28 AGOSTO 2016 | 22A DOMENICA T. ORDINARIO – ANNO C | APPUNTI PER LA LECTIO

http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/03-annoC/annoC/2016/05-Ordinario_C/Omelie/22a-Domenica/14-22a-Domenica-C_2016-SC.htm

28 AGOSTO 2016 | 22A DOMENICA T. ORDINARIO – ANNO C | APPUNTI PER LA LECTIO

« Quando sei invitato, non metterti al primo posto » A Gesù tutto fornisce occasione di insegnamento: anche un invito a pranzo, come quello descrittoci oggi da Luca. Le due brevi parabole che leggiamo nel Vangelo (Lc 14,7-14), infatti, prendono spunto da certi atteggiamenti, o abitudini, o allusività simboliche implicate nel semplice gesto di un banchetto, per richiamare a realtà più alte, a valori più profondi e universali. C’è anche una terza parabola che segue immediatamente – quella degli invitati a cena che non accettano (14,15-24) – che si muove sullo stesso sfondo: il banchetto come espressione di amicizia, di rapporto umano, di incontro con gli altri. Tutto questo è importante non solo perché ci fa scoprire la finezza « pedagogica » di Gesù che sa prendere spunto da ogni cosa, ma soprattutto perché ci dice come non ci sia realtà che non sia aperta a un messaggio che la trascende: in tal modo per Gesù l’umano diventa « via » al divino, di cui è come un simbolo o una prefigurazione. E non per nulla egli assumerà proprio l’esperienza umana del mangiare insieme sia per esprimere il banchetto messianico escatologico (cf Lc 14,15-24), sia per donarci l’Eucaristia! Tenendo presenti queste considerazioni, potremo capire anche meglio il messaggio delle due parabole, che non vogliono certamente suggerirci delle regole di comportamento sociale per le rare o anche frequenti occasioni in cui possiamo essere invitati, o invitiamo altri « a pranzo », ma intendono piuttosto darci un ammaestramento per la nostra partecipazione di ogni giorno al « banchetto » della fede e della vita cristiana, che ha indubbiamente i suoi momenti forti nella celebrazione dell’Eucaristia.

« Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato » Gesù, dunque, essendo stato invitato a pranzo in casa di uno dei capi dei farisei, si mette a osservare, piuttosto incuriosito, l’atteggiamento degli altri invitati: tutti cercavano di piazzarsi ai primi posti! Uno strano modo, anche questo, di affermare la propria superiorità! Davanti alla miserabile fatuità di quella gente Gesù racconta la sua parabola: « Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato » (vv. 8-11). Anche nella tradizione rabbinica c’era una regola di « galateo conviviale » che suona quasi alla stessa maniera: « Tienti lontano di due o tre posti da quello che ti spetta e attendi che ti si dica: « Sali più su! Sali più su », piuttosto che sentirti dire: « Scendi, scendi! »". Del resto, tutto questo faceva parte dell’esperienza sapienziale dell’A. Testamento: « Non far pompa di te in presenza di un re e non collocarti al posto dei grandi, perché è meglio che ti si dica: « Sali quassù! », piuttosto che essere respinto indietro sotto gli occhi di un principe » (Prv 25,6-7). Tutto questo, però, non era altro che un suggerimento di condotta pratica per non rimanere coinvolti in situazioni imbarazzanti davanti agli altri. La « regola conviviale » data da Gesù, invece, è qualcosa di più che un invito a essere accorti per non fare brutta figura; è un’allegoria, che « scaturisce dai retroscena di quella bramosia di arraffare i primi posti. Essa esprime una verità che si riferisce al regno di Dio: chi vuole entrare in questo regno dev’essere piccolo o farsi tale, senza avanzare delle pretese false o presuntuose. La frase finale ne dà la spiegazione: Dio abbassa chi s’innalza e innalza chi si abbassa. Egli escluderà dal regno dei cieli colui che si vanta di essere giusto e sbandiera davanti a Dio i propri diritti; vi accoglierà invece l’umile che si reputa indegno dei doni divini. « Dio rivela il suo segreto agli umili » (Eccl 3,20). La piccolezza dell’umile è la prima condizione per essere ammessi nel regno di Dio (6,20) ». È una « regola di vita », dunque, che Gesù propone ai suoi: la regola dell’umiltà, per cui veramente ricerchiamo solo l’ultimo posto, che già di per sé è una « grazia » e un gesto d’amore da parte di Dio. Nella trasparenza della parabola, infatti, colui che invita ad andare « più avanti » (v. 10) è Dio: tutto il piano della salvezza e il nostro posto in quel piano sono esclusivo « dono » dell’amore del Padre. L’unico atteggiamento dei credenti, perciò, è quello di non pretendere nulla, ma di aspettarsi tutto da Dio: non siamo noi grandi, ma è lui che ci fa grandi, se ci rendiamo disponibili alla sua azione. E per questa via può anche porci al di sopra degli altri, se a lui piace. È quanto è capitato a Cristo che, pur essendo il primo, si è fatto il « servo » di tutti e « perciò Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome » (Fil 2,9). È quanto egli ribadisce con forza durante l’ultima Cena, quando gli Apostoli litigavano fra di loro per occupare i primi posti: « Chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve » (Lc 22,26-27). Proprio perché nel regno di Dio l’unica grandezza è quella dell’umiltà e del servizio, dovremmo tutti sforzarci di essere gli ultimi, o fra gli ultimi: è certo allora che diventeremo i « primi ». La vacuità umana, però, è tanto grande che anche oggi i cristiani, e perfino gli « apostoli », continuano a contendere per il « primo posto »!

« Quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi e ciechi » Allargando poi il suo insegnamento e muovendosi sempre sul piano delle allusività a cui si prestava il banchetto al quale era stato invitato, Gesù insegna il disinteresse, l’abbandono di ogni calcolo anche in certi gesti che a prima vista possono apparire generosi, ma in fondo sono soltanto egoistici: « Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti… » (vv. 12-14). Di nuovo, Gesù non intende proporre una regola conviviale, estrosa e paradossale: vuol suggerire, invece, una regola di vita che valga per tutti i rapporti sociali, in cui debbono essere privilegiati coloro che normalmente gli uomini mettono al margine, se non al bando: « poveri, storpi, zoppi, ciechi ». È una semplice esemplificazione quella di Luca, che però abbraccia delle categorie di persone che nella società ebraica del tempo di Gesù erano perfino escluse dal servizio religioso nel tempio. Nella comunità di Qumran, ad esempio, non poteva essere ammesso chi avesse difetti ai piedi o alle mani, chi fosse mal formato, sordo o muto. Perché questo capovolgimento operato da Cristo nelle consuetudini sociali? Credo, fondamentalmente, per due motivi. Il primo è quello della « gratuità ». Se inviti a pranzo i tuoi amici, o i tuoi parenti, ecc., anch’essi a loro volta ti inviteranno e così tu hai già ricevuto il « contraccambio » (v. 12). Oltre tutto, questo rischia di non farti essere sincero nelle tue azioni, perché introduce l’ombra del calcolo, del secondo fine anche nelle cose più belle. Che cosa c’è di più bello, infatti, di un banchetto fraterno? Eppure anche in questo ci può essere l’insidia, dice Gesù. Se invece inviti i poveri, gli storpi, gli zoppi ecc., « sarai beato perché non hanno da ricambiarti » (v. 14). A questo punto è chiaro che la tua azione vale solamente per quello che di autentico, di semplice, di limpido e di buono contiene: seconde intenzioni non possono guastarla! L’unica « ricompensa » è quella che ti darà il Signore « alla risurrezione dei giusti » (v. 14). In tal modo l’uomo è riportato alla « nudità » della sua coscienza e del suo agire. Ma proprio allora la mia azione, nella sua umiltà, diventa grande: essa vale solo per se stessa, per la bontà che la pervade e la ispira. Il secondo motivo del capovolgimento operato da Cristo, al di là della mera « gratuità », è la « preferenza » che egli dà ai poveri e agli abbandonati in una società che li emargina. È un insegnamento che, forse, noi cristiani non abbiamo sempre preso sul serio. Già la lettera di S. Giacomo, che secondo alcuni sarebbe lo scritto più antico del cristianesimo, ci documenta su certe discriminazioni che i cristiani del tempo facevano perfino nelle assemblee liturgiche: « Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: « Tu siediti qui comodamente », e al povero dite: « Tu mettiti in piedi lì », oppure: « Siediti qui ai piedi del mio sgabello », non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi? » (2,14). Questa preferenza verso « i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi », che stanno a rappresentare tutti gli emarginati della società e che oggi potrebbero essere i vecchi, i bambini deformi e quelli non ancora nati, gli handicappati, i drogati, i carcerati, i profughi, ecc., è anch’essa un gesto di umiltà, la scelta dell’ultimo posto. Ma solo così saremo invitati a « passare più avanti » nella sala del banchetto. Pure trascesa all’infinito dal brano del Vangelo, è su questa strada che si muoveva già la « sapienza » dell’A. Testamento, riportatoci dalla prima lettura: « Quanto più sei grande, tanto più umiliati; così troverai grazia davanti al Signore, perché dagli umili egli è glorificato » (Sir 3,18-20).

Settimio CIPRIANI  (+

Publié dans : OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |le 26 août, 2016 |Pas de Commentaires »

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