IV DOMENICA DI QUARESIMA – LAETARE (ANNO A) (22/03/2020)
https://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=48264
IV DOMENICA DI QUARESIMA – LAETARE (ANNO A) (22/03/2020)
Un collirio per lunghi orizzonti
don Mario Simula
Il linguaggio dei segni è per Gesù il modo più immediato ed eloquente per comunicare. Ha davanti a sé un cieco dalla nascita. Lo vuole guarire. Fa del fango con la saliva e un po’ di terra, e lo spalma, toccandoli, sugli occhi del cieco. Poi lo invita a lavarsi nell’acqua della piscina di Siloe. E’ detto tutto in un attimo. Gesù è la Luce. E’ venuto per portare la Luce al mondo che spesso preferisce le tenebre. La Luce si rivela quando non c’è la nebbia, quando non c’è la torbidità del cuore. Prima che il cieco ritrovi la vista, deve lavarsi nell’acqua.
Vuoi vedere in faccia Gesù? Permettigli di purificare il tuo cuore. Se questo dono non entra nelle midolla della tua vita, resterai cieco.
La gente che circola per le strade di Gerusalemme, i frequentatori assidui della Sinagoga, non credono ai loro occhi. Sono occhi di persone cieche per le quali ogni visione della fede è preclusa. Sono persone ostinate che non cedono le armi nemmeno davanti all’evidenza.
Il giovane guarito diventa oggetto di attenzione collettiva. Tutti lo interrogano. Tutti vogliono sapere da lui come sono andate le cose. E lui a tutti ripete la narrazione degli avvenimenti. Una narrazione insistente. Una narrazione nella quale l’unico assente è proprio il protagonista Gesù: “Dov’è? Chi è colui che ti ha restituito la vista?”. “Non lo so, so’ soltanto che mi ha guarito”.
I farisei hanno un solo “falso” problema: che Gesù abbia compiuto il segno di sabato. Non può avvenire che chi opera di sabato, anche per il bene, possa venire da Dio. Il cieco non sa balbettare altro, anzi, non sa dire con certezza altro: “Io so soltanto che mi ha ridato la vista”. Gli domandano: “Tu che cosa dici di lui?”, egli risponde: “E’ un profeta!”. Insistono: “Non viene da Dio”. E il cieco: “Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”. Per i Giudei quel cieco guarito è solo un peccatore, non rimane altro che cacciarlo fuori dalla sinagoga.
Riappare il grande protagonista, riappare la Luce, come la cometa di Betlem.
Gesù riappare proprio perché viene a sapere che lo hanno cacciato fuori. Lo incontra e porta a compimento la grazia dell‘illuminazione.
Immagino i catecumeni della chiesa antica che lungo il loro cammino, gradualmente scoprono Gesù Luce del mondo. Li immagino all’ultimo percorso quaresimale prima della veglia pasquale. Devono dare segnali autentici della loro fede viva in Gesù. Questo percorso fa l’uomo nato cieco, guidato nel cammino della vita nuova dal Maestro: “Tu credi nel figlio dell’uomo?”. Egli risponde “E chi è, Signore perché io creda in lui?”. Gesù gli dice: “Lo hai visto. Per questo ti ho restituito la luce degli occhi. Perché potessi vedermi. Adesso mi vedi: il Cristo sono Io che parlo con te”.
Sarebbe una grande letizia, per le nostre comunità, sperimentare la Luce degli occhi perché hanno incontrato Gesù, e con quella luce continuano a riconoscerlo ogni giorno con gioia. Anche nei momenti della solitudine e della prova. Deve essere chiaro ai nostri cuori che Gesù si può manifestare nel suo splendore, ovunque, in qualsiasi momento della nostra vita. Ciò che conta è avere gli occhi guariti dal suo fango e dal tocco della sua mano.
Il giovane che non vedeva, professa, finalmente, la sua fede: “Credo, Signore!” e si prostra davanti a Gesù.
Ogni credente deve lasciarsi provocare dalle parole conclusive e severe del Signore: “Io sono venuto perché coloro che non vedono, vedano, e quelli che vedono, diventino ciechi”.
Guardo tante comunità: ascoltano la parola di Dio, vedono il Pane di Vita, vedono che Gesù è nei poveri, eppure rischiano di diventare cieche. Abbiamo veramente bisogno del collirio di Dio in modo che, Gesù, la Luce, sfolgori davanti ai nostri occhi e ci aiuti a cogliere in profondità chi siamo, come viviamo, verso quale orizzonte stiamo camminando.
Davanti agli occhi di Samuele passano, ad uno a uno, i figli di Iesse, ma in nessuno di questi figli Dio vede il prescelto finché non arriva il giovanissimo Davide, pastore di pecore. Dio che non guarda il volto ma il cuore dice: “Samuele alzati e ungilo”. Il miracolo della vista ritorna. “Dio dice: è lui!”.
Come si fa ad avere sempre gli occhi trasparenti di luce? Come possiamo guardare nelle profondità del cuore e non le apparenze? Come possiamo raggiungere la luce del Signore?
Paolo ce lo dice con l’affetto di un padre: “Eravate tenebra, prima di incontrare il Signore, ora siete Luce nel Signore, comportatevi perciò come figli della luce”.
La luce produce i suoi frutti: ogni bontà, ogni giustizia, ogni verità. Il frutto della Luce è l’uomo nuovo.
Noi stiamo andando verso quell’orizzonte luminoso che è la Pasqua, l’alba del terzo giorno. Vedremo la Luce. Forse non vedremo le assemblee radunate, vedremo ugualmente la Luce, perché il suo fulgore ha inondato il mondo, ha inondato il cuore di ciascuno di noi. Se nella fede sappiamo accorgerci di questo dono, anche stando lontani sperimenteremo quanto siamo vicini.
Il Signore Risorto ci attende tutti per abbracciarci con la tenerezza dell’amore.
Gesù, non voglio nemmeno pensarlo che, dopo aver conosciuto l’acqua della rigenerazione, la Luce del cero, il candore della veste bianca e dopo aver sentito il profumo del crisma, possa essere ancora nella cecità.
Eppure, Gesù, ci sono giorni, nella mia vita, nei quali tutto è buio, tutto è contrario, tutto mi smarrisce, tutto mi sgomenta.
Tu, ugualmente ci sei, Gesù.
Io sono come uno che non vuole prendere in mano il filo per entrare nel labirinto di se stesso senza smarrirsi. Giro, giro, giro, e non vengo a capo di nulla. Perché sto girando attorno a me stesso. Proprio come un cieco che non conosce l’oltre.
Gesù, ungimi gli occhi col collirio del tuo fango. Forse mi meraviglierò e dirò: “Cosa sta facendo? A che cosa serve tutto questo?”.
Tu, Gesù, non parli, resti lì, rimani finché i miei occhi, un po’ alla volta, si dischiudano e inizino a vedere la tua sagoma, poi i tuoi lineamenti, poi la chiarezza dei tuoi occhi, poi lo splendore del tuo corpo, poi sentano la fragranza del tuo cuore innamorato. Allora capisco che mi restituisci la Luce, Gesù, e tutto si illumina attorno a me e dentro di me.
Ti riconosco negli ultimi. Non mi fanno ribrezzo gli sporchi delle strade. Non temo i lebbrosi.
Soprattutto, Gesù, non temo di guardare me e, nonostante la mia bruttezza interiore, mi accorgo che tu mi sei vicino.
Ti riconosco in questo mondo dolente, disorientato, sgomento, stordito perché le sue certezze vacillano.
Gesù, ti riconosco nella morte che per te è sempre aurora di vita, è seme che muore, è seme che fiorisce, sconfiggendo la morte e facendo brillare la vita.
Gesù, non voglio fare più alcuna dichiarazione su me stesso, né per dire bene né per dire male. Mi è sufficiente, ed è tutto, sentirmi dire da te: “Tu mi vedi, sono proprio Gesù, il tuo Amore”. Mentre io, prostrato per terra oso dirti, dal profondo del cuore: “Credo, Signore!”.
La Luce finalmente dilaga e non mi umilia anche se mette a nudo la mia miseria.
Don Mario Simula