II Domenica di Avvento (Anno C) (09/12/2018)
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II Domenica di Avvento (Anno C) (09/12/2018)
mons. Roberto Brunelli
L’esordio del vangelo di oggi (Luca 3,1-6) ha il tono solenne degli annunci ufficiali: « Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto ».
Dunque, in un preciso anno da quando Tiberio era divenuto imperatore di Roma, in quella parte del suo impero di cui si elencano le « province » con i rispettivi governanti e le supreme autorità religiose, Giovanni Battista proclama l’imminente arrivo del Messia atteso da secoli. Di lui e della sua opera, l’evangelista Luca dà le coordinate storico-geografiche, precisando quando e dove egli si è manifestato: un modo per affermare che la figura del Messia – o, per dirlo con la più nota parola greca corrispondente, il Cristo – non è stato un frutto della fantasia, un mito: egli è venuto in un tempo e in un luogo precisi, a fare qualcosa di preciso che il seguito del vangelo si cura di esporre. Ma l’esordio dice anche altro: le autorità ricordate sono quasi tutte relative alla regione abitata dal popolo che del Cristo era in attesa; tuttavia, la citazione dell’imperatore di Roma e del suo rappresentante locale Ponzio Pilato colloca l’evento in un contesto più ampio, lo inserisce nella grande storia universale.
Gli ebrei ritenevano che il Messia sarebbe venuto solo per loro; il Battista afferma subito che non è così, e lo fa citando proprio uno dei protagonisti della storia ebraica, il profeta Isaia: « Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio ». Ogni uomo, non solo gli ebrei; ogni uomo, senza distinzione di razza, cultura, posizione nella scala sociale eccetera. Si afferma così subito, sin dagli inizi della vita pubblica di Gesù, il valore universale di quello che egli è venuto a compiere. Il suo avvento, in un luogo e un tempo precisi, ridonda a beneficio di tutti gli appartenenti alla specie umana, di ogni luogo e di ogni tempo. Ridonda, ma non come il sole o la pioggia che riguardano tutti, lo vogliano o no: i benefici della salvezza operata da Gesù non sono imposti, ma offerti, e dunque, per essere efficaci, ne richiedono l’accettazione, l’accoglienza. Dio rispetta la libertà che egli stesso ha conferito agli uomini, persino la libertà di rifiutarlo.
Quando qualcuno porta un regalo a un altro, se il destinatario non lo rifiuta deve almeno tendere le mani a riceverlo. Se l’ospite che si annuncia è gradito, quanto meno lo si accoglie in una casa pulita. Le mani tese a ricevere il dono di Dio, la pulizia della « casa » in cui accoglierlo sono espresse con una metafora desunta dall’ambiente palestinese. Riprendendo le parole del profeta Isaia, Giovanni Battista proclama: « Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! »
Il deserto che comincia appena fuori Gerusalemme e scende sino a Gerico e al Mar Morto è costituito da colline rocciose, che impongono a chi lo attraversa continue salite e discese e giravolte. Ebbene, quel deserto è la mente, è il cuore, è l’anima di chi vive senza Dio: per accoglierlo, occorre spianargli la strada. E per farlo, prosegue il sacro testo, occorre riempire i burroni (quali sono ad esempio i vuoti, le tante carenze della nostra umanità), abbassare monti e colli (la nostra superbia, ad esempio, o l’illusione di bastare a noi stessi, di potere far senza di lui), raddrizzare le vie tortuose (gli imbrogli, le menzogne, il ricorso a metodi subdoli per raggiungere i nostri scopi). Abbiamo imparato a costruire autostrade, diritte e veloci, con i ponti a « colmare » le valli e le gallerie a « spianare » i monti. Specie in questo tempo di Avvento, dedicato a ricordare che il Signore viene, Isaia e il Battista invitano a costruire autostrade anche dentro e intorno a noi.
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