Archive pour décembre, 2020

(TEMPO DI AVVENTO) CELEBRAZIONE DEI VESPRI PER L’INIZIO DEL TEMPO DI AVVENTO – OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI – 27 novembre 2010

http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2010/documents/hf_ben-xvi_hom_20101127_vespri-avvento.html

CELEBRAZIONE DEI VESPRI PER L’INIZIO DEL TEMPO DI AVVENTO - OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI - 27 novembre 2010 

Basilica Vaticana

Cari fratelli e sorelle,

con questa celebrazione vespertina, il Signore ci dona la grazia e la gioia di aprire il nuovo Anno Liturgico iniziando dalla sua prima tappa: l’Avvento, il periodo che fa memoria della venuta di Dio fra noi. Ogni inizio porta in sé una grazia particolare, perché benedetto dal Signore. In questo Avvento ci sarà dato, ancora una volta, di fare esperienza della vicinanza di Colui che ha creato il mondo, che orienta la storia e che si è preso cura di noi giungendo fino al culmine della sua condiscendenza con il farsi uomo. Proprio il mistero grande e affascinante del Dio con noi, anzi del Dio che si fa uno di noi, è quanto celebreremo nelle prossime settimane camminando verso il santo Natale. Durante il tempo di Avvento sentiremo la Chiesa che ci prende per mano e, ad immagine di Maria Santissima, esprime la sua maternità facendoci sperimentare l’attesa gioiosa della venuta del Signore, che tutti ci abbraccia nel suo amore che salva e consola.
Mentre i nostri cuori si protendono verso la celebrazione annuale della nascita di Cristo, la liturgia della Chiesa orienta il nostro sguardo alla meta definitiva: l’incontro con il Signore che verrà nello splendore della sua gloria. Per questo noi che, in ogni Eucaristia, “annunciamo la sua morte, proclamiamo la sua risurrezione nell’attesa della sua venuta”, vigiliamo in preghiera. La liturgia non si stanca di incoraggiarci e di sostenerci, ponendo sulle nostre labbra, nei giorni di Avvento, il grido con il quale si chiude l’intera Sacra Scrittura, nell’ultima pagina dell’Apocalisse di san Giovanni: “Vieni, Signore Gesù!” (22,20).
Cari fratelli e sorelle, il nostro radunarci questa sera per iniziare il cammino di Avvento si arricchisce di un altro importante motivo: con tutta la Chiesa, vogliamo celebrare solennemente una veglia di preghiera per la vita nascente. Desidero esprimere il mio ringraziamento a tutti coloro che hanno aderito a questo invito e a quanti si dedicano in modo specifico ad accogliere e custodire la vita umana nelle diverse situazioni di fragilità, in particolare ai suoi inizi e nei suoi primi passi. Proprio l’inizio dell’Anno Liturgico ci fa vivere nuovamente l’attesa di Dio che si fa carne nel grembo della Vergine Maria, di Dio che si fa piccolo, diventa bambino; ci parla della venuta di un Dio vicino, che ha voluto ripercorrere la vita dell’uomo, fin dagli inizi, e questo per salvarla totalmente, in pienezza. E così il mistero dell’Incarnazione del Signore e l’inizio della vita umana sono intimamente e armonicamente connessi tra loro entro l’unico disegno salvifico di Dio, Signore della vita di tutti e di ciascuno. L’Incarnazione ci rivela con intensa luce e in modo sorprendente che ogni vita umana ha una dignità altissima, incomparabile.
L’uomo presenta un’originalità inconfondibile rispetto a tutti gli altri esseri viventi che popolano la terra. Si presenta come soggetto unico e singolare, dotato di intelligenza e volontà libera, oltre che composto di realtà materiale. Vive simultaneamente e inscindibilmente nella dimensione spirituale e nella dimensione corporea. Lo suggerisce anche il testo della Prima Lettera ai Tessalonicesi che è stato proclamato: “Il Dio della pace – scrive san Paolo – vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (5,23). Siamo dunque spirito, anima e corpo. Siamo parte di questo mondo, legati alle possibilità e ai limiti della condizione materiale; nello stesso tempo siamo aperti su un orizzonte infinito, capaci di dialogare con Dio e di accoglierlo in noi. Operiamo nelle realtà terrene e attraverso di esse possiamo percepire la presenza di Dio e tendere a Lui, verità, bontà e bellezza assoluta. Assaporiamo frammenti di vita e di felicità e aneliamo alla pienezza totale.
Dio ci ama in modo profondo, totale, senza distinzioni; ci chiama all’amicizia con Lui; ci rende partecipi di una realtà al di sopra di ogni immaginazione e di ogni pensiero e parola: la sua stessa vita divina. Con commozione e gratitudine prendiamo coscienza del valore, della dignità incomparabile di ogni persona umana e della grande responsabilità che abbiamo verso tutti. “Cristo, che è il nuovo Adamo – afferma il Concilio Vaticano II – proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione … Con la sua incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Cost. Gaudium et spes, 22).
Credere in Gesù Cristo comporta anche avere uno sguardo nuovo sull’uomo, uno sguardo di fiducia, di speranza. Del resto l’esperienza stessa e la retta ragione attestano che l’essere umano è un soggetto capace di intendere e di volere, autocosciente e libero, irripetibile e insostituibile, vertice di tutte le realtà terrene, che esige di essere riconosciuto come valore in se stesso e merita di essere accolto sempre con rispetto e amore. Egli ha il diritto di non essere trattato come un oggetto da possedere o come una cosa che si può manipolare a piacimento, di non essere ridotto a puro strumento a vantaggio di altri e dei loro interessi. La persona è un bene in se stessa e occorre cercare sempre il suo sviluppo integrale. L’amore verso tutti, poi, se è sincero, tende spontaneamente a diventare attenzione preferenziale per i più deboli e i più poveri. Su questa linea si colloca la sollecitudine della Chiesa per la vita nascente, la più fragile, la più minacciata dall’egoismo degli adulti e dall’oscuramento delle coscienze. La Chiesa continuamente ribadisce quanto ha dichiarato il Concilio Vaticano II contro l’aborto e ogni violazione della vita nascente: “La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura” (ibid., n. 51).
Ci sono tendenze culturali che cercano di anestetizzare le coscienze con motivazioni pretestuose. Riguardo all’embrione nel grembo materno, la scienza stessa ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con la madre, il coordinamento dei processi biologici, la continuità dello sviluppo, la crescente complessità dell’organismo. Non si tratta di un cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, dinamico e meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo della specie umana. Così è stato Gesù nel grembo di Maria; così è stato per ognuno di noi, nel grembo della madre. Con l’antico autore cristiano Tertulliano possiamo affermare: “E’ già un uomo colui che lo sarà” (Apologetico, IX, 8); non c’è alcuna ragione per non considerarlo persona fin dal concepimento.
Purtroppo, anche dopo la nascita, la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento. Le molteplici violazioni dei loro diritti che si commettono nel mondo feriscono dolorosamente la coscienza di ogni uomo di buona volontà. Davanti al triste panorama delle ingiustizie commesse contro la vita dell’uomo, prima e dopo la nascita, faccio mio l’appassionato appello del Papa Giovanni Paolo II alla responsabilità di tutti e di ciascuno: “Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità” (Enc. Evangelium vitae, 5). Esorto i protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione sociale a fare quanto è nelle loro possibilità, per promuovere una cultura sempre rispettosa della vita umana, per procurare condizioni favorevoli e reti di sostegno all’accoglienza e allo sviluppo di essa.
Alla Vergine Maria, che ha accolto il Figlio di Dio fatto uomo con la sua fede, con il suo grembo materno, con la cura premurosa, con l’accompagnamento solidale e vibrante di amore, affidiamo la preghiera e l’impegno a favore della vita nascente. Lo facciamo nella liturgia – che è il luogo dove viviamo la verità e dove la verità vive con noi – adorando la divina Eucaristia, in cui contempliamo il Corpo di Cristo, quel Corpo che prese carne da Maria per opera dello Spirito Santo, e da lei nacque a Betlemme, per la nostra salvezza. Ave, verum Corpus, natum de Maria Virgine! Amen.

 

Publié dans:AVVENTO NATALE 2020 |on 5 décembre, 2020 |Pas de commentaires »

Vangelo della II domenica di Avvento B

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 4 décembre, 2020 |Pas de commentaires »

II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B) (06/12/2020)

https://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=51387

II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B) (06/12/2020)

Con e come il Precursore prepariamo la strada al Signore
padre Antonio Rungi

Alla seconda tappa del cammino verso il Natale 2020, il vangelo di Marco di questo giorno ci pome all’inizio del cammino che l’evangelista ha fissato nel testo del suo racconto sulla vita di nostro Signore.
Marco non faceva parte del gruppo dei dodici apostoli di Gesù, ma dei “70 discepoli” inviati da Gesù a due a due per predicare la Buona Novella. Accompagnò San Paolo nel suo primo viaggio a Roma (cfr. Col 4, 10), e gli rimase vicino durante la sua prigionia nella città. In seguito divenne discepolo di San Pietro, la cui predicazione fu la base per la redazione del Vangelo che scrisse, considerato il più antico dei quattro.
Oggi leggiamo appunto l’inizio di questo vangelo. Un inizio indicato come la chiave di lettura di quanto il credente è chiamato a comprendere e che consiste nel riconosce in Gesù Cristo, il Figlio di Dio.
Marco si aggancia all’Antico Testamento citando l’autorevole personalità profeta Isaia. Costui parla, sette secoli prima della venuta di Cristo, di un messaggero che verrà a preparare la strada al Signore, come si può cogliere nel brano della prima lettura di questa seconda domenica di Avvento. «Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio -. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: Ecco il vostro Dio!
La correlazione di questa voce citata da Isaia con la voce di Giovanni Battista è subito evidenziata nel testo del Vangelo. Leggiamo infatti «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Ma si tratta di una voce che grida nel deserto ed invita a preparare la via del Signore e raddrizzare i suoi sentieri».
La figura emblematica di Giovanni è messa in evidenza anche con il dire che battezzava nel fiume Giordano e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”. Siccome era noto, conosciuto, apprezzato ed amato dalla gente, accorrevano a lui da tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme e ben volentieri si immergevano nelle acque purificatrici del fiume sacro ad Israele.
Parimenti è messo in risalto il fatto che Giovanni era un uomo forte, coraggioso, tutto di un pezzo che aveva improntato la sua vita sull’essenziale, a su ciò che conta davvero agli occhi di Dio. Vestiva poveramente con di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e faceva una vita penitenziale consumando come cibo quotidiano cavallette e miele selvatico.
Uomini di altri tempi, improponibili oggi ad una cultura, come la nostra, basata sul benessere e sul consumismo, del facile scoraggiamento, dell’inattività e passività.
Giovanni invece è tutto l’opposto di una mentalità materialistica e si concentra su un stile penitenziale, molto adatto ed adeguato ad un Natale, a cui ci prepariamo, in questo difficile anno della pandemia.
Rispetto a Giovanni, che scelse di andare incontro a Cristo con la penitenza, il digiuno, il deserto e la privazione di ogni bene materiale, noi facciamo difficoltà ad accettare prove e privazioni, come quella attuale, che non dipendono da noi e non riguardano solo noi.
Vorremo evitare tutto ciò che è sofferenza, rinuncia, dolore e morte. Ma la vita è fatta di bonacce e tempeste, di inverni e primavere, di caldo e freddo, di gioie e amarezze.
Giovanni Battista ci insegna a valorizzare ogni cosa della nostra vita, dando peso a quelle che contano davvero davanti a Dio.
Ma il precursore non si limita soltanto al sacrificio, si impegna anche nell’evangelizzare e trasmettere agli altri la fede in Gesù Cristo.
Proclama con insistenza che la venuta del Signore porterà la liberazione del mondo da ogni forma di schiavitù e asservimento morale al principe del male.
Dice, infatti, il Battista: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
E’ indicato, così, il riferimento unico ed esclusivo della meta di ogni credente che è nostro Signore Gesù Cristo. Giovanni Battista propone anche un modo semplice per incontrare Gesù nel corso della nostra esistenza: liberarci dai tanti ostacoli che si frappongono tra noi e il Signore. Se riusciamo a fare subito tutto questo ci prepariamo a festeggiare un buon Natale anche quest’anno. E gli ostacoli hanno solo un nome: peccati. Dai peccati bisogna purificarsi per ricominciare a camminare liberi per incontrare Dio purificati nello spirito.
Da questo punto di vista in particolare un modello di vita per noi è Maria, che festeggeremo martedì prossimo, 8 dicembre, sotto il titolo dell’Immacolata concezione. Proprio lei che è stata preservata da ogni macchia peccato possa sostenerci nel cammino della vera liberazione e purificazione in vista del Natale 2020 e dell’eternità. In considerazione anche di questo annuale appuntamento con la solennità dell’Immacolata, ci venga in nostro aiuto spirituale quello che ci riferisce la seconda lettera di san Pietro apostolo, che non dobbiamo perdere di vista una precarietà del tempo, al punto tale che davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Da parte sua il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Quante volte pensiamo esattamente queste cose riguardo a Dio, anche in questo momento difficile per le sorti dell’umanità. In realtà Dio è magnanimo con tutti, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Siamo in avvento è la conversione è un fatto risaputo e scontato, ma non sempre è preso con serietà questo impegno di convertirsi e rinnovarsi. E se San Pietro paragona il giorno del Signore ad un ladro, ciò vuol dire che dobbiamo essere attenti e vigilanti. In ragione di questi fatti che avverranno di certo, quale deve essere la nostra condotta? Deve essere basata sulla preghiera con il cuore aperto alle attese più belle che il giorno del Signore realizzerà. Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Di conseguenza nell’attesa di questi eventi, dobbiamo fare di tutto perché Dio ci trovi in pace, senza colpa e senza macchia. Ecco perché la Madonna Immacolata deve essere l’ispiratrice del nostro operare per la sua gloria e per la nostra santificazione. Con questo atteggiamento di fondo ci rivolgiamo al Signore con la preghiera della Colletta: O Dio, Padre di ogni consolazione, che all’umanita` pellegrina nel tempo hai promesso nuovi cieli e terra nuova, parla oggi al cuore del tuo popolo, perché, in purezza di fede e santità di vita, possa camminare verso il giorno in cui ti manifesterai pienamente e ogni uomo vedrà la tua salvezza. Amen.

 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 4 décembre, 2020 |Pas de commentaires »

Benedetto sia Dio…

secondo la ricchezza della sua grazia. (Ef. 1,1-8)

Publié dans:immagini sacre |on 2 décembre, 2020 |Pas de commentaires »

PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 25 novembre 2020 – Catechesi sulla preghiera – 16. La preghiera della Chiesa nascente

http://www.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2020/documents/papa-francesco_20201125_udienza-generale.html

PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 25 novembre 2020 – Catechesi sulla preghiera – 16. La preghiera della Chiesa nascente

Biblioteca del Palazzo Apostolico

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

I primi passi della Chiesa nel mondo sono stati scanditi dalla preghiera. Gli scritti apostolici e la grande narrazione degli Atti degli Apostoli ci restituiscono l’immagine di una Chiesa in cammino, una Chiesa operosa, che però trova nelle riunioni di preghiera la base e l’impulso per l’azione missionaria. L’immagine della primitiva Comunità di Gerusalemme è punto di riferimento per ogni altra esperienza cristiana. Scrive Luca nel Libro degli Atti: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (2,42). La comunità persevera nella preghiera.
Troviamo qui quattro caratteristiche essenziali della vita ecclesiale: l’ascolto dell’insegnamento degli apostoli, primo; secondo, la custodia della comunione reciproca; terzo, la frazione del pane e, quarto, la preghiera. Esse ci ricordano che l’esistenza della Chiesa ha senso se resta saldamente unita a Cristo, cioè nella comunità, nella sua Parola, nell’Eucaristia e nella preghiera. È il modo di unirci, noi, a Cristo. La predicazione e la catechesi testimoniano le parole e i gesti del Maestro; la ricerca costante della comunione fraterna preserva da egoismi e particolarismi; la frazione del pane realizza il sacramento della presenza di Gesù in mezzo a noi: Lui non sarà mai assente, nell’Eucaristia è proprio Lui. Lui vive e cammina con noi. E infine la preghiera, che è lo spazio del dialogo con il Padre, mediante Cristo nello Spirito Santo.
Tutto ciò che nella Chiesa cresce fuori da queste “coordinate”, è privo di fondamenta. Per discernere una situazione dobbiamo chiederci come, in questa situazione, ci sono queste quattro coordinate: la predicazione, la ricerca costante della comunione fraterna – la carità –, la frazione del pane – cioè la vita eucaristica – e la preghiera. Qualsiasi situazione dev’essere valutata alla luce di queste quattro coordinate. Quello che non entra in queste coordinate è privo di ecclesialità, non è ecclesiale. È Dio che fa la Chiesa, non il clamore delle opere. La Chiesa non è un mercato; la Chiesa non è un gruppo di imprenditori che vanno avanti con questa impresa nuova. La Chiesa è opera dello Spirito Santo, che Gesù ci ha inviato per radunarci. La Chiesa è proprio il lavoro dello Spirito nella comunità cristiana, nella vita comunitaria, nell’Eucaristia, nella preghiera, sempre. E tutto quello che cresce fuori da queste coordinate è privo di fondamento, è come una casa costruita sulla sabbia (cfr Mt 7,24-27). È Dio che fa la Chiesa, non il clamore delle opere. È la parola di Gesù che riempie di senso i nostri sforzi. È nell’umiltà che si costruisce il futuro del mondo.
A volte, sento una grande tristezza quando vedo qualche comunità che, con buona volontà, sbaglia la strada perché pensa di fare la Chiesa in raduni, come se fosse un partito politico: la maggioranza, la minoranza, cosa pensa questo, quello, l’altro… “Questo è come un Sinodo, una strada sinodale che noi dobbiamo fare”. Io mi domando: dov’è lo Spirito Santo, lì? Dov’è la preghiera? Dov’è l’amore comunitario? Dov’è l’Eucaristia? Senza queste quattro coordinate, la Chiesa diventa una società umana, un partito politico – maggioranza, minoranza – i cambiamenti si fanno come se fosse una ditta, per maggioranza o minoranza… Ma non c’è lo Spirito Santo. E la presenza dello Spirito Santo è proprio garantita da queste quattro coordinate. Per valutare una situazione, se è ecclesiale o non è ecclesiale, domandiamoci se ci sono queste quattro coordinate: la vita comunitaria, la preghiera, l’Eucaristia…[la predicazione], come si sviluppa la vita in queste quattro coordinate. Se manca questo, manca lo Spirito, e se manca lo Spirito noi saremo una bella associazione umanitaria, di beneficienza, bene, bene, anche un partito, diciamo così, ecclesiale, ma non c’è la Chiesa. E per questo la Chiesa non può crescere per queste cose: cresce non per proselitismo, come qualsiasi ditta, cresce per attrazione. E chi muove l’attrazione? Lo Spirito Santo. Non dimentichiamo mai questa parola di Benedetto XVI: “La Chiesa non cresce per proselitismo, cresce per attrazione”. Se manca lo Spirito Santo, che è quello che attrae a Gesù, lì non c’è la Chiesa. C’è un bel club di amici, bene, con buone intenzioni, ma non c’è la Chiesa, non c’è sinodalità.
Leggendo gli Atti degli Apostoli scopriamo allora come il potente motore dell’evangelizzazione siano le riunioni di preghiera, dove chi partecipa sperimenta dal vivo la presenza di Gesù ed è toccato dallo Spirito. I membri della prima comunità – ma questo vale sempre, anche per noi oggi – percepiscono che la storia dell’incontro con Gesù non si è fermata al momento dell’Ascensione, ma continua nella loro vita. Raccontando ciò che ha detto e fatto il Signore – l’ascolto della Parola – pregando per entrare in comunione con Lui, tutto diventa vivo. La preghiera infonde luce e calore: il dono dello Spirito fa nascere in loro il fervore.
A questo proposito, il Catechismo ha un’espressione molto densa. Dice così: «Lo Spirito Santo […] ricorda Cristo alla sua Chiesa orante, la conduce anche alla Verità tutta intera e suscita nuove formulazioni, le quali esprimeranno l’insondabile Mistero di Cristo, che opera nella vita, nei sacramenti e nella missione della sua Chiesa» (n. 2625). Ecco l’opera dello Spirito nella Chiesa: ricordare Gesù. Gesù stesso lo ha detto: Lui vi insegnerà e vi ricorderà. La missione è ricordare Gesù, ma non come un esercizio mnemonico. I cristiani, camminando sui sentieri della missione, ricordano Gesù mentre lo rendono nuovamente presente; e da Lui, dal suo Spirito, ricevono la “spinta” per andare, per annunciare, per servire. Nella preghiera il cristiano si immerge nel mistero di Dio, che ama ogni uomo, quel Dio che desidera che il Vangelo sia predicato a tutti. Dio è Dio per tutti, e in Gesù ogni muro di separazione è definitivamente crollato: come dice san Paolo, Lui è la nostra pace, cioè «colui che di due ha fatto una cosa sola» (Ef 2,14). Gesù ha fatto l’unità.
Così la vita della Chiesa primitiva è ritmata da un continuo susseguirsi di celebrazioni, convocazioni, tempi di preghiera sia comunitaria sia personale. Ed è lo Spirito che concede forza ai predicatori che si mettono in viaggio, e che per amore di Gesù solcano mari, affrontano pericoli, si sottomettono a umiliazioni.
Dio dona amore, Dio chiede amore. È questa la radice mistica di tutta la vita credente. I primi cristiani in preghiera, ma anche noi che veniamo parecchi secoli dopo, viviamo tutti la medesima esperienza. Lo Spirito anima ogni cosa. E ogni cristiano che non ha paura di dedicare tempo alla preghiera può fare proprie le parole dell’apostolo Paolo: «Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). La preghiera ti fa conscio di questo. Solo nel silenzio dell’adorazione si sperimenta tutta la verità di queste parole. Dobbiamo riprendere il senso dell’adorazione. Adorare, adorare Dio, adorare Gesù, adorare lo Spirito. Il Padre, il Figlio e lo Spirito: adorare. In silenzio. La preghiera dell’adorazione è la preghiera che ci fa riconoscere Dio come inizio e fine di tutta la storia. E questa preghiera è il fuoco vivo dello Spirito che dà forza alla testimonianza e alla missione. Grazie.

 

Publié dans:PAPA FRANCESCO UDIENZE |on 2 décembre, 2020 |Pas de commentaires »
1234

Une Paroisse virtuelle en F... |
VIENS ECOUTE ET VOIS |
A TOI DE VOIR ... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | De Heilige Koran ... makkel...
| L'IsLaM pOuR tOuS
| islam01