NON SI ACCORSERO DI NULLA FINCHÉ VENNE IL DILUVIO E TRAVOLSE TUTTI – I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
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NON SI ACCORSERO DI NULLA FINCHÉ VENNE IL DILUVIO E TRAVOLSE TUTTI – I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
(27/11/2016)
don Simone Salvadore
« Poiché non sappiamo quando moriremo, si è portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile. Però tutto accade solo un certo numero di volte, un numero minimo di volte.
Quante volte vi ricorderete di un certo pomeriggio della vostra infanzia, un pomeriggio che è profondamente parte di voi che senza, neanche riuscireste a concepire la vostra vita?
Forse altre quattro o cinque volte, forse nemmeno.
Quante altre volte vedrete levarsi la luna? Forse venti?
Eppure tutto sembra senza limite. »
(Tratto dal finale del Film « Il tè nel deserto).
Siamo sempre così distratti, assorbiti dagli impegni, dalle ansie e dalle scadenze della nostra routine quotidiana, da non percepire la grande ricchezza e il valore della vita che siamo e disponiamo.
Avvertiamo quasi l’impossibilità ad identificarci, ad accettarci e riconciliarci pacificamente.
Emerge in noi come un senso di stanchezza e insoddisfazione, una sofferenza quasi malinconica che racconta ed esprime la nostra fatica di vivere, di riuscire, di combaciare il senso del nostro vivere.
A poco valgono i nostri tentativi di rassicurarci e consolidarci dentro quelle abitudini che velatamente sembrano darci tanta sicurezza.
E il rischio di cadere nello sconforto e nelle compensazioni è grande, dalle più innocenti e smorzate dalla sordina del conformismo, alle più oscene e fascinose depravazioni del sesso e della ricchezza del potere.
La Parola di oggi ci ricorda che la cultura dominante dei tempi di Noè, ubriacava la sua generazione di sazietà e di sicurezza di sé, in maniera simile a quella che viviamo nei nostri tempi, soffocando una svolta significativa nella vita delle persone.
L’invito del Vangelo infatti, ad essere svegli e vigilanti consiste proprio in questo: è un invito a ritornare a saper guardare con coraggio alla nostra misera condizione esistenziale, riconoscendone il suo vero volto positivo.
Il Signore Gesù ci supplica, a vivere la nostra malinconia opponendoci con tutte le nostre forze all’inganno demoniaco del delirio di onnipotenza che ci porterebbe all’autodistruzione, al vero indebolimento e allo sradicamento totale della nostra umanità conformata a Dio.
La malinconia che ciascuno di noi vive, esprime quello che siamo e viviamo veramente. Esprime la nostra condizione di eccedenza e di scarto tra ciò che speriamo e ciò che abbiamo o presumiamo di dover avere.
La condizione esistenziale della malinconia che tante volte ci pone in scacco, nasce in noi perché non riusciamo a convivere nella sottile soglia della sostenibilità, fra la povertà della nostra esperienza e le attese di infinito della nostra umanità, chiamata a vivere ad un livello superiore, direi divino.
L’unica strada di salvezza consiste allora nel vivere questa fruttuosa attesa cercando il Signore e rivestendoci della sua esperienza umana (« Rivestitevi invece del Signore Gesù » Rm 13,14).
Nella nostra cosciente povertà, nella nostra paziente e vigilante ricerca delle sue orme nella nostra vita, nella nostra operosa attesa (« La notte è avanzata, il giorno è vicino » Rm 13,12), il Signore ci farà ricchi della sua presenza.
Quel Gesù Bambino che attendiamo in questo e in ogni nuovo Avvento del nostro tempo ci apre la strada; quello stesso Bambino che riceviamo ogni domenica nel mistero dell’Eucaristia.
Ci apre una strada che non fa’ gola, che non ci offre illusioni o soluzioni immediate, ma ci offre una strada di onestà, di cosciente libertà.
Quel Gesù Bambino ci offre una strada di comprensione che al di là di questa vita, c’è davvero qualcosa di più grande, perché « il più Grande » si è fatto piccolo, povero e vicino: dono e pace del cuore malinconico dell’umanità, che è il dono vero, il dono vero del Natale.
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