Archive pour novembre, 2016

NON SI ACCORSERO DI NULLA FINCHÉ VENNE IL DILUVIO E TRAVOLSE TUTTI – I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)

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NON SI ACCORSERO DI NULLA FINCHÉ VENNE IL DILUVIO E TRAVOLSE TUTTI – I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)

(27/11/2016)

don Simone Salvadore

« Poiché non sappiamo quando moriremo, si è portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile. Però tutto accade solo un certo numero di volte, un numero minimo di volte.
Quante volte vi ricorderete di un certo pomeriggio della vostra infanzia, un pomeriggio che è profondamente parte di voi che senza, neanche riuscireste a concepire la vostra vita?
Forse altre quattro o cinque volte, forse nemmeno.
Quante altre volte vedrete levarsi la luna? Forse venti?
Eppure tutto sembra senza limite. »
(Tratto dal finale del Film « Il tè nel deserto).
Siamo sempre così distratti, assorbiti dagli impegni, dalle ansie e dalle scadenze della nostra routine quotidiana, da non percepire la grande ricchezza e il valore della vita che siamo e disponiamo.
Avvertiamo quasi l’impossibilità ad identificarci, ad accettarci e riconciliarci pacificamente.
Emerge in noi come un senso di stanchezza e insoddisfazione, una sofferenza quasi malinconica che racconta ed esprime la nostra fatica di vivere, di riuscire, di combaciare il senso del nostro vivere.
A poco valgono i nostri tentativi di rassicurarci e consolidarci dentro quelle abitudini che velatamente sembrano darci tanta sicurezza.
E il rischio di cadere nello sconforto e nelle compensazioni è grande, dalle più innocenti e smorzate dalla sordina del conformismo, alle più oscene e fascinose depravazioni del sesso e della ricchezza del potere.
La Parola di oggi ci ricorda che la cultura dominante dei tempi di Noè, ubriacava la sua generazione di sazietà e di sicurezza di sé, in maniera simile a quella che viviamo nei nostri tempi, soffocando una svolta significativa nella vita delle persone.
L’invito del Vangelo infatti, ad essere svegli e vigilanti consiste proprio in questo: è un invito a ritornare a saper guardare con coraggio alla nostra misera condizione esistenziale, riconoscendone il suo vero volto positivo.
Il Signore Gesù ci supplica, a vivere la nostra malinconia opponendoci con tutte le nostre forze all’inganno demoniaco del delirio di onnipotenza che ci porterebbe all’autodistruzione, al vero indebolimento e allo sradicamento totale della nostra umanità conformata a Dio.
La malinconia che ciascuno di noi vive, esprime quello che siamo e viviamo veramente. Esprime la nostra condizione di eccedenza e di scarto tra ciò che speriamo e ciò che abbiamo o presumiamo di dover avere.
La condizione esistenziale della malinconia che tante volte ci pone in scacco, nasce in noi perché non riusciamo a convivere nella sottile soglia della sostenibilità, fra la povertà della nostra esperienza e le attese di infinito della nostra umanità, chiamata a vivere ad un livello superiore, direi divino.
L’unica strada di salvezza consiste allora nel vivere questa fruttuosa attesa cercando il Signore e rivestendoci della sua esperienza umana (« Rivestitevi invece del Signore Gesù » Rm 13,14).
Nella nostra cosciente povertà, nella nostra paziente e vigilante ricerca delle sue orme nella nostra vita, nella nostra operosa attesa (« La notte è avanzata, il giorno è vicino » Rm 13,12), il Signore ci farà ricchi della sua presenza.
Quel Gesù Bambino che attendiamo in questo e in ogni nuovo Avvento del nostro tempo ci apre la strada; quello stesso Bambino che riceviamo ogni domenica nel mistero dell’Eucaristia.
Ci apre una strada che non fa’ gola, che non ci offre illusioni o soluzioni immediate, ma ci offre una strada di onestà, di cosciente libertà.
Quel Gesù Bambino ci offre una strada di comprensione che al di là di questa vita, c’è davvero qualcosa di più grande, perché « il più Grande » si è fatto piccolo, povero e vicino: dono e pace del cuore malinconico dell’umanità, che è il dono vero, il dono vero del Natale.

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 25 novembre, 2016 |Pas de commentaires »

Jesus prayer in Gethsemane

 Jesus prayer in Gethsemane dans immagini sacre jesusingethsemane

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Publié dans:immagini sacre |on 23 novembre, 2016 |Pas de commentaires »

GRAZIA MERAVIGLIOSA (anche Paolo)

http://www.christianarticles.it/Grazia-meravigliosa.htm

GRAZIA MERAVIGLIOSA (anche Paolo)

Nell’ultima pubblicazione di questa rivista abbiamo appreso che Dio ci ama e che ci ha dimostrato il suo amore con molte azioni meravigliose. In questa pubblicazione vorrei analizzare le basi del nostro rapporto con Dio. Non ci sarebbe alcun bisogno di fare questa analisi, ma sappiamo bene che esistono molti tipi di relazioni, ognuna fondata su base diversa. Questa analisi diventa ancora più importante se si tiene conto di questo fatto: molti cristiani hanno paura che la loro relazione con Dio possa finire, probabilmente a causa di errori che (si preoccupano) possano arrecare dispiacere a Dio. In questa pubblicazione mostreremo che la nostra relazione con Dio non può finire perché è basata sulla grazia, NON sulle opere.

1. Che cos’è la grazia?
La parola “grazia” usata nella Bibbia (inglese “grace”) è la traduzione della parola greca “charis”, che significa “favore immeritato gratuito”. Nella Bibbia, il suo significato è “benevolenza immeritata da parte di Dio”. È estremamente importante capire il significato preciso di questa parola, perché troppo spesso le persone confondono la grazia con le opere. Ma la grazia e le opere sono cose completamente diverse. Leggiamo Romani 4:4:
Romani 4:4
“Ora a colui che opera, la ricompensa non è considerata come grazia, ma come debito”
In questo passo la parola “grazia” è l’equivalente della parola “charis” nel testo greco e, come abbiamo appena appreso, significa grazia. Questo passo ci dice che quando qualcuno opera per qualcosa, quello che riceve in cambio è una ricompensa per l’opera fatta. La ricompensa non gli viene data per grazia perché ha operato per questa e quindi l’ha meritata. Allo stesso modo, quando la Parola di Dio dice che qualcosa ci è stato dato per grazia, significa che ci è stato dato come dono, come qualcosa per cui non eravamo qualificati e per cui non abbiamo lavorato. Pertanto, è chiaro che le cose o si guadagnano per le opere o vengono date per grazia. Non è possibile averle sia per le opere sia per grazia contemporaneamente. Le difficoltà nel capire e nell’accettare questo fatto hanno portato molti cristiani a provare a ottenere con le opere quello che già avevano, invece di rallegrarsi di quello che avevano già per grazia e utilizzarlo per costruire la loro relazione con Dio. In Romani 11:6 troviamo un altro passo che definisce la grazia e il suo legame con le opere.

Romani 11:6
“E se è per grazia, non è più per opere, altrimenti (cioè per opere) la grazia non sarebbe più grazia.”
Questo passo ci spiega ancora una volta quello che già abbiamo visto: se qualcosa è ottenuto per le opere, allora non può essere ottenuto per grazia altrimenti “la grazia non sarebbe più grazia”!!! La Parola di Dio è così chiara e pura. Molte persone che si avvicinano alla Parola di Dio pensano che quello che leggono debba avere un significato diverso da quello che è scritto. Dobbiamo invece capire che la Parola di Dio significa esattamente quello che dice e che dice esattamente quello che significa. Sta a noi, poi, non accettare che la Parola di Dio produca strane idee come ad esempio che dono significa ricompensa e grazia significa opere. Ci avviciniamo alla Parola di Dio con il preconcetto che dobbiamo fare qualcosa per raggiungere una posizione giusta davanti a Dio, e quando vediamo che la Parola di Dio dice che questa posizione ci è stata data per grazia, per mezzo di Gesù Cristo, allora ci preoccupiamo che c’è qualcosa di sbagliato nella Parola. Dovremmo piuttosto chiederci cosa c’è di sbagliato nei nostri preconcetti. Quando vi avvicinate alla Parola di Dio, NON DOVETE MAI FARLO CON DEI PRECONCETTI. Dovete avvicinarvi con l’intenzione di adattare le vostre idee alla Bibbia e non di adattare la Bibbia ai vostri preconcetti. Per quanto concerne l’argomento di salvezza e giustizia esaminato qui, e tenendo conto della confusione che abbonda a riguardo, è sorprendente come Dio stia particolarmente attento nel dirci che quando dice grazia intende dire grazia e non opere!!! Dobbiamo comprendere e apprezzare l’attenzione speciale da parte di Dio.

2. Il giusto, salvato per grazia
La buona novella1 contenuta nella parte della Parola di Dio indirizzata ai credenti dopo il giorno di Pentecoste è che Gesù Cristo aveva rispettato tutte le condizioni richieste, così semplicemente credendo in lui sarete giusti e salvati. È davvero una buona notizia, no? Come leggiamo in Efesini:
Efesini 2:8
“Voi infatti siete stati salvati PER GRAZIA, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il DONO di Dio, non per opere, perché nessuno si glori.”
E Romani 3:20-23, 28
“Perché NESSUNA carne sarà giustificata davanti a lui (Dio) per le opere della legge; mediante la legge infatti vi è la conoscenza del peccato. Ma ORA, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, alla quale rendono testimonianza la legge e i profeti, cioè LA GIUSTIZIA DI DIO MEDIANTE LA FEDE IN GESÙ CRISTO VERSO TUTTI E SOPRA TUTTI COLORO CHE CREDONO, perché non c’è distinzione; poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma SONO GRATUITAMENTE GIUSTIFICATI PER LA SUA GRAZIA, MEDIANTE LA REDENZIONE CHE È IN CRISTO GESÙ .…. Noi dunque riteniamo che l’uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge.”
I passi precedenti, insieme a molti altri, affermano che la nostra salvezza e la nostra giustificazione davanti a Dio non sono basate sul numero di opere buone che abbiamo fatto, che facciamo e che faremo, ma sulla grazia di Dio. Secondo questi passi, anche se rispettiamo tutta la legge non saremo giustificati davanti a Dio, in quanto è scritto che nessuno può essere giustificato davanti a Dio per le opere della legge. Ed è scritto anche che “tutti hanno peccato”. Anche se non commettete nemmeno un errore nella vostra vita (non è vero per me e credo che non lo sia neanche per voi), c’è ancora il peccato di Adamo che si tramanda di generazione in generazione. Ma grazie a Dio, c’è un altro modo attraverso cui possiamo essere giustificati davanti a Lui e questo è chiamato grazia. Sì, qualcuno ha dovuto lavorare per tutti questi doni, per renderli gratuitamente disponibili a noi. Tuttavia, non lo avete fatto voi e non l’ho fatto io: lo ha fatto il Signore Gesù Cristo. In Romani 3 leggiamo quelli che ha fatto Gesù Cristo:
Romani 3:23-26
“Poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono gratuitamente giustificati per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. Lui ha Dio preordinato per far l’espiazione mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare così la sua giustizia per il perdono dei peccati, che sono stati precedentemente commessi durante il tempo della pazienza di Dio, per manifestare la sua giustizia nel tempo presente, affinché egli sia giusto e giustificatore di colui che ha la fede di Gesù.”
La redenzione è IN CRISTO GESÙ, non in quello che voi o io abbiamo ottenuto. Questo è molto importante se vogliamo capire la relazione che abbiamo con Dio. La nostra relazione si basa sulla grazia di Dio e su quello che ha fatto Gesù Cristo, NON sul nostro valore, sulle nostre opere o sui nostri risultati. Siamo giusti davanti a Dio ventiquattro ore al giorno. Il motivo è che questa posizione giusta ci è stata data per grazia. Ci è stata data come conseguenza della benevolenza e dell’amore immeritati che Dio ha per noi. È la “giustizia DI Dio”, NON giustizia di noi stessi, cioè auto-giustizia. La preposizione “di” indica la fonte di giustizia, che non siete voi e non sono io, ma è solo Dio. In Galati leggiamo:
Galati 2:16
“sapendo che L’UOMO NON È GIUSTIFICATO PER LE OPERE DELLA LEGGE MA PER MEZZO DELLA FEDE IN GESÙ CRISTO, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù, affinché fossimo giustificati mediante la fede di Cristo e non mediante le opere della legge, poiché NESSUNA CARNE SARÀ GIUSTIFICATA PER MEZZO DELLA LEGGE.”
Ancora una volta vediamo che nessuno è giustificato per le opere. Se fosse così, potrei dire: “Io ho fatto più di te, quindi merito di più.” Nessuno ha meritato qualcosa da Dio. È Dio che, con il Suo amore, ha sacrificato Suo Figlio, in modo tale che, credendo in lui, saremo giustificati e salvati. Ecco cos’è la grazia! Grazia meravigliosa!
3. “Egli è stato fatto per noi”
Con un semplice sguardo ai pensieri e alle idee di molti cristiani possiamo vedere che l’idea di giustificazione per le opere, cioè auto-giustificazione, è ben radicata in molti cristiani. Tuttavia, le Scritture non sostengono questa idea. Infatti, quello che le Scritture sottolineano non è la nostra abilità di avere una posizione giusta davanti a Dio, ma il sacrificio di Cristo che ha raggiunto questa posizione per noi. In 1 Corinzi 1:30 leggiamo quello che Cristo ha fatto a nome nostro:
1 Corinzi 1:30
“Ora grazie a lui (cioè Dio) voi siete in Cristo Gesù ….”
Ancora una volta vediamo che è GRAZIE A LUI, cioè Dio, che ora siamo in Cristo Gesù. Non è grazie ai nostri meriti o alle nostre abilità, ma è per la grazia, per l’amore e la benevolenza di Dio che noi siamo in Cristo Gesù. Nel verso precedente (verso 29) è scritto “affinché nessuna carne si glori alla sua presenza” (cioè Dio). Tra poco vedremo dove possiamo gloriarci.
1 Corinzi 1:30
“Ora grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale da Dio è stato fatto (SI FECE nel testo greco) per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, affinché, come sta scritto: «CHI SI GLORIA, SI GLORI NEL SIGNORE»”
Gesù Cristo è stato fatto per noi tutte queste cose. È STATO FATTO (passato). Non è scritto che NOI siamo stati fatti per lui. EGLI è stato fatto per noi. È stato fatto da Dio sapienza, giustizia, santificazione e redenzione. Sapete perché siamo giustificati, redenti e santi davanti a Dio? Perché Gesù Cristo È STATO FATTO per noi tutte queste cose. Quando è stato fatto? Quando avete creduto. Quando avete creduto siete stati giustificati, siete stati salvati, siete stati santificati. Lo so, sarebbe stato molto più logico se Dio ci avesse detto: “allora, dovete fare questa e quell’opera e sarete salvati, sarete giustificati ecc.” Nonostante ci siano molti che insegnano esattamente questo, Dio non lo ha mai detto. Quello che Dio ci insegna nella Sua Parola è che, per essere giustificati e salvati, dovete credere in Gesù Cristo.
Ricordo che molte volte mi sono sentito condannato nel mio cuore perché pensavo di dover ottenere la mia posizione giusta davanti a Dio per mezzo delle opere, ma fallivo. È impossibile sviluppare la vostra relazione con Dio se non sapete che INIZIATE come uomini giustificati e salvati. Una volta che capite questo, potete utilizzare queste cose per costruire la vostra relazione con Dio. Se avete un buon rapporto con Dio, allora le opere saranno il frutto del vostro rapporto. Non si tratta di opere che voi avere pianificato di fare per Dio, ma di opere che “DIO ha preparato” (Efesini 2:10) per voi. È così che dovete iniziare. Se iniziate facendo opere buone per ottenere una buona posizione davanti a Dio, allora avete perso l’obiettivo. Andrà a finire che sarete condannati perché state provando a ottenere giustificazione attraverso le opere, che è impossibile. Se iniziate sapendo che Gesù Cristo è stato fatto per voi giustizia, redenzione ecc. e che tutte queste cose vi sono concesse come dono (per GRAZIA) quando avete creduto, allora potete andare avanti e fare le opere che Dio ha preparato per voi. Le opere non sono le fondamenta o il mezzo per la vostra relazione con Dio, ma il FRUTTO di questa relazione.
4. La corazza della giustizia
In Efesini 6 possiamo comprendere ulteriormente il ruolo della giustizia. Qui, infatti, si parla dell’armatura di Dio che ci è stata data per combattere la guerra spirituale:
Efesini 6:13
“Perciò prendete l’intera armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio e restare ritti in piedi dopo aver compiuto ogni cosa.”
Vorrei far notare due cose di questo verso. Innanzitutto, l’armatura è di DIO. NON è un’armatura che avete costruito voi. Ma è piuttosto un’armatura che è stata costruita da DIO. In secondo luogo, siete VOI a prendere l’intera armatura. Dio non la prenderà per voi. Dio l’ha messa a disposizione, ora dovete prenderla voi. Queste due cose sono significative per capire correttamente il prossimo verso. Qui si afferma:
Efesini 6:14“State dunque saldi, avendo ai lombi la cintura della verità, RIVESTITI CON LA CORAZZA DELLA GIUSTIZIA …..”
È su questa seconda parte dell’armatura che concentreremo la nostra attenzione oggi. Questa parte è la corazza della giustizia. Alle varie parti dell’armatura descritte nei versi 14-17 non è stato dato un nome a caso. C’è un motivo per tutto quello che Dio dice. Nella Sua Parola, niente è stato scritto “a caso”. Pertanto, dobbiamo chiederci qual è il compito di una corazza? Credo che la maggior parte di noi conosca la risposta: la corazza di un’armatura protegge il petto. Come tutti voi sapete, il cuore, organo vitale per la nostra vita, si trova nel lato sinistro del petto. Per questo, uno dei compiti più importanti della corazza è proteggere il cuore. Biblicamente, la parola cuore indica la parte più interiore della mente, l’io più intimo di un uomo. Quello che c’è nel nostro cuore determina il nostro essere. Romani 10 ci dice:
Romani 10:9
“Poiché se confessi con la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato.”
Quando la Parola dice “nel tuo cuore” non si riferisce al cuore nel suo significato letterale, perché quel cuore lì non può credere. Si riferisce invece alla parte più interiore della mente, alla parte più interiore dell’essere.
Anche Proverbi 4:23
“Custodisci il tuo cuore con ogni cura, perché da esso sgorgano le sorgenti della vita.”
La Parola di Dio ci esorta a custodire il nostro cuore più di ogni altra cosa. Ancora una volta, quando la Parola dice cuore si riferisce in realtà alla parte più interna della nostra mente. Inoltre, quello che si trova nella parte più interiore del nostro essere determina “le questioni della vita”. Non stupisce, quindi, che è esattamente questa la parte a cui Satana indirizza le sue frecce. Se le sue frecce riescono a trafiggere il cuore, cioè la parte più interiore dell’essere, allora ha ottenuto quello che vuole. Una delle armi che Satana usa frequentemente per dirigere le sue frecce nel cuore dei cristiani devoti e sinceri è la condanna. La condanna è una delle sue armi migliori perché fa ammalare il cuore, la parte più interiore del nostro essere. È una potente arma di Satana in grado di turbare il nostro rapporto con Dio. Gli effetti di questa malattia che colpisce molti cristiani sono descritti in1 Giovanni.
1 Giovanni 3:21
“Carissimi, SE il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia davanti a Dio”
State molto attenti a quel “se”. Notate anche che il riferimento è al cuore. La condanna è una malattia seria che colpisce il cuore, l’essere interiore di un uomo. Quando c’è la condanna nel nostro cuore, non c’è fiducia davanti a Dio; e se non c’è fiducia davanti a Dio, allora metto in discussione la relazione che siamo in grado di avere con Dio. La volontà di Dio è questa: “rallegratevi del continuo nel Signore” (Filippesi 4:4). Tuttavia è impossibile rallegrarsi in Lui quando non si ha fiducia davanti a Lui. Ma Satana non riuscirà a portare la condanna nelle nostre vite SE (e solo se) usiamo l’armatura di Dio per difenderci. La domanda dunque è questa: qual è la parte dell’armatura che Dio ci ha fornito per proteggere il cuore? Efesini 6:14 dice:
Efesini 6:14
“State dunque saldi, avendo ai lombi la cintura della verità, RIVESTITI CON LA CORAZZA DELLA GIUSTIZIA …..”
Questa parte è la “corazza della giustizia”. Ma quale giustizia è questa? Vedete, siamo abituati a leggere questo verso usando il preconcetto di giustizia per le opere. E quindi pensiamo che la giustizia di cui ci parla questo verso sia la nostra auto-giustizia. Diciamo “se sono abbastanza buono e faccio opere buone sarò giustificato”. Ma dimentichiamo che la Bibbia dice “perché NESSUNA carne sarà giustificata davanti a lui (Dio) per le opere della legge”. La giustizia qui non è la nostra auto-giustizia ma la GIUSTIZIA DI (o da) DIO. L’armatura completa è stata preparata per noi DA DIO. È “l’armatura DI DIO”. Non è un’armatura che abbiamo costruito noi. La Parola non dice “Fate l’armatura”, ma dice “PRENDETE l’INTERA ARMATURA DI DIO”. Se l’armatura è di Dio, di chi è la corazza di quell’armatura? È di Dio. Di chi è quindi la giustizia della corazza? È la vostra auto-giustizia ottenuta con le vostre opere buone? No! È la giustizia di Dio; infatti, come l’intera armatura è di Dio, così lo è ognuna delle sue parti. Non avete fatto voi l’armatura. L’avete solo presa. Per quanto riguarda la giustizia, significa che dovete ricordare nel profondo della vostra mente che siete giusti davanti a Dio PER GRAZIA (“giustizia da Dio”) e dunque non provate a ottenere una posizione di auto-giustizia davanti a Lui. Capite che davanti a Lui “nessuna carne sarà giustificata per mezzo della legge” e che “poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono GRATUITAMENTE giustificati PER LA SUA GRAZIA”. Dovete accettare che la grazia è grazia e che le opere sono opere. Dovete capire che quando la Parola dice grazia non intende grazia e alcune opere. Come dicono le Scritture: “E se è per grazia, non è più per opere, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia” (Romani 11:6). Sarete quindi “RIVESTITI CON la corazza della giustizia”. Altrimenti il vostro cuore non sarà protetto e sarà vulnerabile alla malattia della condanna. Satana vi intrappolerà con le sue “trame” perché non indosserete l’intera armatura di Dio, ma qualcosa fatto da voi. Avete preso la corazza di auto-giustizia invece della corazza di giustizia di Dio. MA la corazza di auto-giustizia è stata dichiarata difettosa dalla Parola di Dio. Non deve stupire, quindi, che se prendete questa corazza sarete vulnerabili a questa malattia causata da Satana. Quando proteggiamo il nostro cuore con la vera corazza della giustizia di Dio, allora quello che le Scritture dicono in Romani 8:1 si realizzerà nella nostra vita:
Romani 8:1
“ORA DUNQUE NON VI È ALCUNA CONDANNA PER COLORO CHE SONO IN CRISTO GESÙ”

Anastasio Kioulachoglou

Italiano: Alesia M. (Christian-translation.com)

Note
1. La parola greca tradotta con “vangelo” nella Bibbia (“gospel” inglese) è la parola “euaggelion”, che significa “buona notizia”

Publié dans:anche Paolo, GRAZIA (LA) |on 23 novembre, 2016 |Pas de commentaires »

Cattedrale di Anagni, Particolare della parete a destar dell’abside: il primo cavaliere, Cristo, che insegue gli altri tre, vestito di bianco e con il mantello rosso

Cattedrale di Anagni, Particolare della parete a destar dell'abside: il primo cavaliere, Cristo, che insegue gli altri tre, vestito di bianco e con il mantello rosso dans immagini sacre 04_03_02
http://www.gliscritti.it/arte_fede/anagni/apoc_anagn.htm

Publié dans:immagini sacre |on 22 novembre, 2016 |Pas de commentaires »

BENEDETTO XVI – SAN PAOLO (12) – ESCATOLOGIA: L’ATTESA DELLA PARUSIA.

http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2008/documents/hf_ben-xvi_aud_20081112.html

BENEDETTO XVI – SAN PAOLO (12) – ESCATOLOGIA: L’ATTESA DELLA PARUSIA.

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro

Mercoledì, 12 novembre 2008

Cari fratelli e sorelle,

il tema della risurrezione, sul quale ci siamo soffermati la scorsa settimana, apre una nuova prospettiva, quella dell’attesa del ritorno del Signore, e perciò ci porta a riflettere sul rapporto tra il tempo presente, tempo della Chiesa e del Regno di Cristo, e il futuro (éschaton) che ci attende, quando Cristo consegnerà il Regno al Padre (cfr 1 Cor 15,24). Ogni discorso cristiano sulle cose ultime, chiamato escatologia, parte sempre dall’evento della risurrezione: in questo avvenimento le cose ultime sono già incominciate e, in un certo senso, già presenti.
Probabilmente nell’anno 52 san Paolo ha scritto la prima delle sue lettere, la prima Lettera ai Tessalonicesi, dove parla di questo ritorno di Gesù, chiamato parusia, avvento, nuova e definitiva e manifesta presenza (cfr 4,13-18). Ai Tessalonicesi, che hanno i loro dubbi e i loro problemi, l’Apostolo scrive così: “Se infatti crediamo che Gesù è morto ed è risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti” (4,14). E continua: “Prima risorgeranno i morti in Cristo, quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così saremo sempre con il Signore” (4,16-17). Paolo descrive la parusia di Cristo con accenti quanto mai vivi e con immagini simboliche, che trasmettono però un messaggio semplice e profondo: alla fine saremo sempre con il Signore. E’ questo, al di là delle immagini, il messaggio essenziale: il nostro futuro è “essere con il Signore”; in quanto credenti, nella nostra vita noi siamo già con il Signore; il nostro futuro, la vità eterna, è già cominciata.
Nella seconda Lettera ai Tessalonicesi Paolo cambia la prospettiva; parla di eventi negativi, che dovranno precedere quello finale e conclusivo. Non bisogna lasciarsi ingannare – dice – come se il giorno del Signore fosse davvero imminente, secondo un calcolo cronologico: “Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo!” (2,1-3). Il prosieguo di questo testo annuncia che prima dell’arrivo del Signore vi sarà l’apostasia e dovrà essere rivelato un non meglio identificato ‘uomo iniquo’, il ‘figlio della perdizione’ (2,3), che la tradizione chiamerà poi l’Anticristo. Ma l’intenzione di questa Lettera di san Paolo è innanzitutto pratica; egli scrive: “Quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuol lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni tra di voi vivono una vita disordina, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità” (3, 10-12). In altre parole, l’attesa della parusia di Gesù non dispensa dall’impegno in questo mondo, ma al contrario crea responsabilità davanti al Giudice divino circa il nostro agire in questo mondo. Proprio così cresce la nostra responsabilità di lavorare in e per questo mondo. Vedremo la stessa cosa domenica prossima nel Vangelo dei talenti, dove il Signore ci dice che ha affidato talenti a tutti e il Giudice chiederà conto di essi dicendo: Avete portato frutto? Quindi l’attesa del ritorno implica responsabilità per questo mondo.
La stessa cosa e lo stesso nesso tra parusia – ritorno del Giudice/Salvatore – e impegno nostro nella nostra vita appare in un altro contesto e con nuovi aspetti nella Lettera ai Filippesi. Paolo è in carcere e aspetta la sentenza che può essere di condanna a morte. In questa situazione pensa al suo futuro essere con il Signore, ma pensa anche alla comunità di Filippi che ha bisogno del proprio padre, di Paolo, e scrive: “Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti tra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Persuaso di questo, so che rimarrò e continuerò a rimanere in mezzo a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede, affinchè il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo Gesù, con il mio ritorno tra voi” (1, 21-26). Paolo non ha paura della morte, al contrario: essa indica infatti il completo essere con Cristo. Ma Paolo partecipa anche dei sentimenti di Cristo, il quale non ha vissuto per se, ma per noi. Vivere per gli altri diventa il programma della sua vita e perciò dimostra la sua perfetta disponibilità alla volontà di Dio, a quel che Dio deciderà. È disponibile soprattutto, anche in futuro, a vivere su questa terra per gli altri, a vivere per Cristo, a vivere per la sua viva presenza e così per il rinnovamento del mondo. Vediamo che questo suo essere con Cristo crea una grande libertà interiore: libertà davanti alla minaccia della morte, ma libertà anche davanti a tutti gli impegni e le sofferenze della vita. È semplicemente disponibile per Dio e realmente libero.
E passiamo adesso, dopo avere esaminato i diversi aspetti dell’attesa della parusia del Cristo, a domandarci: quali sono gli atteggiamenti fondamentali del cristiano riguardo alla cose ultime: la morte, la fine del mondo? Il primo atteggiamento è la certezza che Gesù è risorto, è col Padre, e proprio così è con noi, per sempre. E nessuno è più forte di Cristo, perché Egli è col Padre, è con noi. Siamo perciò sicuri, liberati dalla paura. Questo era un effetto essenziale della predicazione cristiana. La paura degli spiriti, delle divinità era diffusa in tutto il mondo antico. E anche oggi i missionari, insieme con tanti elementi buoni delle religioni naturali, trovano la paura degli spiriti, dei poteri nefasti che ci minacciano. Cristo vive, ha vinto la morte e ha vinto tutti questi poteri. In questa certezza, in questa libertà, in questa gioia viviamo. Questo è il primo aspetto del nostro vivere riguardo al futuro.
In secondo luogo, la certezza che Cristo è con me. E come in Cristo il mondo futuro è già cominciato, questo dà anche certezza della speranza. Il futuro non è un buio nel quale nessuno si orienta. Non è così. Senza Cristo, anche oggi per il mondo il futuro è buio, c’è tanta paura del futuro. Il cristiano sa che la luce di Cristo è più forte e perciò vive in una speranza non vaga, in una speranza che dà certezza e dà coraggio per affrontare il futuro.
Infine, il terzo atteggiamento. Il Giudice che ritorna — è giudice e salvatore insieme — ci ha lasciato l’impegno di vivere in questo mondo secondo il suo modo di vivere. Ci ha consegnato i suoi talenti. Perciò il nostro terzo atteggiamento è: responsabilità per il mondo, per i fratelli davanti a Cristo, e nello stesso tempo anche certezza della sua misericordia. Ambedue le cose sono importanti. Non viviamo come se il bene e il male fossero uguali, perché Dio può essere solo misericordioso. Questo sarebbe un inganno. In realtà, viviamo in una grande responsabilità. Abbiamo i talenti, siamo incaricati di lavorare perché questo mondo si apra a Cristo, sia rinnovato. Ma pur lavorando e sapendo nella nostra responsabilità che Dio è giudice vero, siamo anche sicuri che questo giudice è buono, conosciamo il suo volto, il volto del Cristo risorto, del Cristo crocifisso per noi. Perciò possiamo essere sicuri della sua bontà e andare avanti con grande coraggio.
Un ulteriore dato dell’insegnamento paolino riguardo all’escatologia è quello dell’universalità della chiamata alla fede, che riunisce Giudei e Gentili, cioè i pagani, come segno e anticipazione della realtà futura, per cui possiamo dire che noi sediamo già nei cieli con Gesù Cristo, ma per mostrare nei secoli futuri la ricchezza della grazia (cfr Ef 2,6s): il dopo diventa un prima per rendere evidente lo stato di incipiente realizzazione in cui viviamo. Ciò rende tollerabili le sofferenze del momento presente, che non sono comunque paragonabili alla gloria futura (cfr Rm 8,18). Si cammina nella fede e non in visione, e se anche sarebbe preferibile andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore, quel che conta in definitiva, dimorando nel corpo o esulando da esso, è che si sia graditi a Lui (cfr 2 Cor 5,7-9).
Infine, un ultimo punto che forse appare un po’ difficile per noi. San Paolo alla conclusione della sua prima Lettera ai Corinzi ripete e mette in bocca anche ai Corinzi una preghiera nata nelle prime comunità cristiane dell’area palestinese: Maranà, thà! che letteralmente significa “Signore nostro, vieni!” (16,22). Era la preghiera della prima cristianità, e anche l’ultimo libro del Nuovo Testamento, l’Apocalisse, si chiude con questa preghiera: “Signore, vieni!”. Possiamo pregare anche noi così? Mi sembra che per noi oggi, nella nostra vita, nel nostro mondo, sia difficile pregare sinceramente perché perisca questo mondo, perché venga la nuova Gerusalemme, perchè venga il giudizio ultimo e il giudice, Cristo. Penso che se sinceramente non osiamo pregare così per molti motivi, tuttavia in un modo giusto e corretto anche noi possiamo dire, con la prima cristianità: “Vieni, Signore Gesù!”. Certo, non vogliamo che adesso venga la fine del mondo. Ma, d’altra parte, vogliamo anche che finisca questo mondo ingiusto. Vogliamo anche noi che il mondo sia fondamentalmente cambiato, che incominci la civiltà dell’amore, che arrivi un mondo di giustizia, di pace, senza violenza, senza fame. Tutto questo vogliamo: e come potrebbe succedere senza la presenza di Cristo? Senza la presenza di Cristo non arriverà mai un mondo realmente giusto e rinnovato. E anche se in un altro modo, totalmente e in profondità, possiamo e dobbiamo dire anche noi, con grande urgenza e nelle circostanze del nostro tempo: Vieni, Signore! Vieni nel tuo modo, nei modi che tu conosci. Vieni dove c’è ingiustizia e violenza. Vieni nei campi di profughi, nel Darfur, nel Nord Kivu, in tanti parti del mondo. Vieni dove domina la droga. Vieni anche tra quei ricchi che ti hanno dimenticato, che vivono solo per se stessi. Vieni dove tu sei sconosciuto. Vieni nel modo tuo e rinnova il mondo di oggi. Vieni anche nei nostri cuori, vieni e rinnova il nostro vivere, vieni nel nostro cuore perché noi stessi possiamo divenire luce di Dio, presenza tua. In questo senso preghiamo con san Paolo: Maranà, thà! “Vieni, Signore Gesù!”, e preghiamo perché Cristo sia realmente presente oggi nel nostro mondo e lo rinnovi.

 

Solomon’s pool found in ruins

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Publié dans:immagini sacre |on 21 novembre, 2016 |Pas de commentaires »

LA CORSA DI SAN PAOLO VERSO IL PARADISO

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LA CORSA DI SAN PAOLO VERSO IL PARADISO

Filippesi 3,[8]Anzi, tutto (i privilegi che lo legano al suo popolo ndr.) ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo [9]e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede. [10]E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, [11]con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti. [12]Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo. [13]Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, [14]corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. [15]Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. [16]Intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea. [17]Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate a quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi.
[18]Perché molti, ve l’ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo: [19]la perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra. [20]La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, [21]il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose. (Vedi il contesto di Filippesi 3)

1Corinti 9,[24]Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! [25]Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile. [26]Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l’aria, [27]anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato.

Le difficoltà di Paolo in 2 Corinzi 11,22-33
22Sono Ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! 23Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. 24Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; 25tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. 26Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; 27disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. 28Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. 29Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?
30Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. 31Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco. 32A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per catturarmi, 33ma da una finestra fui calato giù in una cesta, lungo il muro, e sfuggii dalle sue mani.

La lotta tra corpo e Spirito in Romani 8,6-9
6Ora, la carne tende alla morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. 7Ciò a cui tende la carne è contrario a Dio, perché non si sottomette alla legge di Dio, e neanche lo potrebbe. 8Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. 9Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi.

Publié dans:LETTURE DALLE EPISTOLE DI PAOLO |on 21 novembre, 2016 |Pas de commentaires »
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