Archive pour décembre, 2019

Paolo in preghiera

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PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – (At 20,28). Il ministero di Paolo ad Efeso e il congedo dagli anziani

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PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – (At 20,28). Il ministero di Paolo ad Efeso e il congedo dagli anziani

Piazza San Pietro
Mercoledì, 4 dicembre 2019

Catechesi sugli Atti degli Apostoli – 17. «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge» (At 20,28). Il ministero di Paolo ad Efeso e il congedo dagli anziani

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il viaggio del Vangelo nel mondo continua senza sosta nel Libro degli Atti degli Apostoli, e attraversa la città di Efeso manifestando tutta la sua portata salvifica. Grazie a Paolo, circa dodici uomini ricevono il battesimo nel nome di Gesù e fanno esperienza dell’effusione dello Spirito Santo che li rigenera (cfr At 19,1-7). Diversi poi sono i prodigi che avvengono per mezzo dell’Apostolo: i malati guariscono e gli ossessi vengono liberati (cfr At 19,11-12). Questo accade perché il discepolo somiglia al suo Maestro (cfr Lc 6,40) e lo rende presente comunicando ai fratelli la stessa vita nuova che da Lui ha ricevuto.
La potenza di Dio che irrompe ad Efeso smaschera chi vuole usare il nome di Gesù per compiere esorcismi ma senza avere l’autorità spirituale per farlo (cfr At 19,13-17), e rivela la debolezza delle arti magiche, che vengono abbandonate da un gran numero di persone che scelgono Cristo e abbandonano le arti magiche (cfr At 19,18-19). Un vero capovolgimento per una città, come Efeso, che era un centro famoso per la pratica della magia! Luca sottolinea così l’incompatibilità tra la fede in Cristo e la magia. Se scegli Cristo non puoi ricorrere al mago: la fede è abbandono fiducioso nelle mani di un Dio affidabile che si fa conoscere non attraverso pratiche occulte ma per rivelazione e con amore gratuito. Forse qualcuno di voi mi dirà: “Ah, sì, questa della magia è una cosa antica: oggi, con la civiltà cristiana questo non succede”. Ma state attenti! Io vi domando: quanti di voi vanno a farsi fare i tarocchi, quanti di voi vanno a farsi leggere le mani dalle indovine o farsi leggere le carte? Anche oggi nelle grandi città cristiani praticanti fanno a queste cose. E alla domanda: “Ma come mai, se tu credi a Gesù Cristo, vai dal mago, dall’indovina, da tutta questa gente?”, rispondono: “Io credo in Gesù Cristo ma per scaramanzia vado anche da loro”. Per favore: la magia non è cristiana! Queste cose che si fanno per indovinare il futuro o indovinare tante cose o cambiare situazioni di vita, non sono cristiane. La grazia di Cristo ti porta tutto: prega e affidati al Signore.
La diffusione del Vangelo ad Efeso danneggia il commercio degli argentieri – un altro problema –, che fabbricavano le statue della dea Artemide, facendo di una pratica religiosa un vero e proprio affare. Su questo io vi chiedo di pensare. Vedendo diminuire quell’attività che fruttava molto denaro, gli argentieri organizzano una sommossa contro Paolo, e i cristiani vengono accusati di aver messo in crisi la categoria degli artigiani, il santuario di Artemide e il culto di questa dea (cfr At 19,23-28).
Paolo, poi, parte da Efeso diretto a Gerusalemme e giunge a Mileto (cfr At 20,1-16). Qui manda a chiamare gli anziani della Chiesa di Efeso – i presbiteri: sarebbero i sacerdoti – per fare un passaggio di consegne “pastorali” (cfr At 20,17-35). Siamo alle battute finali del ministero apostolico di Paolo e Luca ci presenta il suo discorso di addio, una sorta di testamento spirituale che l’Apostolo rivolge a coloro che, dopo la sua partenza, dovranno guidare la comunità di Efeso. E questa è una delle pagine più belle del Libro degli Atti degli Apostoli: vi consiglio di prendere oggi il Nuovo Testamento, la Bibbia, il capitolo XX e leggere questo congedo di Paolo dai presbiteri di Efeso, e lo fa a Mileto. E’ un modo per capire come si congeda l’Apostolo e anche come i presbiteri oggi devono congedarsi e anche come tutti i cristiani devono congedarsi. E’ una bellissima pagina.
Nella parte esortativa, Paolo incoraggia i responsabili della comunità, che sa di vedere per l’ultima volta. E cosa dice loro? «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge». Questo è il lavoro del pastore: fare la veglia, vegliare su sé stesso e sul gregge. Il pastore deve vegliare, il parroco deve vegliare, fare la veglia, i presbiteri devono vegliare, i Vescovi, il Papa devono vegliare. Fare la veglia per custodire il gregge, e anche fare la veglia su sé stessi, esaminare la coscienza e vedere come si compie questo dovere di vegliare. «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio» (At 20,28): così dice San Paolo. Agli episcopi è chiesta la massima prossimità con il gregge, riscattato dal sangue prezioso di Cristo, e la prontezza nel difenderlo dai «lupi» (v. 29). I Vescovi devono essere vicinissimi al popolo per custodirlo, per difenderlo; non staccati dal popolo. Dopo aver affidato questo compito ai responsabili di Efeso, Paolo li mette nelle mani di Dio e li affida alla «parola della sua grazia» (v. 32), fermento di ogni crescita e cammino di santità nella Chiesa, invitandoli a lavorare con le proprie mani, come lui, per non essere di peso agli altri, a soccorrere i deboli e a sperimentare che «si è più beati nel dare che nel ricevere» (v. 35).
Cari fratelli e sorelle, chiediamo al Signore di rinnovare in noi l’amore per la Chiesa e per il deposito della fede che essa custodisce, e di renderci tutti corresponsabili nella custodia del gregge, sostenendo nella preghiera i pastori perché manifestino la fermezza e la tenerezza del Divino Pastore.

Publié dans:PAPA FRANCESCO UDIENZE |on 12 décembre, 2019 |Pas de commentaires »

San Francesco e il Presepio

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 9 décembre, 2019 |Pas de commentaires »

BENEDETTO XVI – UDIENZA GENERALE – preparazione al Natale 23.12.09

http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2009/documents/hf_ben-xvi_aud_20091223.html

BENEDETTO XVI – UDIENZA GENERALE – preparazione al Natale 23.12.09

Aula Paolo VI
Mercoledì, 23 dicembre 2009

Cari fratelli e sorelle,

con la Novena di Natale, che stiamo celebrando in questi giorni, la Chiesa ci invita a vivere in modo intenso e profondo la preparazione alla Nascita del Salvatore, ormai imminente. Il desiderio, che tutti portiamo nel cuore, è che la prossima festa del Natale ci doni, in mezzo all’attività frenetica dei nostri giorni, serena e profonda gioia per farci toccare con mano la bontà del nostro Dio e infonderci nuovo coraggio.
Per comprendere meglio il significato del Natale del Signore vorrei fare un breve cenno all’origine storica di questa solennità. Infatti, l’Anno liturgico della Chiesa non si è sviluppato inizialmente partendo dalla nascita di Cristo, ma dalla fede nella sua risurrezione. Perciò la festa più antica della cristianità non è il Natale, ma è la Pasqua; la risurrezione di Cristo fonda la fede cristiana, è alla base dell’annuncio del Vangelo e fa nascere la Chiesa. Quindi essere cristiani significa vivere in maniera pasquale, facendoci coinvolgere nel dinamismo che è originato dal Battesimo e che porta a morire al peccato per vivere con Dio (cfr Rm 6,4).
Il primo ad affermare con chiarezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma, nel suo commento al Libro del profeta Daniele, scritto verso il 204. Qualche esegeta nota, poi, che in quel giorno si celebrava la festa della Dedicazione del Tempio di Gerusalemme, istituita da Giuda Maccabeo nel 164 avanti Cristo. La coincidenza di date verrebbe allora a significare che con Gesù, apparso come luce di Dio nella notte, si realizza veramente la consacrazione del tempio, l’Avvento di Dio su questa terra.
Nella cristianità la festa del Natale ha assunto una forma definita nel IV secolo, quando essa prese il posto della festa romana del “Sol invictus”, il sole invincibile; si mise così in evidenza che la nascita di Cristo è la vittoria della vera luce sulle tenebre del male e del peccato. Tuttavia, la particolare e intensa atmosfera spirituale che circonda il Natale si è sviluppata nel Medioevo, grazie a san Francesco d’Assisi, che era profondamente innamorato dell’uomo Gesù, del Dio-con-noi. Il suo primo biografo, Tommaso da Celano, nella Vita seconda racconta che san Francesco «Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato a un seno umano» (Fonti Francescane, n. 199, p. 492). Da questa particolare devozione al mistero dell’Incarnazione ebbe origine la famosa celebrazione del Natale a Greccio. Essa, probabilmente, fu ispirata a san Francesco dal suo pellegrinaggio in Terra Santa e dal presepe di Santa Maria Maggiore in Roma. Ciò che animava il Poverello di Assisi era il desiderio di sperimentare in maniera concreta, viva e attuale l’umile grandezza dell’evento della nascita del Bambino Gesù e di comunicarne la gioia a tutti.
Nella prima biografia, Tommaso da Celano parla della notte del presepe di Greccio in un modo vivo e toccante, offrendo un contributo decisivo alla diffusione della tradizione natalizia più bella, quella del presepe. La notte di Greccio, infatti, ha ridonato alla cristianità l’intensità e la bellezza della festa del Natale, e ha educato il Popolo di Dio a coglierne il messaggio più autentico, il particolare calore, e ad amare ed adorare l’umanità di Cristo. Tale particolare approccio al Natale ha offerto alla fede cristiana una nuova dimensione. La Pasqua aveva concentrato l’attenzione sulla potenza di Dio che vince la morte, inaugura la vita nuova e insegna a sperare nel mondo che verrà. Con san Francesco e il suo presepe venivano messi in evidenza l’amore inerme di Dio, la sua umiltà e la sua benignità, che nell’Incarnazione del Verbo si manifesta agli uomini per insegnare un nuovo modo di vivere e di amare.
Il Celano racconta che, in quella notte di Natale, fu concessa a Francesco la grazia di una visione meravigliosa. Vide giacere immobile nella mangiatoia un piccolo bambino, che fu risvegliato dal sonno proprio dalla vicinanza di Francesco. E aggiunge: «Né questa visione discordava dai fatti perché, a opera della sua grazia che agiva per mezzo del suo santo servo Francesco, il fanciullo Gesù fu risuscitato nel cuore di molti, che l’avevano dimenticato, e fu impresso profondamente nella loro memoria amorosa» (Vita prima, op. cit., n. 86, p. 307). Questo quadro descrive con molta precisione quanto la fede viva e l’amore di Francesco per l’umanità di Cristo hanno trasmesso alla festa cristiana del Natale: la scoperta che Dio si rivela nelle tenere membra del Bambino Gesù. Grazie a san Francesco, il popolo cristiano ha potuto percepire che a Natale Dio è davvero diventato l’“Emmanuele”, il Dio-con-noi, dal quale non ci separa alcuna barriera e alcuna lontananza. In quel Bambino, Dio è diventato così prossimo a ciascuno di noi, così vicino, che possiamo dargli del tu e intrattenere con lui un rapporto confidenziale di profondo affetto, così come facciamo con un neonato.
In quel Bambino, infatti, si manifesta Dio-Amore: Dio viene senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare, per così dire, dall’esterno, ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà; Dio si fa Bambino inerme per vincere la superbia, la violenza, la brama di possesso dell’uomo. In Gesù Dio ha assunto questa condizione povera e disarmante per vincerci con l’amore e condurci alla nostra vera identità. Non dobbiamo dimenticare che il titolo più grande di Gesù Cristo è proprio quello di “Figlio”, Figlio di Dio; la dignità divina viene indicata con un termine, che prolunga il riferimento all’umile condizione della mangiatoia di Betlemme, pur corrispondendo in maniera unica alla sua divinità, che è la divinità del “Figlio”.
La sua condizione di Bambino ci indica, inoltre, come possiamo incontrare Dio e godere della Sua presenza. E’ alla luce del Natale che possiamo comprendere le parole di Gesù: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Chi non ha capito il mistero del Natale, non ha capito l’elemento decisivo dell’esistenza cristiana. Chi non accoglie Gesù con cuore di bambino, non può entrare nel regno dei cieli: questo è quanto Francesco ha voluto ricordare alla cristianità del suo tempo e di tutti tempi, fino ad oggi. Preghiamo il Padre perché conceda al nostro cuore quella semplicità che riconosce nel Bambino il Signore, proprio come fece Francesco a Greccio. Allora potrebbe succedere anche a noi quanto Tommaso da Celano – riferendosi all’esperienza dei pastori nella Notte Santa (cfr Lc 2,20) – racconta a proposito di quanti furono presenti all’evento di Greccio: “ciascuno se ne tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia” (Vita prima, op. cit., n. 86, p. 479).
E’ questo l’augurio che formulo con affetto a tutti voi, alle vostre famiglie e a quanti vi sono cari. Buon Natale a voi tutti!

 

Publié dans:NATALE 2019, PAPA BENEDETTO UDIENZE |on 9 décembre, 2019 |Pas de commentaires »

Immacolata Concezione

psolo

Publié dans:immagini sacre |on 6 décembre, 2019 |Pas de commentaires »

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE – 8 DICEMBRE

https://combonianum.org/2019/12/03/solennita-dellimmacolata-concezione/

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE – 8 DICEMBRE

Gen 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38:
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce

Immacolata concezione. A volte la si chiama, festa dell’Immacolata, con la scomparsa del sostantivo “concezione”. Con il conseguente diffuso fraintendimento di pensare che la festa abbia a che fare con la verginità di Maria. La festa ha a che fare con la concezione, con il giorno del concepimento, un giorno avvolto, non solo per Maria, ma anche per ciascuno di noi, da un mistero: parliamo di quando una creatura non è ancora nella consapevolezza di coloro che ancora ignari l’hanno concepita, e già vive nel grembo. Ancora sola nel pensiero di Dio.
Che ne sappiamo noi? Come poteremmo parlarne quasi non fosse un evento nascosto, non solo ai nostri occhi, ma alla nostra stessa comprensione? Penso alla madre e al padre di Maria – Anna e Gioachino secondo la tradizione – anche loro in quella notte ignari di un mistero che li avvolgeva nel loro concepire. Concepire quella figlia che avrebbero chiamato Miriam, Maria. Concepita, pensata Maria, come ognuno di noi, da Dio. E concepita, pensata, nella luce.
E come potrebbe Dio non pensarci nella luce? Dal primo istante nella luce. Penso che il problema diventi stare nella luce, stare nella luminosità di un disegno che è legato a filo stretto con ognuno di noi. Stare nella luminosità cui siamo destinati. Essere pensati è solo una grazia. Notizia buona è già che una creatura sia pensata, ma notizia buona, successiva, è che una creatura, Maria, per la fedeltà al disegno che la abita, diventi l’alba di un mondo nuovo.
Un grido aveva attraversato la storia. Per millenni e millenni l’aveva attraversata. Il grido appassionato di Dio dal giardino delle origini: “Adamo – o meglio – terrestre, dove sei?”. E ora una creatura, concepita come noi da uomo e da donna, al grido può rispondere: “Sono nella grazia, sono nel pensiero che tu, o Dio, hai avuto per me, sono nella tua terra di benedizione”.
Il grido, vi dicevo, ha attraversato e attraversa la terra: dove sei? Dove sei uomo, dove sei donna, dove sei umanità, dove sei terra? Dove sono io oggi? Sono io nel pensiero, nell’immagine che Dio ha avuto per me? O fuori? O lontano? È un grido che ci svela e ci rende coscienti del mistero di disarmonia che sfigura la nostra terra, storia della nostre dispersioni, dei nostri sconfinamenti, delle nostre fughe.
Dove sei? Un essere fuori luogo. Dove sei? Il nostro essere in fuga. E questa è la macchia – Maria è senza questa macchia – questo è il peccato, è essere in fuga o, se volete, essere nella diffidenza. Questo è il peccato originale, nel senso che è l’origine, cioè l’essenza vera di ogni peccato. Poi noi abbiamo dato importanza ad altre cose. Purtroppo. Ma l’origine, l’anima nera del peccato è la fuga, è la diffidenza. O, almeno, così è per la Bibbia.
Incominciando dalla fuga da Dio, dalla diffidenza su Dio. Quasi che Dio avesse un suo interesse, un suo interesse nascosto, nell’indicarci le sue vie e a spingerlo non fosse la passione per la nostra felicità. E il terrestre cede alla diffidenza. Quella suggerita dal “divisore”. “Dio non vi vuole come lui, per questo vi ha imposto di non mangiare dell’albero”. La diffidenza. E di conseguenza la fuga. E la distanza: “Terrestre dove sei?”.
E la diffidenza, il vero peccato, l’origine di ogni peccato, dilaga. E l’uomo diventa diffidente della donna e la donna dell’uomo. E l’uomo e la donna diffidenti della terra. E la terra diffidente di loro. E oggi siamo in grande peccato, siamo nell’indifferenza, ma, ancor più, nella diffidenza.
Siamo in crescita esponenziale della diffidenza. Siamo nella grande diffidenza. E la gente, noi tutti a dire: “Che brutto vivere! Dov’è la bellezza in un mondo dove siamo in fuga da Dio, dai vicini, dai lontani, dalla terra di tutti?”. E ciascuno a farsi isola, a farsi la sua terra, lontano.
Dove sei? Buona notizia un Dio che ci ha concepiti, pensati nella luce. E non desiste dal concepirci, dal pensarci così, nella luce. Dio, impenitente sognatore, riprende di nuovo il sogno. Nonostante la fuga, nonostante la diffidenza, nonostante gli sconfinamenti: l’angelo, il suo angelo, entra.
“Entrando da lei” è scritto nel racconto dell’annunciazione. Entra in una casa da niente. Entra da lei, entra nella storia di una giovane donna chiamata Miriam, una sconosciuta agli occhi dei grandi. È il miracolo di Dio, capite, un miracolo che precede ogni merito. Ti raggiunge che ancora stai per essere tessuta nel grembo. E, in un certo senso, è bello che il vangelo dell’Immacolata concezione si fermi qui, a dirci che Maria e ciascuno di noi, come ci ha ricordato Paolo nella lettera, è amato. Non per i suoi meriti. Pura grazia. Amato gratuitamente.
Ma il vangelo continua. Continua per dirci che cos’è la grazia – abbiamo ridotto a una cosa persino la grazia – per dirci che cos’è la grazia da parte di Dio e che cos’è la grazia da parte nostra. È il contrario della radice del peccato che è la diffidenza, il contrario della fuga, il rovescio della fuga. Dio non è in fuga – dice l’angelo – è con te: “Il Signore è con te”. Comunque. Per grazia. Non è un Dio diffidente. È un Dio che si consegna. E da parte degli umani? Che cosa è grazia, che cosa è vivere nella grazia? Al di là di tante elucubrazioni ed astruserie? È dire come Maria “eccomi”, il contrario della diffidenza, il contrario della fuga.
Questo ci rende senza macchia. Quella di Maria non è una immacolatezza avulsa dalla terra, distaccata, a mezz’aria. Questa è una brutta immagine della immacolatezza. Al contrario è dire “eccomi”, a Dio, a chi ci vive accanto, a chi è vicino e a chi è lontano. Alle case e alle città. Nei giorni buoni e in quelli difficili. Al mattino quando mi sveglio e nella notte quando vado a riposare: “Eccomi”. Come Maria.
Pensate alla bellezza di questa espressione, piccola, che è entrata anche nel gergo comune, quando diciamo: “eccoci, siamo qui”. E non è semplicemente dire eccomi “per le cose” che do, ma dire: ecco me. Ci sono per te, per voi, con quello che sono, con la mia anima e con il mio corpo, con i miei pensieri e con i miei sentimenti, con la mia passione, con quello che sono.
Che grazia trovare qualcuno che ti dice “eccomi”. È la grazia e la bellezza della terra, finalmente libera dalla diffidenza, dalla fuga, dalla paura.
E’ una benedizione: “Ci ha benedetti Dio”!

Don Angelo Casati
http://www.sullasoglia.it/

Paolo in catene

psolo e la mia paolo in catene

Publié dans:immagini sacre |on 5 décembre, 2019 |Pas de commentaires »
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