III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A) COMMENTO – Enzo Bianchi
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III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A) COMMENTO – Enzo Bianchi
Convertitevi!
Brevi note su Isaia 8,23-9,3
La prima lettura, tratta dal profeta Isaia – dai capitoli 7-12 definiti “Libro del Dio-con-noi (’Immanuel) –, ci annuncia l’azione di un uomo chiamato appunto Emmanuele, un bambino nato come dono di Dio (cf. Is 7,10-14), il quale regnerà portando liberazione e pace. La sua azione inizia proprio a partire dalle regioni più a nord della terra santa, quelle di Zabulon e di Neftali, che erano state umiliate dagli Assiri con l’invasione del 722 a.C. Proprio questa terra divenuta impura, chiamata Galilea delle genti pagane, precipitata nelle tenebre di morte, vedrà per prima la luce della liberazione. In essa, infatti, risuonerà il primo annuncio della buona notizia da parte di Gesù, come testimonia il vangelo secondo Matteo.
Matteo 4,12-23
Matteo è l’evangelista “scriba”, che costantemente mette in risalto il compimento delle Scritture dell’Antico Testamento nella vita di Gesù. Ciò che avviene nella vicenda di Gesù è compimento della parola di Dio contenuta nelle Legge, nei Profeti e nei Salmi (cf. Lc 24,44). Anche l’inizio del ministero pubblico di Gesù deve essere letto in questa prospettiva, perché non il caso, né il destino, la necessità, determinano gli eventi, ma la libera volontà di Gesù, che desidera essere obbediente al Padre in conformità alle sante Scritture.
Quando Gesù ebbe notizia che Giovanni il Battista, il maestro che egli seguiva come un discepolo (opíso mou: Mt 3,11), era stato arrestato e imprigionato da Erode, allora “si ritirò (verbo anachoréo) in Galilea”, lasciando la Giudea e soprattutto la regione tra Giordano e mar Morto dove Giovanni aveva predicato e battezzato. Questo ritirarsi, che è un allontanarsi, si ripeterà altre volte nella vita di Gesù (cf. Mt 9,24; 12,15; 14,13; 15,21), come già era avvenuto quando Giuseppe, suo padre secondo la Legge, si era ritirato in Galilea per fuggire da Archelao (cf. Mt 2,22-23). In questo caso non è però Nazaret, la borgata in cui Gesù era cresciuto, il luogo del suo ritirarsi, bensì Cafarnao, città sul lago di Tiberiade, città di frontiera, luogo di transito e tappa importante sulla via del mare che metteva in comunicazione Damasco e Cesarea, il porto sul Mediterraneo. Qui a Cafarnao Gesù sceglie una casa come dimora sua e del gruppo che lo seguirà nella sua avventura profetica.
Matteo non dimentica la promessa del profeta Isaia su questa terra periferica che era stata la prima regione umiliata e oppressa dall’invasore assiro nell’VIII secolo a.C., quando le tribù di Zabulon e di Neftali qui residenti furono vinte, deportate ed esiliate. Il profeta aveva osato guardare al futuro lontano, quando Dio avrebbe dato inizio alla redenzione e al raduno del suo popolo, a partire da questa regione diventata terra impura popolata di pagani, crocicchio delle genti. Ecco dove viene ad abitare Gesù, ecco la compagnia che sceglie, questa frontiera disprezzata dai giudei: proprio da qui Gesù inizia la sua predicazione. Questa regione vede dunque “sorgere” una grande luce, la luce di Cristo e del suo Vangelo.
Da quel momento Gesù inizia a predicare, in piena continuità con la predicazione del Battista: “Convertitevi (metanoeîte), perché il regno dei cieli si è avvicinato” (= Mt 3,2). La chiamata è alla conversione, al cambiamento di mentalità, di atteggiamento e di stile nel vivere quotidiano: non un gesto isolato, estemporaneo, ma l’assunzione di un “altro” modo di vivere, segno concreto del “ritorno” a Dio. Da un lato la conversione richiede un lasciare e un assumere, è dunque un’ora che scandisce un prima e un dopo. D’altro lato, essa diventa un’istanza continua, una dinamica da imprimere nella propria vita giorno dopo giorno, perché non si è mai convertiti una volta per sempre. Questa conversione ha un solo scopo: permettere che Dio regni, che sia l’unico Signore nella vita del credente. “Convertitevi!” è stata una parola di Giovanni, di Gesù, di Pietro (cf. At 2,38), ed è la prima parola che la chiesa deve rivolgere a quanti incontra. Il Regno avviene là dove uomini e donne permettono a Dio di regnare in loro attraverso la conversione. Per costoro il regno dei cieli (o regno di Dio, secondo Marco e Luca) si è avvicinato, può essere realtà già qui sulla terra, dove Dio regna.
Così viene sintetizzata da Matteo l’attività di Gesù in Galilea, un’attività profetica sulla scia di quella del Battista, un’attività che chiama, attira discepoli capaci di conversione. Per questo segue il racconto di due chiamate, quelle dei primi quattro discepoli. Il racconto è semplice, sobrio, non indugia su particolari e soprattutto non presta attenzione ai processi psicologici che pure devono essere stati vissuti in questo evento. Anche in questo caso il racconto è plasmato sul modello della chiamata profetica (cf. 1Re 19,19-21) e vuole essere una testimonianza esemplare per ogni lettore del vangelo. Gesù passa lungo il mare di Galilea, cioè il lago di Gennesaret, dove si trovano pescatori e barche. Gesù innanzitutto “vede”, con il suo sguardo penetrante e capace di discernimento, “due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettano le reti in mare”. Mentre sono intenti al loro lavoro e fanno il loro mestiere, sono raggiunti dalla parola di Gesù che è parola efficace, già in questo racconto è parola del Kýrios, del Signore: “Venite dietro a me (opíso mou), vi farò pescatori di uomini”.
Vi è qui indubbiamente una lettura dossologica della vocazione, un racconto che non può dimenticare il ruolo futuro di Simon Pietro: ecco perché la parola di Gesù come una promessa cambia il lavoro di Pietro, pescare pesci, in quello che sarà il suo ministero, pescare uomini, cioè radunare i destinatari del Vangelo nella rete della chiesa. A questa parola i due fratelli rispondono senza dilazione, prontamente, abbandonando la loro professione (le reti) per seguire Gesù. Certo, Luca colloca in un altro contesto la vocazione di Pietro, dopo una pesca miracolosa (cf. Lc 5,4-11) e il quarto vangelo fornisce un resoconto diverso del primo incontro tra Pietro e Gesù (cf. Gv 1,40-42); ma ciò che è essenziale in questi diversi racconti è la scelta libera, sovrana di Gesù, che chiama, e la pronta obbedienza alla sua parola da parte dei futuri discepoli. E così segue il racconto della vocazione dell’altra coppia di fratelli, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo. Stessa dinamica, con l’aggiunta della precisazione che i due fratelli non lasciano solo la barca, ma anche il padre; c’è dunque una rinuncia alla professione e alla famiglia, c’è una reale rottura tra ciò che si era e ciò che si diventa alla sequela di Gesù. La risposta del chiamato (nessuna auto-candidatura al discepolato!) è incondizionata e senza dilazioni, ieri come oggi.
Ma in questi racconti dobbiamo anche percepire il “non detto” riguardo a questa sequela che è diversa dal rapporto maestro (rabbino)-discepolo ai tempi di Gesù. Normalmente era il discepolo che sceglieva il maestro, che si faceva servo del rabbino o lo retribuiva per l’insegnamento ricevuto. Gesù invece precede sempre il discepolo, eleggendolo, chiamandolo, poi si mette al suo servizio, fino a lavargli i piedi (cf. Mt 13,1-15). Gesù è davvero un rabbi paradossale!
Il nostro brano è concluso da un “sommario” che riassume tutta l’attività di Gesù:
percorreva la Galilea, in una predicazione itinerante,
insegnava nelle sinagoghe dove si radunavano i credenti di Israele,
proclamava a tutti la buona notizia del regno di Dio ormai avvicinatosi
e curava ogni sorta di malattie e di infermità in quelli che incontrava.
Subito il potere di Gesù si manifesta con la sua forza di attrazione: molti vanno da lui, peccatori sui quali regna il demonio e malati di varie infermità, mentre le folle cominciano ad ascoltarlo e a seguirlo (cf. Mt 4,24-25). Così il Regno è annunciato, anzi offerto da Gesù come una realtà che il credente può accogliere: basta che lasci regnare Dio su di sé, ed ecco che il regno di Dio è inaugurato.