VIA I CRITERI MONDANI DALLA VITA PIENA – OMELIA XXXII – T.O.
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VIA I CRITERI MONDANI DALLA VITA PIENA – OMELIA XXXII – T.O.
padre Gian Franco Scarpitta
XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (06/11/2016)
Nel mondo giudaico vigeva la cosiddetta « Legge del Levirato (ebraico Levir = cognato) per la quale, quando una donna restava vedova senza aver avuto figli, era tenuta a sposare il fratello del coniuge estinto per garantire la continuità nella discendenza e pacificare ogni situazione relativa all’eredità (Cfr Dt 25, 5-10). Anche il fratello del defunto era tenuto ad accettare che la vedova diventasse sua consorte e in caso di rifiuto veniva sottoposto a un rito punitivo alla presenza dei sacerdoti. Il primogenito che scaturiva dalla nuova unione sponsale prendeva il nome del trapassato.
Su questa normativa fanno leva i Sadducei, movimento teologico religioso che nega la risurrezione dei morti e la vita eterna: vogliono tendere un tranello a Gesù per coglierlo in fallo e gli pongono una questione assai spinosa e delicata. Gli pongono un caso deprecabile e inverosimile, ai limiti dell’assurdo, che solamente in occasioni straordinarie si sarebbe potuto verificare: se una donna è stata sposa di sette fratelli e tutti quanti sono morti senza lasciarle prole, al momento della resurrezione finale questa donna di chi sarà moglie? » E’ appunto inverosimile e fantasioso che possa verificarsi un caso di matrimonio con ben sette fratelli e che tutti quanti muoiano senza lasciarle figli. Impossibile a pensarsi. Eppure i sottili ragionatori miscredenti nella vita eterna lo espongono a Gesù per avere argomento sul quale poter obiettare e porre ostacoli e difficoltà.
Ma ciò che è ancora più assurdo è che questi Sadducei tendano ad equiparare i parametri degli sposalizi terreni con la nuova dimensione di gloria nella quale ci si troverà al momento della risurrezione. Non appena ciascuno di noi si troverà nella nuova dimensione di gloria definitiva di pace e di comunione piena con il Signore che è il paradiso, la perfezione sarà talmente totalizzante che scompariranno le barriere e le differenziazioni della vita presente e decaderanno tutti i limiti spazio temporali. Nel paradiso ci attende la comunione piena con tutti coloro che abbiamo conosciuto in questa vita e con tutti quanti gli altri che non avremo conosciuto, i quali familiarizzeranno immediatamente con noi nella forza dell’amore riconciliante di Dio Padre. Saremo tutti quanti un Uno. A Karl Barth venne chiesto se in paradiso avremmo rivisto i nostri cari, ed egli rispose: « Non soltanto i nostri cari… » Nella pienezza della vita tutto sarà all’insegna dell’amore e della perfezione, per cui non vi saranno le differenziazioni che adesso ci dividono. Pertanto non si potrà pretendere che in paradiso troveremo le stesse differenziazioni che vigono in questo mondo e che intercorrono nella nostra società e nei nostri rapporti. E va da sé che le suddette diversificazioni e barriere di divisione non potranno sussistere neppure al momento della resurrezione finale. Anche in quel determinato istante persisteranno i parametri propriamente paradisiaci, per cui non vi saranno limitazione di cultura, di etnia, nazionalità o parentela. La vita eterna non si misura con il metro della vita umana terrena.
Il problema della conciliabilità fra la resurrezione e la prescrizione del Levirato di conseguenza non si pone, perché al momento finale incontreremo un mondo rinnovato e scevro dalle intemperanze di cui il presente storico è caratterizzato, vivremo una dimensione che avrà del nuovo, dell’universalmente valido e del meraviglioso per la quale ci si dischiuderanno « cieli nuovi e terra nuova » (2 Pt 3, 13) che richiamano le promesse di Isaia e che delineano una situazione di benessere nella piena comunione con Dio che noi vedremo faccia a faccia e con cui instaureremo una comunione e una familiarità illimitata che sarà la nostra salvezza. Quindi non sussisteranno più le differenziazioni sociali che adesso ci distinguono e ci separano, non avranno più motivo di esistere legami di parentela e situazioni di comunicazione e di relazioni legali, ma tutti quanti saremo uno e ci riconosceremo gli uni gli altri, e anche coloro con i quali adesso non coltiviamo alcun contatto saranno a noi vicini e familiari. Ragion per cui nessuno porrà il problema del Levirato o di altra legge scritta e neppure vi saranno normative o legiferazioni orali o di altro stampo: al massimo saremo tutti fratelli.
Nella nuova terra scompariranno i criteri di divisione e di sezionamento che caratterizzano la nostra vita attuale; saranno superate tutte le barriere fra uomo e uomo e non avremo necessità di distinguerci neppure nei gradi di parentela e di consanguineità: davanti alla gloria di Dio tutti saremo simili a lui e fra i noi e ci riconosceremo immediatamente non più come marito, moglie, cognato, cugino, amico ecc ma semplicemente come figli di Dio.
Cosicché la risposta di Gesù oltre che a lasciare interdetti i miscredenti Sadducei, ci ragguaglia un’altra volta sull’amore di Dio che supera tutti i limiti perché prevarica le limitazioni che ci siamo costruiti, elude tutte le barriere perché pone come unica barriera la possibilità dell’odio che si oppone all’amore e alla gioia piena e allo stesso tempo ci interpella perché anche il nostro presente possa svolgersi tutto in direzione della gloria finale della resurrezione.
Certo, come illustra a suo modo il brano odierno tratto dal libro dei Maccabei, la resurrezione finale non necessariamente avverrà per la vita: coloro che avranno operato il male risusciteranno infatti per un giudizio di condanna e agli empi spetterà la giusta retribuzione per aver vissuto contro Dio e lontani dalle aspettative dell’Amore, ma nella volontà di amore salvifico divino si pone sempre l’obiettivo della salvezza e della gioia infinita per la quale la nostra speranza attende di diventare certezza e procura intanto di incamminarsi verso il medesimo traguardo di gloria.

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