IMMACOLATA, SIGNORA DI OGNI BELLEZZA
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IMMACOLATA, SIGNORA DI OGNI BELLEZZA
di GIUSEPPE DAMINELLI
Maria svela a Bernadette il suo nome: «Io sono l’Immacolata Concezione». Anche noi oggi possiamo addentrarci in questo mistero perché a nostra volta siamo un riflesso di quell’Amore immacolato che ha portato la luce di Dio sulla terra.
Lourdes, giovedì 25 marzo 1858, giorno dell’Annunciazione: la Vergine Maria rivela il suo mistero cristallino nella lingua dialettale, a una ragazza figlia di un mugnaio ignorante e ingenuo: «Que soy era Immaculada Councepciou», «Sono l’Immacolata Concezione». Bernadette non comprende nulla: la limpidezza dell’apparizione custodisce così tutto il suo mistero. Terminata l’apparizione corre a ripetere al parroco la frase incomprensibile. Una breve frase così intensa, dove tutto è così veloce, che il suo senso profondo supera la velocità della luce. Parecchie volte, durante il percorso, ha rischiato di dimenticare il nome, lo ha ripetuto nella sua testa, prima di spingere la porta della canonica; parecchie volte lo Spirito Santo è intervenuto, senza nulla togliere ai meriti dell’ignoranza, perché l’ignoranza fa riuscire meglio l’insegnamento. Dio ci dona un fiore, veramente un grande fiore del cielo che ci parla, in mezzo alla sporcizia che si ammassa come il peccato in quella grotta di Massabielle. Il 25 marzo 1858, giorno della sedicesima apparizione, quattro volte la « ragazza della terra » chiede alla « ragazza del cielo » chi sia. «Dimmi il tuo nome», chiedeva già Giacobbe al misterioso uomo del guado prima dell’aurora (Gn 32, 23-33); e lo stesso chiedeva Mosè al roveto ardente della montagna dell’Oreb (Es 3,13). La giovinetta della grotta gioca all’indovinello con l’altra ragazzina della stessa età nel cortile che ha come delimitazione la montagna! Questo segreto è così ben custodito da secoli e secoli che, anche per la Signora, bisogna scoprirlo con dolcezza, svelarlo lentamente come un profumo, solennemente. Allora, giunto il momento, solleva le braccia, unisce le mani all’altezza del petto, perché deve tutto al cielo, poi le muove, le distende verso la terra, perché sa da dove viene e per chi intercede, lasciando cadere queste parole. La teologia rabbrividisce ancora. Il parroco aveva ben ragione di vacillare sulle sue gambe. Quella giovinetta nascondeva una maestà. Questa maestà viene donata con una gratitudine inaudita, tutta danzante, che ci rimanda alle splendide parole di Maria: «L’anima mia magnifica il Signore».
L’origine immacolata di Maria Ci soffermiamo, ancora una volta, a definire in modo semplice i contorni storici e concettuali del dogma dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria. La festa della Concezione è nata in Oriente nel VII-VIII secolo, e i predicatori la chiamavano «concezione santa» e «immacolata» senza sollevare i problemi posti dai latini La festa orientale passò in Occidente nel Medioevo. A partire dal IX secolo alcuni monasteri in Germania e anche a Roma l’adottarono per una forma di pietà, senza riflessione né discussione. Verso il 1060 i monaci la portarono in Inghilterra, dove però scomparve con la conquista normanna del 1066. Venne ristabilita su basi più ragionate nel 1127 e 1128 e, da là, passò assai presto in Normandia e in tutta l’Europa, nonostante l’opposizione di san Bernardo. Quel fervente movimento era poco illuminato, invischiato nelle idee confuse dell’epoca. Si pensava allora, secondo sant’Agostino, che l’atto sessuale (quand’anche nel matrimonio cristiano) fosse un disordine che trasmetteva il peccato originale. Non si vedeva come Maria, nata da un padre e da una madre, potesse esserne esente. Inoltre, la nozione stessa di « concezione » era inficiata dalle nozioni prescientifiche di allora: si distingueva il concepimento del corpo da quello dell’anima, che si riteneva spostato nel tempo. In particolare, l’anima sarebbe stata infusa nei maschi entro il 40° giorno, un po’ più tardi nelle femmine a motivo dell’imperfezione della loro natura. Vi si aggiungeva una difficoltà più seria sulla quale i teologi continuarono a incespicare per molto tempo: Cristo è Redentore di tutti gli uomini. Se Maria era esente da ogni macchia, anche originale, Cristo non era più il perfetto Redentore, il Redentore universale di tutti. La redenzione ne veniva snaturata. In quelle condizioni tutte le grandi scolastiche del XIII secolo mantennero qualche ombra di peccato, perlomeno nella carne di Maria al suo concepimento. Duns Scoto, alla fine del XIII secolo, ebbe il merito di capovolgere l’argomento decisivo secondo il quale l’origine immacolata di Maria intaccava la perfezione del Redentore e la redenzione. Sostenne al contrario che l’origine immacolata di Maria ne manifesta la perfezione, giacché la perfezione stessa del Perfetto Redentore esige che egli possa prevenire oltre che sanare il peccato. Di fatto, una madre che pulisce il proprio bambino caduto nel fango manifesta il suo amore efficace, ma se ella previene la caduta manifesta un amore ancora più efficace. Questa profonda intuizione sbloccò l’opposizione insormontabile alla santità originale, che nessuno avrebbe potuto sostenere prima. Scoto si accontentò di mostrare la possibilità e la convenienza dell’origine immacolata. Ma avendola formalmente affermata, non sfuggì a una condanna. Dopo di lui, la dottrina della «preservazione originale» si diffuse come un lampo, a tal punto che nel 1439 il Concilio di Basilea la definì dogma di fede, in un’epoca però in cui Roma considerava quel concilio scismatico.
La definizione di Pio IX Dopo molti secoli di controversie, Pio IX pose fine alla disputa definendo l’origine immacolata di Maria. Lo fece con parole prese dal suo predecessore Alessandro VII (1661) che ben precisava la connessione del nuovo dogma con la redenzione universale. Pio IX non contraddice quest’ultima, ma presenta l’origine immacolata di Maria come esplicitazione e coronamento particolare del fondamentale principio della redenzione universale. Maria viene redenta da Cristo in previsione e retroazione dei suoi meriti: «La beata Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale» (Pio IX, Munificentissimus Deus, 8 dicembre 1854; Denzinger-Schönmetzer 2803). Pio IX inaugura in piazza di Spagna la colonna con la statua dell’Immacolata, dopo la proclamazione del dogma. Pio IX inaugura in piazza di Spagna la colonna con la statua dell’Immacolata, dopo la proclamazione del dogma.
Fondamento biblico Il dogma non è biblico. Si è tentato di supplirvi partendo dal titolo dato a Maria all’inizio dell’annunciazione: «kecharitoméne», «oggetto per eccellenza del favore di Dio» (Lc 1,28). Tale appellativo – e il suo contesto, che fa di Maria la Figlia di Sion escatologica, la nuova Arca dell’Alleanza avvolta da Dio stesso – va nel senso del dogma, senza in alcun modo influire sulla sua esplicitazione formale. Ma il dogma è più formalmente connesso alla grande corrente della rivelazione biblica: dal profeta Osea (capitolo 2) al Cantico dei Cantici il popolo di Dio è presentato come la sua sposa. Secondo il primo testo di quella serie, Osea 2, Jahwé stigmatizza il suo popolo come una sposa adultera (2,4-7), ma poi la riprende come una fidanzata: «Ti fidanzerò con me per sempre, ti fidanzerò nella giustizia e nel diritto, nella tenerezza e nella misericordia. Ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,21-22). Nelle pagine successive la menzione iniziale dell’adultera scompare progressivamente e rimane soltanto il fidanzamento. Nel Cantico, Dio arriva a dire: «Tutta bella tu sei amica mia, in te nessuna macchia [...] o sposa» (Ct 4,7-8). La promessa di Dio non è vana. Dove ha potuto realizzarsi, se non in colei che è stata scelta come punto di partenza di Cristo, della Chiesa e della nuova creazione? Anche la Chiesa è formata da peccatori. Soltanto in Maria essa è santa e senza macchia. La santità originale di Maria è perciò fortemente e ineluttabilmente postulata dalla Scrittura.
Giuseppe Daminelli

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