Archive pour février, 2018

Marco 1, 29-39, Gesù guarisce molti

IMM LA MKA E PAOLO - Copia

Publié dans:immagini sacre |on 2 février, 2018 |Pas de commentaires »

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (08/02/2015)

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La vita? Un racconto al Padre

don Maurizio Prandi

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (08/02/2015)

Anche questa domenica Gesù non si tira indietro rispetto alla malattia dell’uomo: il vangelo ce lo presenta completamente immerso nel fare il bene di chi incontra… non solo: ci dice anche che il desiderio di annunciare il vangelo (desiderio fortissimo che dà impulso anche alla vita di san Paolo come sottolinea la seconda lettura…) non lo rinchiude in un facile appagamento da successo è ai discepoli che gli dicono: tutti ti cercano lui risponde che è necessario andare altrove per incontrare, predicare, annunciare; infine coloro che Gesù incontra vengono portati nel cuore del suo incontro con il Padre. In pochi versetti Marco ci regala una sintesi rapida, ma ricchissima, che ci offre i tratti decisivi del volto di Gesù come di un uomo che si muove tra l’annuncio della Parola di Dio (« per questo sono venuto! »), il farsi vicino a chi soffre, e il continuo ritorno alla fonte delle sue attività, Dio Padre, ritrovato nella solitudine della preghiera. E’ stato bello vedere i ragazzi delle comunità dei discepoli ripercorrere, nell’incontro di catechismo, la giornata tipo di Gesù tra guarigioni, preghiera e predicazione… ripercorrerla cercando di entrarci dentro e viverla, guarendo i propri amici con gesti di bene, pregando attraverso l’Eucaristia e annunciando il vangelo con la presenza, la testimonianza, una partecipazione nuova e diversa alla vita quotidiana. Oppure quel cercare di capire quali sono le tracce che noi seguiamo giorno per giorno… chi sono i nostri modelli, le persone alle quali ci riferiamo, che lasciano un segno nella nostra vita.
La pagina che oggi ascoltiamo ha anche una forte valenza ecclesiale… Gesù entra in una casa, che per Marco simboleggia appunto la chiesa. La casa è il luogo dell’ospitalità, è il luogo che permette a Gesù un’intimità con i suoi discepoli al di là degli incontri con le folle che rischiano di disperderli un po’… la casa è il luogo dove ti formi, impari come centrare la tua vita, ti prepari ad affrontare le avversità. E’ importante che avvenga li questo miracolo, che lega fortemente la potenza di Gesù al servizio… il miracolo è per il servizio, non è per dimostrare qualcosa, non è per convincere, per far credere… mi pare bello allora poter pensare che al centro delle preoccupazioni dei discepoli e della chiesa ci possano essere tutte quelle persone o realtà che dovrebbero proiettarsi al servizio degli altri ma ne sono incapaci. Grazie al gesto di Gesù si può ricominciare a servire, si possono mettere a disposizione degli altri le energie ritrovate, la propria creatività. La chiesa non sono solo i discepoli che parlano a Gesù di una donna malata. La chiesa sono tutti coloro i quali portano a Gesù gli ammalati al tramonto del sole… il tramonto del sole, ovvero il momento in cui termina il riposo del sabato (per cui è possibile il trasporto dei malati in barella…) e comincia un giorno nuovo. Bello questo gruppo indefinito… l’anonimato di chi ne fa parte aiuta la nostra identificazione in chi si spende in favore di tutti quelli che si ritrovano ammalati. Bello anche che sia distante da Gesù l’idea di catturare, di sedurre, di comprare l’altro con un miracolo. Vuole semplicemente annunciare il farsi prossimo di Dio ad ogni umano soffrire, il suo impegno ed amicizia per chi, dalla vita, è stato messo a margine (Servizio della Parola).
La prima lettura è tratta dal libro di Giobbe e anticipa bene i temi del vangelo: la preghiera e la condizione dell’uomo malato. C’è un bellissimo commento di don Daniele Simonazzi che credo ci possa aiutare molto. Parte da una mancanza, da un taglio che la liturgia fa non facendoci leggere il versetto 5 del cap. 7: la mia carne è ricoperta di vermi e di croste, la mia pelle è raggrinzita e va disfacendosi. Certamente fa un po’ di senso e si potrebbe anche capire il perché sia stata omessa la lettura di particolari così crudi; la parola di Dio che ci chiede tanto coraggio nel campo della giustizia e dell’etica, ci chiede altrettanto coraggio nell’ascoltare tutto quello che ci vuole dire, raccontare, circa la condizione degli uomini e delle donne. Non si fa problemi Giobbe, parlando al Signore: gli racconta la sua condizione. Forse io mi impressionerei a vedere una carne ricoperta di vermi, forse tanti di noi si impressionerebbero, ma il Signore, con tutto il bene che ci vuole, può impressionarsi? Può provare ribrezzo? Ci sono persone ridotte in condizioni estreme e so che corro il rischio di tagliarle fuori dalla mia vita in modo facile, così come è facile tagliare dalla lettura parole che possono risultare scomode o troppo forti, pesanti…
E’ un libro prezioso quello di Giobbe, perché non parla solamente di un uomo, ma dell’umanità intera. Giobbe non è un israelita e quindi ogni uomo può ed è chiamato a riconoscersi in lui. Le sue parole prendono due direzioni: Dio (e le sue parole diventano preghiera) e gli uomini, i suoi amici, dai quali ascolta solo risposte « facili » su Dio e sulle ragioni della sua malattia e delle sue sventure è le sofferenze che colpiscono l’uomo sono una conseguenza dei suoi peccati, dei quali, deve innanzitutto cominciare a pentirsi. Giobbe sa di essere un giusto e sa che chi soffre non è automaticamente un peccatore, sa che Dio non colpevolizza il povero, non colpevolizza l’ammalato… lo sa, anche se Dio, di fronte al suo dramma e alle sue domande rimane muto. E’ un cammino straordinario quello che fa Giobbe, il quale, affrontando la notte del dolore arriva ad amare Dio per se stesso, per quello che è e non per quello lui vorrebbe che fosse. Giobbe ci dice che Dio non si può afferrare, non lo si può ricondurre a schemi o formule teologiche umane. Mi rendo conto che il tema è delicato soprattutto perché rischio di non essere rispettoso del dolore di altri, ma credo che sia qualcosa di inspiegabile… resta un mistero, va vissuto e attraversato è Barth: il dolore, per il credente ed il non credente è una porta: aprendola puoi trovare Dio o il diavolo, la vita o la disperazione. La prima lettura di questa domenica allora, presa nella sua interezza, vuole darci il coraggio dei poveri; io vivo nella « paura » dei poveri… Dio no, e in Gesù, nella sua vita così bella, tutto quello che io preferisco non vedere, lo fa suo, lo recepisce come proprio, a cominciare dai poveri, dai piagati, da quelli il cui corpo è ricoperto di vermi.
Giobbe parla di sé a Dio, gli dice la sua verità, la sua condizione descrivendosi senza omettere nulla… don Daniele Simonazzi scrive che non prega se non a partire da quello che lui è!. E nel vangelo troviamo un bel collegamento: Gesù entra nella casa di Simone e subito gli parlano di una persona malata.; c’è già un bel volto di chiesa qui… una chiesa che intercede per chi è malato. Che bello quando la vicenda di chi soffre diventa un racconto… un racconto così importante per noi che non possiamo non farlo a Dio. C’è qualcosa di importantissimo qui per quello che riguarda la nostra preghiera personale: non si può lasciar fuori la vicenda di chi è povero, di chi è malato, di chi soffre… è come se la preghiera non fosse vera. Per questo è importantissimo quel versetto che invece la liturgia taglia. Se si tratta di qualcuno che amiamo, non vogliamo perdere niente della sua vita. Amiamo qualcuno? Non vogliamo perdere niente, nemmeno un respiro, nemmeno l’ultimo respiro di chi sta congedando da noi.
Cosa facciamo durante la messa? Durante la preghiera eucaristica? scrive don Daniele. Qualcosa di estremamente decisivo per la nostra fede: la preghiera eucaristica è il racconto che facciamo a Dio, di quella che è stata la morte di suo Figlio… lui lo sa, ma, come ogni padre, non si stanca di sentirsi raccontare le cose di suo Figlio. Forse questo ci può aiutare a pregare meglio, a sentire meno come formula certe preghiere e a sentirle più come un racconto, un qualcosa che piano piano viviamo sempre di più. Quando preghiamo, bisogna che la nostra preghiera abbia lo spessore delle vicende della povera gente… se manca questo coinvolgimento nelle vicende dei nostri fratelli, è come se raccontassimo al Padre di un Figlio che non conosciamo. Ecco cosa può diventare la preghiera Eucaristica: un ripetere/ascoltare stanco, svogliato, muto perché privato della conoscenza del Figlio. E poi una cosa bellissima ancora: perché è così difficile pregare? Perché la preghiera è l’appuntamento che diamo a tutta la povera gente nel nostro raccontarla al Padre. Nella preghiera trovo tutti, davanti al Signore; trovo anche quelli che vivono una condizione così disperata che vale la pena togliere un versetto. Ma (e forse è un’esperienza che tanti potrebbero sottoscrivere), se proviamo a togliere un versetto nella vita e nella condizione di coloro che ci hanno lasciato a causa di una malattia, togliamo tanto… forse troppo…
Bella anche l’immagine di Gesù che toglie alla notte, al riposo il tempo per la preghiera, che viene descritta come solitaria, prolungata… bello che Gesù, come accennavo, dalla preghiera venga confermato nella sua missione e a quella missione richiami anche Pietro e i suoi discepoli, troppo preoccupati di sfruttare il momento favorevole che stanno vivendo: tutti ti cercano! Come dire: bisogna approfittare di questo momento… a questa popolarità della quale sarebbe facile approfittare, Gesù risponde dilatando l’orizzonte e aprendo piste nuove. Ci lasciamo, su suggerimento di don Daniele, con una domanda: i discepoli, per cercare Gesù, si mettono sulle sue tracce… ma che tracce lascia uno che prega? Si mettono sulle sue tracce, e per quelle, lo trovano! Come facciamo a cercare uno che prega?

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Festa della Presentazione del Signore al Tempio

la mia e paolo

Publié dans:immagini sacre |on 1 février, 2018 |Pas de commentaires »

FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/2001/documents/hf_jp-ii_hom_20010202_presentation-lord.html

FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Venerdì, 2 Febbraio 2001

V Giornata della Vita Consacrata

Con questa invocazione, che abbiamo cantato nel Salmo responsoriale, la Chiesa, nel giorno in cui fa memoria della Presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme, esprime il desiderio di poterlo accogliere ancora nel presente della sua storia. La Presentazione è una festa liturgica suggestiva, fissata fin dall’antichità quaranta giorni dopo il Natale, sulla scorta di quanto prescriveva la Legge ebraica per la nascita di ogni primogenito (cfr Es 13, 2). Maria e Giuseppe, come risulta dal racconto evangelico, ne sono stati fedeli osservanti.
Tradizioni cristiane d’Oriente e d’Occidente si sono intrecciate arricchendo la liturgia di questa festa con una speciale processione, in cui la luce dei ceri e delle candele è simbolo di Cristo, Luce vera venuta ad illuminare il suo popolo e tutte le genti. In tal modo l’odierna ricorrenza si ricollega al Natale e all’Epifania del Signore. Ma contemporaneamente essa si pone come ponte verso la Pasqua, rievocando la profezia del vecchio Simeone, che in quella circostanza preannunciò il drammatico destino del Messia e di sua Madre.
L’evangelista ha ricordato il fatto anche nei dettagli: ad accogliere Gesù nel santuario di Gerusalemme vi erano due anziane persone piene di fede e di Spirito Santo, Simeone ed Anna. Esse impersonano il « resto d’Israele », vigilante nell’attesa e pronto ad andare incontro al Signore, come già avevano fatto i pastori nella notte della sua nascita a Betlemme.
2. Nella Colletta della liturgia odierna abbiamo chiesto di poter essere anche noi presentati al Signore « pienamente rinnovati nello spirito », sul modello di Gesù, primogenito tra molti fratelli. In modo particolare voi, religiosi, religiose e laici consacrati, siete chiamati a partecipare a questo mistero del Salvatore. E’ mistero di oblazione, in cui si fondono indissolubilmente la gloria e la croce, secondo il carattere pasquale proprio dell’esistenza cristiana. E’ mistero di luce e di sofferenza; mistero mariano, in cui alla Madre, benedetta insieme col Figlio, è preannunciato il martirio dell’anima.
Potremmo dire che oggi si celebra in tutta la Chiesa un singolare « offertorio », in cui gli uomini e le donne consacrati rinnovano spiritualmente il dono di sé. Così facendo aiutano le Comunità ecclesiali a crescere nella dimensione oblativa che intimamente le costituisce, le edifica e le sospinge sulle strade del mondo.
Vi saluto con grande affetto, carissimi Fratelli e Sorelle appartenenti a numerose Famiglie di vita consacrata, che allietate con la vostra presenza la Basilica di San Pietro. Saluto, in particolare, il Signor Cardinale Eduardo Martínez Somalo, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, il quale presiede la celebrazione eucaristica odierna.
3. Celebriamo questa festa con il cuore ancora ripieno delle emozioni vissute nel tempo giubilare appena terminato. Abbiamo ripreso il cammino lasciandoci guidare dalle parole di Cristo a Simone: « Duc in altum – Prendi il largo » (Lc 5, 4). La Chiesa attende anche il vostro contributo, carissimi Fratelli e Sorelle consacrati, per percorrere questo nuovo tratto di strada secondo gli orientamenti che ho tracciato nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte: contemplare il volto di Cristo, ripartire da Lui, testimoniare il suo amore. E’ questo un apporto che voi siete chiamati a dare quotidianamente anzitutto con la fedeltà alla vostra vocazione di persone totalmente consacrate a Cristo.
Il vostro primo impegno, pertanto, non può non essere nella linea della contemplazione. Ogni realtà di vita consacrata nasce e ogni giorno si rigenera nell’incessante contemplazione del volto di Cristo. La Chiesa stessa attinge il suo slancio dal quotidiano confronto con l’inesauribile bellezza del volto di Cristo suo Sposo.
Se ogni cristiano è un credente che contempla il volto di Dio in Gesù Cristo, voi lo siete in modo speciale. Per questo è necessario che non vi stanchiate di sostare in meditazione sulla Sacra Scrittura e, soprattutto, sui santi Vangeli, perché si imprimano in voi i tratti del Verbo incarnato.
4. Ripartire da Cristo, centro di ogni progetto personale e comunitario: questo è l’impegno! Incontratelo, carissimi, e contemplatelo in modo tutto speciale nell’Eucaristia, celebrata e adorata ogni giorno, come fonte e culmine dell’esistenza e dell’azione apostolica.
E con Cristo camminate: è questa la via della perfezione evangelica, la santità a cui ogni battezzato è chiamato. E proprio la santità è uno dei punti essenziali – anzi, il primo – del programma che ho delineato per l’inizio del nuovo millennio (cfr Novo millennio ineunte, 30-31).
Abbiamo ascoltato poc’anzi le parole del vecchio Simeone: Cristo « è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori » (Lc 2, 34). Come Lui, e nella misura della conformazione a Lui, anche la persona consacrata diventa « segno di contraddizione »; diventa cioè, per gli altri, salutare stimolo a prendere posizione di fronte a Gesù, il quale – grazie alla mediazione coinvolgente del « testimone » – non resta semplicemente personaggio storico o ideale astratto, ma si pone come persona viva a cui aderire senza compromessi.
Non vi sembra questo un servizio indispensabile che la Chiesa attende da voi in quest’epoca segnata da profondi mutamenti sociali e culturali? Solo se persevererete nel seguire fedelmente Cristo, sarete testimoni credibili del suo amore.
5. « Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele » (Lc 2,32). La vita consacrata è chiamata a riflettere in modo singolare la luce di Cristo. Guardando a voi, carissimi Fratelli e Sorelle, penso alla schiera di uomini e donne di ogni nazione, lingua e cultura, consacrati a Cristo con i voti di povertà, verginità e obbedienza. Questo pensiero mi riempie di consolazione, perché voi siete come un « lievito » di speranza per l’umanità. Siete « sale » e « luce » per gli uomini e le donne di oggi, che nella vostra testimonianza possono intravedere il Regno di Dio e lo stile delle « Beatitudini » evangeliche.
Come Simeone ed Anna, prendete Gesù dalle braccia della sua santissima Madre e, pieni di gioia per il dono della vocazione, portatelo a tutti. Cristo è salvezza e speranza per ogni uomo! Annunciatelo con la vostra esistenza dedicata interamente al Regno di Dio e alla salvezza del mondo. Proclamatelo con la fedeltà senza compromessi che, anche di recente, ha condotto al martirio alcuni vostri fratelli e sorelle in varie parti del mondo.
Siate luce e conforto per ogni persona che incontrate. Come candele accese, ardete dell’amore di Cristo. Consumatevi per Lui, diffondendo dappertutto il Vangelo del suo amore. Grazie alla vostra testimonianza anche gli occhi di tanti uomini e donne del nostro tempo potranno vedere la salvezza preparata da Dio « davanti a tutti i popoli, / luce per illuminare le genti / e gloria del tuo popolo Israele ».

Amen.

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