SALMO 56 – IL FEDELE NON SOCCOMBERÀ
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SALMO 56 – IL FEDELE NON SOCCOMBERÀ
vedi il mio pianto
LE MIE LACRIME NELL’OTRE TU RACCOGLI
«C’è buio in me, in te invece c’è luce; sono solo, ma tu non mi abbandoni; non ho coraggio, ma tu mi sei di aiuto; sono inquieto, ma in te c’è la pace; c’è amarezza in me, in te pazienza; non capisco le tue vie, ma tu sai qual è la mia strada» (D. Bonhoeffer, Preghiera del mattino, 1943).
«Appena l’istinto sconvolge i sensi, appena il dolce incendio della voluttà ci penetra col suo gradevole calore, gridiamo subito: « In Dio confido, non temerò ciò che mi può fare la carne »» (8. Gerolamo, XXII Lettera a Eustochio).
1 Al maestro del coro. Su «Colomba dei terebinti lontani». Di Davide. Miktam. Quando i Filistei lo tenevano prigioniero a Gat.
2 Pietà di me, o Dio, perché un uomo mi perseguita,
un aggressore tutto il giorno mi opprime.
3 Tutto il giorno mi perseguitano i miei nemici,
numerosi sono quelli che dall’alto mi combattono.
4 Nell’ora della paura
io in te confido.
5 In Dio, di cui lodo la parola,
in Dio confido, non avrò timore:
che cosa potrà farmi un essere di carne?
6 Travisano tutto il giorno le mie parole,
ogni loro progetto su di me è per il male.
7 Congiurano, tendono insidie,
spiano i miei passi, per attentare alla mia vita.
8 Ripagali per tanta cattiveria!
Nella tua ira abbatti i popoli, o Dio.
9 I passi del mio vagare tu li hai contati,
nel tuo otre raccogli le mie lacrime:
non sono forse scritte nel tuo libro?
10 Allora si ritireranno i miei nemici,
nel giorno in cui ti avrò invocato;
questo io so: che Dio è per me.
11 In Dio, di cui lodo la parola,
nel Signore, di cui lodo la parola,
12 in Dio confido, non avrò timore:
che cosa potrà farmi un uomo?
13 Manterrò, o Dio, i voti che ti ho fatto:
ti renderò azioni di grazie,
14 perché hai liberato la mia vita dalla morte,
i miei piedi dalla caduta,
per camminare davanti a Dio
nella luce dei viventi.
COMMENTI
RAVASI
In questa lamentazione personale venata di fiducia e di attesa c’è una coppia di simboli di grande suggestione (v. 9). Le lacrime degli uomini sono agli occhi di Dio realtà preziosa come l’acqua, il vino, il latte, le sostanze vitali che il beduino conserva nell’otre. Dio non lascia cadere nel nulla il dolore dell’uomo, raccoglie le gocce del suo pianto quasi in uno scrigno come se fossero perle. Parallela è l’altra immagine, quella del libro della vita. L ‘uomo è come un nomade e un pellegrino sulla terra; egli va errando, spesso senza meta, per le strade del mondo. Ebbene, Dio segna tutti quei passi, fatti di ricerca, di ansia, di errore anche. Li registra sul libro della vita ove tutti i segreti dell’uomo sono raccolti. In questa anagrafe universale della storia tutto è annotato e nulla cadrà nel vuoto. Se la celebre sequenza medievale del Dies irae ha raccolto questa immagine in senso giudiziario, il nostro poeta la assume, invece, in senso positivo: Dio non ci abbandona mai e nulla ignora del nostro dolore. Ed allora «non avrò paura: in Dio confido» (v. 12).
GIOVANNI NICOLINI
Sono portato a ricevere la Parola di questo Salmo non come legata a eventi o prove particolari, ma piuttosto come un « viatico » che sempre accompagna, sostiene e illumina la vita del credente. Una vita visitata incessantemente dalla prova e dalla lotta, e peraltro sempre avvolta dal dono del Signore. Per questo richiamo la vostra attenzione su espressioni come « tutto il giorno »(vers.2-3.6), « nell’ora della paura »(ver.4), « ogni loro progetto su di me è per il male »(ver.6)…
Al ver.5 mi pare preferibile una traduzione più diretta, che dice « In Dio lodo la Parola ». E’ vero che lodo la Parola di Dio, ma più ancora mi sembra vera l’affermazione che ribadisce come la Parola sia la nostra fonte quotidiana di salvezza e di vita. La Parola è in modo assoluto il luogo, il tempo e la grazia di Dio per me. L’Eucaristia stessa è ancora la Parola, nell’evento della sua massima potenza! Leggo volentieri in uno schema redatto da un fratello di Monteveglio: « Se l’Eucaristia – con lo scambio biblico comune al suo interno – è la volta e il vertice della vita della comunità, le due ore di lectio biblica comune sono i due pilastri su cui poggia la volta: togliete i pilastri e la volta cadrà! Togliete l’impegno continuo e dinamico sulla Bibbia, e anche l’Eucaristia della comunità si seccherà ».
L’attacco quotidiano del Nemico è imponente, e i vers.6-7 ne sono una descrizione efficace! Ma c’è la meraviglia del ver.9 e la profonda e affettuosa partecipazione del Signore alla prova quotidiana del credente, con tutti i suoi dolori: « I passi del mio vagare tu li hai contati, nel tuo otre raccogli le mie lacrime: Non sono forse scritte nel tuo libro? ». Una cara amica, amante della Parola, e dei luoghi dove la Parola è stata donata dal Signore, proponeva un’immagine affascinante di quell’otre, con la figura del pellegrino nel deserto, che la sera distende sul terreno un grande fazzoletto di cuoio e vi fa nel centro una « depressione », e la mattina trova nello « scavo » del fazzoletto di cuoio la rugiada che vi si è raccolta durante la notte, come un buon bicchiere di acqua fresca per l’inizio della nuova giornata di cammino. Lacrime che dissetano il Signore.
Il credente confida nel Signore e nella sua Parola. Dunque, « che cosa potrà farmi un uomo? ». Al Signore ognuno di noi dice: « …ti renderò azioni di grazie, perché mi hai liberato dalla morte, i miei piedi dalla caduta.. ». Ogni nostro incontro con la Parola è sempre evento di Pasqua. E’ sempre morire alla nostra condizione di prigionia, e risorgere alla vita nuova, è poter camminare, come ascoltiamo al ver.14, « nella luce dei viventi ».
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
ROBERTO TUFFARIELLO
C’è l’ora della paura e del timore, ricordata più volte in questo salmo. « Ciò che è più terribile – commenta Schokel – non è una realtà cosmica, ma la crudeltà e la violenza dell’uomo ». Crudeltà e violenza che ancor oggi ci stupiscono: com’è possibile che « l’uomo » si comporti così? … Ma per l’orante c’è il ricorso a Dio: « Questo io so: che Dio è per me », sta dalla mia parte (v.10). Com’è forte, com’è efficace quell’ »io so »! « Cosa potrà farmi un uomo? »(v.12). Se il Signore è con noi – dirà san Paolo – chi sarà contro di noi? Nulla potrà separarci dall’amore di Dio…
don LINO PEDRON
L’ostilità lamentata dal salmo è ripetutamente descritta in termini di lotta militare. Ma il tono generale indica piuttosto un’ostilità interna a Israele, come quella deprecata anche da altri autori dei salmi.
Il centro di gravità del salmo si trova nei vv. 5 e 11. Lo sfondo di questa lode della parola di Dio che con la sua potenza governa la storia, espressa con incrollabile fiducia, si trova in Isaia: « Guai a coloro che vanno a cercare aiuto in Egitto e vogliono rassicurarsi con i cavalli… E non guardano al Santo d’Israele! Egli si leva contro la casa dei malvagi e contro l’aiuto degli iniqui. L’Egitto è uomo e non Dio, e i suoi cavalli sono carne e non spirito. Quando Dio stende la sua mano, crolla colui che viene in aiuto e chi è aiutato cade. Essi precipitano insieme » (Is 31,1-3); « Ogni carne è come erba… l’erba inaridisce, ma la parola del nostro Dio permane in eterno » (Is 40,6-7).
Dio registra nel suo libro tutto il vagare sofferente e solitario del perseguitato. Dio raccoglie in un otre tutte le lacrime di dolore che salgono a lui dagli oppressi di tutto il mondo in attesa di « asciugarle per sempre da ogni volto » (Is 25,8; Ap 7,17). All’aspetto inquisitorio, che ha a prima vista l’immagine del registro contabile, si sostituisce la tenerezza di chi non vuol lasciar cadere nel nulla ogni amarezza sofferta, ma la raccoglie per poterla sanare e ricompensare. Diversamente da Giobbe, il salmista è convinto che Dio non sia come un ispettore fiscale o, peggio, come un arciere sadico sempre in guardia per inseguire l’uomo (Gb 7,17-20; ecc.). Egli, invece, raccoglie come se fossero perle le lacrime dell’uomo; egli segna nel libro della storia e dell’essere il nostro travaglio di uomini. Dio raccoglie nel suo otre le nostre lacrime come il beduino porta nel suo otre il suo tesoro di acqua e di cibo. Noi siamo un bene prezioso conservato con cura da Dio.
« So che Dio è in mio favore » (v. 10) evoca un’altra professione di fede, quella di Paolo in Rm 8,31.35: « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?… Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? ».
Il ringraziamento (vv. 13-14) ha una forte carica di spiritualità e di speranza che si proietta verso la liturgia del cielo, « nella luce dei viventi ».
I PADRI DELLA CHIESA
v. 2 « È il Cristo che parla al Padre » (Origene).
- « È il Cristo calpestato durante la sua passione e la chiesa calpestata dai persecutori. L’uomo è simbolo della folla ostile » (Girolamo).
- « Se ti poni al servizio di Cristo, entri nel torchio » (Rufino).
v. 3 « Il primo grappolo d’uva schiacciato nel torchio è Cristo. Quando tale grappolo venne spremuto nella passione, ne è scaturito quel vino il cui calice è inebriante (cfr. Sal 23,5) » (Agostino).
v. 5 « Solo il Cristo che è senza peccato può dire: Non avrò timore, che cosa potrà farmi un uomo? » (Origene).
v. 7 « Gli empi spiano la chiesa ad ogni istante per farla cadere, come il serpente ha fatto con la donna » (Girolamo).
v. 8 « Getta a terra la loro superbia; è per il loro bene » (Eusebio).
v. 10 « Se vuoi convertire i tuoi nemici, prega senza posa » (Origene).
v. 11 « Loda il Verbo, la parola che era fin dal principio in Dio » (Girolamo).
v. 14 « La luce dei viventi è il Cristo che illumina ogni uomo che viene nel mondo » (Eusebio).
Dossologia
A te Padre, Iddio della vita,
che risusciti il Figlio da morte,
nello Spirito santo cantiamo
pur noi certi di vivere sempre.
Preghiera
Con la voce di un fratello
ucciso nei campi di concentramento
anche noi oggi così preghiamo:
«O Spirito santo, dammi la fede
che mi salva dalla disperazione,
dai desideri e dai vizi;
dammi l’amore per Dio e per gli uomini,
che estirpa l’odio e l’amarezza;
dammi la speranza
che mi libera dalla paura e dallo scoraggiamento».
Amen.
