Archive pour août, 2018

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – MARIA, LA CHIESA E LA SPERANZA

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ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – MARIA, LA CHIESA E LA SPERANZA

padre Gian Franco Scarpitta

La pagina dell’Apocalisse di cui alla Prima Lettura in realtà non si riferisce a Maria. La “donna vestita di sole “rappresenta infatti il popolo che è prediletto e sostenuto da Dio con il massimo dei suoi doni (il sole). Per volere dello stesso Dio Padre, dal popolo nascerà un Figlio destinato a regnare per sempre: il Cristo Messia. La “donna” è quindi la chiesa. Una certa lettura devozionale la identificava con Maria. Non possiamo comunque negare che la figura della chiesa è pur sempre collegata alla Madre del Signore, poiché nel popolo di Dio e nella comunità ecclesiale Maria riveste pur sempre un ruolo importantissimo. La madre del Dio Incarnato Gesù Cristo è infatti innanzitutto membro della chiesa, si configura con essa e di essa partecipa sotto tutti i punti di vista. Come prima discepola e prima redenta, Maria è anche modello della Chiesa e poiché la Chies stessa si realizza nella comunione di noi tutti con Cristo Capo di cui siamo membra, Maria è anche Madre nostra. Madre nostra perché in quanto battezzati noi siamo membra di Cristo, inopinatamente innestati in lui.
Tutto questo non fa di Maria una divinità o una donna esaltata all’eccesso, al contrario come si è già accennato prima ancora della Vergine vi è lo stesso Cristo e la sua Chiesa e Maria nulla toglie all’unica onnipotenza di Dio Padre che opera attraverso il Figlio nello Spirito Santo. In quanto Madre del Signore e collaboratrice all’opera della nostra salvezza, Maria assume tuttavia una posizione particolare, un culto da ravvisarsi al di sotto di Dio ma al di sopra di tutti i Santi (iperdoulia) per un ruolo particolare di intercessione a nostro vantaggio presso Gesù suo Figlio.
La Madre di Gesù inoltre non collabora all’opera di redenzione e di salvezza con la sola gestazione verginale, ma è sempre associata a Cristo suo Figlio nella continua lotta contro il maligno, partecipe sia pure implicitamente di ogni opera realizzata da Questi a vantaggio degli uomini, attenta alle vicende e alle ansie patite dal Cristo medesimo per la nostra salvezza. Come pure la si vede stremata e sofferente davanti alla croce sulla quale il suo Figlio sfioriva, secondo una ben nota espressione di Jacopone da Todi “Stabat Mater Dolorosa”. Nella continua opera di redenzione e di salvezza, seppure questa venisse operata esclusivamente da Gesù Cristo Verbo Incarnato, Maria non è mai stata spettatrice passiva, ma costantemente attenta, pronta e partecipe, soprattutto nella sua speciale opera di intercessione con la quale ci orienta verso il suo Figlio: “Fate quello che vi dirà”(Gv 2)
Dalla chiesa di cui è stata membro Maria ha appreso; nella Chiesa si è distinta e alla Chiesa ha sempre dato.
Anche per questo è necessario che Maria abbia ottenuto uno spessore di gloria e di innalzamento simile se non identico a quello del suo Figlio Gesù Cristo. Appunto perché sempre unita al Cristo in tutte le vicende che lo hanno interessato, Maria non poteva che essere Assunta al Cielo.
Prestiamo attenzione ad un particolare: non è “ascesa” al cielo quasi come si trattasse di una divinità dotata di autonomia decisionale. Questo possiamo dirlo del solo Signore Gesù Cristo che essendo Dio unitamente al Padre e al Figlio è asceso, ossia ha recuperato la pienezza della sua dimensione divina. Maria è pur sempre una creatura umana, ma ciò non le ha impedito che Dio la “assumesse” al cielo. E’ stata quindi assunta, cioè innalzata e recata alla gloria indescrivibile dell’eternità non soltanto nella sua anima immortale, ma anche nel suo corpo immacolato.
Eccoci allora alla solennità odierna dell’Assunzione: essa ci descrive come Maria è stata assunta in anima e corpo nella dimensione della gloria in modo tale che le sue membra non si dissolvessero fra la putredine della terra. La sua continua vicinanza al Figlio redentore e la sua perenne compartecipazione alla sua opera le hanno meritato la necessaria conseguenza che anche il suo corpo venisse preservato dalla corruzione e dalla senescienza terrena.
Nel VI secolo la cheisa ortodossa e in più parti anche il mondo cattolico orientale celebrava il 15 Agosto la festa della Dormitio Mariae, che esaltava la Vergine dormiente accerchiata dalla schiera degli apostoli che veniva poi sollevata e recata al cielo secondo differenti testimonianze tradizionali avallati anche da alcuni discorsi omiletici, non ultimo quello di Germano di Costantinopoli. La festa orientale della Dormitio divenne un po alla volta in Occidente Festa dell’Assunzione.
Nel 1950 Pio XII definiva Dogma di fede la presente Solennità, estinguendo ogni dubbio in ambito cattolico che Maria fosse davvero stata assunta al Cielo in anima e corpo, ma l’intervento autorevole del Magistero del pontefice nulla pregiudica alla fondatezza storica e teologica dell’evento.
Dio non sarebbe oltretutto davvero munifico e latore di doni e non avesse corrisposto alla Vergine il premio proporzionato alle sue fatiche e alla sua fedeltà e di conseguenza non poteva non concedere a Maria lo speciale privilegio di venire assunta.
La figura dell’Assunta ci incoraggia a perseverare camminando sulla terra con gli occhi volti verso al cielo, considerando che se il nostro impegno di testimonianza ci è richiesto in questo mondo, siamo pur sempre invitati a cercare le cose di lassù poiché la realtà di questo mondo è pur sempre destinata a pasare(Col 3, 1 – 2). Ci attende il compimento della speranza intermedia che è quella del Paradiso, dove vedremo Dio come egli è, configurandoci a lui in tutto e immedesimandoci in una dimensione ben differente da quella farraginosa e distorta quale quella del secolo presente. Maria si incoraggia quindi verso questa speranza che diventa certezza già adesso nel costante impegno di fedeltà al Signore.

Gv 6, 51, 58

imm paolo

Publié dans:immagini sacre |on 10 août, 2018 |Pas de commentaires »

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) IL PANE VIVO E LA VERITÀ

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XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) IL PANE VIVO E LA VERITÀ

padre Gian Franco Scarpitta

Il pane non è solamente alimento che nutre e che appaga la nostra fame fisica, ma si qualifica anche come elemento di forza e di determinazione. Ogni volta che se ne mangia si riacquista infatti vigore e necessaria tenacia, si recuperano le forze eventualmente disperse nel lavoro precedente e ci si immette nella novità delle varie iniziative. Il pane in un certo qual modo nei suoi enzimi e carboidrati dona un sostegno che va ben oltre la fame fisica. Il “pane vivo disceso dal cielo che è Gesù si presenta oggi come alimento di sostegno di forza per tutti e noi siamo incoraggiati a nutrircene appunto per vincere le nostre difficoltà e far fronte ai nostri problemi.
Agli scoraggiamenti siamo soggetti tutti quanti, qualsiasi attività svolgiamo e qualunque sia la nostra posizione. Anche le persone più coraggiose e solitamente determinate ed efficienti non di rado affrontano demoralizzanti esperienze di crisi e di abbattimento, soprattutto quando i risultati non sono proporzionati alle fatiche e quando i meriti sono ricambiati con umiliazioni e deprezzamenti. In casi come questi ci si deprime e si vorrebbe farla finita e piantare tutto in asso.
Se tuttavia lo scoramento sorprende tutti, coloro che sono depositari del mandato della Parola del Signore ne sono maggiormente esposti. Vescovi, sacerdoti, operatori pastorali e missionari impegnati nell’annuncio del Verbo di Dio subiscono infatti non poche contrarietà e opposizioni nel loro servizio e ben pochi sono convinti di quanto sia necessario che vadano sostenuti e incoraggiati costantemente. Un’espressione o una parola di conforto è sempre risolutiva perché il nostro ministero sia qualitativamente proficuo e produttivo; il sostegno dei parrocchiani contribuisce non poco a rianimare il sacerdote nelle immancabili occasioni di sconforto e di insuccesso pastorale. La preghiera e l’assistenza spirituale contribuisce poi ulteriormente ad eludere le tentazioni alla resa e i sentimenti di sconfitta e lo Spirito Santo, quando pregato con fede viva e profonda, non manca mai di recuperarci nella parresia apostolica e nello slancio missionario. Quando ci si scoraggia è sempre di ausilio una sola parola di conforto da parte degli altri, ma non si deve abbandonare la fiducia risoluta in Dio. Così il Signore sostiene Elia quando questi, dopo essere sfuggito all’ira della regina Gezabele per aver ucciso oltre 450 profeti di Baal, si abbandona allo sconforto, si contrista per non aver ottenuto meritate ricompense per il suo successo e viene catturato dalla sfiducia e dall’abbattimento. Dice infatti: “Signore, prendi la mia vita perché io non sono migliore dei miei padri.” Dio risponde semplicemente rifocillandolo e il pane con cui lo nutre gli ricupera la forza fisica, morale e spirituale. Riacquista cioè serenità e fiducia in se stesso quanto basta per poter andare avanti nel cammino. Nel pane materiale di cui il profeta si nutre vi è anche l’alimento di sostegno del Signore, il costitutivo del coraggio e della perseveranza, l’imput ad andare oltre e a perseverare. Il pane vivo che da’ forza e vigore a chi lo assume con fede.
La scorsa Domenica riflettevamo su come Cristo stesso sia il “pane vivo disceso dal cielo” e mangiare di lui è appunto occasione per vincere ogni forma di scoramento e di abbattimento. Gesù ci sostiene nella lotta e nelle prova è sempre con noi e nell’Eucarestia ci si propone come farmaco di immoralità e alimento di costanza e di fortezza.
Come Elia fu nutrito dal pane che Dio gli provvide, così noi siamo nutriti e sostenuti da Gesù pane vivo disceso dal cielo.Non è possibile però dissociare il pane dalla Parola, come del resto abbiamo evinto nelle liturgie precedenti: il popolo di oltre cinquemila persone che venne sfamato sull’erba del prato era stato innanzitutto affascinato dalla parola divina che scaturiva dalle labbra di Gesù: si era nutrito della Parola ed era stato saziato con il pane materiale, indicando entrambe le cose che Gesù Cristo è sia l’una che l’altro. Gesù è il vero pane perché è la Parola Incarnata di verità e la fede ci invita ad immedesimarci in ambedue gli aspetti che ci vengono proposti. “Nessuno viene a me se non lo attira il Padre”, poiché chi possiede il Figlio possiede anche il Padre e Gesù è di fatto il Figlio di Dio fatto uomo, la sua Parola che si è incarnata. E che si è fatta nostro alimento. Mi sovviene una battuta spiritosa in un vecchio film di Totò, nel quale in una manifestazione di protesta gli scioperanti invocavano “pane e lavoro”. Totò disse: “Mah io mi accontenterei solo del pane.” In realtà come non si può dissociare il pane dal lavoro, così non è ammissibile disgiungere il pane vivo disceso dal Cielo dalla Parola che esso stesso contiene e ci comunica e per ciò stesso dalla verità. Del resto è pur vero che nell’esperienza eucaristica siamo introdotti per mezzo del Figlio alla comunione con il Padre nello Spirito Santo. Il pane vivo ci dischiude l’accesso al Padre, unico che possa farci conoscere il Figlio e questi nella comunione con lui ci fa dimorare. Alimentarci del pane eucaristico è quindi anche preambolo di piena in Dio, soprattutto nel Dio della comunione trinitaria Padre, Figlio e Spirito alla quale per l’appunto siamo costantemente invitati. La stessa comunione che si dispiega di conseguenza nei confronti dei fratelli e di tutti perché la nostra adesione sia davvero efficiente.
Nutriamoci del pane che è Gesù ma poniamoci innanzitutto in ascolto di lui facendo nostro il suo messaggio vitale, affinché il nutrimento che da questo pane traiamo possa essere apportatore di costanza e di coraggio in tutte le prove della vita. Gesù infatti ci accompagna e ci sostiene quale alimento che si dona per noi, ma anche come Verbo attraverso il quale nello Spirito Santo si approda ai lidi certi della vita piena.

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 10 août, 2018 |Pas de commentaires »

Gv 6, 24-35

imm paolo

Publié dans:immagini sacre |on 3 août, 2018 |Pas de commentaires »

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – IL PANE DAL CIELO, CIBO PER LA NOSTRA VITA TERRENA

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XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – IL PANE DAL CIELO, CIBO PER LA NOSTRA VITA TERRENA

padre Antonio Rungi

La diciottesima domenica del tempo ordinario ci ripresenta il tema del pane eucaristico, con il duplice riferimento ad esso nella prima lettura, tratta dal Libro dell’Esodo, in cui è raccontato il miracolo della mamma piovuta dal cielo, e nel vangelo di Giovanni, con il noto capitolo sesto sul pane della vita, nuovamente viene presentata alla nostra riflessione il cibo che dura per la vita eterna.
Il ritorno su questo tema da parte della liturgia della parola di Dio è giustificato dal fatto che noi effettivamente abbiamo bisogno del doppio cibo, quello materiale che ci sostiene nel cammino della vita terrena e quello spirituale che ci accompagna nel pellegrinaggio verso la terra promessa. E questa è la santissima eucaristia. Partendo dalla pima lettura che ci racconta la lunga traversata del deserto da parte del popolo eletto, durata 40 anni, che chiaramente creò non pochi problemi di sopravvivenza per il consistente gruppo di israeliti che si diressero verso la terra promessa che il Signore aveva indicato a Mosè. In questo sofferto pellegrinaggio verso la liberta successe che “nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne”.
Le lamentele erano così forti che “gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Il prezzo della libertà è svenduto per un pezzo di pane e di carne. E’ la storia di sempre dell’uomo che pensa solo allo stomaco e non alla mente ed al cuore. La libertà non a prezzo e per essa si deve anche morire. Quanti esempi dai primi martiri del cristianesimo fino ad oggi che per la libertà religiosa o semplicemente di pensiero sono state sacrificate vittime innocenti e ancora oggi si sacrificano per questo valore non contrattabile della libertà. Ebbene, in questa nuova situazione di emergenza alimentare e biologica, “il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: “Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio”».
Le promesse di Dio si attuano e vanno sempre in porto, quelle degli uomini non approdano quasi mai al risultato finale. E, infatti, quello che è successo è scritto nel testo di oggi dell’Esodo: “La sera le quaglie salirono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos’è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo».
Nonostante le lamentele e l’ingratitudine dell’uomo, Dio lo ricompensa sempre con amore. E’ la storia di sempre di un’umanità infedele e irriconoscente verso Dio e di un Dio immensamente attento alle necessità dell’uomo.
Stesso scenario nel Vangelo di questa domenica che è la prosecuzione del brano di domenica scorsa, in cui Gesù fa notare alle persone che lo cercano, ovunque egli si trovi, “non perché avevano visto dei segni, ma perché avevano mangiato di quei pani e si erano saziati”. E’ una ricerca interessata e motivata dai vuoti dello stomaco e non del cuore e della fede in Dio. Da qui il preciso monito del Maestro: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”.
Scontata la domanda da parte della gente nei confronti di Gesù: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Evidentemente la fede in loro non c’era se cercano ancora altri segni. Non sono bastati i segni che finora Gesù aveva compiuto. Ecco che allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Il richiamo alla manna ricevuta in dono da Dio durante il cammino verso la terra promessa è riconosciuta con miracolo, come segno divino, perciò obiettano a Gesù, Lui cosa fa per far credere e suscitare la fede. Gesù risponde con queste parole: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Di fronte ad una sicurezza del genere, la chiesta della gente è lapidaria: «Signore, dacci sempre questo pane». Al che Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Ecco la grandezza del nostro Dio: Egli è la piena soddisfazione dei bisogni veri dell’uomo, perché Dio riempie il nostro cuore, al punto tale che ci sentiamo in obbligo di rispondere a questo amore generoso con una vita degna di essere definita cristiana, come ci ricorda l’Apostolo Paolo nel brano della Lettera agli Efesini di oggi: “Fratelli, vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri, come pure di abbandonare la condotta di prima, quella l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli. Bisogna invece rinnovarsi nello spirito e nel modo di pensare, al fine di “rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità”. E’ quello che chiediamo al Signore mediante la preghiera: “O Dio, che affidi al lavoro dell’uomo le immense risorse del creato, fa’ che non manchi mai il pane sulla mensa di ciascuno dei tuoi figli, e risveglia in noi il desiderio della tua parola, perché possiamo saziare la fame di verità che hai posto nel nostro cuore”.

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