DALLA LETTERA DI SAN PAOLO APOSTOLO AGLI EFESÌNI -EF 4, 1-13 – RAGGIUNGERE LA MISURA DELLA PIENEZZA DI CRISTO.
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DALLA LETTERA DI SAN PAOLO APOSTOLO AGLI EFESÌNI -EF 4, 1-13 – RAGGIUNGERE LA MISURA DELLA PIENEZZA DI CRISTO.
Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose.
Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
Parola di Dio
Riflessione
Paolo si autodefinisce “prigioniero a motivo del Signore”… e sembra che ne sia pure molto fiero!!! A dire il vero non ha tutti i torti, perché lui non è schiavo di nessuno, la sua prigionia è accettata liberamente ed è stato lui stesso a consegnare la sua vita a Gesù. Quando siamo schiavi e prigionieri del mondo siamo veramente in prigione, mentre quando siamo prigionieri del Signore siamo veramente liberi.
E così Paolo, dopo questa presentazione un pochetto “particolare”, che a dire il vero non è molto promettente – non a tutti infatti verrebbe in mente di seguire i suoi consigli sapendo la fine che ha fatto lui: finire in prigione. Caro Paolo, non potevi iniziare la lettera in modo più soft?… Ad esempio: « Io, amico caro e speciale del Signore, vi esorto… ».
Comunque, nonostante l’inizio un po’ avventuroso, Paolo offre alcune indicazioni molto utili per vivere in pienezza il nostro battesimo, per uno stile di vita consono alla nostra vocazione: « Sforzati di presentarti davanti a Dio come un uomo degno di approvazione, un lavoratore che non ha di che vergognarsi, uno scrupoloso dispensatore della parola della verità » (2 Tim 2, 15).
Ognuno di noi è stato scelto da Dio e ognuno di noi ha l’onore di essere Suo figlio. Dunque, se vogliamo presentarci un giorno davanti a Lui « Santi e immacolati nell’amore », dobbiamo cercare di rigare diritto. Uno degli impegni più grandi di ogni vero cristiano, non è: fare, fare, fare… ma piuttosto « lasciarci fare », è pensare a quello che Dio ha fatto e continua a fare per noi, è guardare come ama Lui e non accontentarci di come non amiamo noi.
Per vivere bene alla presenza di Dio, Paolo elenca una serie di virtù che dovremmo coltivare nel giardino del nostro cuore: umiltà, magnanimità, dolcezza, pazienza e infine l’impegno per restare uniti. Non sono dunque ammissibili, l’orgoglio, la vanità, la pigrizia, la durezza, la maldicenza… tutte cose che minacciano l’unità della Chiesa portando discordia e divisione tra fratelli; così il disegno di Dio va in frantumi e non si rende a Lui una buona testimonianza.
Come ha detto Papa Francesco durante la Recita del Regina Cæli in Piazza San Pietro il 3/05/2015: “Ciascuno di noi è un tralcio dell’unica vite; e tutti insieme siamo chiamati a portare i frutti di questa comune appartenenza a Cristo e alla Chiesa. [...]Tutti, a seconda delle nostre vocazioni particolari, partecipiamo all’unica missione salvifica di Cristo ».
Ascoltiamo allora le parole di Gesù in Matteo 11, 29: « Imparate da me, che sono mite e umile di cuore ». Tutto ciò che siamo e che abbiamo, è un dono gratuito… impariamo allora a non sollevarci troppo da terra, a non cercare la gloria degli uomini, perché Gesù sa come farci scendere dal piedistallo, e a suo tempo lo farà… Impariamo ad accettare tutto ciò che ci capita senza lamentarci troppo, a sopportare le ingiustizie senza agitarci troppo e a portare “volentieri” – non sempre è facile – i pesi che gli altri ci scaraventano addosso. A questo punto può essere utile una semplice domanda: « Quanto mi sopporta Gesù? »… Me, TANTISSIMO!!! Allora anch’io devo sopportare gli altri!!!… « Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi » (Col 3, 12-13).
Chiediamo al buon Dio la fede e la forza di impegnarci a conservare l’unità dello Spirito con i fratelli, che Lui ci leghi con il vincolo della pace, che Lui ci renda attenti alla loro vita e i nostri rapporti siano veri e sinceri.
Molto spesso invece ci limitiamo a saluti e parole di convenienza… Ciao come va… Oh, mi dispiace… e adesso come farai… vedrai che tutto si sistemerà… Salutami tanto i tuoi… Io ti voglio bene anche se non ti chiamo… Io ti sono vicino… Se hai bisogno chiama… Terribile!!! Questa è pura indifferenza!!! La realtà è che siamo duri di cuore… Vediamo molto bene il nostro fratello in difficoltà, ma pretendiamo di sistemare la nostra coscienza con due parole caruccie e superficiali. Proviamo a riflettere su questo versetto (1 Cor 12, 26)… « Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui ».
Tutti noi siamo dei tasselli che, uniti insieme, formano il puzzle più bello del mondo… Ognuno di noi da un contributo alla crescita di questo puzzle. Ma se pensiamo di volerci sbarazzare di un pezzo che a noi sembra inutile, o che non ci piace, non porteremo mai a termine il lavoro per cui siamo stati chiamati da Dio… tutte le nostre buone intenzioni e fatiche rischiano di essere sterili, inutili, dannose…
Preghiamo ancora il buon Dio di purificare il nostro cuore per renderlo libero dal nostro « io », per renderlo aperto all’incontro con i fratelli, saremo così accolti nella gioia di Cristo risorto.
Vorrei concludere la mia povera riflessione con un pensiero di San Gregorio di Nissa preso “Dall’Omelia sul Cantico dei cantici”: “Gesù benedice i suoi discepoli, conferisce loro ogni potere e concede loro i suoi beni. Fra questi sono da includere anche le sante espressioni che egli rivolge al Padre. Ma fra tutte le parole che dice e le grazie che concede una ce n’è che è la maggiore di tutte e tutte le riassume. Ed è quella con cui Cristo ammonisce i suoi a trovarsi sempre uniti nelle soluzioni delle questioni e nelle valutazioni circa il bene da fare; a sentirsi un cuor solo e un’anima sola e a stimare questa unione l’unico e solo bene; a stringersi nell’unità dello Spirito con il vincolo della pace; a far un solo corpo e un solo spirito; a corrispondere a un’unica vocazione, animati da una medesima speranza”.
Pace e bene