Archive pour la catégorie 'LETTERE BIBLICHE DOMENICALI: I E II LETTURA ☻'

BENEDETTO XVI: CANTICO CFR COL 1,3.12-20

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2006/documents/hf_ben-xvi_aud_20060104_it.html

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

AULA PAOLO VI

MERCOLEDÌ, 4 GENNAIO 2006

CANTICO CFR COL 1,3.12-20

Cristo fu generato prima di ogni creatura,
è il primogenito di coloro che risuscitano dai morti
Vespri – Mercoledì 4a settimana

1. In questa prima Udienza generale del nuovo anno ci soffermiamo a meditare il celebre inno cristologico contenuto nella Lettera ai Colossesi, che è quasi il solenne portale d’ingresso di questo ricco scritto paolino ed è anche un portale di ingresso in questo anno. L’Inno proposto alla nostra riflessione è incorniciato da un’ampia formula di ringraziamento (cfr vv. 3.12-14). Essa ci aiuta a creare l’atmosfera spirituale per vivere bene questi primi giorni del 2006, come pure il nostro cammino lungo l’intero arco del nuovo anno (cfr vv. 15-20).
La lode dell’Apostolo e così la nostra sale a « Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo » (v. 3), sorgente di quella salvezza che è descritta in negativo come « liberazione dal potere delle tenebre » (v. 13), cioè come « redenzione e remissione dei peccati » (v. 14). Essa è poi riproposta in positivo come « partecipazione alla sorte dei santi nella luce » (v. 12) e come ingresso « nel regno del Figlio diletto » (v. 13).
2. A questo punto si schiude il grande e denso Inno, che ha al centro il Cristo, del quale è esaltato il primato e l’opera sia nella creazione sia nella storia della redenzione (cfr vv. 15-20). Due sono, quindi, i movimenti del canto. Nel primo è presentato Cristo come il primogenito di tutta la creazione, Cristo, « generato prima di ogni creatura » (v. 15). Egli è, infatti, l’ »immagine del Dio invisibile », e questa espressione ha tutta la carica che l’ »icona » ha nella cultura d’Oriente: si sottolinea non tanto la somiglianza, ma l’intimità profonda col soggetto rappresentato.
Cristo ripropone in mezzo a noi in modo visibile il « Dio invisibile ». In Lui vediamo il volto di Dio, attraverso la comune natura che li unisce. Cristo per questa sua altissima dignità precede « tutte le cose » non solo a causa della sua eternità, ma anche e soprattutto con la sua opera creatrice e provvidente: « per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili… e tutte sussistono in lui » (vv. 16-17). Anzi, esse sono state create anche « in vista di lui » (v. 16). E così san Paolo ci indica una verità molto importante: la storia ha una meta, ha una direzione. La storia va verso l’umanità unita in Cristo, va così verso l’uomo perfetto, verso l’umanesimo perfetto. Con altre parole san Paolo ci dice: sì, c’è progresso nella storia. C’è – se vogliamo – una evoluzione della storia. Progresso è tutto ciò che ci avvicina a Cristo e ci avvicina così all’umanità unita, al vero umanesimo. E così, dentro queste indicazioni, si nasconde anche un imperativo per noi: lavorare per il progresso, cosa che vogliamo tutti. Possiamo farlo lavorando per l’avvicinamento degli uomini a Cristo; possiamo farlo conformandoci personalmente a Cristo, andando così nella linea del vero progresso.
3. Il secondo movimento dell’Inno (cfr Col 1, 18-20) è dominato dalla figura di Cristo salvatore all’interno della storia della salvezza. La sua opera si rivela innanzitutto nell’essere « capo del corpo, cioè della Chiesa » (v. 18): è questo l’orizzonte salvifico privilegiato nel quale si manifestano in pienezza la liberazione e la redenzione, la comunione vitale che intercorre tra il capo e le membra del corpo, ossia tra Cristo e i cristiani. Lo sguardo dell’Apostolo si protende alla meta ultima verso cui converge la storia: Cristo è « il primogenito di coloro che risuscitano dai morti » (v. 18), è colui che dischiude le porte alla vita eterna, strappandoci dal limite della morte e del male.
Ecco, infatti, quel pleroma, quella « pienezza » di vita e di grazia che è in Cristo stesso e che è a noi donata e comunicata (cfr v. 19). Con questa presenza vitale, che ci rende partecipi della divinità, siamo trasformati interiormente, riconciliati, rappacificati: è, questa, un’armonia di tutto l’essere redento nel quale ormai Dio sarà « tutto in tutti » (1Cor 15, 28) e vivere da cristiano vuol dire lasciarsi in questo modo interiormente trasformare verso la forma di Cristo. Si realizza la riconciliazione, la rappacificazione.
4. A questo mistero grandioso della redenzione dedichiamo ora uno sguardo contemplativo e lo facciamo con le parole di san Proclo di Costantinopoli, morto nel 446. Egli nella sua Prima omelia sulla Madre di Dio Maria ripropone il mistero della Redenzione come conseguenza dell’Incarnazione.
Dio, infatti, ricorda il Vescovo, si è fatto uomo per salvarci e così strapparci dal potere delle tenebre e ricondurci nel regno del Figlio diletto, come ricorda questo inno della Lettera ai Colossesi. « Chi ci ha redento non è un puro uomo – osserva Proclo -: tutto il genere umano infatti era asservito al peccato; ma neppure era un Dio privo di natura umana: aveva infatti un corpo. Che, se non si fosse rivestito di me, non m’avrebbe salvato. Apparso nel seno della Vergine, Egli si vestì del condannato. Lì avvenne il tremendo commercio, diede lo spirito, prese la carne » (8: Testi mariani del primo millennio, I, Roma 1988, p. 561).
Siamo, quindi, davanti all’opera di Dio, che ha compiuto la Redenzione proprio perché anche uomo. Egli è contemporaneamente il Figlio di Dio, salvatore ma è anche nostro fratello ed è con questa prossimità che Egli effonde in noi il dono divino.

È realmente il Dio con noi. Amen!

XXII DOMENICA TEMPO ORDINARIO ANNO C – COMMENTO ALLE LETTURE (29 AGOSTO 2010 PDF)

http://www.aclimilano.it/old/vitacristiana/documenti/liturgia/29_agosto_10_rm.pdf

 XXII DOMENICA TEMPO ORDINARIO ANNO C (29 AGOSTO 2010  PDF)

A CURA DI MARCO BONARINI – GRUPPO “VITA CRISTIANA” DELLE ACLI DI ROMA

Testi ed appunti per la liturgia domenicale possono diventare dono da offrire per maturare il nostro sacerdozio comune nella Parola di Dio. Nei circoli e tra cristiani che partecipano alla liturgia il testo può servire per una personale riflessione settimanale.

Siracide 3,19-21.30-31
19 Figlio, compi le tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
20 Quanto più sei grande, tanto più fatti
umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
21 Perché grande è la potenza del Signore,
e dagli umili egli è glorificato.
30 Per la misera condizione del superbo non
c’è rimedio,
perché in lui è radicata la pianta del male.
31 Il cuore sapiente medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il
saggio.

Siracide 3,19-21.30-31
Questo elogio dell’umile è un insegnamento sapienziale di grande rilevanza, soprattutto in tempo come il nostro in cui crediamo di avere in mano la vita, ma dove basta una piccola eruzione o un incidente su una piattaforma petrolifera dovuto a incuria degli uomini, che ci accorgiamo come siamo poca cosa di fronte alla creazione. Ma l’uomo è stato fatto poco meno degli angeli, dice il salmo 8. In questo oscillare tra miseria e grandezza, il Siracide ci mostra una via di sapienza: l’umiltà e la mitezza, che i vangeli ci mostrano essere caratteristiche importanti di Gesù («Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» Mt 11,29). Se uno agisce con mitezza, viene riconosciuto come un figlio di Dio e detto beato. Non è la grandezza umana che ci fa grandi davanti a Dio, ma l’umiltà, tanto più se siamo importanti agli occhi del mondo. Dio disprezza i superbi, ma si fa amico dei miti per confidare loro il suo disegno di salvezza. Dio è grande e solo gli umili possono riconoscerlo come tale, perché non lo sentono in concorrenza con la loro grandezza che si può mutare in superbia. I superbi, proprio perché tali, difficilmente possono convertirsi, perché manca loro la radice: riconoscere la loro creaturalità come dono gratuito di Dio. Solo il meditare le parabole e i proverbi dei sapienti rende umili, perché di fronte al mistero della sapienza di Dio, anche l’intelligenza dell’uomo ritrova le sue vere proporzioni: capaci di grandi cose nei vari campi del sapere, ma sempre fragili nella vita. Il saggio sa ascoltare la sapienza che viene dalla vita, se ne fa attento uditore, per poterla vivere e comunicare a chi ha un cuore in ricerca sincera della sapienza che viene da Dio.

Ebrei 12,18-19.22-24
Fratelli, 18 non vi siete avvicinati a qualcosa
di tangibile né a un fuoco ardente né a
oscurità, tenebra e tempesta, 19 né a squillo di
tromba e a suono di parole, mentre quelli che
lo udivano scongiuravano Dio di non
rivolgere più a loro la parola.
22 Voi invece vi siete accostati al monte Sion,
alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme
celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza
festosa 23 e all’assemblea dei primogeniti i
cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice
di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, 24 a
Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.

Ebrei 12,18-19.22-24
L’autore della lettera mostra in questo brano la differenza tra l’alleanza del Sinai e quella in Gesù. La prima è stata un avvicinarsi al Signore attraverso dei segni della sua presenza per ascoltare la sua voce: il monte Sinai, il fuoco ardente, squilli di tromba. Tutti i presenti erano presi dal timore di ascoltare direttamente la parola del Signore e preferivano una mediazione di cui fu incaricato Mosè: a lui Dio si rivolgeva nella tenda e poi riferiva al popolo.
Con Gesù ci si è accostati al monte Sion, il monte su cui è costruita Gerusalemme. Accostarsi alla Gerusalemme terrena implica accostarsi anche alla Gerusalemme celeste, dove gli angeli e i redenti – i primogeniti e i giusti resi perfetti – insieme celebrano la perenne liturgia di lode al Signore che salva in Gesù, il mediatore della nuova alleanza, perché compie l’antica e la rende definitiva. L’alleanza è nuova anche perché non è più mediante segni viene rivelato Dio, ma il mediatore stesso è Dio e uomo contemporaneamente. Gesù riunisce in sé la natura divina e quella umana, pertanto è in lui che la mediazione tra l’uomo e Dio si compie. A lui dobbiamo rivolgere i nostri occhi per contemplare questo mistero di salvezza che si manifesta a noi e che nella liturgia di lode eucaristica
celebriamo in comunione con la Gerusalemme celeste.

Luca 14,1.7-14
Avvenne che 1 un sabato Gesù si recò a casa
di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi
stavano a osservarlo.
7 Diceva agli invitati una parabola, notando
come sceglievano i primi posti: 8 «Quando sei
invitato a nozze da qualcuno, non metterti al
primo posto, perché non ci sia un altro
invitato più degno di te, 9 e colui che ha
invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il
posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare
l’ultimo posto. 10 Invece, quando sei invitato,
va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando
viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico,
vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore
davanti a tutti i commensali. 11 Perché
chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si
umilia sarà esaltato».
12 Disse poi a colui che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non
invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi
parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta
non ti invitino anch’essi e tu abbia il
contraccambio. 13 Al contrario, quando offri
un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi,
ciechi; 14 e sarai beato perché non hanno da
ricambiarti. Riceverai infatti la tua
ricompensa alla risurrezione dei giusti».
modo esemplare la situazione che vuole illuminare.

Luca 14,1.7-14
La parabola in questione non è di difficile lettura, in quanto ricalca in modo esemplare la situazione che vuole illuminare Gli invitati guardano Gesù perché sono interessati alla sua persona e in particolare alla sua capacità di guarigione (14,2-6). Gesù prende poi la parola per far notare i criteri di scelti utilizzati dai presenti per sedersi a mensa. La parabola tuttavia usa la situazione presente per illuminare la situazione di quando il regno di Dio si realizzerà come un matrimonio. Non si può “sgomitare” per occupare i primi posti nel regno di Dio, perché essi sono destinati ai prediletti dal Signore: i piccoli e i poveri della storia, mentre coloro che in qualche modo hanno una posizione, anche nel regno, vengono dopo, perché l’unico criterio di merito è quello dell’amore per Dio che si fa amore concreto per i fratelli. Ora umiliarsi vuol dire che ci si rimette alla volontà del Padre per ricevere onore da lui, quell’onore che deriva dall’amore e tutti sappiamo quanto siamo tiepidi in questo amore per Dio che si fa servizio dei fratelli. Gesù poi si rivolge a colui che lo ha invitato, uno dei capi dei farisei, per indicargli il criterio con cui invitare a un pranzo o a una cena: non tanto gli amici, che si sentono in debito e possono ricambiare l’invito, quanto il gratuito accogliere chi non può ricambiare l’invito, perché non ne ha i mezzi. E’ così infatti che fa il Signore nei nostri confronti: noi non possiamo ripagarlo per l’invito a entrare nel suo regno, perché non abbiamo nulla che Dio non abbia già, e in questo il suo invito è veramente gratuito. Solo un amore sincero verso i fratelli è quanto si aspetta da noi il Signore perché possiamo così entrare tutti nella sua gioia che nasce dalla sua misericordia per i piccoli e i poveri.

COMMENTO ALLA SECONDA LETTURA: COLOSSESI 2,12-14

http://www.nicodemo.net/NN/commenti_p.asp?commento=Colossesi%202,12-14

COLOSSESI 2,12-14

Fratelli, 12 con Cristo siete stati sepolti nel battesimo, in lui siete anche stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.
 13 Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l’incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, 14 annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce.

COMMENTO
Colossesi 2,12-14

BATTESIMO E PERDONO DEI PECCATI
L’esordio dello scritto ai Colossesi (Col 1,1-23) termina con una enunciazione dei temi che l’autore intende trattare. Essi sono: l’opera di Cristo per la santità dei credenti, la fedeltà al vangelo ricevuto, il vangelo annunziato da Paolo (cfr. 1,21-23). L’ultimo di questi temi è quello trattato per primo (1,24 – 2,5). Successivamente l’autore affronta il secondo tema, che riguarda la fedeltà al vangelo (2,6-23) e infine si concentra sull’opera di Cristo per la santità dei credenti (3,1 – 4,1). Al centro del secondo di questi tre sviluppi Paolo pone alcuni spunti cristologici, riguardanti il rapporto che i credenti hanno con Cristo (2,9-15). Nel testo liturgico è ripresa la parte finale di questo brano. Il pensiero in esso contenuto si sviluppa in due momenti: il battesimo con Cristo (v. 12); il perdono dei peccati (vv. 13-14).
Il battesimo con Cristo (v. 12)
Prima di parlare del battesimo, l’autore si rivolge ai suoi interlocutori in seconda persona plurale. Ciò significa che egli suppone di avere di fronte un pubblico di gentili diventati cristiani. Egli afferma che in Gesù abita tutta la pienezza della divinità ed essi hanno avuto parte alla sua pienezza, che fa di lui il capo di ogni principato e di ogni potestà (Col 2,9-10). Egli continua, sempre  usando la seconda persona plurale, sottolineando che in lui essi hanno ricevuto non una circoncisione fatta da mano di uomo mediante la spogliazione del corpo di carne, cioè la circoncisione fisica, ma la vera circoncisione di Cristo (Col 2,11; cfr. Ef 2,11). Egli spiega poi in che cosa consiste la circoncisione di Cristo: «Con lui infatti siete stati sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti» (v. 12).
Diversamente dalla circoncisione fisica, la «circoncisione di Cristo» ha luogo in rapporto con Cristo e in unione con lui. Essa consiste nel battesimo, che è presentato da Paolo, nella polemica contro i giudaizzanti, come la vera circoncisione (cfr. Fil 3,3). L’autore di Colossesi riprende questa immagine definendo il battesimo come un essere sepolti con Cristo, cioè come una partecipazione alla sua morte, e come una risurrezione con lui. È chiara l’allusione al rito del battesimo come immersione nella morte e risurrezione di Cristo di cui parla Paolo in Rm 6,3-4. L’autore di Colossesi sottolinea che ciò è avvenuto per mezzo della fede, non direttamente in Cristo, come avrebbe detto Paolo, ma nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti. La risurrezione, sia di Cristo che dei credenti, è dunque opera della potenza di Dio. Inoltre la risurrezione del credente viene presentata come un evento ormai realizzato (cfr. Col 3,1-4), mentre per Paolo era ancora un evento futuro (cfr. Rm 6,5). Nel contesto della crisi determinata dal ritardo della parusia, cioè del ritorno di Cristo, si tende a presentare la partecipazione alla risurrezione di Cristo come una realtà che non riguarda un futuro non precisabile, ma che è già presente e operante. I gentili diventati cristiani non hanno dunque bisogno del rito della circoncisione, che i falsi dottori di ispirazione giudaizzante volevano imporre loro, perché hanno il battesimo, che fin d’ora li fa partecipi della vita gloriosa di Cristo risorto.

Il perdono dei peccati (vv. 13-14)
Gli effetti del battesimo vengono così descritti: «Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce» (vv. 13-14). Prima di diventare cristiani, i gentili erano morti a causa delle loro colpe e della loro incirconcisione. L’idea qui espressa si richiama chiaramente a Gal 2,15 dove Paolo definisce così la differenza tra giudei e gentili: «Noi che per natura siamo giudei, e non peccatori dalle genti…» (cfr. Ef 2,11): la circoncisione pone dunque in un mondo a parte, che contrasta con quello dei gentili dominati dal peccato, pur essendo fuori discussione che tutti, giudei e gentili, hanno bisogno di essere giustificati in Cristo. Perciò a questo punto l’autore della lettera passa dalla seconda alla prima persona plurale e afferma che noi tutti, giudei e gentili, abbiamo ricevuto in Cristo il perdono dei loro peccati.
Egli descrive poi questo perdono simbolicamente come un annullare, cioè togliere valore, a un «documento scritto» (cheirographon), contenente delle «prescrizioni» (dogmata, clausole), il quale era contro di noi. E aggiunge che questo documento è stato inchiodato alla croce.  In questa frase non è chiaro che cosa l’autore intenda per «documento scritto». Normalmente si pensa che si tratti dell’elenco dei debiti, cioè delle colpe commesse, che stanno contro l’umanità non ancora giustificata come un atto d’accusa. Esse sarebbero state annullate per mezzo della croce di Cristo. Spesso si aggiunge che Cristo avrebbe annullato il nostro debito prendendo su di sé la pena che sarebbe spettata a noi.
Ma è meglio ritenere che l’autore riprenda qui la polemica di Paolo nei confronti della legge, di cui i falsi dottori volevano forse imporre la pratica ai cristiani di Colosse. Alla luce delle argomentazioni paoline, egli presenta qui la legge come un documento scritto contenete precetti  che sono contro di noi, perché in quanto peccatori non siamo in grado di praticarli. Questa interpretazione è confermata dal confronto con la lettera sorella agli Efesini dove si dice che Cristo ha fatto di giudei e gentili un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, «annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti (dogmata)…» (Ef 2,15). Portando all’estremo il discorso di Paolo, egli affermerebbe allora che la legge è stata eliminata da Dio stesso mediante la croce di Cristo in quanto, a causa del perdono e della vita nuova che egli ci ha dato in lui, essa non è più necessaria per far sì che l’uomo compia la volontà di Dio.
Al termine del brano, nell’ultima parte omessa dalla liturgia, l’autore afferma che, così facendo, Dio ha spogliato i principati e le potestà e ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo. Questa frase deve essere collegata con l’affermazione, contenuta nell’inno cristologico (Col 1,16), secondo cui i principati e le potestà sono stati creati per mezzo di Cristo. Si tratta probabilmente di quelle potenze spirituali che si riteneva avessero un potere tutelare nei confronti della legge e si servissero di essa per esercitare il loro potere sull’umanità peccatrice. Una volta che la legge è stata eliminata, anch’esse perdono il loro potere e vengono trascinate nel corteo trionfale di Cristo, cioè sono assoggettate a lui. Probabilmente l’autore si riferisce qui ai colossesi che, in nome di queste potenze, venivano attirati all’adesione alla legge mosaica.

Linee interpretative
L’autore di questo brano riprende temi paolini in funzione di comunità formate da gentili divenuti cristiani, i quali subiscono forti pressioni per aderire a una forma di religione nella quale svolge ancora un ruolo determinante la circoncisione e l’osservanza della legge come mezzo per stabilire un rapporto autentico con Dio. Egli vuole far loro capire che la circoncisione, pur avendo caratterizzato il popolo di Dio, or non ha più nessun valore. È attraverso l’adesione a Cristo, significata nel battesimo, che il credente riceve la partecipazione alla vita nuova di Cristo, e di conseguenza i suoi peccati sono perdonati. Il perdono di Dio non è solo una realtà intellettuale, ma piuttosto fa scattare la molla dell’impegno per compiere la volontà di Dio. In questa prospettiva non ha più senso parlare di legge. Questa aveva importanza solo prima del battesimo, in quanto metteva come dei paletti oltre i quali non si poteva andare. Ma ormai questo ruolo, in gran parte inefficace, è finito. Con la sua morte in croce Gesù ha aperto nuove prospettive che non hanno più nulla a che fare con la legge e con il peccato.
Questo discorso sul peccato e sul perdono mette in luce l’importanza della fede e del battesimo ai fini di condurre una vita santa. Per l’uomo peccatore l’esistenza di una legge fa sì che egli sia coinvolto nella spirale peccato – legge – castigo. Chi si trova in questo circolo vizioso è sottoposto ai poteri che dominano il mondo, primi fra tutti il potere economico e politico. La morte di Cristo in croce, provocando il perdono di quelli che credono in lui, vince anche i poteri che dominano la società. È vero, non si tratta ancora di una vittoria piena e definitiva. Ma è proprio mediante coloro che credono in lui che Gesù continua a mettere un limite ai poteri di questo mondo e, in prospettiva escatologica, li destina ad essere sottomessi a lui. Il Paolo storico avrebbe parlato piuttosto di una distruzione dei poteri (cfr. 1Cor 15,25-27)

SS. TRINITÀ – COMMENTO DI MARIE NOËLLE THABUT SU PROVERBI 8, 22-31

http://www.eglise.catholique.fr/foi-et-vie-chretienne/commentaires-de-marie-noelle-thabut.html

DIMANCHE 26 MAI : COMMENTAIRES DE MARIE NOËLLE THABUT

PREMIERE LECTURE – Proverbes 8, 22-31

(traduzione Google)

(il commento a romani 5,1-5, l’ho già messo in precedenza)

Per gli uomini della Bibbia, non c’è dubbio che Dio ha condotto il mondo con saggezza! « Tu hai fatto ogni cosa con sapienza », dice il Salmo 104 (103), che abbiamo cantato per la Pentecoste. E ‘così evidente che arriva anche a scrivere il discorso intero su questo argomento. Questo è il caso del testo che abbiamo appena letto: si tratta di una vera e propria predicazione sul tema: « Fratelli miei, non impegnate la vostra vita sulla strada sbagliata. Dio solo sa che cosa è bene per l’uomo, di rispettare l’ordine delle cose che ha stabilito fin dall’inizio del mondo, questo è l’unico modo per essere felici. « 
 Per dare più peso alla sua predicazione, l’autore parla la sapienza stessa, come se fosse una persona. Ma non fare errore: si tratta di un dispositivo letterario, l’evidenza è che nel prossimo capitolo, Lady Follia parla anche.
 Quindi, per il momento, questa è Lady Sapienza che viene a noi prima osservazione, che non parla la sua … lei ne parla solo in termini di Dio, come se fossero inseparabili. « Il Signore mi ha dato per lui all’inizio della sua azione … Prima che il mondo, mi è stato based (cioè Dio) … Quando la profondità non esistevano, sono stato portato via (cioè Dio) … Quando Dio ha stabilito le fondamenta della terra, io ero lì al suo fianco … « Così tra Dio e la Sapienza è un rapporto molto forte intimità … La credenza giudaica in un Dio non ha mai considerato un Dio uno e trino: ma sembra che qui, senza abbandonare l’unicità di Dio, la folla al cuore stesso di Dio A, c’è un mistero di dialogo e di comunione.
 Seconda osservazione: « prima » è la parola che compare più spesso in questo passaggio! « Il Signore mi ha fatto prima che i suoi lavori più grandi … PRIMA i secoli, ho fondato … IN PRINCIPIO prima della comparsa della terra. Il profondo non esisteva ancora, non c’era sorgenti zampillanti, sono stato portato via. PRIMA i monti fossero fondati, prima delle colline, io sono stata generata. Anche se Dio non aveva fatto la terra, né i campi, né il mondo argilla primitivo quando affermissait cielo, io ero il … « E ‘chiaro il motto è: » Ero lì per tutta l’eternità, prima di tutte la creazione « … Quindi non vi è un forte accento sulla priorità dei quali è chiamato Saggezza su tutta la creazione.
 Terzo punto, la Sapienza ha un ruolo nella creazione: « Quando Dio richiedeva al mare il suo limite, che le acque non dovrebbero superare le sponde, quando ha stabilito le fondamenta della terra, io ero con lui come prime contractor « . Per un bel lavoro come si crea un vero e proprio tripudio: « Ero lì la mia gioia ogni giorno, a giocare davanti a lui in ogni momento, giocando su tutta la terra, e deliziando con il figlio dell’uomo. « La sapienza è con Dio ed » è la sua delizia « con Dio … è con noi … ed « è la sua delizia » con noi. Si intende qui come un’eco del ritornello della Genesi: « Dio vide che era cosa buona », ancora di più, il sesto giorno, subito dopo la creazione dell’uomo che era come il culmine di tutta la sua opera, « Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona! »(Gn 1, 31).
 Così, questo testo rivela un aspetto particolare e altamente positivo della fede di Israele: la Sapienza eterna ha presieduto l’intera opera della creazione: l’insistenza del testo è molto forte su questo, possiamo dedurre due cose: in primo luogo, fin dagli albori del mondo, l’umanità e il cosmo immersi nella sapienza di Dio. In secondo luogo, il mondo creato non è così disordinato Sapienza è il prime contractor. Questo dovrebbe coinvolgere noi di non perdere mai la fede. Infine, è la follia della fede, per il coraggio di credere che Dio è sempre presente nella vita degli uomini, e più egli trova piacere nella nostra azienda … E ‘follia, ma il fatto è che se Dio continua instancabilmente per fornire il suo patto d’amore, è perché « è ogni giorno delizia con il figlio dell’uomo ».
 Una domanda rimane: perché questo testo è offerta per la festa della Trinità? Non abbiamo mai sentito parlare di Trinità in queste righe, o anche le parole Padre, Figlio e Spirito.
 Per quanto riguarda il libro dei Proverbi, non è sorprendente, come quando è stato scritto, non si trattava di Trinità non solo la parola non esisteva, ma l’idea della Trinità non toccato nessuno. In un primo momento, per il popolo eletto, la prima priorità era quella di allegare all’Unico Dio, da qui la lotta feroce di tutti i profeti contro l’idolatria e politeismo, perché la vocazione di questo popolo è proprio quello di testimoniare l’unico Dio, non dimenticare questa frase dal libro del Deuteronomio: « A voi è stato dato di vedere, in modo da sapere che è il Signore è Dio, non vi è nulla di diverso da lui. « 
 Primo passo, dunque, per scoprire che Dio è uno, non c’è dubbio molte persone divine! Solo più tardi, i credenti imparano che solo Dio non significa solo, che è Trinità. Questo mistero della vita trinitaria ha cominciato ad essere indovinato nella meditazione del Nuovo Testamento, dopo la risurrezione di Cristo. A questo punto, quando gli Apostoli e gli scrittori del Nuovo Testamento hanno cominciato a vedere questo mistero, hanno cominciato a scrutare le Scritture e così hanno fatto quello che viene chiamato un replay, e, in particolare, hanno letto linee che abbiamo sentito parlare e la sapienza di Dio e leggerlo nella persona di Cristo filigrana.
 San Giovanni, per esempio, ha scritto: « In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio … « E tu sai quanto quella frase in greco ha detto una profonda comunione, un continuo dialogo d’amore. Il libro dei Proverbi, lui non era ancora lì.
 ——————-
 Complemento
 Ireneo e Teofilo di Antiochia identificati Sapienza con lo Spirito, e l’Origene identificato con il Figlio. E ‘questa seconda interpretazione che è stata alla fine adottata dalla teologia.

COMMENTO ALLA PRIMA LETTURA DI MARIE NOËLLE THABUT

http://www.eglise.catholique.fr/foi-et-vie-chretienne/commentaires-de-marie-noelle-thabut.html

(traduco dal francese con Google il commento  alla prima lettura, le traduzioni sono sempre imperfette, ma i commenti di Marie NOËLLE THABUT, sono sempre molto istruttivi)

DIMANCHE 5 MAI : COMMENTAIRES DE MARIE NOËLLE THABUT

PREMIERE LECTURE – Actes 15, 1-2. 22-29

Abbiamo già sentito parlare della comunità di Antiochia in Siria nei testi di domeniche precedenti … Oggi troviamo di fronte a una crisi grave che siamo intorno all’anno 50 dC, fin dall’inizio, ad Antiochia c’erano cristiani ebrei e dei cristiani gentili, ma pochi solo tra di loro, la convivenza è diventato sempre più difficile, i loro stili di vita sono troppo diversi. Non solo i cristiani ebrei sono circoncisi e considerano i pagani che non sono, ma ancora più importante, tutti gli oggetti della vita di tutti i giorni, a causa della molteplicità di pratiche che i cristiani ebrei di origine Pagan non voleva sottomettersi: molte regole di purificazione, le abluzioni e le regole particolarmente severe per quanto riguarda il cibo.
 E poi un giorno i cristiani di origine ebraica venuti espressamente da Gerusalemme a convertire la contestazione, spiegando che bisogna ammettere che il battesimo cristiano di ebrei, in particolare, i Gentili sono invitati a essere ebrei prima (circoncisione compresa) prima di diventare cristiani.
 Dietro a questo argomento, ci sono almeno tre questioni: in primo luogo, dovrebbe sforzarsi di coerenza? Per vivere l’unità, la comunione, dovrebbe avere le stesse idee, gli stessi rituali, le stesse pratiche?
 La seconda questione è una questione di lealtà: tutti questi cristiani di tutte le provenienze vogliono rimanere fedeli a Gesù Cristo, è ovvio …! Ma in concreto, che cosa è la fedeltà a Gesù Cristo? Lo stesso Gesù Cristo era un Ebreo e non circonciso che dice di diventare un cristiano deve prima diventare un Ebreo come lui?
 E ‘anche vero che i primi cristiani erano tutti ebrei. Dal momento che gli apostoli scelti da Cristo erano tutti ebrei … e anche, di andare oltre, erano tutti dalla Galilea … Non limitare l’annuncio del Vangelo a tutti i Galilei … è ovvio!
Noi non limitare ad ebrei per nascita, non di più … Inoltre, la questione è già stata risolta in Antiochia. Alcuni cristiani di origine pagana, si è deja vu. Ma questi cristiani di origine pagana, forse avrebbe introdurre in primo luogo al giudaismo e poi farli cristiani? Concretamente, questo significa che siamo d’accordo a battezzare i pagani, a condizione che aderiscono prima alla religione ebraica e che sia circonciso.
 Sì, ma si può avere un altro motivo: Gesù Cristo ha fatto in circostanze in cui si trovava, in altre circostanze, avrebbe agito in modo diverso, per esempio, che era un Galileo è circondato da Galilea, ma non è un requisito per diventare un cristiano.
 La decisione, al momento, a Gerusalemme, abbiamo appena letto, come adottare questa seconda visione: essere fedeli a Gesù Cristo non significa necessariamente riprodurre un modello statico. In altre parole, la fedeltà non è ripetizione quando si studia la storia della Chiesa, siamo stupiti proprio adattabilità sapeva distribuire a rimanere fedele al suo Signore attraverso le fluttuazioni storia!
 Infine, c’è una terza questione, ancora peggio: è la salvezza donata da Dio incondizionatamente, sì o no? « Se non si riceve la circoncisione, non potete essere salvati », questo sta cominciando a sentire in Antiochia: ciò significherebbe che Dio stesso non può salvare non ebrei … vorrebbe dire che siamo noi a decidere al posto di Dio, che può o non può essere salvato … Infine, vorrebbe dire che la fede in Gesù Cristo non è sufficiente? Eppure Gesù stesso ha detto: « Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo » e lui non aggiungere che doveva essere Ebreo circonciso e … e quindi, per definizione, la grazia è gratis! Non possiamo aggiungere alle nostre condizioni alla grazia di Dio.
 Sappiamo che la fine della storia, gli Apostoli hanno preso due decisioni: gli ebrei cristiani non dovrebbero imporre la circoncisione e pratiche ebraiche di cristiani gentili, ma d’altra parte, i cristiani di origine pagana, in segno di rispetto per i loro fratelli ebrei, astenersi da che potrebbe disturbare la vita comunitaria, soprattutto per il pranzo. E ‘molto interessante notare che impone alla comunità cristiana che le regole che mantengono comunione. Questo è sicuramente il modo migliore per essere veramente fedele a se stesso Gesù Cristo, che ha detto « questo è l’amore che hai per l’altro che noi che siete miei discepoli » (Gv 13, , 35).
 ———————–
 Supplementi
 Questi problemi circa la circoncisione e le pratiche della legge ebraica possono sembrare di un’altra epoca: siamo davvero preoccupati?
 Sì, perché la domanda fondamentale circa la grazia è ancora valida, abbiamo ancora bisogno di sentire ancora una volta diciamo che la grazia è libero: è il senso della parola! Questo significa che Dio non ha mai i conti con noi!

GIOSUÈ: L’ACCESSO E LA CONQUISTA INIZIALE DELLA TERRA (prima lettura di domenica IV di quaresima)

http://www.comunita-abba.it/v1/meditazioni/sds-terra-2.htm

GIOSUÈ: L’ACCESSO E LA CONQUISTA INIZIALE DELLA TERRA

Il primo dei libri storici prende il nome dal suo protagonista principale, Giosuè, il successore di Mosè.
È un libro fondamentale perché segna il passaggio dalla seconda alla terza tappa della Storia della Salvezza, quella conclusiva, ovvero la realizzazione piena e definitiva della promessa fatta ad Abramo.
Questo libro è talmente importante che alcuni eminenti biblisti contemporanei fino agli anni ’50 hanno parlato di Esateuco; secondo questa prospettiva Giosuè sarebbe potuto essere inserito nella Torah, i libri della Legge, come sesto libro.
Il libro di Giosuè narra come il popolo eletto ha preso possesso della terra promessa dopo la morte di Mosè. In realtà gli eventi storici e le coordinate spazio-temporali servono solo per trasmettere un messaggio di fede e di vita spirituale ben preciso.
L’autore sacro che ha redatto il libro così come noi lo conosciamo, raccogliendo tradizioni precedenti, è preoccupato di far riflettere il lettore su due elementi fondamentali:

le condizioni che hanno consentito la conquista del territorio di Canaan: sono condizioni che riguardano qualsiasi conquista spirituale umana
le condizioni che consentono il mantenimento del possesso della terra o della promessa di Dio
In estrema sintesi, è necessario che il popolo abbia chiaro che:
Dio è il vero autore della conquista, il Dio fedele che realizza la promessa fatta ad Abramo;
Dio può fare questo perché è l’Emmanuele, colui che cammina e vuole camminare con il suo popolo e aiutarlo in tutte le sue difficoltà;
per possedere la terra sono necessarie poche ma fondamentali cose: scegliere di fidarsi di Lui, confidare in Lui che nelle proprie risorse e, passo conseguente, mettere in pratica quanto Lui comanda;
chi cerca di manipolare o non eseguire alla lettera le sue indicazioni muore, come possiamo leggere nel capitolo settimo che racconta il tragico episodio della violazione del voto di sterminio.

LETTURA DEL TESTO
La trama del libro è così articolata:

Prologo (capitolo 1)
Prima parte (capitoli 2-12) – conquista della terra di Canaan
Seconda parte (capitoli 13-21) – ripartizione della terra
Terza parte (capitoli 22-24) – ultime disposizioni di Giosuè

PREPARATIVI ALL’INGRESSO NELLA TERRA PROMESSA
Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore disse a Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè: « Mosè mio servo è morto; orsù, attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso il paese che io do loro, agli Israeliti. Ogni luogo che calcherà la pianta dei vostri piedi, ve l’ho assegnato, come ho promesso a Mosè. Dal deserto e dal Libano fino al fiume grande, il fiume Eufrate, tutto il paese degli Hittiti, fino al Mar Mediterraneo, dove tramonta il sole: tali saranno i vostri confini. Nessuno potrà resistere a te per tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te; non ti lascerò né ti abbandonerò.
Sii coraggioso e forte, poiché tu dovrai mettere questo popolo in possesso della terra che ho giurato ai loro padri di dare loro. Solo sii forte e molto coraggioso, cercando di agire secondo tutta la legge che ti ha prescritta Mosè, mio servo. Non deviare da essa né a destra né a sinistra, perché tu abbia successo in qualunque tua impresa. Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma meditalo giorno e notte, perché tu cerchi di agire secondo quanto vi è scritto; poiché allora tu porterai a buon fine le tue imprese e avrai successo. Non ti ho io comandato: Sii forte e coraggioso? Non temere dunque e non spaventarti, perché è con te il Signore tuo Dio, dovunque tu vada. »
(Gs 1,1-9)
Come possiamo chiaramente vedere è Dio che dona la terra, e lo fa attraverso la guida di un capo, forte e coraggioso, che Lui ha scelto come suo intermediario.
Questo condottiero deve preoccuparsi solo di una cosa: meditare continuamente la legge, giorno e notte e, soprattutto, metterla in pratica. A sua volta, il popolo dovrà preoccuparsi di eseguire tutto ciò che Giosuè comanderà.
In sintesi, LA TERRA È IL DONO CHE DIO DÀ AL SUO POPOLO IN CONSEGUENZA ALL’OSSERVANZA DELLA SUA LEGGE.

IL PASSAGGIO DEL FIUME
Giosuè si mise all’opera di buon mattino; partirono da Sittim e giunsero al Giordano, lui e tutti gli Israeliti. Lì si accamparono prima di attraversare. Trascorsi tre giorni, gli scribi passarono in mezzo all’accampamento e diedero al popolo questo ordine: « Quando vedrete l’arca dell’alleanza del Signore Dio vostro e i sacerdoti leviti che la portano, voi vi muoverete dal vostro posto e la seguirete; ma tra voi ed essa vi sarà la distanza di circa duemila cùbiti: non avvicinatevi. Così potrete conoscere la strada dove andare, perché prima d’oggi non siete passati per questa strada ». [...]
Disse allora il Signore a Giosuè: [...] « Tu ordinerai ai sacerdoti che portano l’arca dell’alleanza: Quando sarete giunti alla riva delle acque del Giordano, voi vi fermerete ». Disse allora Giosuè agli Israeliti: « Avvicinatevi e ascoltate gli ordini del Signore Dio vostro ». Continuò Giosuè: « Da ciò saprete che il Dio vivente è in mezzo a voi e che, certo, scaccerà dinanzi a voi il Cananeo, l’Hittita, l’Eveo, il Perizzita, il Gergeseo, l’Amorreo e il Gebuseo. Ecco l’arca dell’alleanza del Signore di tutta la terra passa dinanzi a voi nel Giordano. Ora sceglietevi dodici uomini dalle tribù di Israele, un uomo per ogni tribù. Quando le piante dei piedi dei sacerdoti che portano l’arca di Dio, Signore di tutta la terra, si poseranno sulle acque del Giordano, le acque del Giordano si divideranno; le acque che scendono dalla parte superiore si fermeranno come un solo argine ».
Quando il popolo si mosse dalle sue tende per attraversare il Giordano, i sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza camminavano davanti al popolo. Appena i portatori dell’arca furono arrivati al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca si immersero al limite delle acque il Giordano infatti durante tutti i giorni della mietitura è gonfio fin sopra tutte le sponde si fermarono le acque che fluivano dall’alto e stettero come un solo argine a grande distanza, in Adama, la città che è presso Zartan, mentre quelle che scorrevano verso il mare dell’Araba, il Mar Morto, se ne staccarono completamente e il popolo passò di fronte a Gerico. I sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore si fermarono immobili all’asciutto in mezzo al Giordano, mentre tutto Israele passava all’asciutto, finché tutta la gente non ebbe finito di attraversare il Giordano.
(Gs 3,1-4.7-17)
In questi versetti vediamo come Dio istruisce Giosuè e, soprattutto, vediamo realizzarsi la promessa della presenza attiva di Dio: è l’arca, ossia la Sua presenza in mezzo al popolo, che ferma il fluire delle acque, ed è Dio stesso, per mezzo dei suoi sacerdoti, che apre un varco al popolo, che così può attraversare il fiume, guidandolo personalmente in un territorio che gli israeliti non conoscono.
IL MEMORIALE DELLA MISERICORDIA DI DIO
Il popolo salì dal Giordano il dieci del primo mese e si accampò in Gàlgala, dalla parte orientale di Gerico. Quelle dodici pietre che avevano portate dal Giordano, Giosuè le eresse in Gàlgala. Si rivolse poi agli Israeliti: « Quando domani i vostri figli interrogheranno i loro padri: Che cosa sono queste pietre?, farete sapere ai vostri figli: All’asciutto Israele ha attraversato questo Giordano, poiché il Signore Dio vostro prosciugò le acque del Giordano dinanzi a voi, finché foste passati, come fece il Signore Dio vostro al Mare Rosso, che prosciugò davanti a noi finché non fummo passati; perché tutti i popoli della terra sappiano quanto è forte la mano del Signore e temiate il Signore Dio vostro, per sempre ».
(Gs 4,19-24)

LA CIRCONCISIONE E LA CELEBRAZIONE DELLA PASQUA
In quel tempo il Signore disse a Giosuè: « Fatti coltelli di selce e circoncidi di nuovo gli Israeliti ». Giosuè si fece coltelli di selce e circoncise gli Israeliti alla collina Aralot. [...]
Si accamparono dunque in Gàlgala gli Israeliti e celebrarono la pasqua al quattordici del mese, alla sera, nella steppa di Gerico. Il giorno dopo la pasqua mangiarono i prodotti della regione, azzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. La manna cessò il giorno dopo, come essi ebbero mangiato i prodotti della terra e non ci fu più manna per gli Israeliti; in quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.
(Gs 5,2-3.10-12)
LA CONQUISTA DI GERICO
Mentre Giosuè era presso Gerico, alzò gli occhi ed ecco, vide un uomo in piedi davanti a sé che aveva in mano una spada sguainata. Giosuè si diresse verso di lui e gli chiese: « Tu sei per noi o per i nostri avversari? ». Rispose: « No, io sono il capo dell’esercito del Signore. Giungo proprio ora ». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: « Che dice il mio signore al suo servo? ». Rispose il capo dell’esercito del Signore a Giosuè: « Togliti i sandali dai tuoi piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo ». Giosuè così fece.
(Gs 5,13-15)
Ora Gerico era saldamente sbarrata dinanzi agli Israeliti; nessuno usciva e nessuno entrava. Disse il Signore a Giosuè: « Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re. Voi tutti prodi guerrieri, tutti atti alla guerra, girerete intorno alla città, facendo il circuito della città una volta. Così farete per sei giorni. Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca; il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. Quando si suonerà il corno dell’ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo entrerà, ciascuno diritto davanti a sé ». [...]
Di buon mattino Giosuè si alzò e i sacerdoti portarono l’arca del Signore; i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe di ariete davanti all’arca del Signore, avanzavano suonando le trombe; l’avanguardia li precedeva e la retroguardia seguiva l’arca del Signore; si marciava a suon di tromba. Girarono intorno alla città, il secondo giorno, una volta e tornarono poi all’accampamento. Così fecero per sei giorni. Al settimo giorno essi si alzarono al sorgere dell’aurora e girarono intorno alla città in questo modo per sette volte; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno alla città. Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: « Lanciate il grido di guerra perché il Signore mette in vostro potere la città. [...]
Allora il popolo lanciò il grido di guerra e si suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città crollarono; il popolo allora salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e occuparono la città.
(Gs 6,1-5.12-16.20)
LA GRANDE ASSEMBLEA DI SICHEM
Nel capitolo 23 Giosuè, ormai vecchio e molto avanti negli anni, convoca tutto Israele per ricordare le meraviglie operate dal Signore e per dare gli ultimi consigli su come comportarsi in mezzo alle nazioni straniere.
Nel capitolo 24 Giosuè raduna tutte le tribù d’Israele in Sichem, fa memoria della storia salvifica del popolo a partire da Abramo fino alla conquista della terra promessa.
Da questo capitolo leggiamo solo cinque versetti:
Passaste il Giordano e arrivaste a Gerico. Gli abitanti di Gerico, gli Amorrei, i Perizziti, i Cananei, gli Hittiti, i Gergesei, gli Evei e i Gebusei combatterono contro di voi e io li misi in vostro potere. Mandai avanti a voi i calabroni, che li scacciarono dinanzi a voi, com’era avvenuto dei due re amorrei: ma ciò non avvenne per la vostra spada, né per il vostro arco. Vi diedi una terra, che voi non avevate lavorata, e abitate in città, che voi non avete costruite, e mangiate i frutti delle vigne e degli oliveti, che non avete piantati.
Temete dunque il Signore e servitelo con integrità e fedeltà; eliminate gli dei che i vostri padri servirono oltre il fiume e in Egitto e servite il Signore. Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: se gli dei che i vostri padri servirono oltre il fiume oppure gli dei degli Amorrei, nel paese dei quali abitate. Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore.
(Gs 24,11-15)

LETTURA TIPOLOGICA DEI PADRI DELLA CHIESA
Attraverso la lettura dei Padri della Chiesa confrontiamo il libro di Giosuè con il Nuovo Testamento per cogliere il legame stretto tra Antico Testamento e Nuova Alleanza e comprendere in modo pieno il significato spirituale sotteso e promesso attraverso questi libri.
Giosuè è lo stesso nome di Gesù.
La successione di Giosuè a Mosè prepara la successione del Vangelo alla Legge.
L’ingresso nella terra promessa attraverso il Giordano richiama l’ingresso della Chiesa nel Regno della Grazia attraverso il Battesimo.
La celebrazione della Pasqua nella terra promessa corrisponde alla Pasqua della Nuova Alleanza.
La caduta di Gerico prefigura la caduta del regno di Satana.
La salvezza della prostituta Raab prefigura la chiamata dei gentili.
La vera terra promessa è il Paradiso, è il Regno di Dio annunciato da Gesù.
La lotta contro i popoli è la lotta spirituale contro le passioni del cuore dell’uomo.
La circoncisione è figura della circoncisione del cuore, il dono del cuore nuovo.
Gesù invita a stipulare una Nuova Alleanza attraverso l’accoglienza delle Sue parole promulgate sul monte delle beatitudini.

ATTUALIZZAZIONE
Il confronto dei Padri della Chiesa tra il libro di Giosuè e il Vangelo ci stimola a fare qualche considerazione spirituale.
In qualche modo ognuno di noi è, in qualche modo, alle prese con una guerra di conquista: quella della propria interiorità, della propria anima, della propria personalità.
A tutti noi è stata annunciata e promessa la pace e ognuno di noi vorrebbe essere in grado di vivere in libertà e disporre pienamente di sé. Ma c’è un nemico da conquistare e da sconfiggere: l’uomo vecchio che è in noi.
Forse molti di noi sono in lotta con se stessi da anni senza vedere un esito positivo della battaglia che conduciamo: ma forse non abbiamo capito che il vero conquistatore è Dio e che solo Lui sa come impostare la battaglia e sconfiggere il nemico. Lui può tutto: fermare le acque, farci passare all’asciutto; noi dobbiamo solo eseguire le sue disposizioni anche quando umanamente sembrano quasi assurde.
Il libro di Giosuè ci dice una cosa umanamente assurda. I conquistatori si sono limitati a vivere una grandissima liturgia, una grande preghiera di lode per sette giorni consecutivi: al termine di questi giorni, Gerico è crollata da sola.
Questa liturgia era il segno visibile della fiducia totale degli israeliti in Dio.
Vediamo quindi che fede e liturgia sono in stretta relazione con la vita sociale, storica concreta del popolo. E questo interpella ognuno di noi, perché come abbiamo visto, ognuno di noi è in lotta con sé stesso, una lotta durissima che si concretizza in una vita quotidiana densa di difficoltà spesso insormontabili che ci fanno soffrire, molte volte soccombere e rischiano di farci perdere la speranza di vita nuova. Abbiamo visto però che Dio può, se lo vogliamo, combattere per ognuno di noi, personalmente.
È OPPORTUNO ALLORA CHIEDERSI:
che rapporto c’è tra la nostra preghiera, la nostra fede e la nostra vita pratica?
a chi affidiamo il successo delle nostra battaglie? alla nostra prudenza o a Dio? alla nostra forza o alla preghiera?
Chiediamocelo onestamente: dal risultato di questa risposta può dipendere l’esito della nostra vita, della nostra salvezza.

Domenica 20 Gennaio: COMMENTI DI MARIA Noelle THABUT – prima e seconda lettura

http://www.eglise.catholique.fr/foi-et-vie-chretienne/commentaires-de-marie-noelle-thabut.html

Domenica 20 Gennaio: COMMENTI DI MARIA Noelle THABUT

PRIMA LETTURA – Isaia 62: 1-5

(Traduzione Google dal francese)

Il profeta Isaia non mancava di audacia! In due occasioni, in questi pochi versi, ha usato il verbo « desiderare » (ai sensi del desiderio amoroso) di tradurre i sentimenti di Dio verso il suo popolo. Le parole « il mio preferito » e « preferenza » è troppo debole, dovrebbe essere tradotto: Il tuo nome non è più « abbandonati » non è più chiamare la « terra del deserto » paese, ma si nomina « il mio desiderato » ( letteralmente il mio desiderio sei tu), la tua terra si chiamerà « mia moglie », perché il Signore è il suo desiderio in voi e la vostra terra sarà sposato.
 Perché quello che abbiamo sentito qui è una vera e propria dichiarazione d’amore! Fidanzato non dire di più alla sua amata. Tu sarai il mio preferito, mia moglie … Sarai bella come una corona, come un diadema d’oro tra le mani … tu sei la mia gioia … E questa affermazione, si nota la bellezza della lingua, la poesia che emana da questo testo. Troviamo le frasi parallele, così caratteristica dei salmi. « Per amore di Gerusalemme non sarò in silenzio / di Sion non mi darò pace … Sarete una corona splendente tra le dita della / Signore (sei) un diadema regale nella palma del tuo Dio. … si nominerà « il mio preferito » / la tua terra si chiamerà « mia moglie ».
 Cinque secoli prima di Cristo, già, il profeta Isaia è stato finora! Perché si potrebbe davvero chiamare questa « poesia d’amore di Dio ». Testo E Isaia non è il primo ad avere questa audacia.
 E ‘vero che all’inizio della rivelazione biblica, i primi testi dell’Antico Testamento non utilizza la lingua. Eppure, se Dio ama l’umanità un tale amore, che è stato vero fin dall’inizio. Ma era l’umanità non era pronta ad ascoltare. La Rivelazione di Dio come Sposo, come quella di Dio Padre non poteva fare che, dopo secoli di storia biblica, l’inizio dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, che il concetto era troppo ambiguo. Altre persone non troppo facilmente concepito i loro dèi a immagine di uomini e delle loro storie familiari, in una prima fase della Rivelazione, per cui avevamo già scoperto il Dio Onnipotente Oltre l’uomo e entrare nella sua alleanza .
 Il profeta Osea, nel VIII secolo aC, che fu il primo a confrontare il popolo di Israele a una moglie, e ha trattato adulterio infedeltà del popolo, vale a dire, il suo impatto nell’idolatria. Seguendolo Geremia, Ezechiele, Isaia, il secondo e il terzo Isaia (quello che abbiamo letto oggi) hanno sviluppato questo tema del matrimonio tra Dio e il suo popolo, e li tutti nel vocabolario del fidanzamento e del matrimonio: il teneri nomi, l’abito da sposa da sposa, la corona, la fedeltà, ma la gelosia, adulterio, reunion. Ecco alcuni estratti, per esempio in Osea: « Tu mi chiami mio marito … Ti fidanzerò a me per sempre … in amore, la tenerezza, la fedeltà. »(Os 2,18.21). E nel secondo Isaia, « Suo marito è il tuo creatore … Ha ripudia la moglie della sua giovinezza? … nel mio amore eterno, mi fai pena. « (Is 54, 5 … 8). Il testo della più impressionante su questo argomento, è ovviamente il Cantico dei Cantici: si presenta come un lungo dialogo amoroso, costituito da sette poesie, a dire il vero, in nessun luogo i due amanti sono stati identificati, ma per gli ebrei come una parabola dell’amore di Dio per l’umanità, e la prova è che hanno letto soprattutto durante la celebrazione della Pasqua, che è per loro la grande festa del patto di Dio con il suo popolo .
 Per tornare al testo di oggi, uno dei passatempi preferiti, a quanto pare, l’amato è quello di dare nuovi nomi alla sua amata. Tu sai l’importanza delle relazioni umane in nome: qualcuno o qualcosa che non riesco a nome non esiste per me … In grado di nominare qualcuno sta già conoscono, e quando il nostro rapporto con una persona si approfondisce, non è raro che abbiamo sentito il bisogno di dargli un soprannome, a volte farci conoscere. Nella vita di coppie, o famiglie, diminutivi e soprannomi occupano un posto importante. Quando abbiamo scelto il nome di un bambino, per esempio, è molto rivelatrice: ci si concentra su di lui molte speranze, spesso, se si guarda con attenzione, si tratta di un programma.
 La Bibbia esprime questa esperienza fondamentale della vita umana, e il nome è molto importante, ha detto il mistero interiore della persona, la sua vocazione, la sua missione, molto spesso, ci viene detto il significato dei caratteri del nome chiave. Ad esempio, l’angelo che annuncia la nascita di Gesù aggiunge subito che questo nome significa « Dio salva », vale a dire che il bambino che porta questo nome salverà l’umanità in nome di Dio. E a volte Dio dà un nuovo nome a una persona allo stesso tempo gli dà una nuova missione: Abram diventa Abraham, Sarai divenne Sara, Giacobbe diventa Israele e Simon Pietro diventa.
 Ecco, allora, è Dio che dà nuovi nomi a Gerusalemme: « abbandonato » è una « preferita », la « terra del deserto » diventa « mia moglie », in realtà, il popolo ebraico potrebbe avere la sensazione di essere abbandonato da Dio. Questo capitolo di Isaia 62 è stata scritta nel contesto del ritorno di Exile. Siamo tornati dall’esilio (Babilonia) nel 538 e il Tempio cominciò ad essere ricostruita nel 521: è in questo periodo che l’oscurità si deposita e l’impressione di abbandono. Se Dio ha cura di noi, pensa che, le cose sarebbero andate meglio e più rapidamente (si può ben dire la stessa cosa: « Se ci fosse un Dio, queste cose non arrivano non « …). Questo è quello di combattere la disperazione Isaia, ispirato da Dio, il coraggio questo bellissimo testo: No, Dio non ha dimenticato il suo popolo e la sua città preferita, e tra breve sarà! « Come un giovane sposa una ragazza, uno che ha costruito sposarti. Come la sposa è la gioia del marito, e tu sarai la gioia del tuo Dio. ‘

 SECONDA LETTURA – 1 Cor 12, 4-11

Il Corinthians oggi venti secoli e non è invecchiato un po ‘! Al contrario, è del tutto valida: come rimanere cristiana in un mondo che valorizza tutti gli altri? Come ordinare le idee in circolazione, quelli che sono compatibili con la fede cristiana? Come vivere con i non cristiani, senza mancare alla carità? Ma senza perdere la nostra anima, come si dice? In tutto il mondo di sesso e denaro … Come evangelizzare? Queste erano le domande cristiani di Corinto di recente conversione, in un mondo prevalentemente pagano, sono la nostra oggi, ceppo cristiani o no, ma in una società che non favorisce di più i valori cristiani.
 Paolo risponde in tal modo si riferiscono quasi tutti. Egli parla delle divisioni nella comunità, i problemi della vita coniugale, soprattutto quando entrambi i coniugi non condividono la stessa fede, il corso di essere in mezzo a tutte le idee nuove commercianti: su tutti questi punti, dà la le cose al loro posto. Ma, come sempre, quando parla di cose molto concrete, ricorda prima il fondamento delle cose, che è il nostro Battesimo: come Jean-Baptiste, mediante il Battesimo, siamo stati immersi nel fuoco dello Spirito (Mt 3, 11), e ora è lo Spirito che si rifrange attraverso di noi secondo la nostra propria diversità. Paolo dice la stessa cosa: « Colui che è in tutto questo è uno e medesimo Spirito: egli distribuisce i suoi doni a ciascuno secondo la sua volontà. ‘
 A Corinto, come in tutto il mondo ellenistico, abbiamo apprezzato l’intelligenza abbiamo sognato di scoprire la saggezza, abbiamo parlato tutta la filosofia. A quelle persone che sognavano di saggezza scoprire da loro stessi e dal rigore delle loro argomentazioni, Paul rispose: vera sapienza, la conoscenza che conta, non è la fine del nostro discorso: è un dono di Dio . « A uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza di Dio, e ad un altro, sempre nello Spirito, il linguaggio della conoscenza di Dio. « Non c’è nulla di cui andare fieri, tutto è dono. Il « dono » parola è ripetuta sette volte! Nella Bibbia, questa non è una novità! Qui Paolo ripete semplicemente in termini cristiani che il suo popolo aveva da tempo scoperto, che solo Dio conosce e può trovare la vera saggezza. La novità del discorso di Paolo è altrove: è parlare dello Spirito come Persona.
 Deeper, Paul si distingue completamente dalle indagini filosofiche di ogni altro: non propone una nuova scuola di filosofia, di più … Qualcuno ha annunciato. Per i regali che sono ben distribuiti ai membri della comunità cristiana non sono di potere o di conoscenza, sono una presenza all’interno del nome dello Spirito è citato otto volte in questo passaggio. Infine, il testo si rivolge ai Corinzi, ma lui non parla di loro, parla solo dello Spirito all’opera nella comunità cristiana, e che con pazienza, senza stancarsi, ci rivolgiamo al nostro Padre (che respiriamo dire « Abba » – Padre) e ci rivolgiamo ai nostri fratelli.
 Per le cose per essere chiari, Paolo dice: « Ognuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune di tutti ». Sappiamo che i Corinzi erano desiderosi di straordinari fenomeni spirituali, ma san Paolo ricorda loro che l’unico obiettivo è il bene di tutti. Ai fini dello Spirito non è altro come è l’amore personificato. E poi, nelle sue mani, per così dire, diventiamo strumenti di una varietà infinita per la grazia di Dio che è Uno: « I doni della grazia sono molteplici, ma sempre lo stesso Spirito . Le funzioni nella Chiesa sono molteplici, ma il Signore stesso. Le attività sono molteplici, ma tutti lo stesso Dio, che è in tutti. ‘
 Tale è la meraviglia della nostra diversità: ci permettono, a loro modo, a manifestare l’amore di Dio. Una delle lezioni di questo testo di St. Paul è certamente imparare a celebrare le nostre differenze. Sono le molteplici sfaccettature di amore che ci permette di fare secondo l’originalità di ciascuno. Rallegriamoci dunque la varietà di razze, colori, lingue, regali, arti, invenzioni … Questo è ciò che rende la ricchezza della Chiesa e del mondo a vivere nella condizione dell’amore.
 E ‘come un’orchestra: la stessa ispirazione … espressioni diverse e complementari, strumenti diversi e che una sinfonia … fornito una sinfonia giocare tutti nella stessa chiave … è quando non si gioca tutto con lo stesso tono che vi è una cacofonia! La sinfonia in questione qui è la canzone d’amore che la Chiesa è responsabile per il canto nel mondo dicono « inno alla carità », come si suol dire « Inno alla gioia » di Beethoven. Complementarità nella nostra Chiesa non è una questione di ruoli, funzioni, per la Chiesa a vivere con una organizzazione in atto … Questo è molto più grave e più bello di questo: è la missione affidata alla Chiesa per rivelare l’amore di Dio è la nostra unica ragione di essere.

1234

Une Paroisse virtuelle en F... |
VIENS ECOUTE ET VOIS |
A TOI DE VOIR ... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | De Heilige Koran ... makkel...
| L'IsLaM pOuR tOuS
| islam01