BRANO BIBLICO SCELTO – ROMANI 10,8-13

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BRANO BIBLICO SCELTO – ROMANI 10,8-13

Fratelli, 8 che dice la Scrittura? « Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore »: cioè la parola della fede che noi predichiamo. 9 Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. 10 Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. 11 Dice infatti la Scrittura: « Chiunque crede in lui non sarà deluso ». 12 Poiché non c’è distinzione fra giudeo e greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l’invocano. 13 Infatti: « Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato ».  

COMMENTO Romani 10,8-13 L’efficacia della fede Nei cc. 9-11 della sua lettera ai Romani Paolo si pone un problema che doveva interessare direttamente i cristiani provenienti dal giudaismo: come si può dire che Cristo abbia portato la salvezza definitiva se proprio i giudei, ai quali per primi era stata promessa, l’hanno rifiutata. Nel c. 10, riprendendo uno spunto già presente nel capitolo precedente, egli afferma che Israele non ha raggiunto quella giustizia di cui era il primo destinatario perché non ha capito che proprio secondo la Scrittura essa si acquista esclusivamente mediante la fede. Questo malinteso non è frutto di ignoranza, ma di un rifiuto colpevole, che già i profeti avevano preannunziato. Di questa argomentazione la liturgia riprende solo il brano in cui si parla dell’efficacia della fede. Per capirlo correttamente bisogna ricordare che Paolo, in contrapposizione con la giustizia che proviene dalla legge, descrive qui la giustizia che viene dalla fede. A questo proposito egli utilizza anzitutto nei vv. 6-7 un brano del Deuteronomio, riletto alla luce della traduzione aramaica (Targum) che a sua volta si ispira al Sal 107,26: in esso si dice che il comando del Signore «non è nel cielo perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Non è di là dal  mare(Tg: nel profondo del grande abisso), perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare (Tg: chi scenderà nel grande abisso) per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Anzi questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica» (Dt 30,11-14). In questo testo si vuole esprimere la sintonia della legge con le intime aspirazioni del cuore umano. Secondo Paolo invece la giustizia (personificata) che viene dalla fede esorta a non usare le espressioni «chi salirà al cielo» oppure «chi discenderà nell’abisso» perché esse significano rispettivamente la venuta di Cristo e la sua risurrezione (vv. 6-7), due eventi che si sono già realizzati. Inizia qui il testo liturgico in cui Paolo si pone la domanda: «Che dice dunque?» e risponde: «Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo» (v. 8). In questa risposta egli fa uso di Dt 30,14, riprendendo però solo la prima parte («Anzi questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore»), mentre sostituisce la seconda («perché tu la metta in pratica»). La vera giustizia si limita a dire, con le parole della Scrittura, che la parola di Dio è una realtà non lontana dal credente, ma molto vicina a lui, sulla sua bocca e nel suo cuore. Ma la parola di cui parla il testo biblico non è altro che la «parola della fede» (rêma tês pisteôs) che Paolo predica. Nella sua rilettura dunque il testo biblico non indica più, come nel contesto originale, la legge che il credente è invitato a praticare, ma la predicazione apostolica, il cui compito non è altro che quello di annunziare la venuta di Cristo e la sua risurrezione al fine di suscitare la fede in lui. L’apostolo poi prosegue: «Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (v. 9). Con queste parole egli commenta Dt 30,14 così come è stato da lui citato. Da esso egli ricava il principio secondo cui, facendo con la bocca l’antica professione di fede cristiana («Gesù è il Signore») e credendo con il cuore che egli è stato risuscitato dai morti, si ottiene la salvezza. Le due parti di questo versetto sono strettamente parallele: professione con la bocca e fede del cuore sono due modi diversi per dire la stessa cosa, cioè la piena adesione al Cristo risuscitato. E aggiunge, sempre facendo ricorso al parallelismo: «Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza» (v. 10). In altre parole, la fede nella risurrezione di Cristo, professata con sincerità dalla comunità cristiana, produce la giustificazione che è il primo passo verso la salvezza finale. A sostegno di questa affermazione egli riporta un altro testo biblico: «Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso» (v. 11). Questo testo, già citato nel capitolo precedente, viene ricavato dal libro di Isaia, dove si afferma: «Chiunque crede in lui non sarà deluso» (Is 28,16). Dal testo di Isaia Paolo deduce poi questa conclusione: «Poiché non c’è distinzione fra giudeo e greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l’invocano» (v. 12). Il fatto che sia proprio la fede, coltivata nel cuore e proclamata con la bocca, a procurare la giustificazione e la salvezza, è prova e garanzia che questa è accessibile a tutti coloro che lo invocano, siano essi giudei o gentili: poiché è il Signore di tutti, Dio fa a tutti i suoi doni. E di nuovo Paolo fa appello a un testo biblico che conferma questa conclusione: «Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (v. 13). Questo testo è ricavato da Gioele, il quale dice: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3,5). Il «Signore» è Gesù, che viene così identificato con il Signore (JHWH),. L’invocazione del suo nome coincide con l’espressione della fede in lui, che diventa fonte di salvezza per tutta l’umanità.

Linee interpretative In questo brano Paolo vuole anzitutto sottolineare come la giustizia provenga esclusivamente dalla fede in Cristo, come appare, secondo lui, da un testo riguardante la vicinanza della parola di Dio e la sua sintonia con il cuore del credente. Secondo lui il messaggio evangelico della giustificazione mediante la fede in Gesù Cristo è stato predicato al popolo giudaico in modo adeguato, mediante messaggeri inviatigli ufficialmente da Dio. Il rifiuto di Cristo da parte dei giudei è dunque frutto di una scelta deliberata e colpevole: non si tratta quindi di un evento tale da mettere in discussione la fedeltà di Dio, ma di una decisione sbagliata, la cui responsabilità ricade sul popolo stesso. D’altronde il comportamento di questo popolo nei confronti di Cristo corrisponde all’immagine che ne danno proprio le Scritture che esso riconosce come sacre. A sostegno della sua tesi, l’apostolo porta una serie di brani biblici che, in quanto parola di Dio, ritiene più convincenti di qualsiasi rilievo oggettivo, citandoli però al di fuori del loro contesto e dando loro un significato abbastanza diverso da quello che avevano originariamente. Egli dunque interpreta le Scritture con una notevole libertà, della quale d’altronde anche i dottori del suo tempo si avvalevano senza eccessivi scrupoli. Ispirandosi ad alcuni testi biblici molto noti egli attribuisce alla fede, che per lui ha come oggetto la morte e la risurrezione di Cristo, il posto centrale nel processo che porta alla giustificazione e alla salvezza. Egli può fare ciò perché ha presente in modo globale la predicazione dei profeti, i quali pronunziano una dura condanna nei confronti di Israele, considerato come un popolo che per sua natura è infedele a JHWH. In tal modo egli può dimostrare che Dio vuole la salvezza di tutti, senza legarsi alla tradizionale divisione dell’umanità in giudei e gentili. Il passaggio dell’annunzio evangelico ai gentili non rappresenta dunque una sconfessione o un rifiuto dei giudei da parte di Dio, ma piuttosto l’attuazione del suo progetto originario, in quanto esso aveva lo scopo di far sì che mediante i giudei la salvezza giungesse a tutta l’umanità.

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