III DOMENICA DI PASQUA (ANNO C) (05/05/2019)

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III DOMENICA DI PASQUA (ANNO C) (05/05/2019)

La pesca e Pietro
padre Gian Franco Scarpitta

I discepoli hanno appena trascorso una normalissima nottata di pesca che non si distingue dalle altre se non per un particolare: nonostante avessero gettato le reti e avessero atteso che si colmassero durante le ore notturne la pesca era stata infruttuosa. Cosa inverosimile per un tratto di mare pescosissimo come quello di Tiberiade, che offriva nella pesca forse la più grande risorsa economica per la popolazione. Pietro si era adoperato con tutti i mezzi del mestiere e non era certo alle prime armi sulla predisposizione della pesca: la sua esperienza e abilità avrebbero potuto fare in modo che almeno si conseguisse qualcosa. Invece nulla. Il lavoro era andato a vuoto, forse perché il vero pescatore doveva essere il Signore e non altri. Lui solo infatti, una volta identificatosi, indica il punto esatto nel quale la rete deve immergersi: la parte destra. Dopo aver gettato non senza perplessità nuovamente la rete nella zona indicata, avviene esattamente l’opposto di quanto prima avevano sperimentato: il quantitativo di pesce che recano le reti è abnorme e la rete rimane intatta, anche quando la si porta a riva dopo un percorso di cento metri poco o più. Qualsiasi operazione di pesca giunge a buon fine solo quando il vero pescatore è il Signore e del resto questo lo si evinceva anche a proposito di un’altra pesca, quella raccontata da Luca, che trasforma umili uomini di mare in « pescatori di uomini »(Lc 5, 1 – 11).
Ovviamente però si tratta di Gesù risorto che dona la vita a tutti e che coinvolge nella sua “rete” quanta più gente possibile, tutti coloro che a lui vogliono aderire e in lui vogliono sperare. La rete che non si infrange e non sdrucisce nonostante il grosso pescato che deve caricare è infatti la Chiesa, il mistero di salvezza attraverso la quale egli opera per la salvezza e la redenzione, che in forza dello Spirito non può decadere perché in essa lo stesso Gesù deve continuare ad adempiere la sua missione. La Chiesa purtroppo ha conosciuto parentesi oscure e non di rado ancora adesso non sempre brilla diafana del Signore risorto per l’incresciosità di determinati episodi; ciò nonostante resta l’unica istituzione di salvezza Sacramento del Risorto che raduna in sé la molteplicità dei pesci, cioè degli uomini di ogni nazione. Grandi o piccoli, di qualsiasi cultura o estrazione sociale, lontani o vicini, tutti gli uomini sono destinati ad essere “pescati” dal Signore in quella rete avvincente e infrangibile che non manca di coinvolgere tutti. La Chiesa è universale come Cristo in quanto Dio è eterno, universale e infinito e in quanto Uomo si configura con i nostri limiti senza farli propri.
E c’è di più: Gesù ha già cotto del pesce, manovra il fuoco per arrostirne altro di quello appena pescato e invita tutti a mangiare avendo provveduto perfino al pane. Gesù trasforma quell’occasione di pranzo nel dono che fa’ di se stesso ai suoi discepoli, come dimostra quel versetto giovanneo tanto somigliante ai racconti della Cena: « prese il pane e lo diede loro; così pure il pesce ». Distribuendo pane e pesce il Signore (così ormai viene riconosciuto dai suoi) offre se stesso e crea in quel banchetto comunione e gioia e questo diventa occasione per estinguere ogni perplessità sul caro Pietro, colpevole del precedente tradimento. Terminato il pasto, gli domanda infatti « Mi ami tu particolarmente, in modo speciale, più profondamente di costoro? » La triplice domanda verte a ristabilire rapporti infranti dalla vigliaccheria precedente di Pietro, i quali devono fondarsi sull’amore esclusivo verso Gesù. Effettivamente, che Pietro volesse bene a Gesù è consolidato, anche se il suo amore si limitava prima alla forma filantropica ed escludeva il fatto dell’opera della salvezza: la sua amicizia franca e sincera voleva impedirgli di recarsi a Gerusalemme per evitargli la morte di croce, voleva impedirgli di lavargli i piedi durante la Cena, si riprometteva di essergli sempre fedele amico nonostante il triplice famoso rinnegamento. Non era stato però un amore configurato nell’ottica della volontà del Padre, orientato cioè a interpretare in Gesù non solo l’amico carissimo di tutti i giorni, ma il Redentore e Salvatore che apporta la vita e la novità nel Regno. Ora Gesù richiama Pietro all’attenzione, soffermandosi sul fatto che il suo amore nei suoi confronti dev’ essere straordinario, atto anche all’eroismo alla particolare abnegazione al di sopra di tutti i suoi compagni. In forza di questo amore, Pietro dovrà confermare i fratelli nella fede, pascere il gregge di Cristo nella persona di pecore e di agnelli, cioè dei fratelli di ogni ordine e grado. A Pietro verrà affidata infatti la guida visibile dell’intera Istituzione di salvezza che comunque sarà invisibilmente guidata dallo stesso Cristo; lui dovrà farsi carico della comunione fra i fedeli e dell’evangelizzazione e dell’accoglienza di nuovi fratelli nella Chiesa. Pietro subirà volentieri il flagello e le percosse del sommo sacerdote e del Sinedrio pur di « obbedire a Dio e non agli uomini » parlando e operando nel nome di Gesù (I lettura) e testimoniando ciò che i suoi occhi hanno visto della sua morte e Resurrezione e prima ancora sul monte Tabor (2Pt 3, 16 – 18). Annuncerà con franchezza e coraggio che il Cristo che i Giudei avevano fatto morire graziando un assassino è l’autore della vita, del quale parlavano i profeti e le Scritture; dimostrerà che nel suo nome è possibile ancora operare prodigi come la guarigione di uno storpio mendicante; inviterà tutti alla conversione e al battesimo nel nome stesso di Gesù e anche quando verrà incarcerato sarà assistito e guidato dallo stesso Signore (At 2 – 4). Godrà insomma la munifica vicinanza del Cristo Risorto che appare nella vita ordinaria entrando nelle nostre case senza violare il nostro domicilio, sedendosi alla nostra tavola senza mangiare a sbafo e facendosi anzi egli stesso nostro pane di vita. E solo in Lui ogni cosa gli sarà possibile.

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