, per porre fine alle trasgressioni, e per porre fine ai peccati, e per perdonare l’iniquità, e per prendere l’eterna virtuosità, e per sigillare la visione ed il profeta, e per raggiungere il più sacro dei luoghi » [2] (Daniele 9:20-24).

È qui che Gabriele racconta a Daniele riguardo alle misteriose « Settanta settimane » (shavu-im shivim) che sembrano indicare la fine della cattività Babilonese che durò settant’anni quando Ciro il Grande permise il ritorno a Sion e la ricostruzione del Tempio nel suo impero.

Il suo nome ricorre anche nell’apocrifo Libro di Enoch.

Talmud

Nel Talmud (uno dei testi sacri dell’ebraismo), Gabriele appare come il distruttore degli ospiti di Sennacherib nel Sanhedrin 95b, armato di  » affilata falce che era pronta già dalla Creazione ». L’arcangelo è anche attribuito come colui che mostrò a Joseph la via, colui che evitò alla Regina Vashti di apparire nuda davanti al Re Ahasverus ed i suoi ospiti, e l’angelo che seppellì Mosè. Nel Talmud Yoma 79a, comunque sia, è detto che Gabriele cadde una volta in disgrazia « per non aver obbedito agli esatti comandi dati, io rimasi per un po’ fuori dal Velo celeste ». Durante questo periodo di 21 giorni, l’angelo guardiano della Persia, Dobiel, fece le veci di Gabriele.

Gabriele è anche, secondo il Giudaismo, la voce che disse a Noè di prendere gli animali prima del grande diluvio; l’invisibile forza che evitò ad Abramo di uccidere Isacco e la voce del roveto ardente.

Publié dans:ANGELI ED ARCANGELI |on 28 septembre, 2011 |Pas de commentaires »
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