Archive pour août, 2020

OMELIA (15-08-2020) ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

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OMELIA (15-08-2020) ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

padre Gian Franco Scarpitta
La speranza dell’uomo e la munificenza di Dio

La Vergine Maria viene esaltata nella Chiesa sotto molteplici titoli e tante sono le forme di devozione nei suoi confronti, ma forse quello relativo alla Festa del Ferragosto è il titolo più significativo, perché esprime quanto Dio sia generoso e munifico nei confronti di Maria e per esteso anche verso tutta l’umanità. Dio è Amore, per amore ha creato il cosmo e lo mantiene in essere, per amore si è sempre rivelato ed è sempre intervenuto a favore dell’umanità, nell’amore ha salvato e redento l’uomo fino all’incarnazione e alla croce del suo Figlio e sempre l’amore di Dio è il vincolo della nostra unione, la motivazione e lo sprone della nostra vita quotidiana. Per ciò stesso, sempre l’amore è l’elemento caratterizzante tutti i favori divini, le ricompense e le grazie di cui siamo destinatari. Ed eccoci alla solennità che ogni anno introduce l’ultima fase delle vacanze estive. In Maria si riscontra proprio l’elemento della misericordia con cui Dio ricompensa la nostra fedeltà e non lascia mai nessuno provo di riconoscimenti.
Ma andiamo con ordine.
Maria non è una divinità, ma una semplice donna di paese paragonabile a tante altre fanciulle del suo tempo. Non è quindi neppure una persona straordinaria, né un soggetto socialmente altolocato. Eppure Dio ha scelto proprio lei, fra tutte le donne, per essere la Madre del Verbo Incarnato, di Dio che viene concepito nella carne per condividere la nostra natura. Realizzare tale progetto di maternità divina comporta per questa esile fanciulla non pochi sacrifici e rinunce, soprattutto di dover spendere la propria libertà e autonomia a vantaggio del Signore e di tutti gli uomini: accogliere il progetto divino di salvezza, che la voleva Madre del Signore in forza dello Spirito, equivale infatti a rinunciare alla spensieratezza di una giovane ragazza promessa sposa che si accinge a condurre la sua vita matrimoniale accanto al futuro coniuge, in una dimensione pari a quella di tutti i suoi contemporanei. Vuol dire abbandonare i progetti personali per assumere quelli di un Altro, disporre delle proprie scelte e delle proprie decisioni non già facendo riferimento alla propria volontà, ma nell’ottica del volere divino; ma soprattutto significa esporre se stessa a seri pericoli, mettere a repentaglio la propria vita a causa di una maternità improvvisa che è certamente oggetto di pregiudizi da parte della gente. E’ vero infatti che Maria è rimasta incinta per opera dello Spirito Santo, ma la presenza di una ragazza gravida ancora non accolta nella casa del futuro sposo suscita certamente disgusto e cattiveria nella mentalità ristretta di un paesino e anche le severissime leggi del Levitico su questo assunto non sono certo indulgenti.
La meternità inaspettata che Maria ha scelto di assumere ha poi comportato lo spasimo del parto disumano al freddo, l’alloggio di fortuna trovato nelle asperità di una spelonca, la fuga in Egitto per la persecuzione di Erode, la persecuzione sotto tutti gli aspetti… Insomma la vicenda di Maria non è stata certo semplice e ha dovuto affrontare ogni rischio coltivando la prerogativa della pazienza e della perseveranza. Maria ha anche accettato consapevolmente, sin dall’inizio, di dover assistere dolorante e inquieta all’impietosa sorte del suo Figlio che spasimava e poi moriva sulla croce. Una lunghissima serie di imprevisti, di sacrifici e di difficoltà commisurate alla divina assistenza che non è mai mancata, alla speranza che la portava a guardare in avanti, alla motivazione nell’agire che può scaturire solo dalla carità.
Ora, quale ricompensa più appropriata poteva elargire il Padre delle misericordie a questa fanciulla, se non quella di essere assunta al Cielo nella sua anima e anche nel suo corpo? Quale destino più appropriato poteva ricevere la Madre del Signore, che aveva accolto Dio nel suo grembo, se non quella di essere partecipe in tutto e per tutto alla sua glorificazione estrema facendo sì che non soltanto l’anima, ma anche il corpo mortale venisse elevato allo stato di incorruttibilità? Con la sola differenza che, mentre Cristo, Figlio di Dio, ascende egli stesso al cielo, lei, semplice creatura umana fra le tante seppure degna di grandi meriti, viene al Cielo elevata, Assunta da parte di Dio Amore e misericordia.
Se Dio è munifico, lo è fino in fondo. Egli considera non già la semplice possibilità di ricompensa, ma la ricompensa proporzionata alle misure della nostra fedeltà. Come si legge nel libro del « Pellegrino russo », Dio ricambia in oro ogni minimo atto di fede e di amore che l’uomo rivolge nei suoi confronti e non priva nessuno della grazia meritoria e proporzionata al bene compiuto.
Cosiccché Maria, che è sempre stata associata al suo Figlio nella lotta per la salvezza condividendo gioie e dolori della redenzione come prima discepola e come Madre, viene finalmente portata al cielo, elevata, sottratta alla vista sensoriale degli uomini e introdotta nella gloria, secondo quanto affermano alcune testimonianze antiche mentre ella stava dormendo nel suo lettuccio e gli apostoli si stringevano in preghiera tutt’intorno a lei (Dormitio Mariae). A Gerusalemme la valle di Giosafat ospita quella che che sarebbe stata la tomba di colei che invece è stata assunta al cielo, cioè elevata in anima e corpo e i pellegrinaggi che tuttora si susseguono sul posto suggeriscono la consistenza del mistero unitamente alla contemplazione della grande munificenza di Dio.
Ciò è avvenuto in Maria, che nel mistero della sua Assunzione ci mostra che anche per noi si dischiudono le porte della salvezza definitiva della gloria dopo i percorsi terreni di spasimo e di sofferenza. Contemporaneamente, ci viene ravvisato il valore della speranza che già in questo mondo non delude le nostre attese e consegue sempre la gioia dell’appartenenza a Dio e della fedeltà nei suoi confronti. Il modello di Maria Assunta ci rassicura della certezza che le nostre speranze non verranno mai deluse e soprattutto che la speranza ultima della nostra meta celeste verrà esaudita in proporzione ad ogni nostro atto di fedeltà. La sua presenza ci è di monito nel continuo percorso di imitazione e di sequela del suo Figlio e il fascino della sua presenza allevia le fatiche e le lotte della testimonianza cristiana. Ancora una volta troviamo in Maria lo sprone, il modello e l’esempio, ma in questa particolare circostanza ci viene dato anche il coraggio nella certezza della vittoria.

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 14 août, 2020 |Pas de commentaires »

ti prego Signore Salvami

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 8 août, 2020 |Pas de commentaires »

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/08/2020)

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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/08/2020)

Silenzio e tempesta
don Mario Simula

L’uomo, nella prova, è solo davanti al suo Signore. Percepisce la debolezza, la paura, il bisogno di fuggire. Amerebbe scappare dall’esistenza. Elia è uno di questi uomini normali e sofferenti che vorrebbero alienarsi dalla persecuzione che si scatena attorno a lui. Sale verso il monte. Non sta cercando Dio. Sta cercando un rifugio alla propria disperazione. A più riprese vorrebbe morire. E’ davanti a questo desiderio che Dio si rivela, gli fa trovare pane e acqua per continuare il cammino.
Non può e non deve rinunciare lasciandosi consumare dall’angoscia. Camminando tappa dopo tappa arriva al monte di Dio, l’Oreb.
Se ci fermiamo un attimo a meditare, ci viene naturale constatare che la nostra vicenda umana rassomiglia molto a quella del profeta. Resistere in certi momenti è un gesto di ardimento e di coraggio così alto, da farci venire le vertigini, rischiamo di non reggere una fragilità così profonda che ci toglie la stabilità del cuore.
Dio si affianca alla nostra storia e ci incoraggia. Ci indica la strada. Fa brillare davanti a noi un varco di luce quando ci nascondiamo nella caverna del nostro cuore per leccare le ferite della prova. Dio entra in gioco con tutta la sua forza. Una forza strana. Fuori della nostra capacità di percezione. La forza di Dio non è nella tempesta, non è nel terremoto, non è nel vento impetuoso che scuote la roccia. Dio è nel silenzio di una brezza leggera, quasi impercettibile, così sottile da attraversare tutto il nostro essere.
Davanti a questa esperienza, rinasce in noi la forza di ritornare sui nostri passi. Dove vive la gente. In quel mondo siamo attesi per continuare a raccontare le meraviglie di Dio.
Anche i dodici amici di Gesù si trovano scossi dalla paura di una tempesta che assale il mare di Galilea. La barca è fragile.
Sembra non reggere l’urto.
Avviene per i dodici quello che sperimentiamo anche noi quando gli avvenimenti ci scuotono, ci destabilizzano, ci incutono terrore e paura di morire. Dio c’è sempre. Dio è ancora una volta accanto a noi. E’ quel Gesù che, camminando sul mare, non suscita, immediatamente, fiducia e conforto. Fa paura: “E’ un fantasma!”. Dio fantasma è una tentazione terribile. Non percepire il Maestro che ci viene incontro e confonderlo con una figura evanescente capace solo di terrorizzarci in mezzo alla prova. La vita ci fa arrivare ad appuntamenti che a volte sembrano stroncarla. Sembra che dichiari la sua resa, come se non ci fosse più nulla da fare per questa barca delle nostre persone, di ogni nostra comunità.
Il Maestro ha la parola sempre opportuna: “Non temete. Sono Io!”. Sembrerebbe risolto il problema. Eppure in noi si insinua il dubbio: “Se sei tu, Signore, dammi la grazia di venire da Te sull’acqua. Dona alla nostra comunità l’opportunità di incontrarti miracolosamente”.
Gesù accetta la sfida di Pietro. Accetta la mia sfida. Accetta la sfida delle nostre comunità incredule. Ci invita ad affrontare la burrasca. Noi scendiamo dalla barca, ma la paura del vento è più grande della fiducia in Gesù.
La tempesta comanda più dell’amore. Ci dobbiamo fermare per ascoltare il dolce rimprovero del Maestro: “Persone di poca fede perché dubitate ancora di Me?”.
La potenza del Signore si manifesta con la sua semplice presenza. Se lo accogliamo, se lo amiamo, se sappiamo gridare con tutta la fede, il vento che scuote le nostre esperienze, cessa o per lo meno non ci fa più paura perché Gesù è con noi.
C’è una tempesta che scuote anche il cuore di Paolo. L’apostolo soffre perché i suoi fratelli di Israele non credono in Gesù.
Sarebbe pronto a perdere se stesso pur di salvare ciascuno di essi. Il fuoco che divampa nel suo cuore è così grande che la sua vita conta per lui meno della fede dei suoi fratelli. In questa parola non troviamo per caso raccontata la nostra storia?
Dio silenzio, la nostra vita tempesta.
Forse dobbiamo, come Gesù, andare in un luogo solitario per sperimentare, nelle lunghe ore della notte, l’incontro amoroso col Padre.
L’incontro col Silenzio che mette a tacere la nostra tempesta.
Gesù, quanta strada dobbiamo fare prima di lasciarci raggiungere dal tuo silenzio pacificante.
Noi crediamo che incontrare Te significhi entrare in un’avventura di comodità, senza conflitti, senza eccessive preoccupazioni. Un’avventura da mediocri.
Gesù, tu segui i nostri passi ogni volta che ci fermiamo, stremati, ci fai trovare pane e acqua.
Non possiamo mai fermarci se accettiamo di seguire Te.
Gesù, le tappe saranno numerose, difficili, impegnative; ma hanno un approdo in quel silenzio simile ad un vento impalpabile che avvolge la nostra vita, la rasserena e la rende forte.
Gesù, Tu non hai bisogno di spendere troppe parole per addomesticare il mare che vorrebbe inghiottirci.
Gesù, tu non hai bisogno di molti gesti per farci toccare con mano che nulla ci può separare dal tuo amore.
Gesù, tu condividi le nostre prove e ti accompagni a noi.
Non ci togli le paure, ci doni la fede.
Ci doni la certezza. Ci doni la grazia di fidarci della Tua persona.
Gesù, ci attendi sempre come persone e come comunità agli appuntamenti notturni con Te. A quegli indescrivibili attimi nei quali Tu infondi nella nostra fragilità i germi della Tua potenza. In quei silenzi, noi capiamo chiaramente chi siamo, ma comprendiamo soprattutto chi sei Tu.
Quale mare può spaventarci?
Gesù, credo che l’unico mare che possa inghiottirci è confonderti con un fantasma.
Tu sei carne e ossa, Gesù.
Tu ti sei fatto carne, Gesù.
Tu Gesù, ci conosci fino in fondo, apri i nostri occhi perché possiamo incontrarti in una manifestazione decisiva della tua presenza.
Gesù, ne abbiamo bisogno, se vogliamo trovare il coraggio di uscire dai nostri recinti angusti e meschini per buttarci nella tempesta del mondo dolente, stanco, senza visione, senza sogni.
Gesù, che io ti incontri, che io senta divampare in me il fuoco del tuo amore. E’ urgente per questa umanità che ci circonda e brancola alla ricerca di Te.
Gesù, non abbiamo paura perché Tu sei con noi fino alla fine.
Don Mario Simula

moltiplicazione dei pani e dei pesci

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 1 août, 2020 |Pas de commentaires »

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) (02/08/2020)

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XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) (02/08/2020)

Chi ci separerà dall’Amore? E’ una sfida
don Mario Simula

Se volessimo trovare due parole intense che esprimano il senso dell’invito di Dio, oggi pasqua del Signore, le parole più incisive sarebbero: “Compassione e Consolazione”.
Ogni volta che Dio guarda l’umanità e il singolo uomo e la singola donna, vive due esperienze profondamente innestate una nell’altra.
Sente compassione. Prova il bisogno di patire con l’uomo. Come conseguenza, nel suo cuore divampa il bisogno della consolazione. Dio non può vedere il suo popolo soffrire e la creatura uscita dalle sue mani piangere, senza mettersi accanto per far sperimentare la consolazione di un padre e di una madre che sentono viscere di amore.
Il testo sublime di Isaia ci racconta questa esperienza di Dio che rivolgendosi a noi dice: “Voi tutti assetati, voi bisognosi di accoglienza, voi vittime dello scarto, voi distrutti dall’ingiustizia, voi schiavi a causa della ricchezza smodata di alcuni, voi afflitti dalla solitudine e provati dall’ingratitudine, venite all’acqua. Bevete. Dissetatevi. Cercate di comprendere che questa sorgente viva sono IO. Venite all’acqua. Potete mangiare, dissetarvi, gustare il vino, senza denaro, senza pagare. E’ un dono semplice del mio Amore”.
Mentre Dio ci fa questa proposta di amore, ci invita ad essere sempre attenti e vigilanti.
Ci chiede di non sfamarci e di non dissetarci con un nutrimento avvelenato.
Se vogliamo riuscirci è importante ascoltare la sua Parola che ci mette sulla strada giusta, ci fa evitare le cose cattive e ci offre cose buone e cibi succulenti.
Dove vuole arrivare Dio con questa magnanimità?
Vuole andare ancora oltre, ancora più in là. Vuole stabilire con noi un patto indistruttibile di amore fedele. Un’alleanza. Ci fa entrare nell’intimità del suo cuore per essere con lui una cosa sola. Compassione e consolazione sono le parole che anche Gesù ama pazzamente.
Ha appena deciso di andare con i dodici in un luogo in disparte, per confortarli e consolarli, quando si trova di nuovo davanti agli occhi le folle. Lo sottolinea il vangelo: “Gesù sentì compassione per loro. E iniziò a guarire, a consolare, a fasciare le ferite dopo averle curate”. Inesorabilmente arriva la sera. I discepoli chiedono a Gesù che congeda tutta quella gente perché possa cercarsi un po’ di cibo.
Gesù, uomo della compassione e della consolazione, li sfida sul terreno della fiducia e della generosità: “Voi stessi date loro da mangiare”. La proposta è imbarazzante.
I piccoli sono semplici e rassomigliano al cuore di Gesù.
Uno di essi ha portato cinque pani e due pesci. Per Gesù sono la materia prima di un miracolo strepitoso. Dopo aver compiuto il gesto delicato e tenero di farli sedere tutti sull’erba, prende tra le mani la piccola cena del ragazzo e solleva gli occhi verso il Padre. Gesù e il Padre si incontrano nella compassione e nella consolazione. Ci sarà pane per tutti. In sovrabbondanza, anzi, fino ad avanzarne.
In tutte le nostre comunità, così misurate nel compiere il bene, dobbiamo comprendere che non si può parlare di compassione senza condividere dolori e miserie, insicurezze e, talvolta, disperazioni. Non si può consolare con le parole. La consolazione autentica è fatta di gesti continui d’amore.
Un amore gratuito, generoso, straripante.
Paolo, appassionato di amore verso le sue comunità ha davanti ai suoi occhi una piccola chiesa che è come un seme nel grande impero di Roma. Una comunità perseguitata, emarginata, vista come nemica, quindi condannata a morte.
Che cosa riesce a dire a quella comunità? Solo due parole: “Compassione e consolazione”. Proviamo a far risuonare dentro le nostre chiese la domanda dell’apostolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, l’essere minoranza, l’essere guardati male, l’essere inascoltati?”.
In tutte queste cose, e anche in tante altre che potremo elencare, siamo più che vincitori se abbiamo fede in colui che ci ha amati. Se crediamo nella sua compassione e nella sua consolazione. E’ questa fede incrollabile nell’amore che ci salva a renderci invincibili.
Niente potrà mai separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.
Siamo pochi, forse i più poveri, forse i più soli, forse i più disprezzati. Se formiamo la comunità di Gesù niente ci potrà separare dall’amore di Dio e dall’amore del nostro Amore, Gesù Figlio di Dio.
Gesù, sento il mio cuore gonfio di gioia perché mi accorgo che lo attraversa la tua tenerezza.
Le parole che ti definiscono in maniera stupenda: Tu samaritano che compatisci, Tu samaritano che consoli, risuonano nel mio cuore come la carezza di una unzione santa che, mentre attenua il dolore, lentamente produce la guarigione.
Gesù, quale grazia più grande di questa possiamo chiederti: nella prova sentire risuonare dentro le nostre viscere la domanda che è un’affermazione certa: chi ci separerà dall’amore di Dio? Chi ci separerà dall’amore di Cristo?
Gesù, tu sei per noi colui che si accorge dello smarrimento della sera dopo una giornata spesa ad ascoltare te. Ci fai sedere, come un buon Padre di famiglia, alla stessa mensa e imbandisci per noi pane saporito, vino prelibato, cibi succulenti.
Imbandisci per noi la tavola dell’amore.
Gesù, questo scossone della tua compassione e della tua consolazione, è urgente, è necessario. Se non lo scateni, come un terremoto, nel nostro animo, noi andiamo a fondo.
Gesù, te lo dico con certezza: Nulla mi separerà dall’amore per Te. Nulla. Nemmeno la mia fragilità e il buio dei mie peccati.
Anche in quei momenti mi fiderò di te e ti dirò, conoscendoti: Nulla mi separerà dall’Amore di Gesù al quale anche io voglio bene.

Don Mario Simula

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