Archive pour août, 2018

interno dell’Abazia di Pomposa, Ferrara

imm paolo Interno della Abbazia di Pomposa

Publié dans:immagini sacre |on 22 août, 2018 |Pas de commentaires »

BENEDETTO XVI – SALMO 115, RENDIMENTO DI GRAZIE NEL TEMPIO

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BENEDETTO XVI – SALMO 115, RENDIMENTO DI GRAZIE NEL TEMPIO

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 25 maggio 2005

Primi Vespri – Domenica 3a settimana

1. Il Salmo 115 col quale abbiamo ora pregato è stato sempre in uso nella tradizione cristiana, a partire da san Paolo che, citandone l’avvio nella traduzione greca della Settanta, così scrive ai cristiani di Corinto: «Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo» (2Cor 4,13).
L’Apostolo si sente in spirituale accordo col Salmista nella serena fiducia e nella sincera testimonianza, nonostante le sofferenze e debolezze umane. Scrivendo ai Romani, Paolo riprenderà il v. 2 del Salmo e delineerà un contrasto tra il Dio fedele e l’uomo incoerente: «Resti fermo che Dio è verace e ogni uomo mentitore» (Rm 3,4).
La tradizione successiva trasformerà questo canto in una celebrazione del martirio (cfr Origene, Esortazione al martirio, 18: Testi di Spiritualità, Milano 1985, pp. 127-129) a causa dell’affermazione della «morte preziosa dei fedeli» (cfr Sal 115,15). Oppure ne farà un testo eucaristico in considerazione del riferimento al «calice della salvezza» che il Salmista eleva invocando il nome del Signore (cfr v. 13). Questo calice è identificato dalla tradizione cristiana col «calice della benedizione» (cfr 1Cor 10,16), col «calice della nuova alleanza» (cfr 1Cor 11,25; Lc 22,20): sono espressioni che nel Nuovo Testamento rimandano appunto all’Eucaristia.
2. Il Salmo 115 nell’originale ebraico costituisce un’unica composizione col Salmo precedente, il 114. Ambedue costituiscono un ringraziamento unitario, rivolto al Signore che libera dall’incubo della morte.
Nel nostro testo affiora la memoria di un passato angoscioso: l’orante ha tenuta alta la fiaccola della fede, anche quando sulle sue labbra affiorava l’amarezza della disperazione e dell’infelicità (cfr Sal 115,10). Attorno, infatti, si levava come una cortina gelida di odio e di inganno, perché il prossimo si manifestava falso e infedele (cfr v. 11). La supplica, però, ora si trasforma in gratitudine perché il Signore ha sollevato il suo fedele dal gorgo oscuro della menzogna (cfr v. 12).
L’orante si dispone, perciò, ad offrire un sacrificio di ringraziamento, nel quale si berrà al calice rituale, la coppa della libagione sacra che è segno di riconoscenza per la liberazione (cfr v. 13). È quindi la Liturgia la sede privilegiata in cui innalzare la lode grata al Dio salvatore.
3. Infatti si fa cenno esplicito, oltre che al rito sacrificale, anche all’assemblea di «tutto il popolo», davanti al quale l’orante scioglie il voto e testimonia la propria fede (cfr v. 14). Sarà in questa circostanza che egli renderà pubblico il suo ringraziamento, ben sapendo che, anche quando incombe la morte, il Signore è chino su di lui con amore. Dio non è indifferente al dramma della sua creatura, ma spezza le sue catene (cfr v. 16).
L’orante salvato dalla morte si sente «servo» del Signore, «figlio della sua ancella» (ibidem), una bella espressione orientale per indicare chi è nato nella stessa casa del padrone. Il Salmista professa umilmente e con gioia la sua appartenenza alla casa di Dio, alla famiglia delle creature unite a lui nell’amore e nella fedeltà.
4. Il Salmo, sempre attraverso le parole dell’orante, finisce evocando di nuovo il rito di ringraziamento che sarà celebrato nella cornice del tempio (cfr vv. 17-19). La sua preghiera si collocherà così in ambito comunitario. La sua vicenda personale è narrata perché sia per tutti di stimolo a credere e ad amare il Signore. Sullo sfondo, pertanto, possiamo scorgere l’intero popolo di Dio mentre ringrazia il Signore della vita, il quale non abbandona il giusto nel grembo oscuro del dolore e della morte, ma lo guida alla speranza e alla vita.
5. Concludiamo la nostra riflessione affidandoci alle parole di san Basilio Magno che, nell’Omelia sul Salmo 115, così commenta la domanda e la risposta presenti nel Salmo: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza. Il Salmista ha compreso i moltissimi doni ricevuti da Dio: dal non essere è stato condotto all’essere, è stato plasmato dalla terra e dotato di ragione… ha poi scorto l’economia di salvezza a favore del genere umano, riconoscendo che il Signore ha dato se stesso in redenzione al posto di tutti noi; e rimane incerto, cercando fra tutte le cose che gli appartengono, quale dono possa mai trovare che sia degno del Signore. Che cosa dunque renderò al Signore? Non sacrifici, né olocausti… ma tutta la mia stessa vita. Per questo dice: Alzerò il calice della salvezza, chiamando calice il patire nel combattimento spirituale, il resistere al peccato sino alla morte. Ciò che, del resto, insegnò il nostro Salvatore nel Vangelo: Padre, se è possibile, passi da me questo calice; e di nuovo ai discepoli: potete bere il calice che io berrò?, significando chiaramente la morte che accoglieva per la salvezza del mondo» (PG XXX, 109).

Dahlia Buds

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Publié dans:immagini varie |on 20 août, 2018 |Pas de commentaires »

LA PRESENZA DI DIO

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LA PRESENZA DI DIO

Orsù, misero mortale,
fuggi via per breve tempo dalle tue occupazioni,
lascia per un po’ i tuoi pensieri tumultuosi.
Allontana in questo momento i gravi affanni
e metti da parte le tue faticose attività.
Attendi un poco a Dio e riposa in Lui.
(S. Anselmo di Aosta, vescovo)

Dentro di te trovi Dio
Non cercarlo altrove, dentro di te trovi Dio. Non nel denaro, né nel sesso e neppure nel potere, ma dentro di te Egli dimora. Così lo ha cercato Agostino d’Ippona e lo ha trovato e si è convertito.
Mi sono esercitato a creare attorno a me il silenzio e il deserto e così ora posso dedicarmi a Dio, presente in me.
Presentarmi a Dio che vive in me è un esercizio che ha bisogno dell’aiuto dello Spirito Santo, infatti è un incontro personale con Colui che abita in me, come sua scelta d’amore. È vero che Egli è presente ovunque, in ogni tempo e in ogni luogo, ma tu cercalo dentro di te perché Egli ha piantato la sua tenda nel tuo cuore. Lì sei atteso, lì è tutto per te.
Mettersi alla presenza di Dio è dunque l’atto più divino e divinizzante che io possa fare. Mi metto infatti in diretto contatto con Dio, l’Eterno, il Creatore, il Padre che Gesù ci ha donato. Tutto ciò è possibile perché questo mio corpo mortale è il tempio dello Spirito Santo che ha preso dimora in me.Quando non sai pregare, quando stai attraversando il Mar Rosso, se ti senti colpito a morte o se attraversi un deserto infuocato, sia che tu ti ribelli contro tutto e contro tutti , sia che tu abbia perduto ogni energia e ogni speranza e che ti senta completamente smarrito, fa’, ti prego, questo piccolo esercizio: « Eccomi, sono qui, Signore! Io davanti a Te, alla tua presenza e non so fare altro ». E resta lì, in ginocchio o seduto, in chiesa o in casa. Se ti senti di farlo, piangi e grida forte dentro di te, tutta la tua disperazione e il tuo bisogno di liberà.
Allora abbassa la voce e quasi bisbigliando rivolgiti a Dio e digli: Padre mio sono qui nelle tue mani, proprio come ha fatto Gesù in croce.
Ma anche se tutto va a gonfie vele per te, se sei in pace con tutti e con tutto, se stai sollevandoti da terra pieno di gioia e di fervore, ti prego, scendi giù, entra nel profondo del tuo piccolissimo io, e prova ripetere: « Sono qui, Signore, qui davanti a te, io e tu, perché non so fare altro ».
E resta lì. Testa a testa con Lui, le mani tue nelle mani sue e il cuore aperto l’uno all’altro, mentre nello Spirito Santo ti sarà dato di ripetere: Ancora, ancora!
Con l’orazione della presenza io ho aperto la porta al Signore che bussa. Ora Egli entra in casa tua. Il tuo impegno sarà quello di tenergli compagnia: questa è la strada della santità, aperta a tutte le categorie degli uomini,, nessuna esclusa, come insegna San Francesco di Sales.

Benedetto sei tu, Signore
Ascolta il mio canto, Gesù, tu che sei qui con me, tu Signore mio e Dio mio. Il mio cuore batte quando Tu mi pensi e Tu mi pensi sempre.
Ti amo perché Tu mi ami e in me Tu ami coloro che io amo. Dentro e fuori di me, sempre Tu, con la tua grande e amorosa presenza.
Sono contento di Te, mio Gesù. Meglio non potevi fare. Ti sento e Ti respiro, profondamente. Sei di casa, più che non lo sia io stesso. In tutti i risvolti dell’anima mia, sei presente, e con molta discrezione. Non ho segreti per Te. Quanto è mio, è già Tuo.
Benedetto sei Tu, Signore!
Ascolta sempre questa piccola melodia che le ,ie labbra ti cantano. Non sono io, sai ma il tuo Santo Spirito in me.
Io e Tu, insieme, per una presenza amorosa mia e Tua, di fronte al Padre e ai fratelli.
Fa’ che io possa contemplare il tuo volto e Tu in me presentati ai miei fratelli. Perché non vedano me, ma Te, Gesù, ricco di misericordia, di grazia,di affetto e di consolazione. Attirali a Te.
Benedetto sei Tu, Signore!
Ecco, io continuo a cantare. vita mia, anima mia, cuore mio benedite il Signore, perché è Lui che mi sostiene e mi dà gioia. Benedetto il mio Dio, il mio Gesù, che compie in ne quanto gli piace, mentre io poveretto mi distraggo e dormo.
Vieni, Signore. Ti riservo il primo posto nei miei sensi spirituali: Te voglio vedere, toccare, voglio sentire la Tua voce. Ecco, ora Ti metto al centro di tutto me stesso, Ti metto là dove risiede il mio io più profondo e più caro, nel mio cuore, là dove io amo e mi dono senza riserve.
Benedetto sei Tu, Signore!
Sto cantando ancora e nessuno se ne accorge. Ho eliminato ogni ragionamento, ogni preghiera. Tu a tavola con me e io con Te. Sento il profumo della Tua presenza. Tu solo mi interessi, Gesù.
Benedetto sei Tu, Signore!

Amami, sorella mia, mia amica,
mia colomba, perfetta mia
(Ct 5,2).

Gesù: Aprimi, aprimi, sorella mia e figlia, nella quale mi sono compiaciuto.
L’anima: Vieni, entra, Signore Gesù, mio tutto. Entra, la porta è spalancata. Lo Spirito Santo mi ha preparato per Te, per questa Tua meravigliosa presenza. Non fa bisogno che Te lo dica: Sei in casa Tua.
La Tua presenza, Gesù! Con Te, nella potenza amorosa dello Spirito che mi ha fatto nuovo, mi rivolgo al Padre e Gli dico: Abbà, Papà! Con Te, Gesù, per Te e in Te, tutto il mio amore, tutto l’onore, tutta la gloria a Dio Padre nostro. Egli mi ama di un amore infinito, ancor prima della creazione mi ha amato, e Tu ne sei il pegno. Mi ha creato a tua immagine. Mi tiene in vita per l’amore e la compassione che tu hai verso di me.
Scusami, Gesù, se ho osato affermare che io Ti ho aperto la porta. Nel Tuo Spirito ho potuto farlo, e nel Tuo Spirito Ti ho accolto come mio Signore, e nel Tuo Spirito sono consapevole che Tu sei presente in me. Per questo stesso Tuo Spirito io Ti conosco, Ti sento, Ti possiedo, Ti amo e offro Te ai miei fratelli.
Mio caro, Perché mi dici « aprimi » quando a porte chiuse Tu entri? SI. Maranatha! Vieni, Signore!
Gesù:Aprimi, sorella mia e sposa, mia amica, mia colomba, perfetta mia, aprimi. Consegnami la chiave di ogni tuo segreto, di ogni tuo desiderio.
L’anima: La mia porta è spalancata, amore mio e sposo, ogni accesso ai miei sensi è aperto a Te, la mia mente, la mia volontà tutto è Tuo, e il mio cuore ancora di più. Qui dentro Tu mi troverai sempre: ho deciso di non evadere più.
Al centro della mia vita, nel pieno possesso della mia libertà, e nel vuoto più metto Te amico e Signore mio, fratello e sposo, roccia e canto, dimora e presenza. Io e Tu, ed è già tutto, ed è già sempre!

Alcuni appunti sulla presenza
La presenza si attua con un semplice sguardo di fede, un fissare gli occhi su Gesù, proprio come diceva al suo santo Curato il contadino di Ars, in preghiera davanti al tabernacolo: « Io lo guardo ed egli mi guarda ». (cfr. CCC 2715).
La presenza diventa contemplazione quando uno intreccia « una relazione viva e personale » con Dio che è vivo e vero. Io corro da Lui e mi metto davanti a Lui, il mio Dio che è sempre presente nel profondo del mio cuore, e così non devo cercare tanto. Sempre nelle nella fede e nell’amore, doni dello Spirito.
Dunque l’appuntamento per una sincera e profonda relazione a tu per tu con Dio esige che ci mettiamo alla sua presenza. (cfr. CCC 2558). Così esercitati, ovunque tu sia, in macchina, al mercato, al lavoro o in casa.
Entrare nell’orazione di una semplice presenza vuoi dire portarci al centre del nostro cuore, là dove ha preso dimora Colui che amiamo. Concentro la mente, la volontà e tutto il mio essere, faccio scendere tutto me stesso verso il mio cuore, dove lo Spirito Santo ha allestito la sua tenda, Cielo dei Cieli, dimora della SS. Trinità.
Per i doni della fede, dell’amore e della sicura certezza noi possiamo entrare alla presenza di Dio, per consegnarci totalmente a Lui (cfr. CCC 2711). Allora dirò: Il mio cuore è pronto per Te, per Te o mia Trinità beata.
La Bibbia ci dice chiaramente che la presenza e l’intimità costituiscono la caratteristica essenziale dell’alleanza di Dio con il suo popolo. E, con l’Incarnazione del Verbo nel grembo di Maria, ecco la novità perfetta: La Presenza e l’intimità di Dio diventa personale e sensibile. (cfr. Gv 1,14).
Gesù, nostro Dio e nostro Tutto, è sempre presente in persona nei Sacramenti e per mezzo di essi Egli, in modo inspiegabile, misterioso ma reale, ci dona la vera vita.
Nella Eucaristia Egli è presente con un rapporto bello e perfetto, grazie al quale, noi resi concorporei e partecipi della sua vita, diventiamo sue membra e cosa sua.
La presenza di Gesù nel Tabernacolo è vera, reale, sostanziale, e noi lo crediano fermamente non per i sensi ma per la fede e lo adoriamo con amore e stupore, con desiderio e abbandono in Lui, sia che ci troviamo nella gioia o nel dolore.
Questa casa, che sono io, mente, cuore, corpo, l’ha costruita Lui stesso, per sé e non ostante tutto prima di entrare Egli bussa e mi porge la sua proposta: « Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me » (Ap 3,20).

D. Timoteo MUNARI sdb

Publié dans:MEDITAZIONI |on 20 août, 2018 |Pas de commentaires »

L’ultima cena

imm paolo h_Bloch

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 17 août, 2018 |Pas de commentaires »

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B) – EUCARESTIA ESISTENZIALE

https://combonianum.org/2018/08/16/prepararsi-alla-xx-domenica-tempo-ordinario-b/

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B) – EUCARESTIA ESISTENZIALE

Commento di Don Antonio Savone

Aveva offerto un pane grazie quale tutti avrebbero avuto modo di saziarsi, visto che ne era avanzato ed era stato raccolto anche per chi non c’era. Avrebbero dovuto capire che nel pane di cui si erano saziati in abbondanza, c’era rimando ad altro. Almeno così sperava Gesù. E invece si assiste ancora una volta ad un crescendo di incomprensione e fraintendimento che si consumerà con l’abbandono persino da parte di alcuni discepoli.
Incapaci di leggere il reale così come accade sotto i loro occhi, diventano figura di chi è privo di sapienza: non sono in grado di leggere “il senso che abita le cose e la vita” (Casati). E loro non si riconoscono certo inesperti. Anzi: tutt’altro. Loro sanno: conosciamo…, avevano affermato. Ma non sono in grado di riconoscere che la Sapienza abbia potuto mettere la sua casa tra le case degli uomini e inviti dai crocicchi delle strade.
E così si ritrovano a discutere aspramente fra di loro non solo perché Gesù ha la pretesa di essere il pane vivo disceso dal cielo (pane vivo era la Legge data da Dio a Mosè, norma e fondamento della fede di Israele) ma addirittura di voler dare la sua carne da mangiare per la vita del mondo. Li spaventa la sproporzione: lui, uomo circoscritto, pane per la vita di un popolo. L’umile ordinarietà della sua persona di fronte alle grandi attese della storia: sproporzionato… non può reggere agli occhi dell’umana sapienza di chi tutto misura secondo le leggi ferree del calcolo, dei canoni di potenza e di efficienza.
Passi che Dio possa essersi incarnato ma che venga vita da ciò che per eccellenza ha a che fare con il limite – il corpo, appunto – questo proprio no. Ci si scandalizza di un Dio così che ha la pretesa di soddisfare la nostra fame di senso, di vita mediante un uomo che condivide la mia stessa povertà e la mia caducità. E così fa capolino la pretesa di segni altri che accompagnerà non solo la vicenda di Gesù ma ogni generazione di credenti.
La manna, tutto sommato, aveva ancora del prodigioso perché non era riconducibile a qualcosa di risaputo – tanto è vero che essa restava un punto di domanda: man hu, “che cos’è?” – e perciò poteva essere letta come un segno affidabile di un Dio che si prendeva cura del suo popolo nel deserto. Ma quell’uomo che avevano dinanzi cos’aveva di tanto diverso? Sapevano persino da dove veniva, chi erano i suoi: il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia (Gv 7,27).
Eppure, stando alle parole di Gesù, pare proprio non ci sia alternativa: Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Non basta condividere il suo pensiero: è necessario condividere il suo destino. E qui non possiamo non confessare la nostra insipienza mentre ci illudiamo di essere esperti nel mestiere di vivere. Non abbiamo il codice per comprendere che la vita si guadagna donandola, si ottiene spendendola, si conquista affidandola.
La sfida è radicale: stare nel mondo perseguendo la logica di quelle religioni – sacre o civili, poco importa – che si presentano come unica alternativa, proponendo una fuga da questo mondo verso un paradiso altro o accettando questa storia riconosciuta e assunta come luogo nel quale esprimere un diverso modo di essere e di stare?
Mangiare la carne del Figlio dell’uomo: entrare in sintonia e in comunione con la stessa esistenza del Figlio Gesù fino a diventare una cosa sola con lui. Il mangiare, infatti, dice il fondersi di due realtà che finiscono per diventare una sola. Il senso della vita – vita eterna – è dischiuso già qui, già ora per chi accetta di stare nella vita facendosi pane spezzato per altri.
Bere il sangue: diventare capaci di entrare in un atteggiamento di dono di sé anche a prezzo della vita. La prospettiva non è quella di una morte cruenta ma dell’umile testimonianza di chi mette a disposizione tutto di sé nei confronti di chi ha bisogno di essere amato.
Entrare in comunione con il Signore Gesù significa smettere di rimanere in un uso egocentrico dell’esistenza fino a proiettare la persona fuori di sé. Che cos’hai di tuo che non hai ricevuto? dirà Paolo. La vita: un continuo restituire quanto per grazia ci è stato partecipato.
Stare nella storia come il figlio, tutti accogliendo e custodendo, nessuno ricacciando. Consapevoli che il frammento della mia umana avventura, la cifra della mia umana avventura, può riscattare la fame di tanti.
Sappiamo, tuttavia, come nel corso della storia abbiamo finito per sminuire il senso delle parole di Gesù le quali non si fermano al piano rituale: esse invitano a fare eucaristia nel quotidiano con l’atteggiamento benevolo, il gesto gentile, il sorriso incoraggiante, la mano tesa.
Quando alla vigilia della passione ripeterà: fate questo in memoria di me, il questo non era riferito ad un gesto formale, ma: fate anche voi quello che ho fatto io. Ciascuno doni se stesso per la vita degli altri, come può, seconda la propria misura.
Rito sterile quello che stiamo celebrando se non ha il suo sbocco naturale in una eucaristia esistenziale.

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 17 août, 2018 |Pas de commentaires »

Dormitio Mariae

Dormitio Mariae dans immagini sacre dormizionebux

Publié dans:immagini sacre |on 13 août, 2018 |Pas de commentaires »
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