I MONASTERI DELLE METEORE E LA RIFLESSIONE PAOLINA SUL CELIBATO E LA VERGINITÀ NELLA PRIMA LETTERA AI CORINTI
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I MONASTERI DELLE METEORE E LA RIFLESSIONE PAOLINA SUL CELIBATO E LA VERGINITÀ NELLA PRIMA LETTERA AI CORINTI
(meditazione sul terrazzo del monastero di San Nicola Anapafsas)
Leggiamo sempre i testi della lettera ai Tessalonicesi, ma, fin da ora, vi invito poi, come in altri luoghi, a stare in silenzio un po’. Qui in particolare, faremo il cammino della discesa tutti in silenzio, per meditare.
Tanti vengono qui solo nella confusione dei turisti, solo per scattare fotografie, ma, così, non capiranno niente di questo luogo. Il motivo per cui questo luogo è nato è quello della ricerca di Dio nel silenzio della preghiera. Qui i monaci sono venuti, secoli fa, per questo motivo, quindi, anche per noi, assaporare momenti di silenzio è l’unico modo per capire veramente l’essenza di questo posto.
Allora innanzi tutto questo: la fede cristiana – e S.Paolo usa queste parole – ha inventato delle distinzioni, che sono di un’importanza grandissima e ci aiutano a capire la vita, per parlare del tempo. S.Paolo usa tre espressioni che sono fondamentali (non le ha inventate lui, ma le usa). C’è il “kronos” che è il tempo che scorre. Noi siamo nell’anno 2002 del kronos (del tempo che scorre).
All’interno di questo tempo che va continuamente avanti c’è un altro tempo che lui chiama il “kairos”. Kairos è il “momento opportuno”, se volete la “grande occasione”. Noi usiamo questa espressione per i saldi, o i ragazzi la usano quando gli scappa una ragazza – “ogni lasciata è persa”. S.Paolo usa questa espressione. “L’occasione” è quando si incontra Cristo. Il tempo non è uguale. Il tempo scorre sempre, ma c’è un momento – S.Paolo dirà per esempio, in un’altra lettera: “Questo è il momento favorevole, lasciatevi riconciliare con Dio” – c’è un momento del tempo, della vita, del tempo che scorre in cui a un certo punto tu devi entrare nella Salvezza. E’ il treno che non devi perdere, quella cosa decisiva che apre il tempo che scorre sempre in maniera orizzontale, ma che proprio allora si apre all’incarnazione di Cristo e si apre all’Apostolo che porta Cristo nella tua vita.
La terza espressione fondamentale è la “Parusia”, una parola che dobbiamo imparare ad usare. Noi parliamo troppo poco della parusia che è la seconda venuta nella gloria di Gesù, che è il giudizio finale. Quando il tempo finisce? Non quando si esaurisce il kronos, quando ad un certo punto la Terra tornerà ad essere un globo di fuoco e morirà tutta la vita. No! Il tempo finisce quando – parusia viene dal greco e significa sia “essere presente” sia “arrivare” – viene Cristo nella gloria. E’ la venuta – o la presenza rivelata pienamente – di Cristo. Allora la presenza monastica – ma ogni cristiano deve avere nella memoria e nella vita questo – è la presenza che ricorda sempre ai cristiani da un lato che oggi è il tempo della Salvezza, dall’altro che questa terra è destinata a finire. E non semplicemente perché viene consumata dal kronos, dal tempo, ma perché Cristo la verrà a rinnovare completamente e tutto ciò che non ha a che fare con Cristo verrà eliminato e tutto ciò che ha a che fare con Lui resterà. Allora è per questo ricordo della venuta ultima, delle nozze escatologiche, che nasce il monachesimo.
Sapete, molti non usano più la parola “escatologia”, ma è importantissima. Escatologico è il discorso sugli ultimi tempi. Il cuore degli ultimi tempi è la venuta di Gesù. E’ uno dei temi tabù. Molti cristiani non lo dicono, ma, tragicamente, non credono nella vita eterna, non credono nel paradiso, e così distruggono anche la loro fede. La vita viene allora giudicata solo in base a quello che uno fa o non fa, a quello che uno costruisce o non costruisce. Invece è fondamentale nel Cristianesimo, è al cuore della vita, la seconda venuta di Cristo. E’ unica, nei suoi molti aspetti: da la Resurrezione, la vita eterna, il perdono, la comunione con il Padre.
Allora S.Paolo ha questo orizzonte ampio del tempo, mentre l’uomo non cristiano vede solo il kronos, vede solo le giornate che sempre uguali oppure sempre diverse, si ripetono, vanno avanti in una linea senza mai nessun dialogo, nessuna relazione decisiva con la venuta del Cristo. Il monaco orientale e occidentale, il celibe o la vergine, è colui che non vive il matrimonio, non tanto per essere più pronto per gli altri – non è questa la cosa più importante – ma soprattutto per essere un segno per gli altri che invece sono sposati, che c’è la vita eterna, che c’è una vita in cui quello che si fa in questa terra avrà un valore diverso, avrà una trasfigurazione.
Allora nella prima lettera ai Tessalonicesi – sapete bene che esistono due lettere ai Tessalonicesi; ieri abbiamo cominciato a leggere la prima, lo scritto più antico di tutto il Nuovo Testamento, perché è inviata un anno prima che Paolo arrivi ad incontrare Gallione, come vedremo – al cap. 4, 6 troviamo:
Non vogliamo poi lasciarvi nell’ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
La prima cosa – notate il testo com’è preciso – è: “Perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza”. Qui c’è questa divisione netta – noi, gli altri – non per cattiveria, ma perché è la realtà, la verità della fede. Ci sono persone che non hanno speranza. Noi piangiamo, c’è la nostalgia, però non siamo totalmente afflitti, perché abbiamo la speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e resuscitato. Il testo continua: “Al suono della tromba di Dio, Gesù verrà”. E’ la Parusia – si usa proprio questa parola, la parusia di Gesù. Poi si dice anche: “Non pensate che voi che siete vivi siete meglio degli altri che sono già morti, perché tutti quanti il Signore richiamerà alla vita”. Allora non è che mio nonno è da meno di me perché io sono ancora vivo, ma la venuta del Signore è per lui e per me e per quelli che verranno dopo di me. E’ la stessa realtà di vita eterna che si apre quando il Signore tornerà. “Confortatevi a vicenda con queste parole”.
Subito dopo Paolo, come già Gesù ha insegnato, continua proprio perché non si sa quando questa attesa si compirà e c’è allora l’attenzione al kairos, al momento presente, all’occasione della salvezza oggi:
Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore. E quando si dirà: “Pace e sicurezza”, allora d’improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii.
Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte. Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobrii, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza. Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all’acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni e gli altri, come già fate.
Questa venuta del Signore, questo ritorno che può avvenire anche fra un momento – noi non lo sappiamo – è come le doglie di una donna. A quei tempi non c’erano neanche le ecografie e anche adesso, se non c’è un cesareo non è una cosa che tu puoi dire con sicurezza: “Avverrà in questo giorno”. E così è certo che quel bambino nascerà. E’ certo che nascerà, ma quando nascerà, questo la persona non può che attenderlo. Non dipende da lui, ma dipende da un altro, dipende dal Signore stesso. Noi abbiamo, notate già la triade che è molto forte, la fede, la speranza e la carità. Si dice qual è l’armamento del cristiano, la corazza della fede e della carità, l’elmo della speranza della Salvezza. Siccome poi alcune persone avevano interpretato questa lettera come se S.Paolo fosse sicuro che Cristo sarebbe arrivato proprio fra pochissimo, abbiamo la seconda lettera ai Tessalonicesi. Non è proprio sicuro che l’abbia scritta S.Paolo, perché ci sono molte parole uguali, che sembrano delle vere e proprie copiature dello stile paolino ed allora qualcuno dice che potrebbe essere stata scritta da un suo discepolo che ha preso le sue parole e le ha inserite poi in un messaggio comunque paolino. Come sapete ci sono alcuni testi che sono sicuramente autentici, altri che sono della tradizione paolina, ma non proprio della mano di S:Paolo. Tutti sono comunque “di origine apostolica” (come dice la Dei Verbum) ed ispirati da Dio.
S.Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi sottolinea che non è detto che la parousia arrivi subito. Leggiamo 2 Tessalonicesi, al capitolo 2:
Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente. Nessuno vi inganni in alcun modo!
E poi continua e spiegherà. Paolo comincia dicendo che non è sicuro dell’immediatezza di questa venuta. Lui è sicuro della parousia, ma il fatto che non si sappia il tempo vuol dire che può essere immediata come no. Evidentemente circolavano a quel tempo degli scritti fatti passare a nome di Paolo, come se la parousia fosse una cosa che doveva proprio avvenire da un giorno all’altro. La lettera ai Tessalonicesi – leggiamo l’ultima parte, da 3, 6 – spiega che, per questo, la gente non deve usare l’attesa della vita eterna per non fare niente, per vivere nell’ozio e nella pigrizia. E’ un testo molto divertente questo.
Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi. Sapete infatti come dovete imitarci: poiché noi non abbiamo vissuto oziosamente fra voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e sforzo notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darvi noi stessi come esempio da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace. Voi, fratelli, non lasciatevi scoraggiare nel fare il bene. Se qualcuno non obbedisce a quando diciamo per lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni; non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello.
Qui c’è l’invito a non vivere disordinatamente, senza fare nulla. Mi ricordo che, nel gruppo giovanile della parrocchia dei SS.Protomartiri usavamo questo passo per prendere in giro un ragazzo. Il nostro vice-parroco ci fece notare che era un segno che tutti cominciavamo a conoscere la Bibbia, perché la usavamo anche per scherzare, citando frasi ormai note a tutti. C’era un ragazzo che era sempre agitato e allora dicevamo che c’era una versione di questo testo di S:Paolo – appunto “Sentiamo dire che alcuni vivono disordinatamente, in continua agitazione, senza fare nulla” – che terminava con le parole: “Li esortiamo: prendi il bibitone”, cioé un litro di camomilla per calmarsi!
Allora questo è un testo che appunto dice questa importanza, nell’attesa, di vivere bene il momento presente.
L’ultimo brano che leggiamo qui è un testo importantissimo, scritto alla comunità di Corinto, dove andremo poi. Ma, probabilmente, queste due lettere sono state lette poi anche a Tessalonica, da dove veniamo. Nella I lettera ai Corinzi al cap. 7 c’è il famoso brano in cui S.Paolo spiega il valore della verginità e del celibato nella Chiesa e nella sua diversificazione e complementarietà rispetto al matrimonio. Possiamo avere nella mente, commentandolo, quello che Gesù aveva detto del celibato e della verginità: “Vi sono alcuni che si fanno eunuchi per il Regno di Dio”. E’ un brano importantissimo questo di 1Corinzi 7, proprio per comprendere il senso di quelle parole del Signore che aveva proposto agli uomini una parola sorprendentemente diversa – almeno apparentemente – dalle parole di Dio nella Genesi: “Non è bene che l’uomo sia solo”.
Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna; tuttavia, per il pericolo dell’incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito. La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie. Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione. Questo però vi dico per concessione, non per comando. Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro.
Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere.
Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito – e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito – e il marito non ripudi la moglie.
Agli altri dico io, non il Signore: se un nostro fratello ha la moglie non credente e questa consente a rimanere con lui, non la ripudi; e una donna che abbia il marito non credente, se questi consente a rimanere con lei, non lo ripudi: perché il marito non credente viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi. Ma se il non credente vuol separarsi, si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a servitù: Dio vi ha chiamati alla pace! E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che ne sai tu, uomo, se salverai la moglie? Fuori di questi casi, ciascuno continui a vivere secondo la condizione che gli ha assegnato il Signore, così come Dio lo ha chiamato; così dispongo in tutte le chiese. Qualcuno è stato chiamato quando era circonciso? Non lo nasconda! E’ stato chiamato quando non era ancora circonciso? Non si faccia circoncidere! La circoncisione non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece l’osservanza dei comandamenti di Dio. Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato. Sei stato chiamato da schiavo? Non ti preoccupare; ma anche se puoi diventare libero, profitta piuttosto della tua condizione! Perché lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore! Similmente chi è stato chiamato da libero, è schiavo di Cristo. Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini! Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato.
Quanto alle vergini io non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia. Penso dunque che sia bene per l’uomo, a causa della presente necessità, di rimanere così. Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei sciolto da donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele.
Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo! Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni.
Se però qualcuno ritiene di non regolarsi convenientemente nei riguardi della sua vergine, qualora essa sia oltre il fiore dell’età, e conviene che accada così, faccia ciò che vuole: non pecca. Si sposino pure! Chi invece è fermamente deciso in cuor suo, non avendo nessuna necessità, ma è arbitro della propria volontà, ed ha deliberato in cuor suo di conservare la sua vergine, fa bene. In conclusione, colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio.
La moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se il marito muore è libera di sposare chi vuole, purché ciò che avvenga nel Signore. Ma se rimane così, a mio parere è meglio; credo infatti di avere anch’io lo Spirito di Dio.
Notiamo solo alcuni aspetti. Servirebbe una lunga discussione per approfondire tutto, ma ci sono alcune cose che sono subito chiarissime e che sono di un’importanza capitale. Paolo innanzi tutto affronta alcune cose concrete – ed ha il coraggio di farlo, a differenza del tempo presente! – ma poi arriva, al culmine del brano, a parlare del monachesimo appunto, della vita che si conduce qui alle Meteore, come in ogni altro luogo dove vivono vergini e celibi cristiani.
Per quel che riguarda i punti concreti cui accennavo, vedete che parla delle vedove, per esempio, di cui non si parla mai. Lui dice che la vedova può essere vergine anche lei. Sapete che molte delle monache erano in realtà sposate prima, come S.Melania. Ma, da quel momento in poi, dal momento della morte del marito, scelgono di vivere la loro vita come una presenza di dono a Dio, come un segno di vita eterna. Non è sprecata la vita di una vedova perché è un annunzio fondamentale! Nel nostro mondo sembra che una persona vedova non abbia niente da fare, non abbia alcuna testimonianza da dare. S. Paolo dice: “Manco per niente!” E’ una cosa fondamentale, è un annunzio grandissimo che viene portato.
Parla anche del famoso “privilegio paolino” (così lo chiamerà poi il diritto canonico). Cosa fare se uno è sposato con una persona che non crede o addirittura si oppone alla fede. Paolo dice: “Qui è il mio consiglio, non è legge del Signore”. Il diritto canonico darà la possibilità, se una persona viene ostacolata nella sua fede e nell’educazione dei figli, e se è chiaro che era in aperta opposizione alla fede dall’inizio del matrimonio e prima ancora di sposarsi, di dichiarare nullo il matrimonio, di fare un altro matrimonio perché la persona viene impedita dalla sua relazione a vivere realmente la fede. E’ molto realista Paolo, è una persona estremamente concreta, attenta a questi casi veramente reali che accadono. Quante donne – io le chiamo scherzando le “crocerossine” – si sposano volendo essere madri, più che compagne dei loro mariti e si illudono di cambiarli, di salvarli dai loro vizi e macelli e scoprono, dopo poco dall’inizio del matrimonio, che l’altro resterà esattamente com’era prima. A loro Paolo dice: “E che ne sai tu , donna, se salverai il marito?”. E’ un invito all’attenzione, alla lucidità nell’amore. Lo ripetiamo: l’amore non è cieco, ci vede benissimo. Sono l’innamoramento o la superficialità o l’illusione ad essere ciechi.
Ma il grande annuncio paolino è che esiste una dignità altissima: quella dello stato del vergine e del celibe che è “più perfetto” dello stato dello sposato perché anticipa già in questa terra quello che poi tutti vivranno, in qualche modo, nel mistero del Paradiso.
La Chiesa proclamerà nel Concilio di Trento, con un pronunciamento magisteriale, che appunto lo stato del matrimonio e quello del celibato e della verginità cristiana non sono uguali oggettivamente: “Se qualcuno dirà che il matrimonio è da preferirsi alla verginità o al celibato e che non è cosa migliore e più felice rimanere nella verginità e nel celibato che unirsi in matrimonio, sia anatema (Sessione XIV, canone 10 sul sacramento del matrimonio).
Questo resta vero anche se ognuno ha, a livello soggettivo, la sua vocazione e non può seguire quella di un altro, ma la sua perfezione personale è quella della sua vocazione.
Per questo i monaci – monaco, sapete, vuol dire “monos”, solo, non sposato – vivono questo dono come un segno per tutti quanti gli altri. Qui l’affermazione paolina più importante – nonostante ci dica anche, notate bene, lo abbiamo visto prima, che bisogna lavorare, che se uno arde è meglio che si sposi e stia tranquillo, lo faccia tranquillamente – è che, in fondo, le cose che noi viviamo non sono così importanti. Noi diamo loro troppa importanza. Notate bene, Paolo non si unisce a coloro che le disprezzano – S. Paolo dirà anche che chi disprezza il matrimonio, la carne, il mangiare, il cibo, non ha capito niente – ma, lo stesso, ci dice che il rischio è che noi diamo troppa importanza a questo tempo che passa. Dice: “Sei circonciso, non sei circonciso; ma ti rendi conto che non conta nulla? La cosa fondamentale, quella che conta, è se sei in Cristo o se non sei in Cristo”. Questo può avvenire sia che tu sia sposato, sia che non sia sposato. Però conclude: “Il tempo si è fatto breve”. Letteralmente è un’espressione greca molto bella: “Il tempo ha ammainato le vele”, cioè è come una barca che ormai ammaina le vele per entrare in porto. Il tempo, il kronos, è quasi arrivato alla parusia, la cosa più importante. Il kairos, l’evento di Cristo, è avvenuto, stiamo per arrivare alla fine. Allora, chi piange, pianga ma si renda conto che in fondo è più importante un’altra cosa. Chi gode, goda, chi ha moglie, se la tenga, chi non ha moglie, non la prenda, perché passa la scena di questo mondo. Ripeto, passa non perché non è importante – come dicono i manichei – ma passa perché c’è un’altra realtà più importante, che la giudica e la salva. Un posto come le Meteore, come qualsiasi monastero del mondo, è la vita concreta in mezzo a noi, è la testimonianza di questo fatto: c’è qualcuno in mezzo a noi che dice “Cristo tornerà”, il Figlio dell’Uomo tornerà, grazie a Dio, e la vita sarà diversa, sarà rinnovata, sarà nella piena comunione con Lui e questo è il cuore di tutta quanta la vita del mondo.
Si diviene celibi, nella Chiesa, non tanto per essere più disponibili per gli altri, ma soprattutto per amore di Cristo, come segno dell’attesa della sua venuta. Ecco perché il celibato è così diverso dall’essere “single” – scherzando dico sempre che uno “scapolo” non è un “celibe” ed una “zitella” non è una “vergine” – poiché nasce da una vocazione a testimoniare che la parousia è alle porte, poiché il tempo è compiuto ed il Signore è arrivato e presto tornerà. Ed il suo amore basterà!
Dobbiamo sempre tornare ad annunciare questo, tanto più in un tempo che sembra dire sempre e solo che l’unico amore che esiste è quello fra un fidanzato e la sua ragazza e che ti illude facendoti credere che questo ti basterà e che questa è l’unica vera attesa della vita. La Santa Madre Chiesa, con la presenza dei celibi e delle vergini, continua a rispondere alla domanda superficiale del perché i preti ed i monaci non si sposano, con la domanda: “Come è possibile che l’uomo continui a non cercare l’amore di Dio e l’amore di ogni fratello, che solo basta?”
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