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10 GENNAIO 2016 | BATTESIMO DI GESÙ – ANNO C | OMELIA

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10 GENNAIO 2016 | BATTESIMO DI GESÙ – ANNO C | APPUNTI PER LA LECTIO

* Is 40,1-5.9-11 – Si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà. * Dal Salmo 103 – Rit.: Benedetto il Signore che dona la vita. * Tt 2,11-14; 3,4-7 – Il Signore ci ha salvati mediante un lavacro di rigenerazione nello Spirito Santo. * Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Viene uno più forte di me, dice Giovanni; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Alleluia. * Lc 3,15-16.21-22 – Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.

BATTESIMO DEL SIGNORE (Domenica dopo l’Epifania) « Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto »

Il Battesimo di Gesù è anch’esso una grande « epifania », cioè la rivelazione della sua missione di salvezza proprio all’inizio della vita pubblica: è giusto perciò che venga celebrato immediatamente dopo la festa dell’Epifania, quasi come un suo ideale prolungamento. Quello che già era percepibile alla coscienza della primitiva comunità cristiana nell’episodio dei Magi che, « prostratisi adorarono » il neonato « re dei Giudei » (Mt 2,11), diventa chiaro ed esplicito nel Battesimo di Gesù: egli è veramente il « Figlio di Dio », che si è fatto uomo per salvarci. Di qui l’importanza basilare attribuita a tale fatto, che ci viene riferito non solo dalla tradizione sinottica, ma anche da Giovanni.

« Io vi battezzo con acqua… » Per quanto riguarda i brani del Vangelo odierno, che è ripreso da Luca (3,15-16.21-22), c’è da dire che effettivamente l’Evangelista, pur sottolineando « l’umiliazione » di Gesù nel sottomettersi al battesimo di Giovanni, tende a metterne in evidenza la grandezza, anzi la « divinità », come risulterà dalla voce celeste: « Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto » (v. 22). Il brano consta di due parti ben distinte. Nella prima (3,15-16) abbiamo la risposta di Giovanni alla gente che riteneva fosse lui il Messia: « Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco » (v. 16). Giovanni dunque proclama la maggiore « grandezza » di colui che deve venire, arguendola dal Battesimo di maggiore efficacia che egli amministrerà: « in Spirito Santo e fuoco ». Lo « Spirito Santo » allude alla forza « creatrice » e « rinnovatrice » che il Messia riverserà sui credenti per renderli uomini « nuovi »; il « fuoco » poi allude non solo alla purificazione che opererà il Battesimo, così come si purifica l’oro nel crogiuolo, ma anche al suo significato escatologico, di discriminazione definitiva fra il bene e il male: « Egli ha nella sua mano il ventilabro per purificare la sua aia e raccogliere il frumento nel suo granaio; la pula, però, la brucerà con un fuoco inestinguibile » (Lc 3,17). Il Battesimo cristiano è un evento « escatologico »! Nella seconda parte (3,21-22), poi, abbiamo la rapida descrizione del Battesimo di Gesù con alcune particolarità care a Luca. Prima di tutto Giovanni scompare dalla scena, per far luogo esclusivamente a Gesù: in questa maniera si vuol dimostrare che il « più forte » è già venuto, anche se esso compie un gesto di umiliazione che lo assimila a tutti gli altri uomini « peccatori ». Il battesimo di Giovanni, infatti, era « un battesimo di penitenza per la remissione dei peccati » (Lc 3,3). Di qui tutta la tensione che c’è nel gesto di Gesù, e che si spiega soltanto perché egli vuole effettivamente partecipare alla condizione di tutti gli uomini, per indicare a loro un itinerario di « umiltà » rigenerante: soltanto nella misura in cui sapremo riconoscerci negli altri, con tutto il peso delle loro colpe e delle loro sofferenze, sapremo anche esprimere i gesti di amore di cui essi hanno bisogno. In questo senso ci riesce più comprensibile sia la discesa dello Spirito sopra Gesù al momento del suo Battesimo, sia la voce che risuona nel cielo e che grida: « Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto » (v. 22). Infatti, è in virtù della presenza dello Spirito di Dio, di cui il Messia doveva essere ripieno, che egli inizia e porterà a termine la sua missione di salvezza e di riscatto degli uomini dal peccato: il Battesimo del Signore è l’inizio di una lunga strada, che culminerà nella morte di croce « per la remissione dei peccati » di tutti gli uomini (cf Mt 26,28). Per questo egli chiamerà « battesimo » la sua stessa passione e morte: « Ho un battesimo in cui devo essere battezzato, e come mi sento teso fino a che non sia compiuto! » (Lc 12,49). D’altra parte, proprio perché Gesù è disposto fino al « battesimo » estremo per salvare gli altri, egli è particolarmente accetto al Padre: « Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto » (v. 22). Questo aprirsi e donarsi di Cristo agli altri, come già ci testimoniava il testo di Isaia sopra esaminato, tende a dilatare l’amore di Dio a tutti gli uomini: perciò in lui c’è come una « concentrazione » di amore del Padre, una « predilezione » appunto, che, mentre lo isola facendolo emergere, lo accomuna maggiormente a tutti i fratelli. Amandolo di più, Dio fa sì che il Figlio da lui « prediletto » ci ami anche di più! Pur avendo di mira prevalentemente il significato « cristologico » del fatto, è certo però che l’Evangelista vuol cogliere anche delle indicazioni per il Battesimo cristiano, che dovrà avvenire « in Spirito Santo e fuoco » (v. 16). Il che significa che per ogni credente il Battesimo deve essere continuamente riscoperto come una « trasformazione » che lo Spirito Santo opera in noi, per fare anche di ciascuno, sull’esempio di Cristo, dei « servi » di Jahvèh, disponibili nell’amore e nell’offerta agli altri fino al sacrificio di se stessi. Il Battesimo cristiano appare in tal modo una « consacrazione » di amore a Dio e ai fratelli: è questo il senso della « figliolanza » adottiva che esso produce in noi. Ed è qui anche il suo valore di evento « escatologico »: una decisione definitiva e irrevocabile di appartenere al « regno » che Cristo è venuto a instaurare nell’umiltà, ma anche nella forza incrollabile che lo « Spirito » gli somministra continuamente.

« Quando si sono manifestati la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini… » Prevalentemente orientata ad un approfondimento del Battesimo cristiano è la seconda lettura ripresa dalla lettera a Tito, anche se l’immediato contesto è di forte contenuto « cristologico ». « È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle buone opere » (Tt 2,11-14). È evidente in questo brano il riferimento alla Incarnazione, che è la più grandiosa « rivelazione » (epifanía, nel greco) della « grazia » misericordiosa del nostro Dio (v. 11): dopo di quella, per il cristiano, c’è solo l’attesa della seconda « manifestazione » nella « gloria » (v. 13) del giudizio finale. Teso fra queste due « epifanie », egli ha il dovere di « vivere » sull’esempio di Cristo, « rinnegando l’empietà e i desideri mondani » (v. 12), praticando la « sobrietà », la « giustizia » e la « pietà » (v. 12), per poter partecipare alla immortalità futura. Come si vede, gli « eventi » di Cristo condizionano l’esperienza di vita del cristiano, proprio perché il nostro Battesimo è come un misterioso « innesto » nella vita del Signore morto e risorto: il « credere » è sempre un impegno a « fare »!

« Egli ci ha salvati mediante un lavacro di rigenerazione… » Nel tratto che segue c’è una ripresa della stessa tematica « cristologica » con una sottolineatura, anche più energica, della « gratuità » della salvezza, alla quale abbiamo accesso mediante il Battesimo: « Quando si sono manifestati la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna » (3,4-7). Qui siamo in piena teologia paolina, dove fondamentale è l’iniziativa di amore di Dio nei nostri riguardi: « Egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia » (v. 5). E la sua « misericordia » « si manifesta » (v. 4) non tanto e solo nel « dono » che egli ci ha fatto di Cristo nella Incarnazione, ma anche nei « segni » sacramentali che tale « dono » continuamente ci ripropongono e attualizzano. Il Battesimo è precisamente uno di questi « segni », anch’essi espressione dell’amore sempre nuovo di Dio. È interessante il modo con cui viene qui descritto il Battesimo: « lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo » (v. 5). Esso è prima di tutto un « lavacro »: l’acqua, che è la materia indispensabile per amministrarlo, « lava », monda, purifica dai peccati. In secondo luogo, il Battesimo è « rigenerazione », ci fa nascere una seconda volta. Si ricordino le parole di Gesù a Nicodemo: « In verità, in verità ti dico: se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio » (Gv 3,3). In terzo luogo, il Battesimo è « rinnovamento », cioè « vita nuova » nello Spirito: e « vita nuova » vuol dire soprattutto impegno a realizzare tutte le esigenze del Vangelo. S. Paolo altrove esorta i cristiani di Efeso a « deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima… e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera » (Ef 4,22.24). È in questa maniera che il Battesimo ci fa fin dal presente « eredi, secondo la speranza, della vita eterna » (Tt 3,7). Possedendo infatti lo Spirito, abbiamo già la « caparra » dei beni futuri, come dice altrove meravigliosamente S. Paolo (2 Cor 1,22): nel Battesimo noi ci compromettiamo con Dio, ma è anche vero che lui si compromette con noi!

« Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore » La prima lettura, invece, ha un rapporto piuttosto labile con il mistero che celebriamo oggi, salvo il rimando a Giovanni Battista, che la tradizione neotestamentaria ha visto prefigurato in quella « voce » misteriosa, che esorta a « preparare la via al Signore » che viene (Is 40,3). In realtà, però, la missione di Giovanni è molto più ampia di quella, pur grandissima, di amministratore del suo « battesimo di penitenza »: egli « prepara » la via al Signore soprattutto annunciando una generale « conversione », di cui il suo battesimo era soltanto un simbolo esterno. Il testo di Isaia è un messaggio di fiducia, perché annuncia la prossima liberazione dalla schiavitù babilonese, immaginando, con forte afflato lirico, che un messaggero vada a Gerusalemme a portarne il lieto annunzio: « Consolate, consolate il mio popolo… / Parlate al cuore di Gerusalemme / e gridatele / che è finita la sua schiavitù… / Una voce grida: / « Nel deserto preparate / la via al Signore, / appianate nella steppa la strada per il nostro Dio. / Ogni valle sia colmata, / ogni monte e colle siano abbassati… / Allora si rivelerà la gloria del Signore / e ogni uomo la vedrà, / perché la bocca del Signore ha parlato »" (Is 40,1-5). Riletto nell’odierno contesto liturgico, il brano vuol forse sottolineare che nel Battesimo di Gesù, che segna l’inizio della sua vita pubblica, veramente si è « rivelata la gloria del Signore » (v. 5) con la discesa dello Spirito e l’attestazione della voce celeste: « Tu sei il mio figlio prediletto; in te mi sono compiaciuto » (Lc 3,22). Una « gloria », però, che nasce dalla umiliazione, significata dal rito battesimale, a cui Gesù si sottomette come un peccatore qualsiasi. A questo doppio aspetto di « gloria » e di « umanità » semplice e dimessa nello stesso tempo sembrano richiamare i versetti finali dell’oracolo profetico: « Sali su un alto monte, / tu che rechi liete notizie in Sion… / Alza la voce, non temere; / annunzia alle città di Giuda: / « Ecco il vostro Dio! / Ecco, il Signore Dio viene con potenza… / Come un pastore egli fa pascolare il gregge / e con il suo braccio lo raduna; / porta gli agnellini sul seno / e conduce pian piano le pecore madri »" (Is 40,9-11). Con il gesto del suo Battesimo Gesù si è fatto davvero solidale con tutti gli uomini: « il pastore grande delle pecore » ci ha raccolti al suo seno, non disdegnando la nostra miseria: anzi proprio perché eravamo deboli e smarriti, ci ha presi nel suo « braccio »!

Settimio CIPRIANI  (+)

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 8 janvier, 2016 |Pas de commentaires »

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Publié dans:immagini sacre |on 7 janvier, 2016 |Pas de commentaires »

GIOVANNI CRISOSTOMO, OMELIE SULLA LETTERA AGLI EFESINI, 19,3-4

http://tanogabo.com/alcuni-scritti-di-san-giovanni-crisostomo/

SOLO LA PROVVIDENZA PUÒ SPIEGARE IL FUNZIONAMENTO DEL MONDO

GIOVANNI CRISOSTOMO, OMELIE SULLA LETTERA AGLI EFESINI, 19,3-4

Crisostomo3“Si interrogano gli ingrati e gli insensati: «Non dovrebbe esser proprio della bontà di Dio concedere per tutti uguaglianza di onori?». Dimmi, o ingrato, quali sono le cose che tu affermi non esser proprie della bontà di Dio, e che cosa intendi per «uguaglianza di onori»? Uno è storpio da fanciullo, un altro diventa pazzo ed è invasato da un demonio; un altro, che giunge al limite della vecchiaia, ha trascorso tutta la vita nella povertà; un altro in gravissime malattie: sono queste le opere della provvidenza? Uno è sordo, un altro muto; uno è povero; un altro, infame e scellerato e pieno d’innumerevoli vizi, guadagna denaro e mantiene meretrici e fannulloni, possiede una casa bellissima e conduce una vita senza mai lavorare. E raccolgono molti esempi del genere, tessendo un lungo discorso contro la provvidenza di Dio. Che dunque? Non vi è nessuna provvidenza? Che cosa rispondiamo loro? Se fossimo greci e ci dicessero che il mondo è retto da qualcuno, anche noi diremmo loro le stesse cose: Perché non c’è nessuna provvidenza? Perché mai, allora, voi avete il culto degli dèi e adorate demoni ed eroi? Infatti, se esiste una provvidenza, essa si prende cura di tutto. Se vi fossero alcuni, cristiani o anche greci, che si scoraggiassero e vacillassero, che cosa diremmo loro? Tante cose, dimmi, ti prego, sarebbero dunque sorte buone per caso? La luce del giorno, l’ordine predisposto nelle cose, il movimento circolare degli astri, l’eguale corso dei giorni e delle notti, l’ordine della natura tanto nelle piante quanto negli animali e negli uomini? Chi è mai, domando, colui che governa tutte queste cose? Se nessuno le dirige ed esse dipendono tutte da se stesse, chi ha mai fatto questa volta così grande e bella, il cielo appunto, collocato tutt’intorno alla terra e anche sopra le acque? Chi dà alle stagioni dei frutti? Chi ha posto tanta vita nei semi e nelle piante? Ciò che avviene per caso, infatti, è assolutamente disordinato; ciò che presenta ordine e armonia, invece, è stato prodotto con ingegno. Infatti, ti chiedo, quelle cose che da noi avvengono per caso, non sono piene di grande confusione, tumulto e turbamento? E non parlo soltanto di quanto avviene per caso, ma anche di ciò che è fatto da qualcuno, ma senza criterio. Ad esempio, vi siano legna e pietre, e vi sia anche la calce; ora, un uomo inesperto nell’arte di costruire, servendosi di questi, si accinga a edificare e a compiere qualcosa: costui non manderà forse in rovina e non distruggerà ogni cosa? E ancora, si dia una nave senza nocchiero, provvista di tutto quanto una nave debba possedere, tranne il nocchiero: potrebbe forse navigare? E la terra stessa, che è tanto estesa, posta com’è al di sopra delle acque, potrebbe rimanere tanto tempo immobile, se non vi fosse qualcuno in grado di sorreggerla? E tutto ciò è forse ragionevole? Non è ridicolo pensare queste cose?… Se volessimo esporre esaurientemente, in tutto e per tutto, fin nei dettagli, tutte quelle cose della provvidenza, non ci basterebbero tutti i secoli. Domanderò, infatti, a chi abbia chiesto ciò: queste cose avvengono grazie alla provvidenza o senza la provvidenza? Se rispondesse: «Non sono della provvidenza», gli domanderei ancora: Come dunque sono state fatte? Ma non potrebbe rispondere in alcun modo. A maggior ragione, perciò, non devi investigare con curiosità intorno alle cose umane. Perché? Poiché l’uomo è l’essere più illustre e onorevole di tutti, e tutte le cose sono state create per lui, non lui per esse. Se dunque non conosci la sapienza e il governo della provvidenza riguardo all’uomo, in che modo potresti mai scoprire quali siano le sue ragioni? Dimmi un po’, perché mai essa ha creato l’uomo così piccolo e così distante dall’altezza del cielo al punto che dubiti di quelle cose che si mostrano dall’alto? Perché le regioni australi e boreali sono inabitabili? Dimmi, perché la notte è stata fatta più lunga d’inverno e più corta in estate? Perché tanto freddo? Perché il caldo? Perché la mortalità del corpo? E altre innumerevoli cose voglio sapere da te; se tu vorrai, non smetterò d’interrogarti perché tu possa replicarmi in tutto. Pertanto, la caratteristica più confacente alla provvidenza è questa: che le sue ragioni rimangano per noi ineffabili. Qualcuno, infatti, non avendo compreso il nostro pensiero, avrebbe potuto ritenere che l’uomo sia la causa di tutte le cose. «Tuttavia, direbbe qualcuno, quell’uomo è povero: e la povertà è un male». Ma che cos’è il male? Che cos’è la cecità, o uomo? Vi è un solo male: peccare; e solo di questo dobbiamo preoccuparci. Invece, tralasciando di scrutare le cause dei veri mali, ricerchiamo con curiosità altre cose. Perché nessuno di noi cerca mai di scoprire il motivo profondo per il quale ha peccato? È in mio potere di peccare, oppure no? Ma che bisogno c’è di usare un grande giro di parole? Cercherò tutto in me stesso: forse che sono riuscito qualche volta a vincere la passione? Ho vinto qualche volta l’ira per pudore o per timore umano? In tal modo, accertato questo, scoprirò che è in mio potere peccare. Nessuno si preoccupa di comprendere e di approfondire queste cose; al contrario, sconsideratamente, come si legge in Giobbe, l’uomo nuota disordinatamente nelle parole (Gb 11,12).”

VERSI DELLA BIBBIA CHE DIMOSTRANO CHE, OLTRE AL PADRE, ANCHE IL FIGLIO E LO SPIRITO SANTO SONO DIO.

http://camcris.altervista.org/trinit.html

VERSI DELLA BIBBIA CHE DIMOSTRANO CHE, OLTRE AL PADRE, ANCHE IL FIGLIO E LO SPIRITO SANTO SONO DIo.

da uno scritto di G. Butindaro

Riguardo al Figlio. – L’apostolo Giovanni scrive: « Nel principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa é stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta…. E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità » (Giov. 1:1-3;14).

Riassumendo: Gesù era ed è l’Eterno Iddio, esistente da sempre, prima del tempo e della materia: « Nel principio era la Parola ». Egli era ed è una Persona distinta da Dio Padre: « La Parola [il Figliuolo preincarnato] era con Dio » (il Padre). Egli era ed è Dio: « La Parola era Dio » (Giov. 1:1). Egli è coesistente con Dio Padre fin dall’Eternità (verso 2). Egli è il Creatore dell’universo (verso 3).

- Paolo disse di Gesù Cristo ai Colossesi che « in lui si compiacque il Padre di far abitare tutta la pienezza » (Col. 1:19). Ed è proprio in virtù del fatto che in Cristo abitò tutta la pienezza della Divinità che noi abbiamo potuto ricevere da lui grazia sopra grazia infatti Giovanni dice: « E’ della sua pienezza che noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia sopra grazia » (Giov. 1:16). – L’apostolo Paolo disse ai Romani: « Dai quali (dagli Israeliti) è venuto, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno. Amen » (Rom. 9:5). Quindi Cristo Gesù, benché fu trovato nell’esteriore come un uomo, é l’Iddio che è benedetto per l’eternità. – Paolo dice a Tito: « Aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore, Cristo Gesù… » (Tito 2:13). – L’apostolo Pietro ha chiamato anche lui Gesù Cristo « il nostro Dio e Salvatore », infatti all’inizio della sua seconda epistola è scritto: « Simon Pietro, servitore e apostolo di Gesù Cristo, a quelli che hanno ottenuto una fede preziosa quanto la nostra nella giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo » (2 Piet. 1:1). – Nell’epistola agli Ebrei è scritto che « dice del Figliuolo: Il tuo trono, o Dio, è nei secoli dei secoli… » (Ebr. 1:8). Anche da queste parole tratte dal quarantacinquesimo salmo si comprende chiaramente che il Figliuolo è Dio. – Nel libro degli Atti degli apostoli tra le parole che Paolo rivolse agli anziani della chiesa di Efeso vi sono queste: « Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, la quale egli ha acquistata col proprio sangue » (Atti 20:28). Ora, in queste parole è detto che Dio ha acquistato la sua Chiesa con il suo sangue, il che a prima vista parrebbe incredibile perché sappiamo che non è Dio che è morto sulla croce ed ha versato il suo sangue per noi, ma il suo unigenito Figliuolo. Ma esaminando attentamente questo passo e confrontandolo con altri passi della Scrittura noteremo che qui Paolo si riferisce al Figliuolo di Dio e non a Dio il Padre il quale nei giorni della carne del suo Figliuolo continuava ad essere assiso sul suo trono nel cielo. Ricordatevi che quando Toma disse a Gesù: « Signor mio e Dio mio » (Giov. 20:28), ammise implicitamente che il suo Dio era morto sulla croce, che aveva sparso il suo sangue per comprarci con esso, e poi era risorto; ma badate che non è che con quelle parole ammise che Dio Padre era morto sulla croce; dico questo per farvi comprendere che c’è sempre da fare una chiara distinzione tra Dio Padre e Dio Figliuolo. Sono due persone unite e della medesima sostanza da ogni eternità, ma nello stesso tempo diverse tra loro e devono essere nominate separatamente al fine di non scambiare l’una per l’altra. In conclusione, Gesù Cristo è l’Iddio che, secondo le parole di Paolo, ha comprato la sua Chiesa con il suo sangue. – Sempre in questa lettera è scritto: « E quando di nuovo introduce il Primogenito nel mondo, dice: Tutti gli angeli di Dio l’adorino » (Ebr. 1:6). Ora, noi sappiamo che gli angeli adorano solo Dio secondo che è scritto: « L’esercito de’ cieli t’adora » (Neh. 9:6); quindi, siccome gli angeli sanno che si deve adorare solo Dio (l’angelo di Gesù che apparve a Giovanni sull’isola di Patmo, quando vide che Giovanni si prostrò davanti a lui per adorarlo gli disse: « Guàrdati dal farlo… Adora Iddio! » [Ap. 22:9]) essi sanno e riconoscono che Gesù Cristo è Dio. E poi se Dio Padre ha ordinato ai suoi angeli di adorare il suo Figliuolo vuole dire che Egli stesso riconosce in Cristo Gesù la seconda persona della Divinità. Se Gesù non fosse Dio, il Padre non avrebbe giammai ordinato ai suoi angeli di adorarlo. – Paolo dice ai Filippesi: « Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù; il quale, essendo in forma di Dio non riputò rapina l’essere uguale a Dio, ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini… » (Fil. 2:5-7). In questa maniera Paolo ha confermato sia che Cristo Gesù era uguale a Dio, e sia che Egli come Figliuolo di Dio era presso il Padre avanti la fondazione del mondo.

Riguardo allo Spirito Santo. Innanzi tutto va detto che lo Spirito Santo è una persona infatti parla secondo che é scritto: « Perciò, come dice lo Spirito Santo, Oggi, se udite la sua voce, non indurate i vostri cuori.. » (Ebr. 3:7-8); « E lo Spirito disse a Filippo: Accostati, e raggiungi codesto carro » (Atti 8:29); « E come Pietro stava pensando alla visione, lo Spirito gli disse: Ecco tre uomini che ti cercano. Lèvati dunque, scendi, e và con loro, senza fartene scrupolo, perché sono io che li ho mandati » (Atti 10:19-20); « E mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati » (Atti 13:2); « Ma quando sia venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà le cose a venire » (Giov. 16:13); « Ma lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede » (1 Tim. 4:1). Lo Spirito Santo rivela secondo che é scritto in Luca: « Gli era stato rivelato dallo Spirito Santo che non vedrebbe la morte prima d’aver veduto il Cristo del Signore » (Luca 2:26). Lo Spirito ascolta perché Gesù disse di lui: « Dirà tutto quello che avrà udito » (Giov. 16:13). Lo Spirito vede infatti i sette occhi che aveva l’Agnello che vide Giovanni sono i sette Spiriti di Dio, o come disse il profeta Zaccaria « gli occhi dell’Eterno » (Zacc. 4:10). Lo Spirito prega secondo che é scritto: « Lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili… esso intercede per i santi secondo Iddio » (Rom. 8:26-27). Lo Spirito Santo fa nascere di nuovo secondo che è scritto: « …se uno non è nato d’acqua e di Spirito non può entrare nel regno di Dio… quel che è nato dallo Spirito, è spirito » (Giov. 3:5,6). Lo Spirito Santo costituisce gli anziani nella chiesa secondo che disse Paolo agli anziani di Efeso: « Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, la quale egli ha acquistata col proprio sangue » (Atti 20:28). Lo Spirito Santo può vietare di fare qualcosa, come fece verso gli apostoli, secondo che é scritto: « Poi, traversarono la Frigia e il paese della Galazia, avendo lo Spirito Santo vietato loro d’annunziar la Parola in Asia » (Atti 16:6) (vorrei che notaste che il verbo vietare é menzionato anche in queste Scritture che si riferiscono alla persona di Gesù: « Allora vietò ai suoi discepoli di dire ad alcuno ch’egli era il Cristo » [Matt. 16:20], e: « E Gesù ordinò loro di non parlarne ad alcuno; ma più lo divietava loro e più lo divulgavano… » [Mar. 7:36]). Lo Spirito Santo può non permettere certe cose secondo che é scritto: « Giunti sui confini della Misia, tentarono d’andare in Bitinia; ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro » (Atti 16:7) (anche in questo caso vorrei che notaste che in queste altre Scritture il non permettere qualcosa si riferisce alla persona di Gesù: « E come egli montava nella barca, l’uomo ch’era stato indemoniato lo pregava di poter stare con lui. E Gesù non glielo permise… » [Mar. 5:18-19]; « Non permetteva loro di parlare, perché sapevano ch’egli era il Cristo » [Luca 4:41]). Lo Spirito può essere contristato infatti é scritto: « E non contristate lo Spirito Santo di Dio.. » (Ef. 4:30); « Ma essi furono ribelli, contristarono il suo Spirito Santo » (Is. 63:10). Lo Spirito può essere contrastato infatti Stefano disse davanti al Sinedrio: « Voi contrastate sempre allo Spirito Santo; come fecero i padri vostri, così fate anche voi » (Atti 7:51). Lo Spirito può essere tentato infatti Pietro disse a Saffira: « Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? » (Atti 5:9). Allo Spirito si può mentire infatti Pietro disse ad Anania: « Anania, perché ha Satana così riempito il cuor tuo da farti mentire allo Spirito Santo e ritener parte del prezzo del podere? » (Atti 5:3). Allo Spirito si può parlare contro secondo che é scritto: « Ma a chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello avvenire » (Matt. 12:32). Lo Spirito Santo insegna secondo che é scritto: « Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa… » (Giov. 14:26), ed ancora: « Quando poi vi condurranno davanti alle sinagoghe e ai magistrati e alle autorità, non state in ansietà del come o del che avrete a rispondere a vostra difesa, o di quel che avrete a dire; perché lo Spirito Santo v’insegnerà in quell’ora stessa quel che dovrete dire » (Luca 12:11-12); ed ancora: « E desti loro il tuo buono Spirito per istruirli… » (Neh. 9:20); ed anche: « Noi ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito… » (1 Cor. 2:13). Lo Spirito investiga infatti é scritto: « Lo Spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio » (1 Cor. 2:10). Lo Spirito ricorda le parole del Signore secondo che è scritto: « E vi rammenterà tutto quello che v’ho detto » (Giov. 14:26). Lo Spirito ha un sentimento secondo che é scritto: « Colui che investiga i cuori conosce qual sia il sentimento dello Spirito.. » (Rom. 8:27). Ora, metteremo a confronto i passi della Scrittura che si riferiscono allo Spirito Santo di Dio con quelli che si riferiscono a Dio al fine di dimostrare che lo Spirito Santo é Dio. – Lo scrittore agli Ebrei dice: « ..Quanto più il sangue di Cristo che mediante lo Spirito eterno ha offerto se stesso puro d’ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire all’Iddio vivente? » (Ebr. 9:14), e Mosè afferma di Dio: « Ab eterno in eterno, tu sei Dio » (Sal. 90:2). Lo Spirito è quindi eterno come lo è Dio. – Davide disse a Dio: « Dove me ne andrò lungi dal tuo Spirito? » (Sal. 139:7), mentre Dio disse a Geremia: « Potrebbe uno nascondersi in luogo occulto sì ch’io non lo vegga? dice l’Eterno » (Ger. 23:24). Lo Spirito è dunque onnipresente come lo è Dio. – Paolo dice che « lo Spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio » (1 Cor. 2:10), mentre Anna disse di Dio: « L’Eterno è un Dio che sa tutto » (1 Sam. 2:3). Lo Spirito è quindi onnisciente come lo è Dio. – Elihu disse: « Lo Spirito di Dio mi ha creato » (Giob. 33:4), mentre Davide disse a Dio: « Poiché sei tu che hai formato le mie reni, che m’hai intessuto nel seno di mia madre » (Sal. 139:13). Lo Spirito quindi crea come fa Dio. – Gesù disse: « …se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio… quel che è nato dallo Spirito, è spirito » (Giov. 3:5,6), mentre Giovanni dice che coloro che credono nel nome del Figlio di Dio « son nati da Dio » (Giov. 1:13). Lo Spirito fa dunque nascere di nuovo come fa Dio. – Pietro, prima disse ad Anania: « Anania, perché ha Satana così riempito il cuor tuo da farti mentire allo Spirito Santo e ritener parte del prezzo del podere? » (Atti 5:3), e poi gli disse: « Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio » (Atti 5:4). Mentire allo Spirito Santo quindi equivale a mentire a Dio. – Nel libro degli Atti degli apostoli é scritto che Paolo disse a dei Giudei che rifiutarono di credere nel Vangelo: « Ben parlò lo Spirito Santo ai vostri padri per mezzo del profeta Isaia dicendo: Và a questo popolo e dì: Voi udrete coi vostri orecchi e non intenderete; guarderete coi vostri occhi, e non vedrete… » (Atti 28:25-26), mentre nel libro del profeta Isaia queste parole sono attribuite al Signore degli eserciti che Isaia vide in visione secondo che é scritto: « Nell’anno della morte del re Uzzia, io vidi il Signore assiso sopra un trono alto… Poi udii la voce del Signore che diceva: Chi manderò? E chi andrà per noi? Allora io risposi: ‘Eccomi, manda me!’ Ed egli disse: ‘Và, e dì a questo popolo: Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza discernere!… » (Is. 6:1,8-9). Quindi lo Spirito Santo mandò Isaia a predicare come fece anche il Signore degli eserciti. – Nel libro degli Atti degli apostoli dopo che lo Spirito Santo parlò ad Antiochia dicendo: « Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati » (Atti 13:2), è scritto che essi « mandati dallo Spirito Santo, scesero a Seleucia, e di là navigarono verso Cipro » (Atti 13:4). Gesù disse: « Ben è la mèsse grande, ma pochi son gli operai. Pregate dunque il Signor della mèsse che spinga degli operai nella sua mèsse » (Matt. 9:37-38), facendo chiaramente capire che é Dio che manda i suoi operai nella sua messe; quindi lo Spirito Santo è Dio perché mandò Paolo e Barnaba nella messe del Signore. – Gesù chiamò lo Spirito Santo « il Consolatore » (Giov. 15:26) quindi Egli consola quelli che sono abbattuti. Paolo ai Corinzi dice: « Ma Iddio che consola gli abbattuti, ci consolò con la venuta di Tito.. » (2 Cor. 7:6), ed anche: « Benedetto sia Iddio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre delle misericordie e l’Iddio d’ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione » (2 Cor. 1:3-4). Quindi lo Spirito Santo consola come fa Dio. – In Isaia é scritto che gli Israeliti nel deserto « contristarono il suo Spirito Santo » (Is. 63:10), mentre nei Salmi é scritto: « Quante volte si ribellarono a lui nel deserto, e lo contristarono nella solitudine! » (Sal. 78:40). Gli Israeliti quindi, contristando lo Spirito Santo contristarono Dio. – Paolo disse ai Corinzi « Non sapete voi che il vostro corpo é il tempio dello Spirito Santo che é in voi..? » (1 Cor. 6:19) ed anche: « Non sapete voi che siete il tempio di Dio..? » (1 Cor. 3:16). Lo Spirito Santo quindi abita nel credente assieme a Dio. – Gesù disse: « Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa… » (Giov. 14:26), ma disse anche: « Saranno tutti ammaestrati da Dio » (Giov. 6:45), e Davide dice che Dio « insegnerà ai mansueti la sua via » (Sal. 25:9). Lo Spirito Santo quindi insegna come fa Dio. – Gesù ha detto dello Spirito: « Ma quando sia venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità » (Giov. 16:13); e Davide nei Salmi dice a Dio: « Guidami nella tua verità » (Sal. 25:5). Quindi se lo Spirito della verità guida nella verità come fa Dio ciò significa che Egli è Dio. Come potete da voi stessi vedere le Scritture affermano che lo Spirito Santo è eterno, onnipotente, onnipresente e onnisciente come Dio.

 

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Three King Day

Three King Day dans immagini sacre 3-kings

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Publié dans:immagini sacre |on 4 janvier, 2016 |Pas de commentaires »

I RE MAGI E LA STELLA DI BETLEMME

http://www.tuttolevangelo.com/studi/i_re_magi.pdf

I RE MAGI E LA STELLA DI BETLEMME

(è un PDF, ho trovato difficoltà a « districarlo », scusate e c’è qualche errore)

Vedremo in questo studio di spiegare come e quando si creò (o inventò) la leggenda dei “Re Magi”. Dopo tratteremo il tema della “Stella di Betlemme”, che li guidò al luogo dove stava Gesù. La leggenda dei Re Magi ÓL’evangelo di Matteo non dice che erano re, ne che fossero tre, ne come si chiamavano, né di che razza erano, né da quale paese venivano; solo afferma che erano “dei magi”, venuti dall’Oriente (Matteo 2:1-12), dove, con il nome di “mago”, si inglobava a uomini importanti che svolgevano diverse attività. Presso il popolo dei Medi, i « Magoi », erano una delle sei tribù ed appartenevano alla classe sacerdotale. In effetti, la parola impiegata da Matteo, in questo testo, é “magoi”, questa parola, in singolare é “mago”, e significa: “(…) mago, sacerdote, astrologo, saggio, interprete di sogni, ecc. , della Media, Persia, Caldea, ecc. // 2 incantatore”. (Dizionario Greco-Spagnolo di Miguel Balagué) Ö Vediamo che, nella Media, Persia e Caldea (Babilonia), la denominazione di “mago” si riferiva a certi uomini che svolgevano diverse funzioni; tra queste, quella del “saggio (o sapiente o dotto)”. A proposito di quello che succedeva tra i persiani, sopra questo tema, leggiamo: “I magi si dividevano in varie classi, ognuna delle quali aveva i suoi privilegi e i suoi doveri diversi. C’erano interpreti di sogni, incantatori propriamente detti, occupando questi savi gli incarichi principali” (Enciclopedia universale illustrata Europea Americana). ÖPrecisamente, quando i giudei stettero in cattività in Babilonia settanta anni nel VI° secolo a.C., il profeta Daniele e tre compagni suoi lavoravano nell’Amministrazione del regno di Babilonia, e li si considerava tra i “saggi” (Dan. 1:18-19; 2:12-16, 48-49). Daniele continuò nel suo posto fino a quando Babilonia fu conquistata dall’esercito del persiano Ciro nell’anno 539 a.C.; allora governò in Babilonia “Dario il Medo” (Dan. 5:30). Daniele tuttavia continuò nel suo incarico (Dan. 9:1-2). Dopo di questo Dario, governò in Babilonia “Ciro il Persiano”, e Daniele ancora stava lì (Dan. 6:29). ÖAl compimento dei settanta anni di cattività in Babilonia, il re Ciro dette libertà ai giudei, per ritornare alla loro terra (Esdra 1:11; 2:1-70; Geremia 25:11; 29:10). Ora, tutti i giudei residenti in Babilonia non ritornarono in questa occasione alla loro terra, dopo, in altre occasioni, ritornarono altri (Esdra 7:11-28; 8:1-36; Nemia 7:6-7”; ecc.). Anche in queste occasioni, non tutti i giudei ritornarono in Giuda e risiedettero ancora nella terra di Babilonia; dunque, sempre restò una numerosa colonia di giudei in Babilonia, dove composero “il Talmud di Babilonia” dopo dell’epoca di Cristo. Questi giudei di babilonia continuavano dando grandi quantità di offerte per il Tempio di Gerusalemme nell’epoca di Cristo. “(…). ‘ Quelli della dispersione’ consideravano il Tempio come il vincolo della loro vita nazionale e religiosa. Il patriottismo e la religione facevano aumentare i loro doni, che oltrepassavano di molto quello che era legalmente stabilito. Gradualmente giunsero a considerare il tributo del Tempio, letteralmente, come “riscatto delle loro anime” (Esodo 30:12). Tanto erano i donatori e tanto grandi i loro doni che sempre erano portati prima a certi punti centrali, da dove i più onorevoli tra loro li portavano come “ambasciatori” a Gerusalemme. Le contribuzioni più ricche venivano dai numerosi stabilimenti giudei in Mesopotamia e Babilonia, dove originalmente erano stati deportati “quelli della dispersione”. Qui si erano edificati tesori speciali per la loro ricezione nelle città di Nisibis e Nehardea, da dove un grande esercito accompagnava annualmente agli “ambasciatori” in Palestina (Il Tempio, il suo ministerio e servizi nei tempi di Cristo di Alfred Edersheim). Ö Abbiamo visto che ci furono giudei considerati “saggi” dai babilonesi, e che fino all’epoca di Cristo continuavano a rimanere in Babilonia, giudei importanti, che composero un Talmud. Pertanto, nel venire i “magi” dall’Oriente di Gerusalemme, é più probabile che si trattava di alcuni giudei “saggi” della colonia giudea di Babilonia, da dove portavano le offerte per il Tempio di Gerusalemme tutti gli anni, anche nell’epoca di Cristo. ÓNon solo i Babilonesi, i Medi e persiani, con il nome di “mago” designavano a certi uomini importanti, che consideravano “saggi”, tra i quali c’erano giudei come lo abbiamo già menzionato, ma gli stessi giudei chiamavano e continuano a chiamare ancora “saggi” ai loro antenati illustri. Così lo vediamo nella Misnà, dove, dopo aver presentato l’opinione di qualche rabbino, si apostrofa con la frase: “Però i saggi dicono…”, che si ripete incessantemente. (La Misnà) Ö Nel Medio Evo, i giudei anche consideravano “saggi” ai loro antenati che avevano redatto la Misnà e il Talmud; il giudeo Abraham ibn Daud (1110-1180) così dice: “Scriviamo questo trattato della tradizione per far conoscere ai discepoli che tutte le parole dei nostri maestri, di benedetta memoria, i saggi della Misnah e del Talmud, furono trasmesse a un saggio grande e giusto per altri, a un presidente dell’Accademia e il suo gruppo per altri, così anche i membri della Grande Assemblea che la ricevettero dai profeti, benedetta sia la memoria di tutti loro!” (libro della Tradizione). Nella nostra epoca, i giudei continuano a chiamarli “saggi” ai loro antenati illustri, come lo si può comprovare stando nelle loro riunioni nella sinagoga, e parlando con loro sopra questo tema. ÓPertanto, non é nulla di strano che, nel venire questi “saggi” giudei da un luogo dove sono chiamati “magi”, l’evangelista li chiamasse così, perché anche lui era giudeo e scriveva per i giudei, e tutti loro conoscevano bene tutti i dettagli di queste cose. ÓDi conseguenza, essendo questi “magi”, “saggi” giudei, speravano la venuta del Messia promesso nell’Antico Testamento (Isaia 7:14; 9:6 ecc.; Matteo 1:22-23), e Dio gli indicò che questa venuta si era prodotta, allo stesso modo come avvisò ai pastori che stavano nei pressi di Betlemme (Luca 2:8-12). Questo é il più verosimile che si può dedurre sopra il luogo d’origine e la razza di quei “magi”, secondo la storia dei giudei residenti in Babilonia dopo il secolo VI a.C.; però il loro numero, i loro nomi, e il loro carattere di re non ha alcuna base storica. D’altra parte, se consideriamo che detti “magi” erano giudei, osserviamo che Dio dette avviso della nascita del Messia, per mezzo di loro, ai giudei della Diaspora e ai dirigenti giudei di Gerusalemme, e, per mezzo dei pastori, al popolo intero; così, tutti i giudei furono avvisati; Per questo, l’evangelista Giovanni poté dire quello che leggiamo in Giov. 1:11-12. Ora, con questo semplice episodio dei magi, si é fatto un grande montaggio col passare dei secoli, che, come una palla di neve, sempre é andata aumentando fino a giungere a quello che é oggi; però vediamo come tutto si originò dopo l’epoca degli apostoli: Il numero dei Magi In antiche pitture nelle catacombe romane i Magi sono ora due, ora quattro ed anche sei mentre, in tradizioni Siriane ed Armene si giunge fino a dodici (ma lo Stewart cita un antico scritto che parlerebbe di 14 Magi!). Ó Per vari secoli, il numero dei re magi oscillò tra i 2 e 15, finché, alla fine, un Papa affermò che erano tre: “Il numero non viene constatato certamente, le tradizioni e monumenti antichi contano 2, 3, 4, 6, 8, 12, e fino a 15. Il numero tra tutti, il più costante e il più probabile e il numero 3 che ha prevalso. La prima testimonianza formale e quella di san Leone, papa, del V° secolo; (…) ». (Enciclopedia Universale illustrata Europeo Americana). È appunto in un altra « cronaca ancora più fantasiosa e sincretista che si parla di dodici Magi provenienti della terra di Syr (secondo lo studioso Monneret de Villard: l’odierno Iran) che apprendono dal « Libro dei misteri occulti », passato da Seth (il figlio di Adamo) ai suoi figli e conservato nella « Caverna dei tesori », della nascita del grande Re Messia e degli eventi che l’avrebbero annunciata. Anche costoro, guidati dalla stella, arrivano fino a Betleemme e adorano il bambino Gesù, che gli chiarisce il mistero della Sua crocifissione, dela Sua morte e risurrezione, affidando loro il compito di portare la Parola evangelica in Oriente. “Sopra il loro numero nulla ci dice l’Evangelo. La tradizione popolare, che appare già in Origene (m 253) e altri Padri e in alcuni monumenti antichi, suppongono che erano tre, e questo sembrano indicare i tre doni che offrirono al bambino”. (Professori della Compagnia se Gesù). Effettivamente, l’Evangelo di Matteo dice che i magi offrirono al bambino, oro, incenso e mirra (Mat. 2:11); però non dice che ogni mago offrisse un dono; di conseguenza, come é evidente, l’affermare che i magi erano tre appartiene alla tradizione, che per vari secoli oscillò tra i 2 e 15, finché, alla fine, il papa Leone (440-461) fissò il numero di tre. L’origine dei nomi Sopra l’origine di questi nomi si afferma: “Ancor meno risultano i nomi dei Magi. I nome volgari di Gaspare, Baldassarre e Melchiorre, ne sono i primi, ne gli unici che si applicano. Questi nomi si trovano, per la prima volta in un codice della Biblioteca Nazionale di Parigi, del secolo VII. Il venerabile Beda (672-735) descrive così ai tre magi: Melchiorre era un anziano, di barba lunga e folta; Gaspare, giovane sbarbato e biondo; Baldassarre, negro e barba spessa. Nonostante, Vigouroux fa notare che questa differenza di razze non concorda con le rappresentazioni archeologiche della scultura, numismatica e pittura dei primi secoli del cristianesimo, dove si rappresenta i magi come di una stessa razza, non apparendo le diversità fino a molti secoli prima. I tre nomi sono distinti in diverse lingue, e così: nella lingua siriaca, li si chiama: Kagpha, Badadilma e Badadakharida; nella greca: Appellicon, Amerin e Damascòn; nell’ebrea: Magalath, Galgalath e Serakin; nell’etiopica: Ator, Sater e Paratoras. Siccome gli armeni suppongono che furono 12 i magi, anche gli assegnano 12 nomi differenti ». Il titolo di re applicato ai Magi Si legge in un’altra opera del V° secolo che i Magi erano tre e erano « re figli di re » i cui nomi sarebbero stati: Hormidz di Makhodzi re di Persia, Jazdegerd re di Saba, e Peroz re di Seba. La leggenda continua dicendo che questi, oltre ad essere re erano anche sapienti i quali, attraverso la lettura dei testi sacri e l’interpretazione degli oracoli, da tempo aspettavano la nascita di un Messia. Nel cielo di Persia, due anni prima della nascita di Gesù, una stella era apparsa ed aveva, nel mezzo, l’immagine di una donna con in grembo un bambino. Così, continua la tradizione, i tre re lasciarono la loro reggia ed arrivarono alla Caverna dei tesori, sul monte Nud, dove Adamo ed Eva cacciati dall’Eden avevano riposto dei doni avuti da Dio. Fra questi doni i Magi avrebbero scelto quelli più adatti al nascituro: oro, incenso e mirra. Anche qui passò molto tempo finché qualcuno si rese conto che quei magi erano stati re, (dispiace) che i loro contemporanei non lo sapessero nemmeno! “Prima del VI° secolo, nessun autore afferma espressamente che fossero re. (…) Il primo che lo afferma é San Cesareo di Arlés (C. 470-543), in un sermone falsamente attribuito a San Agostino. L’arte li rappresenta come re dal secolo VIII°” Professori di Salamanca). Come si nota; tutto é una leggenda inventata dalla tradizione, che trasmette tutto: quello che era certo e quello che sono leggende; detto questo bisogna guardarla con uno spirito molto critico. La fine della leggenda dei Magi La Tradizione sa tutto (o quasi tutto) e lo spiega; per questo, il “manoscritto 2.037 della Biblioteca dell’Università di Salamanca che contiene una ‘storia dei re Magi’ di origine medievale”, dice quello che avvenne ai magi dopo aver adorato a Gesù in Betlemme: “Melchiorre continuò il suo compito come Re di Nubia e Arabia; Baldassarre regnò in Godolia e Saba, e Gaspare in Tarsis, Ynsula e Grisula (…)”. (La vera storia dei re magi di Lopez Schlichting, Cristina) “La tradizione pietistica aggiunge che i Magi che adorarono a Gesù, più tardi furono istruiti nella fede dall’apostolo san Tommaso. C’é chi suppone che furono consacrati vescovi e che morirono martiri nel I° secolo dell’era cristiana. Nel tempo di Costantino il Grande, si traslarono i loro resti, dalla Palestina a Costantinopoli, prima, e da qui a Milano, fino a quando l’Imperatore Federico Barbarossa li regalò nel 1164 al vescovo di Colonia, che edificò in onore degli stessi un tempio semplice, che si convertì più tardi (1248) nella preziosa cattedrale che é il monumento più apprezzato dell’architettura ogivale. Lucio Dexter, nella sua Chronica, suppone che il martirio dei Magi avvenne nell’anno 70 d.C.” (Enciclopedia Universale illustrata Europeo Americana). Insieme al testo della penultima citazione, c’é una foto a colori con questa leggenda: “Alla destra, reliquie della cattedrale di Colonia con i supposti resti dei Re Magi (…)”.(La vera storia dei re magi di Lopez Schlichting, Cristina). È evidente che la tradizione non ha limiti nell’inventare leggende; pertanto, possiamo solo appoggiarci su di essa quando le sue affermazioni si possono comprovare con i dati della Bibbia, la storia, l’archeologia, ecc.; perché la Tradizione lo stesso trasmette dottrine e fatti veri, come dottrine e fatti falsi, leggende e racconti. Nella Tradizione c’é un grande arsenale di fatti inesistenti e di dottrine religiose false, e, con frequenza, molte persone prendono questi fatti per certi, e credono che queste false dottrine come se fossero vere. Tutto sommato, però, tali tradizioni possono essere di qualche giovamento, poiché non esiste leggenda senza alcun fondo di verità, e se tanti Paesi e culture ricordano i Magi, significa che essi debbono avere radici storiche precise anche se il tempo, disgraziatamente, le ha cancellate. La stella che guidò ai magi ÓIl racconto sopra questa “stella” si trova nel Vangelo di Matteo 2:2- 10. Secondo questa narrazione, i “magi” videro la “stella” in Oriente; dopo si misero in cammino e giunsero a Gerusalemme; lì, Erode gli spiegò che dovevano andare in Betlemme; allora ritornarono a vedere la stella, perché non l’avevano vista durante tutto il cammino fino a quando giunsero a Gerusalemme; da qui, questa li guidò fino al luogo dove stava il bambino di Betlemme. ÓGià dai primi secoli della storia della chiesa, si é cercato di identificare questa stella con qualche cometa, congiunzione di pianeti, ecc.: Sopra la stella che videro i magi si sono lanciate molte ipotesi. Origene, a cui seguono alcuni moderni, crede che si tratti di una cometa. Celebre é l’ipotesi che si attribuisce a Keppler: si tratterà della congiunzione dei pianeti Saturno, Giove e Marte, che ebbe luogo nel 747 dalla fondazione di Roma”. (Professori della Compagnia se Gesù). Secondo questo parere, Kepler lanciò questa ipotesi nel 1603, e detta congiunzione ebbe luogo nel giorno 21 maggio dell’anno indicato, 747 di Roma, che é l’anno 7 a.C. (Bibbia commentata in sette libri – Professori di Salamanca). Di quanto abbiamo citato sopra “la vera storia dei re magi”, l’astronomo M.K., membro dell’istituto di Astrofisica delle Canarie”, dice: “iniziai ad interessarmi della stella di Betlemme verso i dodici anni (…) ” .(La vera storia dei re magi di Lopez Schlichting, Cristina). È possibile che esistano poche persone che abbiano studiato “la stella di Betlemme” per tanto tempo e con tanta conoscenza sopra le stelle, pianeti e comete, come lo ha fatto questo astronomo; il quale, oltre a disdire tutte le ipotesi sopra congiunzioni e comete, afferma: « La stella di Betlemme realmente fu la nova di marzo dell’anno 5 a.C. re magi di Lopez Schlichting, Cristina). Ora, con questa affermazione si identifica solo la “stella di Betlemme” con questa “nova”; però, realizzò detta “nova” tutti i fatti che l’evangelo attribuisce alla stella di Betlemme? Questo é quello che non spiega questo astronomo. “Il testo dell’Evangelo di Matteo 2:9 dice: “(…), e la stella, che avevano visto in oriente, andava davanti a loro finché, giunta al luogo dov’era il bambino”. Qui, il testo indica che la stella andava davanti ai magi da Gerusalemme fino a Betlemme, alla distanza di un tragitto di circa 8 Km in direzione Nord-Sud. Come possiamo spiegare che detta nova realizzerà questo spostamento? Il testo continua così: “(…) e (la stella) giunta al luogo dov’era il bambino, vi si fermò sopra”. Come possiamo spiegare che la nova sapesse in quale luogo stava il bambino, per fermarsi sopra? Apparentemente, la nova, dalla sua distanza, stava allo stesso tempo sopra tutte le case di giuda. Come, dunque, poté fermarsi sopra il luogo dove c’era il bambino? Possiamo affermare con certezza che né detta « nova », né qualsiasi congiunzione di pianeti, né alcuna cometa poté realizzare tutti i fatti effettuati dalla “stella” in questione, che sono raccontate nell’evangelo di Matteo. ÓPerché, allora, si identifica a detta “stella” con congiunzioni di pianeti, comete, stelle nove, ecc.? la risposta é molta semplice: perché prendono dall’Evangelo solo due dati: che apparve una stella ai magi quando nacque Gesù, che Erode mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme, che avevano un’età tra zero e i due anni (Matteo 2:1-16). A partire da questi due dati dell’Evangelo (siccome anche per mezzo della storia si sa che Erode morì nell’anno 4 a.C.), si cerca e ricerca, in tutti i registri astronomici antichi, qualsiasi fenomeno astronomico accaduto in un tempo anteriore alla morte di Erode, e uno trova che ebbe luogo, in tale data, l’apparizione di una cometa; un’altro, una congiunzione di pianeti in un’altra data, un’altro trova che nacque una nova in una data che gli sembra che quadra meglio con questi dati, ecc.; e tutti esclamano: eureka! dal greco “ho trovato”. E, come si tratta di deduzioni “scientifiche”, tutti affermano che hanno ragione; però tutti danno date diverse; perché abbiamo già visto che la congiunzione dei tre pianeti che disse Keppler, ebbe luogo il 21 maggio dell’anno 7 a.C.; l’astronomo M.K. (come abbiamo visto), con la “sua nova”, colloca la data in marzo dell’anno 5 a.C., ecc., e disdetta tutti gli altri fenomeni astronomici addotti da altri astronomi; questo per dire che, “la stella di Betlemme” non serve, in nessun modo, a fissare la data storica della nascita di Gesù. ÓDi conseguenza, se si accetta che la stella guidò ai magi a Betlemme, perché così dice l’Evangelo, anche bisognerà accettare e tener conto del modo in cui dice l’Evangelo di come li guidò.. Una delle due: o si accetta il racconto intero sopra la “stella” o non si accetta nulla di detto racconto; e, allora (se non si accetta nulla), niente si può (ne si deve) dire sopra questa stella, la stella non esistette. Allora, rivolgiamoci al racconto evangelico sopra la “stella di Betlemme”, per tener conto di tutti i dati sopra di essa. In primo luogo, già abbiamo visto che tutti i fatti che realizza la stella in questione, non li può realizzare nessuna stella. Pertanto, esaminiamo il testo greco dell’Evangelo di Matteo, per vedere cosa dicono esattamente i magi in Matteo 2:2: Qui troviamo il sostantivo “astéra” in accusativo; in nominativo, é “astér”, e significa: “stella, astro, luce, fiamma, meteora, ecc.” (Dizionario Greco-Spagnolo di Miguel Balagué) Perché, allora tanto impegno nel tradurre con la parola “stella”? Se, nel tradurre, scegliamo l’accezione “stella”, e risulta che una stella non può realizzare i fatti che il testo attribuisce ad “astér” che abbiamo tradotto, sarà evidente che stiamo traducendo erroneamente, é così, perché il contesto, sia prossimo come remoto, che avvolge ad “astér”, non é un contesto astronomico-scientifico, ma un contesto religioso soprannaturale. ÓIn effetti, si tratta di un testo dove si parla dell’annuncio della nascita del “re dei Giudei” (Matteo 2:1-2), che era Gesù, il Messia (Giov. 1:40-49). Nei momenti importanti della vita di Gesù il Messia (Gesù il Cristo = Gesù Cristo), sempre avviene un fatto soprannaturale, o appare un essere soprannaturale; vediamo questo in modo cronologico: a)Profeticamente si annuncia la sua nascita da una vergine in Isaia 7:14; b)Un angelo (un messaggero celeste) annuncia la concezione soprannaturale di Giovanni Battista, affinché fosse il precursore del Messia (Luca 1:5-19); c)Un angelo (lo stesso) annuncia la concezione soprannaturale di Gesù (Luca 1:26-3); d)Un angelo, avvolto da una luce, annuncia la nascita di Gesù ai pastori di Betlemme (Luca 2:4-12); e)Un “astér” annuncia la stessa nascita ai magi (o gli fa comprendere che era nato questo stesso personaggio), (Matteo 2:1-2); f)In modo soprannaturale si annuncia a questi magi che non ritornino a parlare con il re Erode (Matteo 2:10-12); g)Un angelo annuncia, a Giuseppe, che se ne vada con la sua famiglia in Egitto (Matteo 2:13-14); h)Un angelo avvisa a Giuseppe, di ritornare dall’Egitto (Matteo 2:19-21: i)In modo soprannaturale, Giovanni il Battista é avvisato per dare inizio al suo ministerio (Luca 3:1-6); j)Anche in modo soprannaturale, Gesù fu riconosciuto come Figlio di Dio nel momento del suo battesimo, per iniziare il suo ministerio sei mesi dopo Giovanni il Battista, che era la differenza di tempo che c’era tra l’età di ambedue (Luca 1:36; 3:21- 23); k) Degli angeli vennero a servire Gesù, dopo essere stato tentato dal diavolo (Matteo 4:11); l) Un angelo fece la stessa cosa nel giardino del Getsemani prima di essere preso Gesù (Luca 22:43); m)Più angeli potevano venire in aiuto di Gesù (Mt. 26:53); n)Un angelo tolse la pietra del sepolcro quando Gesù risuscitò (Matteo 28:1-3); o)Due angeli, nel momento dell’ascensione, annunciarono che Gesù ritornerà un’altra volta (Atti 1:9-11); p)Gli angeli raccoglieranno allora i salvati (Matteo 13:36-43; 24:30-31). Dinanzi a questo contesto di angeli e fatti soprannaturali che si muovono intorno a Gesù, e che attuano in momenti puntuali della sua vita, vediamo che é necessario escludere la traduzione di “astér” per “stella” e ogni applicazione scientifico- astronomica, perché abbiamo visto che l’astronomia non può dare alcuna spiegazione sopra l’attività del “astér” che guidò ai magi a Betlemme. Ó Pertanto traduciamo “astér” per “luce” “(…) Poiché noi abbiamo visto la sua luce in oriente (…)”. (Mat. 2:2). ÓIn altre occasioni, anche apparve una “luce” soprannaturale per dare un avviso ai giudei. In effetti, lo storico giudeo, Giuseppe Flavio; dice che apparirono segni che annunciavano la distruzione di Gerusalemme, che ebbe luogo nell’anno 70; tra questi segni, ci fu una “luce” in forma di “spada ardente”, che stette sopra la città tutto l’anno, e che lui interpreta come che era una cometa; un’altra “luce” apparve attorno all’altare e al tempio: “(…) si mostrarono molti segni e prodigi, i quali apertamente dichiaravano la distruzione presente (…); (…) come una spada ardente sopra la città, e durò la cometa tutto lo spazio di un anno intero; anche quando prima della guerra e della ribellione, il giorno della Pasqua, unendosi il popolo, secondo il loro costume,a otto giorni del mese di Aprile, alla nove della notte, si mostrò tanta luce attorno all’altare e attorno al tempio, che sembrava certamente essere un giorno molto chiaro, e durò questo per oltre mezz’ora (…).(Guerre giudaiche di Giuseppe Flavio) Lo storico romano, Cornelio Tacito, anche si riferisce ai segni avvenuti in questa occasione, tra le quali menziona questa illuminazione soprannaturale del tempio di Gerusalemme: “(…) il tempio si illuminava da un fuoco improvvisamente sorto dalle nubi”. (Storie, di Cornelio Tacito). È evidente che, nel popolo d’Israele, in certe occasioni una “luce” soprannaturale annunciò certi avvenimenti. ÓOra, in Matteo 2:2, non solo si tratta di una “luce” soprannaturale, ma che inoltre é una “luce” che agisce come un essere intelligente, un essere personale: 1.Prima appare dove stanno i magi in Oriente e, in qualche modo , gli fa comprendere che é nato Gesù. 2.Dopo scompare questa luce, e non la vedono più i magi. 3.Allora, questi marciano a Gerusalemme; però durante questo viaggio di vari mesi non vedono più questa luce. E’ evidente che questo sta tutto diretto provvidenzialmente, affinché i magi potessero domandare, in Gerusalemme, dove stava “il re dei Giudei” che era nato”; così si dette in modo indiretto, l’avviso della nascita di Gesù al re Erode ed ai dirigenti religiosi dei Giudei (Matteo 2:1-8); Perché se la finalità di questa luce sarebbe stata solo di condurre ai magi in Betlemme, perché non li portò lì direttamente senza che i magi dovessero fare questa domanda in Gerusalemme? 4.Però, dopo aver fatto questa domanda, quando i magi non conoscono il cammino per andare in Betlemme, appare un’altra volta la “luce” e li guide per la via. 5.Neanche sanno i magi che in quella casa si trova il bambino; però questa “luce” glielo indica (Matteo 2:9-10). Vediamo che questa “luce” agisce come un essere personale, visto che fa movimenti intelligenti; per questo, o é una luce soprannaturale diretta da una volontà personale, o é un essere celeste che appare avvolto da questa luce, mantenendosi a distanza dai magi, in modo che davanti ai loro occhi sembra di essere un “astér” per la sua luminosità. ÓNella Bibbia, si segnalano in altre occasioni in cui un essere personale appariva come una “luce” o una “fiamma” (cosa che anche significa “astér”) per dare un messaggio o guidare a qualcuno. In effetti, vediamo alcuni esempi: ÒIn un’occasione, Mosè vide la luce che avvolgeva un pruno, e che a lui gli sembrava una “fiamma di fuoco”; però, quando si avvicinò a vedere cos’era questo fenomeno, trovò che lì c’era un essere personale che gli dette un messaggio (Esodo 3:1-10); ÒDopo, lo stesso essere personale lo guidò per il cammino verso agli israeliti; il giorno, andava avvolto da una” colonna di nube” e di notte, in una “colonna di fuoco” (Esodo 13:17-22); Di conseguenza, la “luce” apparsa ai magi in Oriente e che, dopo li guidò da Gerusalemme fino a Betlemme, dove “si fermò sopra al luogo dove stava il bambino”, invece di muoversi e agire come una luce soprannaturale, non poteva stare avvolto in essa un essere personale? Non poteva trattarsi di un angelo, che annunciò la nascita di Gesù ai magi? Per caso non fu un angelo che fece lo stesso annuncio ai pastori di Betlemme avvolgendosi in una luce? Nel caso dei magi, l’angelo si mantenne a distanza, in modo che i magi vedevano solo la luce che l’avvolgeva. I pastori giunsero prima perché stavano lì; per questo trovarono il bambino “nella mangiatoia” I magi tardarono di più nel giungere, perché stavano molto lontani; per questo, essi dissero “vedemmo la sua luce”, dando ad intendere con l’«aoristo» (indefinito), che era già da molto tempo che avevano ricevuto l’avviso per mezzo di quella luce; per questo, trovarono al bambino vivendo già in una casa (Matteo 2:11); già non stava nella mangiatoia. Si nota che era passato del tempo tra la nascita del bambino e la venuta dei magi, possiamo dedurre che affrontarono un lungo viaggio (tra uno e due anni al massimo). perché erano avvenuti altri fatti dalla nascita di Gesù, come, la sua circoncisione e la sua presentazione al Tempio (Luca 2:21-24). Erode,che si era informato “esattamente da loro del tempo in cui la stella era apparita (2:7), più tardi “vedutosi beffato…mandò ad uccidere tutti i maschi che erano in Betleem e in tutto il suo territorio dall’età di due anni in giù” (2:16). I doni: L’oro, il più nobile dei metalli, sinonimo di ricchezza e gloria ma anche di incorruttibilità, ci parla della Regalità e della Santità di Gesù Cristo; l’incenso, bruciato davanti agli dei in segno di adorazione, della Sua divinità e della Sua vita di preghiera; la mirra, usata per imbalsamare i cadaveri, delle Sue sofferenze e della Sua morte. I Magi, trovano un bambino in una umile casa, tanto diversa da quella di Erode, non si lasciarono influenzare dalle apparenze e « prostratisi l’adorarono » Certamente non sarebbero arrivati a tanto se a spingerli fin lì fosse stata mera curiosità, il desiderio di vedere qualcosa di straordinario. Se fosse stato così, molto probabilmente, delusi di non aver trovato alcun neonato in casa di Erode (il luogo più naturale dove cercare il principe) se ne sarebbero tornati al loro paese. I primi adoratori: In questo atto, i Magi divennero i primi adoratori del Signore Gesù Cristo e poi, “divinamente avvertiti in sogno di non ripassare da Erode , per altra via tornarono al loro paese” I Pastori di Betleem lo avevano visitato, onorato ed avevano divulgato quello che era stato detto loro dagli angeli; Simeone lo aveva riconosciuto come il Salvatore promesso, Anna se ne era rallegrata ed aveva “testimoniato” di Lui, ma, come in seguito avrebbero fatto molti altri, i Magi Lo adorarono e ciò li rende dei veri antesignani nell’Evangelo.

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OMELIA (06-01-2016) – EPIFANIA DEL SIGNORE

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OMELIA (06-01-2016) – EPIFANIA DEL SIGNORE

padre Gian Franco Scarpitta

La Verità è confidenza

« La verità peggiore è quella non detta » dice un anonimo detto. La verità più esaltante, a nostro avviso, è invece quella che viene immediatamente rivelata e che diventa soprattutto una confidenza. Dio è tutto questo: la verità rivelata nella confidenza sincera di un Bambino. Una verità che noi tendiamo a misconoscere ma che ugualmente ci viene incontro e che anzi irrompe nella nostra vita per farsi essa stessa la vita. Lo abbiamo osservato in queste giornate dedicate alla Nascita di Gesù Figlio di Dio nella carne e adesso lo riscontriamo ancora nell’episodio dell’arrivo di questi personaggi che viaggiano appositamente dall’Oriente per raggiungere Betlemme, luogo in cui sanno che c’è un Bambino da adorare. Si tratta di sapienti scrutatori degli astri e dei fenomeni celesti, astronomi insomma. Ma anche astrologi, poiché interpretano gli avvenimenti secondo la posizione dei corpi celesti e la loro scienza empirica erudita li ha sempre tenuti lontani da ogni religiosità e devozione. Non riconoscono alcun Dio trascendente. Eppure quella stella cometa che vedono li affascina e rivela loro una certezza che prima avevano sempre trascurato: la verità è al di là del mondo tangibile e la stessa realtà contingente e limitata non può affatto contenerla. Non è possibile concepire il vero solamente nel mondo fisico e nella realtà che ci opprime e della quale siamo schiavi soffocati, ma deve esistere un Dio infinito onnipresente, al quale tutti fondamentalmente aspiriamo. Questo Dio però non lo si raggiunge a tentoni o per vie traverse, ma si rivela egli stesso e ci viene a cercare assumendo la nostra limitatezza e la nostra insufficienza. Vi è un vecchio film con Enrico Montesano, « Il ladrone », che descrive quale potrebbe essere stato ipoteticamente il percorso di fede del ladrone che, pentito, ottiene l’ingresso in Paradiso mentre spira sulla croce accanto a Gesù: crede inizialmente che Gesù sia solo un ciarlatano fautore di trucchi anziché di miracoli, si sforza di smentire la sua attendibilità e di screditarlo agli occhi di tutti, ma un po per volta viene catturato dal fascino e dalla misteriosa presenza accattivante di questo uomo di Galilea che finalmente lo fa sentire libero. Avverte insomma che in Gesù vi è del divino e dell’inverosimile umilmente parlando. E’ il processo che forse ha interessato i Magi, e che probabilmente percorriamo anche noi: mentre cerchiamo la verità secondo i nostri parametri e i nostri procedimenti, la Verità viene a cercarci così come essa è, senza mistificazioni né reticenze. Mentre noi cerchiamo di costruirci un Cristo a misura d’uomo o rispondente alle nostre aspettative, Questi ci seduce e ci avvince mostrandosi come Figlio di Dio. Come la Verità che ci fa liberi e che ci riscatta dalle nostre stesse inconcludenze (Gv 8, 32). L’Epifania, il cui termine significa « manifestazione », è la festa della manifestazione immediata del Dio fattosi Bambino, che attira a sé tantissima gente e che avvince con il suo silenzio; essa alle origini veniva festeggiata lo stesso giorno del Natale, poiché entrambe le Feste in realtà sono un unico contesto celebrativo. Essa ci dice che quanto noi presumiamo di cogliere con le nostre sole forze ci è stato semplicemente donato, quanto noi contiamo di comprendere con la sola risorsa del pensiero ci è stato solamente rivelato e che quanto noi andiamo cercando nell’oscurità delle tenebre con la lente di ingrandimento ci si è reso manifesto ad occhio nudo. La grandezza di Dio si è fatta piccolezza per noi. Ma l’Epifania è anche l’invito alla fede incondizionata, all’accoglienza del dono e all’accettazione della gratuità che si esprime in atto semplice anche se difficile: quello della fede. Questa è accoglienza della verità, apertura al Mistero e accettazione che il vero sia solo Trascendenza. La fede è la prerogativa per la quale la Verità, che è diventata per noi confidenza in un Bambino, non ci incute paura e non ci lascia interdetti né imbarazzati, neanche quando svela ciò che di noi stessi non vorremmo mai accettare. E’n la verità che ci mette in relazione con Dio ma che pone anche ciascuno davanti a se stesso.

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