Archive pour novembre, 2020

OMELIA (22-11-2020) – PADRE ERMES RONCHI – LA VERITÀ ULTIMA DEL VIVERE: L’AMORE

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OMELIA (22-11-2020) – PADRE ERMES RONCHI – LA VERITÀ ULTIMA DEL VIVERE: L’AMORE

Una scena potente, drammatica, quel ?giudizio universale? che in realtà è lo svelamento della verità ultima del vivere, rivelazione di ciò che rimane quando non rimane più niente: l’amore. Il Vangelo risponde alla più seria delle domande: che cosa hai fatto di tuo fratello? Lo fa elencando sei opere, ma poi sconfina: ciò che avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me! Straordinario: Gesù stabilisce un legame così stretto tra sé e gli uomini, da arrivare a identificarsi con loro: l’avete fatto a me! Il povero è come Dio, corpo e carne di Dio. Il cielo dove il Padre abita sono i suoi figli.
Evidenzio tre parole del brano:
1) Dio è colui che tende la mano, perché gli manca qualcosa. Rivelazione che rovescia ogni precedente idea sul divino. C’è da innamorarsi di questo Dio innamorato e bisognoso, mendicante di pane e di casa, che non cerca venerazione per sé, ma per i suoi amati. Li vuole tutti dissetati, saziati, vestiti, guariti, liberati. E finché uno solo sarà sofferente, lo sarà anche lui. Davanti a questo Dio mi incanto, lo accolgo, entro nel suo mondo.
2) L’argomento del giudizio non è il male, ma il bene. Misura dell’uomo e di Dio, misura ultima della storia non è il negativo o l’ombra, ma il positivo e la luce. Le bilance di Dio non sono tarate sui peccati, ma sulla bontà; non pesano tutta la mia vita, ma solo la parte buona di essa. Parola di Vangelo: verità dell’uomo non sono le sue debolezze, ma la bellezza del cuore. Giudizio divinamente truccato, sulle cui bilance un po’ di buon grano pesa di più di tutta la zizzania del campo.
3) Alla sera della vita saremo giudicati solo sull’amore (San Giovanni della Croce), non su devozioni o riti religiosi, ma sul laico addossarci il dolore dell’uomo. Il Signore non guarderà a me, ma attorno a me, a quelli di cui mi son preso cura. «Se mi chiudo nel mio io, pur adorno di tutte le virtù, e non partecipo all’esistenza degli altri, se non sono sensibile e non mi impegno, posso anche essere privo di peccati ma vivo in una situazione di peccato» (G. Vannucci).
La fede non si riduce però a compiere buone azioni, deve restare scandalosa: il povero come Dio! Un Dio innamorato che ripete su ogni figlio il canto esultante di Adamo: «Veramente tu sei carne della mia carne, respiro del mio respiro, corpo del mio corpo». Poi ci sono quelli mandati via. La loro colpa? Hanno scelto la lontananza: lontano da me, voi che siete stati lontani dai fratelli. Non hanno fatto del male ai poveri, non li hanno umiliati, semplicemente non hanno fatto nulla. Indifferenti, lontani, cuori assenti che non sanno né piangere né abbracciare, vivi e già morti (C. Péguy).

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 20 novembre, 2020 |Pas de commentaires »

Maria donna orante

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 18 novembre, 2020 |Pas de commentaires »

PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 11 novembre 2020 – Catechesi sulla preghiera – 14. La preghiera perseverante

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PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 11 novembre 2020 – Catechesi sulla preghiera – 14. La preghiera perseverante

Biblioteca del Palazzo Apostolico

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Continuiamo le catechesi sulla preghiera. Qualcuno mi ha detto: “Lei parla troppo sulla preghiera. Non è necessario”. Sì, è necessario. Perché se noi non preghiamo, non avremo la forza per andare avanti nella vita. La preghiera è come l’ossigeno della vita. La preghiera è attirare su di noi la presenza dello Spirito Santo che ci porta sempre avanti. Per questo, io parlo tanto sulla preghiera.
Gesù ha dato esempio di una preghiera continua, praticata con perseveranza. Il dialogo costante con il Padre, nel silenzio e nel raccoglimento, è il fulcro di tutta la sua missione. I Vangeli ci riportano anche le sue esortazioni ai discepoli, perché preghino con insistenza, senza stancarsi. Il Catechismo ricorda le tre parabole contenute nel Vangelo di Luca che sottolineano questa caratteristica dell’orazione (cfr CCC, 2613) di Gesù.
La preghiera dev’essere anzitutto tenace: come il personaggio della parabola che, dovendo accogliere un ospite arrivato all’improvviso, in piena notte va a bussare da un amico e gli chiede del pane. L’amico risponde “no!”, perché è già a letto, ma lui insiste e insiste finché non lo costringe ad alzarsi e a dargli il pane (cfr Lc 11,5-8). Una richiesta tenace. Ma Dio è più paziente di noi, e chi bussa con fede e perseveranza alla porta del suo cuore non rimane deluso. Dio sempre risponde. Sempre. Il nostro Padre sa bene di cosa abbiamo bisogno; l’insistenza non serve a informarlo o a convincerlo, ma serve ad alimentare in noi il desiderio e l’attesa.
La seconda parabola è quella della vedova che si rivolge al giudice perché l’aiuti a ottenere giustizia. Questo giudice è corrotto, è un uomo senza scrupoli, ma alla fine, esasperato dall’insistenza della vedova, si decide ad accontentarla (cfr Lc 18,1-8). E pensa: “Ma, è meglio che le risolva il problema e me la tolgo di dosso, e non che continuamente venga a lamentarsi davanti a me”. Questa parabola ci fa capire che la fede non è lo slancio di un momento, ma una disposizione coraggiosa a invocare Dio, anche a “discutere” con Lui, senza rassegnarsi davanti al male e all’ingiustizia.
La terza parabola presenta un fariseo e un pubblicano che vanno al Tempio a pregare. Il primo si rivolge a Dio vantandosi dei suoi meriti; l’altro si sente indegno anche solo di entrare nel santuario. Dio però non ascolta la preghiera del primo, cioè dei superbi, mentre esaudisce quella degli umili (cfr Lc 18,9-14). Non c’è vera preghiera senza spirito di umiltà. È proprio l’umiltà che ci porta a chiedere nella preghiera.
L’insegnamento del Vangelo è chiaro: si deve pregare sempre, anche quando tutto sembra vano, quando Dio ci appare sordo e muto e ci pare di perdere tempo. Anche se il cielo si offusca, il cristiano non smette di pregare. La sua orazione va di pari passo con la fede. E la fede, in tanti giorni della nostra vita, può sembrare un’illusione, una fatica sterile. Ci sono dei momenti bui, nella nostra vita e in quei momenti la fede sembra un’illusione. Ma praticare la preghiera significa anche accettare questa fatica. “Padre, io vado a pregare e non sento nulla … mi sento così, con il cuore asciutto, con il cuore arido”. Ma dobbiamo andare avanti, con questa fatica dei momenti brutti, dei momenti che non sentiamo nulla. Tanti santi e sante hanno sperimentato la notte della fede e il silenzio di Dio – quando noi bussiamo e Dio non risponde – e questi santi sono stati perseveranti.
In queste notti della fede, chi prega non è mai solo. Gesù infatti non è solo testimone e maestro di preghiera, è di più. Egli ci accoglie nella sua preghiera, perché noi possiamo pregare in Lui e attraverso di Lui. E questo è opera dello Spirito Santo. È per questa ragione che il Vangelo ci invita a pregare il Padre nel nome di Gesù. San Giovanni riporta queste parole del Signore: «Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio» (14,13). E il Catechismo spiega che «la certezza di essere esauditi nelle nostre suppliche è fondata sulla preghiera di Gesù» (n. 2614). Essa dona le ali che la preghiera dell’uomo ha sempre desiderato di possedere.
Come non ricordare qui le parole del salmo 91, cariche di fiducia, sgorgate da un cuore che spera tutto da Dio: «Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio; la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza. Non temerai il terrore della notte né la freccia che vola di giorno, la peste che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno» (vv. 4-6). È in Cristo che si compie questa stupenda preghiera, è in Lui che essa trova la sua piena verità. Senza Gesù, le nostre preghiere rischierebbero di ridursi a degli sforzi umani, destinati il più delle volte al fallimento. Ma Lui ha preso su di sé ogni grido, ogni gemito, ogni giubilo, ogni supplica… ogni preghiera umana. E non dimentichiamo lo Spirito Santo che prega in noi; è Colui che ci porta a pregare, ci porta da Gesù. È il dono che il Padre e il Figlio ci hanno dato per procedere all’incontro di Dio. E lo Spirito Santo, quando noi preghiamo, è lo Spirito Santo che prega nei nostri cuori.
Cristo è tutto per noi, anche nella nostra vita di preghiera. Lo diceva Sant’Agostino con un’espressione illuminante, che troviamo anche nel Catechismo: Gesù «prega per noi come nostro sacerdote; prega in noi come nostro capo; è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo, dunque, in Lui la nostra voce, e in noi la sua voce» (n. 2616). Ed è per questo che il cristiano che prega non teme nulla, si affida allo Spirito Santo, che è stato dato a noi come dono e che prega in noi, suscitando la preghiera. Che sia lo stesso Spirito Santo, Maestro di orazione, a insegnarci la strada della preghiera.

Publié dans:PAPA FRANCESCO UDIENZE |on 18 novembre, 2020 |Pas de commentaires »

la parabola dei talenti

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 13 novembre, 2020 |Pas de commentaires »

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) (15/11/2020)

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XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) (15/11/2020)

Talenti da mettere a frutto per i granai del cielo
padre Antonio Rungi

In queste ultime domeniche dell’anno liturgico stiamo ascoltato continuamente le cosiddette parabole del Regno che Gesù illustrava ai suoi discepoli o ascoltatori per coinvolgerli a livello personale e comunitario nel discorso della salvezza dell’anima. Anche in questa penultima domenica di un anno liturgico vissuto nella sofferenza più totale a causa del coronavirus ritorna il tema che più volte abbiamo trattato, con sfaccettature diverse, commentando il Vangelo della domenica.
Oggi ci viene presentato un uomo che intraprende un lungo viaggio e prima di partire chiama a se i suoi servitori e consegna a ciascuno di loro tre una parte del suo patrimonio, in percentuale e consistenza diversa: 5,2 e 1 talenti. Lo scopo è che si facessero moltiplicare in sua assenza, dal momento che ne avevano le possibilità, le capacità ed una cera creatività ed inventiva.
Durante questo lungo permanere fuori del padrone, il primo servo che aveva ricevuto cinque talenti, al ritorno del padrone ne consegna dieci, avendo raddoppiato il patrimonio ricevuto; la stessa cosa riuscì a fare il servo che aveva ricevuto solo due talenti e quindi una parte meno consistente del patrimonio.
L’ultimo che aveva ricevuto un solo talento non si impegnò per nulla a farlo fruttificare e siccome aveva paura di perdere quello che aveva ricevuto e temeva il padrone, invece di investirlo in qualche modo lo sotterrò. Al ritorno del padrone lo riconsegnò pulito, pulito pensando di aver agito bene. Invece ebbe il rimprovero e la condanna del padrone, che da lui si aspettava almeno che avesse affidato ai banchieri e così, ritornando, avrebbe potuto ritirato quanto consegnato con il minimo d’interesse. Niente di tutto questo.
E allora il padrone lo rimproverò severamente con parole pesanti che devono farci riflettere anche a noi se non produciamo quanto è previsto per la nostra salvezza: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso, dovevi impegnarti a fare qualcosa. Ma nulla dell’impegno e nulla per fra produrre ciò che aveva ricevuto a titolo gratuito.
La conseguenza è nota e l’evangelista Matteo la fa risaltare con parole dure, messe in bocca a Gesù, che racconta la parabola a si suoi: “Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». Condanna per l’eternità del servo inutile che non ha realizzato neppure il mimino indispensabile per raggiungere il Regno di Dio.
Cosa ci voglia insegnare Gesù con questo ulteriore racconto sul concetto di Regno di Dio che Egli è venuto a instaurare sulla terra, nell’attesa della completa realizzazione di esso con il suo secondo e definitivo avvento è presto detto. Non possiamo essere inoperosi in ordine ai doni ricevuti, a volte sono tantissimi, a volte molti, a volte abbastanza da parte del Signore per realizzare il nostro bene e quello degli altri. Se questi talenti non li facciamo fruttificare è solo ed esclusivamente colpa nostra. E il Signore ci chiederà conto di quello che abbiamo ricevuto da lui. La vita: come l’abbiamo vissuta e valorizzata? La fede, come l’abbiamo accolta e testimoniata; il doni personali e le qualità soggettive con tutti i carismi individuali che pure abbiamo, dove li abbiamo messi. Quale servizio per il bene della comunità, della chiesa, dell’umanità e di noi stessi abbiamo realizzato con essi?
Questo è il tempo della verifica, soprattutto in questo tempo di pandemia. Dobbiamo avere la coscienza e l’onestà intellettuale di confessare a noi stessi e se è il caso anche al confessore le nostre inadempienze, lo scarso coraggio e inventiva nel far fruttificare i doni che abbiamo avuto dal Signore, sia su questa terra soprattutto in vista dell’eternità. La salvezza della nostra anima dipende da noi, se davvero prendiamo a cuore ciò che è necessario fare per camminare in santità di vita, vivendo il vangelo e non sotterrando il desiderio di santità e di perfezione nella carità che è insito nel cuore di ogni essere umano capaci di volare alto e non fermarsi alla terra, nella quale spesso sotterriamo i grandi doni dello spirito che non si liberano dalle maglie del materialismo e delle apparenti sicurezze di varie scienze e conoscenze. Essere servi, buoni, fedeli e produttivi va a vantaggio dell’economia della salvezza di tutto il genere umano, perché noi siamo parte di un Tutto, che ci ha redenti e salvati nell’amore.
Sempre attingendo dall’epistolario di San Paolo Apostolo anche oggi ci viene proposto un testo, come seconda lettura, della sua lettera ai Tessalonicesi, nel quale è espresso il pensiero teologico e dottrinale di Paolo riguardo ai tempi e ai momenti del giorno del Signore, che verrà come un ladro di notte, senza avvisarci, quindi improvvisamente. Per cui quando siamo certi apparentemente che «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina ci colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Mi sembra quello che stiamo vivendo da un anno, con la pandemia, è proprio una concretizzazione di quanto è detto nella Parola di Dio. Tuttavia, nonostante questa consapevolezza, è pur vero che i credenti non sono nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprenderli come un ladro. Infatti siamo tutti figli della luce e figli del giorno. Se siamo espressione della luminosità di Dio, che è grazia e amore, noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre, ma a Dio che è Luce. Di conseguenza non possiamo dormire sulle cose che passano e scorrono davanti alla storia e a noi, ma dobbiamo vigilare ed essere sobri.
Da questo punto di vista dobbiamo imparare dallo stile di vita e di azione della donna, così come viene ricordata nel brano della prima lettura di questa domenica XXXIII del tempo ordinario, tratta dal libro dei Proverbi, questa raccolta sapienziale dell’AT che molto ha da dirci ed insegnarci anche in merito alla condizione femminile nella Bibbia: “Una donna forte chi potrà trovarla?
Non è facile trovarla, soprattutto di questi tempi, tuttavia ci sono persone buone e sante in giro per il mondo e che sono donne in tutti i sensi.Una donna ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Contare sulla collaborazione della donna è fondamentale per la sopravvivenza della vita familiare. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città. Bisogna prendere atto che senza le donne il mondo non cresce e non migliora affatto, al contrario decresce e perde di afflato e consistenza di ogni genere. Con la preghiera della colletta chiudiamo, a modo di sintesi, la nostra riflessione sulla parola di Dio di questa domenica: Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo… Amen.

 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 13 novembre, 2020 |Pas de commentaires »

Rm 5,12

paolo si

Publié dans:immagini sacre |on 11 novembre, 2020 |Pas de commentaires »

PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 4 novembre 2020 – Catechesi sulla preghiera – 13. Gesù maestro di preghiera

http://www.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2020/documents/papa-francesco_20201104_udienza-generale.html

PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 4 novembre 2020 – Catechesi sulla preghiera – 13. Gesù maestro di preghiera

Biblioteca del Palazzo Apostolico

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Purtroppo siamo dovuti tornare a questa udienza in Biblioteca e questo per difenderci dai contagi del Covid. Questo ci insegna pure che dobbiamo essere molto attenti alle prescrizioni delle Autorità, siano le Autorità politiche che le autorità Sanitarie per difenderci da questa pandemia. Offriamo al Signore questa distanza tra noi, per il bene di tutti e pensiamo, pensiamo tanto agli ammalati, a coloro che entrano negli ospedali già come scarti, pensiamo ai medici, agli infermieri, le infermiere, ai volontari, a tanta gente che lavora con gli ammalati in questo momento: essi rischiano la vita ma lo fanno per amore del prossimo, come una vocazione. Preghiamo per loro.
Durante la sua vita pubblica, Gesù fa costantemente ricorso alla forza della preghiera. I Vangeli ce lo mostrano quando si ritira in luoghi appartati a pregare. Si tratta di osservazioni sobrie e discrete, che lasciano solo immaginare quei dialoghi oranti. Esse testimoniano però chiaramente che, anche nei momenti di maggiore dedizione ai poveri e ai malati, Gesù non tralasciava mai il suo dialogo intimo con il Padre. Quanto più era immerso nei bisogni della gente, tanto più sentiva la necessità di riposare nella Comunione trinitaria, di tornare con il Padre e lo Spirito.
Nella vita di Gesù c’è dunque un segreto, nascosto agli occhi umani, che rappresenta il fulcro di tutto. La preghiera di Gesù è una realtà misteriosa, di cui intuiamo solo qualcosa, ma che permette di leggere nella giusta prospettiva l’intera sua missione. In quelle ore solitarie – prima dell’alba o nella notte – Gesù si immerge nella sua intimità con il Padre, vale a dire nell’Amore di cui ogni anima ha sete. È quello che emerge fin dai primi giorni del suo ministero pubblico.
Un sabato, ad esempio, la cittadina di Cafarnao si trasforma in un “ospedale da campo”: dopo il tramonto del sole portano a Gesù tutti i malati, e Lui li guarisce. Però, prima dell’alba, Gesù scompare: si ritira in un luogo solitario e prega. Simone e gli altri lo cercano e quando lo trovano gli dicono: “Tutti ti cercano!”. Cosa risponde Gesù?: “Devo andare a predicare negli altri villaggi; per questo sono venuto” (cfr Mc 1,35-38). Sempre Gesù è un po’ oltre, oltre nella preghiera con il Padre e oltre, in altri villaggi, altri orizzonti per andare a predicare, altri popoli.
È la preghiera il timone che guida la rotta di Gesù. A dettare le tappe della sua missione non sono i successi, non è il consenso, non è quella frase seducente “tutti ti cercano”. A tracciare il cammino di Gesù è la via meno comoda, che però obbedisce all’ispirazione del Padre, che Gesù ascolta e accoglie nella sua preghiera solitaria.
Il Catechismo afferma: «Quando Gesù prega, già ci insegna a pregare» (n. 2607). Perciò, dall’esempio di Gesù possiamo ricavare alcune caratteristiche della preghiera cristiana.
Anzitutto essa possiede un primato: è il primo desiderio della giornata, qualcosa che si pratica all’alba, prima che il mondo si risvegli. Essa restituisce un’anima a ciò che altrimenti resterebbe senza respiro. Un giorno vissuto senza preghiera rischia di trasformarsi in un’esperienza fastidiosa, o noiosa: tutto quello che ci capita potrebbe per noi volgersi in un mal sopportato e cieco destino. Gesù invece educa all’obbedienza alla realtà e dunque all’ascolto. La preghiera è anzitutto ascolto e incontro con Dio. I problemi di tutti i giorni, allora, non diventano ostacoli, ma appelli di Dio stesso ad ascoltare e incontrare chi ci sta di fronte. Le prove della vita si mutano così in occasioni per crescere nella fede e nella carità. Il cammino quotidiano, comprese le fatiche, acquista la prospettiva di una “vocazione”. La preghiera ha il potere di trasformare in bene ciò che nella vita sarebbe altrimenti una condanna; la preghiera ha il potere di aprire un orizzonte grande alla mente e di allargare il cuore.
In secondo luogo, la preghiera è un’arte da praticare con insistenza. Gesù stesso ci dice: bussate, bussate, bussate. Tutti siamo capaci di preghiere episodiche, che nascono dall’emozione di un momento; ma Gesù ci educa a un altro tipo di preghiera: quella che conosce una disciplina, un esercizio, e viene assunta entro una regola di vita. Una preghiera perseverante produce una trasformazione progressiva, rende forti nei periodi di tribolazione, dona la grazia di essere sostenuti da Colui che ci ama e ci protegge sempre.
Un’altra caratteristica della preghiera di Gesù è la solitudine. Chi prega non evade dal mondo, ma predilige i luoghi deserti. Là, nel silenzio, possono emergere tante voci che nascondiamo nell’intimo: i desideri più rimossi, le verità che ci ostiniamo a soffocare e così via. E, soprattutto, nel silenzio parla Dio. Ogni persona ha bisogno di uno spazio per sé stessa, dove coltivare la propria vita interiore, dove le azioni ritrovano un senso. Senza vita interiore diventiamo superficiali, agitati, ansiosi – l’ansia come ci fa male! Per questo dobbiamo andare alla preghiera; senza vita interiore sfuggiamo dalla realtà, e anche sfuggiamo da noi stessi, siamo uomini e donne sempre in fuga.
Infine, la preghiera di Gesù è il luogo dove si percepisce che tutto viene da Dio e a Lui ritorna. A volte noi esseri umani ci crediamo padroni di tutto, oppure al contrario perdiamo ogni stima di noi stessi, andiamo da una parte all’altra. La preghiera ci aiuta a ritrovare la giusta dimensione, nella relazione con Dio, nostro Padre, e con tutto il creato. E la preghiera di Gesù infine è abbandonarsi nelle mani del Padre, come Gesù nell’orto degli ulivi, in quell’angoscia: “Padre se è possibile …, ma si faccia la tua volontà”. L’abbandono nelle mani del Padre. È bello quando noi stiamo agitati, un po’ preoccupati e lo Spirito Santo ci trasforma da dentro e ci porta a questo abbandono nelle mani del Padre: “Padre, si faccia la tua volontà”.
Cari fratelli e sorelle, riscopriamo, nel Vangelo, Gesù Cristo come maestro di preghiera, e mettiamoci alla sua scuola. Vi assicuro che troveremo la gioia e la pace.

 

Publié dans:PAPA FRANCESCO UDIENZE |on 11 novembre, 2020 |Pas de commentaires »
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