Archive pour février, 2018

I. QUARESIMA CAMMINO DI CONVERSIONE – Carlo Maria Martini

http://www.atma-o-jibon.org/italiano6/martini_riconciliazione1.htm

I. QUARESIMA CAMMINO DI CONVERSIONE – Carlo Maria Martini

2. La liturgia quaresimale si compone di valori che, nel loro insieme, sollecitano e illuminano lo svolgersi di un cammino di conversione. Accompagnare il Signore nel suo «salire verso Gerusalemme»significa rinnovare la scelta di comunione al suo mistero di morte e risurrezione che trova nell’abbandono di fede al Padre e nel servizio di carità ai fratelli le sue espressioni più autentiche. Il nutrimento della Parola – «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» ripete il brano programmatico del vangelo di Matteo alla prima domenica – illumina la direzione dell’itinerario spirituale dei credenti, rivelando la durezza del nostro cuore e la lontananza di tanti dei nostri atteggiamenti dai pensieri di Dio.
I molti richiami della liturgia quaresimale al battesimo costituiscono un invito a rinnovare l’alleanza con Dio e ad intraprendere il sentiero che ci fa autenticamente discepoli di Gesù. Infine, le ricorrenti sottolineature della nostra fragilità e della situazione di peccato in cui viviamo nel mondo chiedono di avere accoglienza nei segni della penitenza che manifesta un cuore consapevole del proprio sbaglio e della propria povertà ma, nello stesso tempo, fiducioso nella misericordia del Signore.
3. Ognuno dei quaranta giorni quaresimali porta dentro di sé questi messaggi. Nelle forme della tradizione liturgica ambrosiana – il messale, il lezionario festivo e feriale, la liturgia delle ore – essi vanno anzi assumendo una eco particolarmente profonda. Facciamo sì che il pregare come singoli e come comunità nelle celebrazioni liturgiche trasformi il nostro cuore e ci indichi i segni di una vera conversione. Sarà importante, per questo, che le comunità si confrontino da vicino con le infinite forme di peccato presenti al loro interno e nel mondo circostante; esse dividono e scardinano i rapporti, generano freddezza e abitudine, riducono Dio a qualcosa di generico e di lontano, coltivano la schiavitù per tanti idoli passeggeri che non sapranno mai riempire il cuore e svelare il senso vero dell’esistenza.
Quali segni di conversione ci chiede la quaresima di quest’anno? Ad ognuno – singolo, gruppo, comunità – l’impegno di una risposta che darà verità al nostro itinerario di popolo di penitenti incamminato verso la pasqua.
4. La scelta di dedicare un’attenzione specifica alla celebrazione pasquale del sacramento della riconciliazione si colloca quindi in un quadro di valori e di attese assai vasto ed esigente. Diventarne tutti più consapevoli significa anche credere a quel messaggio del sino do che sintetizzavo con queste parole nella lettera di dicembre: «Illuminare l’evento di grazia celebrato nel sacramento della penitenza ponendo lo in continuità tra il cammino di conversione della rigenerazione battesimale e la piena comunione significata e realizzata dalla cena eucaristica»(II,3).
5. Per facilitare l’attuazione pastorale di questi orientamenti e, nello stesso tempo, per impegnarci in un comune cammino penitenziale come comunità diocesana chiedo la fedeltà a questi punti:
- Ogni comunità celebri comunitariamente un «ingresso in penitenza» che esprima la volontà di intraprendere insieme un itinerario di conversione; questo potrà avvenire con una celebrazione apposita per la liturgia delle ceneri o con una celebrazione penitenziale da situare comunque all’interno della prima settimana.
- Ogni venerdì veda lo svolgersi di una celebrazione penitenziale comunitaria che aiuti il realizzarsi di un concreto itinerario di conversione; sarà questo, tra l’altro, un modo per valorizzare il senso della aliturgicità del venerdì di quaresima nella tradizione della nostra liturgia.
- L’ordinata e tempestiva programmazione dei tempi della celebrazione sacramentale della riconciliazione in occasione della pasqua conclusiva dell’itinerario di conversione; sarà da prevedere, in particolare, la celebrazione in forma comunitaria del sacramento con la confessione individuale (durante la celebrazione stessa o nei giorni successivi, conclusa poi dal rendimento di grazie).
Ho chiesto agli uffici competenti la preparazione di un sussidio che faciliti la realizzazione di questi momenti.

Gesù purifica il lebbroso

la mai e paolo - Copia

Publié dans:immagini sacre |on 9 février, 2018 |Pas de commentaires »

OMELIA VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (11/02/2018)

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Il segno visibile e la realtà interiore

mons. Roberto Brunelli

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (11/02/2018)

“Il lebbroso porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: ‘Impuro! Impuro!’ Sarà impuro finché durerà in lui il male; e impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento ».
Queste parole angoscianti, comprese nella prima lettura di oggi (Levitico 13,45-46), fanno parte delle disposizioni date da Mosè agli ebrei in viaggio verso la terra promessa, e rimaste in vigore anche ai tempi di Gesù. Più volte i vangeli riferiscono di incontri di lui con i lebbrosi, forse i più sventurati tra gli uomini: come se non bastasse l’essere colpiti da una malattia terribile che consuma, letteralmente, le carni, essi erano esclusi dalla vita comune, costretti a starsene fuori dai villaggi, vestiti di stracci, con l’obbligo di non avvicinare nessuno e anzi di gridare la loro condizione a chiunque inavvertitamente stesse per passare loro accanto.
Simili condizioni erano in vigore anche presso altri popoli, lo furono anche dopo Gesù e in fondo non sono tanto cambiate tuttora, per i milioni di uomini che nel mondo patiscono questo male. L’isolamento, l’emarginazione sociale, è la sorte riservata ai portatori di malattie contagiose, che solo da relativamente poco tempo sono oggetto di cure (è doveroso, in proposito, ricordare quanto per i lebbrosi si prodighino i missionari).
Ma nell’antico popolo ebraico il ribrezzo per i lebbrosi non era motivato soltanto dalla paura del contagio; la formula dell’avvertimento cui erano tenuti, « Io sono impuro », e il fatto che i rarissimi guariti spontaneamente dovessero offrire un sacrificio di espiazione, lasciano intendere che il male fisico, qualunque malattia o menomazione, era considerato il segno visibile del male spirituale, il peccato. Un esempio esplicito di tale convinzione: quando Gesù incontra il cieco nato (Giovanni 9), gli astanti gli chiedono: « Maestro, se quest’uomo è nato cieco, è perché ha peccato lui, o i suoi genitori? ».
Il brano evangelico di oggi (Marco 1,40-45) descrive l’incontro di Gesù con un lebbroso, il quale lo supplica in ginocchio con parole (« Se vuoi, puoi purificarmi! ») che manifestano la sua fiducia in quest’uomo di cui ha sentito parlare per le guarigioni che va compiendo, ma nel contempo le sue parole sottintendono la convinzione allora corrente, del male fisico come manifestazione visibile dell’impurità davanti a Dio.
Al cospetto del lebbroso Gesù non solo non si è allontanato precipitosamente da lui, come avrebbe fatto chiunque altro all’epoca, ma anzi « ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò »: gesto inaudito, quel toccare volutamente un lebbroso; un gesto che basterebbe da solo ad esprimere i sentimenti con cui egli guardava agli sventurati. Ma c’è di più: accoglie la supplica, e gli comanda di adempiere quanto la legge allora prescriveva: « Va’ a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto ». Si legge in trasparenza quello che in altri episodi sarà esplicito, il potere e la volontà di Gesù di perdonare i peccati.
Commentando questo e analoghi episodi del vangelo, già i Padri della Chiesa ne hanno tratto un insegnamento: la lebbra non è causata dal peccato, ma ne è un chiaro quanto terribile simbolo. Il peccato produce sul piano spirituale effetti simili a quelli della lebbra sul piano fisico: consuma l’uomo « dentro » e, anche se non si vede, lo esclude dalla comunità, lo priva dei benefici di chi vive in comunione con Dio e con i fratelli riuniti nella Chiesa.
Con una considerazione: mentre la lebbra si contrae per disgrazia, non certo di proposito, quello che la lebbra simboleggia è sempre volontario, è derivato da una libera scelta. E però, a comune conforto, possiamo ricordare che i sentimenti di Gesù non sono cambiati; egli non respinge inorridito i peccatori, anzi ha compassione di loro e risana prontamente quanti con fiducia si rivolgono a lui.

 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 9 février, 2018 |Pas de commentaires »

Gesù nell’orto degli ulivi

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Publié dans:immagini sacre |on 7 février, 2018 |Pas de commentaires »

SAN PAOLO, COMMENTI PATRISTICI: IL NOSTRO CUORE SI È APERTO PER VOI

https://www.culturacattolica.it/cristianesimo/anno-di-san-paolo/commenti-patristici-il-nostro-cuore-si-%C3%A8-aperto-per-voi

SAN PAOLO, COMMENTI PATRISTICI: IL NOSTRO CUORE SI È APERTO PER VOI

Autore:Re, Don PieroCuratore:Riva, Sr. Maria Gloriadi s. Giovanni Crisostomo, Omelia sulla 2a lettera ai Corinti, 13, 1-2 (PG 61, 49s)
Paolo di Tarso

«Il nostro cuore si è tutto aperto per voi» (2 Cor 6, 11). Come il calore, così la carità ha la prerogativa di dilatare, è, infatti, una virtù ardente e impetuosa. Essa apriva la bocca e dilatava il cuore di Paolo. E non vi era nessun cuore più grande del cuore di Paolo. Egli come ogni persona che ama, abbracciava con amore tanto profondo tutti i fedeli che nessuno ne era escluso o messo da parte. E non ci meravigli questo suo amore verso i credenti, dal momento che il suo amore si estendeva anche ai non credenti. Non disse infatti: «Amo soltanto con la bocca, ma anche il cuore canta all’unisono nell’amore con la bocca, perciò parlo con fiducia, con tutto il cuore e con tutta la mente». Non dice: «vi amo», ma usa un’espressione assai più significativa: «La nostra bocca si è aperta e il nostro cuore si è dilatato» cioè vi porto tutti nell’intimo del cuore, in un abbraccio universale. Chi è amato, infatti, si muove a suo piacimento nell’intimo del cuore che lo ama. Per questo l’Apostolo afferma: «Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto. Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!» (2 Cor 6, 12-13). Nota il rimprovero, addolcito dall’amore, caratteristica delle persone che amano. Non dice loro che non lo amano, ma fa capire che non gli vogliono bene come lui a loro. Non vuole rimproverarli, se non dolcemente.
Si scorge dappertutto, nelle singole lettere la presenza di questo suo vivissimo amore per i fedeli. Scrive ai Romani: Bramo vedervi e spesso mi son proposto di venire da voi. Spero di poter in qualche modo venir a trovarvi (cfr. Rm I, 10-11). Ai Galati manda a dire: «Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore» (Gal 4, 19). Agli Efesini: «Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre per voi!» (Ef 3, 14). Ai Tessalonicesi aggiunge: «Qual è la mia speranza o la mia gioia o la mia corona di gloria? Non siete forse voi?» (1 Tes 2, 19). Asserisce così di portarli nel cuore, anche se incatenato.
Scrive inoltre ai Colossesi: «Voglio che sappiate quale lotta io sostengo per voi, anche per coloro che non mi conoscono di vista, perché trovino consolazione i vostri cuori» (Col 2, 1), e ai Tessalonicesi: «Come una nutrice, che cura i suoi bambini cosi avremmo voluto, per il grande affetto per voi darvi non solo il Vangelo, ma anche la vita» (1 Tes 2,7-8). Non vuole che si angustino per lui.
Però non desidera essere solo lui ad amare, ma anche essere riamato da loro, per attirare maggiormente i loro animi. E gioisce di questo loro atteggiamento. Assicura infatti:«È; venuto Tito e ci ha fatto conoscere il vostro desiderio, il vostro pianto, il vostro amore per me» (cf 2Cor 7,7).

byzantine icons, Angels

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Publié dans:immagini sacre |on 5 février, 2018 |Pas de commentaires »

LA SCIENZA E LA SAPIENZA – AGOSTINO DI IPPONA

http://disf.org/agostino-ippona-scienza-sapienza

LA SCIENZA E LA SAPIENZA – AGOSTINO DI IPPONA

399-420

De Trinitate, dai Libri XII e XIII

Se la scienza è conoscenza delle cose temporali, la sapienza è conoscenza delle cose eterne. Ambedue, però, sono rivelate in pienezza in Cristo, nostra scienza e nostra sapienza.

XII, 14. Perché anche la scienza è benefica alla sua maniera, se ciò che in essa gonfia o suole gonfiare è dominato dall’amore delle cose eterne, che non gonfia, ma che, come sappiamo, edifica (1Cor 8, 1). Senza la scienza infatti non possono esistere nemmeno le virtù con le quali si possa dirigere questa misera vita in modo da raggiungere quella eterna, che è veramente beata.
14, 22. C’è tuttavia una differenza tra la contemplazione delle cose eterne e l’azione con la quale facciamo buon uso delle cose temporali: quella si attribuisce alla sapienza, questa alla scienza. Sebbene infatti anche la sapienza possa venir chiamata scienza, come lo mostra l’affermazione dell’Apostolo, che dice: “Ora conosco parzialmente, allora conoscerò come sono conosciuto” (1Cor13, 12), per questa scienza egli intende certamente la contemplazione di Dio, che sarà il premio supremo dei santi; tuttavia dove l’Apostolo dice: “Ad uno è dato per mezzo dello Spirito il linguaggio della sapienza, ad un altro il linguaggio della scienza secondo lo stesso Spirito” (1Cor 12, 8), distingue, senza dubbio, l’una dall’altra, benché non spieghi la natura della loro differenza, e i caratteri che permettano di distinguerle. Ma dopo aver scrutato le molteplici ricchezze delle sante Scritture, trovo scritta nel libro di Giobbe questa sentenza del santo uomo: “Ecco, la pietà è la sapienza, la fuga dal male è la scienza” (Gb 28, 28). Questa distinzione ci fa comprendere che la sapienza riguarda la contemplazione, la scienza l’azione. In questo passo Giobbe identifica la pietà con il culto di Dio, che in greco si dice qeosbeia . È questa la parola che si trova presso i codici greci in questo passo. E fra le cose eterne che vi è di più eccellente di Dio, che solo possiede una natura immutabile? E che è il culto di Dio, se non l’amore di lui, amore che ci fa desiderare di vederlo, che ci fa credere e sperare che lo vedremo, perché nella misura in cui progrediamo lo vediamo ora per mezzo di uno specchio, in enigma, ma un giorno lo vedremo nella sua piena manifestazione? È ciò che dice l’apostolo Paolo quando parla della «visione» faccia a faccia (1Cor 13, 12), è anche quello che dice l’apostolo Giovanni: “Carissimi, ora siamo figli di Dio, e ciò che saremo un giorno non è stato ancora manifestato; ma sappiamo che al momento di questa manifestazione saremo simili a lui, perché lo vedremo come è” (1Gv 3, 2). In questi passi e in passi simili si tratta proprio, mi pare, della sapienza (1Cor 12, 8). Astenersi invece dal male (Gb 28, 28), ciò che Giobbe chiama scienza, appartiene certamente all’ordine delle cose temporali. Perché è in quanto siamo nel tempo che siamo soggetti al male, che dobbiamo evitare, per giungere ai beni eterni. Perciò tutto quanto compiamo con prudenza, forza, temperanza e giustizia, appartiene a quella scienza o regola di condotta, che guida la nostra azione nell’evitare il male e nel desiderare il bene e le appartiene pure tutto ciò che, come esempio da evitare o da imitare e come conoscenza necessaria tratta da avvenimenti adatti ad illuminare la nostra vita, raccogliamo attraverso la conoscenza della storia […].
XIII, 19. 24. Tutto ciò che il Verbo fatto carne (Gv 1, 14) ha fatto e sofferto per noi nel tempo e nello spazio appartiene, secondo la distinzione che abbiamo cominciato a chiarire, alla scienza, non alla sapienza (cf. 1Cor 12, 8; Col 2, 3). Invece ciò che il Verbo è al di fuori del tempo e dello spazio, è coeterno al Padre e tutto intero in ogni luogo; di questo, se qualcuno può, per quanto gli è possibile, parlare secondo verità, ciò che dirà apparterrà alla sapienza (1Cor 12, 8); per questo motivo il Verbo fatto carne, Cristo Gesù, possiede i tesori della sapienza e della scienza (Gv 1, 14; Col 2, 2-3). Ecco perché l’Apostolo scrive ai Colossesi: “Voglio infatti che voi sappiate quanto grande sia la lotta che io sostengo per voi e per questi che sono a Laodicea e per tutti coloro che non mi hanno mai veduto di persona, affinché siano consolati i loro cuori e, intimamente uniti in carità, possano essere del tutto arricchiti d’una pienezza d’intelligenza, per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo, in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col 2, 1-3). Chi può sapere in quel misura l’Apostolo conosceva questi tesori, quanto era penetrato in essi, quali misteri aveva scoperto? Da parte mia tuttavia, secondo ciò che sta scritto: “La manifestazione dello Spirito è data a ciascuno di noi per utilità: infatti ad uno è dato dallo Spirito il linguaggio della sapienza, ad un altro il linguaggio della scienza, secondo lo stesso Spirito” (1Cor 12, 7-8), se la differenza tra la sapienza e la scienza risiede in questo: che la sapienza si riferisce alle cose divine, la scienza a quelle umane, riconosco l’una e l’altra in Cristo e con me la riconosce ogni fedele di Cristo. E quando leggo: “Il Verbo si è fatto carne ed abitò tra noi” (Gv 1, 14), nel Verbo vedo con l’intelligenza il vero Figlio di Dio (2Cor 1, 19), nella carne riconosco il vero figlio dell’uomo (Dan 7, 13; Mt 9, 6; Mc 2, 10; Lc 5, 24; Gv 5, 27), l’uno e l’altro uniti nella sola persona del Dio-uomo, per un dono ineffabile della grazia. Per questo l’Evangelista aggiunge: “E abbiamo contemplato la sua gloria, gloria uguale a quella dell’Unigenito del Padre pieno di grazia e di verità (Gv 2, 14). Se riferiamo la grazia alla scienza, la verità alla sapienza (cf. 1Cor 12, 8), penso che non andiamo contro la distinzione tra scienza e sapienza, che abbiamo proposto. Infatti, nell’ordine delle cose che traggono la loro origine nel tempo, la grazia più alta è l’unione dell’uomo con Dio nell’unità della stessa persona, nell’ordine delle cose eterne la più alta verità è, a ragione, attribuita al Verbo di Dio. Ora, quello stesso che è l’Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità (Gv 1, 14), l’incarnazione fa sì che egli sia pure quello stesso il quale agisce per noi nel tempo affinché, purificati per mezzo della fede in lui, lo contempliamo per sempre nell’eternità. I più grandi filosofi pagani poterono, per mezzo della creazione, contemplare con l’intelligenza le perfezioni invisibili di Dio (Rm 1, 20); tuttavia poiché filosofarono senza il Mediatore, cioè senza il Cristo uomo e non hanno creduto ai Profeti che vaticinarono la sua venuta, né agli Apostoli che proclamarono tale venuta, hanno tenuta imprigionata la verità, come sta scritto di loro, nell’ingiustizia (Rm 1, 18). Posti in quest’ultimo grado della creazione, non poterono infatti che cercare dei mezzi per giungere a quelle realtà di cui avevamo compreso la grandezza; così facendo sono caduti negli inganni dei demoni che hanno fatto loro scambiare la gloria di Dio incorruttibile con delle immagini rappresentanti l’uomo corruttibile, uccelli, quadrupedi e rettili ( Rm 1, 23). Infatti sotto tali forme hanno costruito degli idoli e hanno reso loro culto (cf. Rm 1, 25). Dunque la nostra scienza è Cristo (cf. 1Cor 12, 8); la nostra sapienza è ancora lo stesso Cristo. È Lui che introduce in noi la fede che concerne le cose temporali, Lui che ci rivela la verità concernente le cose eterne. Per mezzo di Lui andiamo a Lui, per mezzo della scienza tendiamo alla sapienza; senza tuttavia allontanarci dal solo e medesimo Cristo in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2, 3). Ma ora parliamo della scienza, riservandoci di parlare in seguito della sapienza, per quanto Egli ci donerà di farlo. Tuttavia guardiamoci dal prendere queste parole in un’accezione così precisa che ci impedisca di parlare di sapienza a riguardo delle cose umane, e di scienza a riguardo delle cose divine. In senso lato si può parlare di sapienza in ambedue i casi ed in ambo i casi si può parlare di scienza. Tuttavia l’Apostolo non avrebbe scritto mai: “ad uno è dato il linguaggio della sapienza, ad un altro il linguaggio della scienza (1Cor 12, 8), se ciascuna di queste parole non avesse un’accezione propria.

La Trinità, XII, 14,22 e XIII, 19,24, in “Opere di Sant’Agostino”, tr. it. di Giuseppe Beschin, Città Nuova, Roma 1987, vol. IV, pp. 491-492 e 551-555.

Publié dans:SANT'AGOSTINO |on 5 février, 2018 |Pas de commentaires »
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