L’INCARNAZIONE IN SAN PAOLO

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L’INCARNAZIONE IN SAN PAOLO

23 Ottobre 2008

“ Nato dalla stirpe di Davide secondo la carne ” ( Rom 1,3) “Nato da donna, nato sotto la legge” ( Gal 4,4)   Nel 1960 un piccolo libricino fece molto scalpore nel campo degli studi biblici. Il grande esegeta tedesco Joachim Jeremias affrontò da par suo Il problema del Gesù storico (questo è il titolo del libretto, tradotto e stampato in Italia nel 1964 a cura della Paideia di Brescia). Non è qui il momento per addentrarci in questo tema; a noi interessa riportare una delle sue affermazioni più perentorie e conosciute: “Non possiamo eliminare lo ‘scandalo’ dell’incarnazione” . E poco prima: “L’origine del cristianesimo non è il cherigma, non sono le esperienze pasquali dei discepoli, non è un’ idea del Cristo; l’origine del cristianesimo è un avvenimento storico, e precisamente la comparsa dell’uomo Gesù di Nazareth, il quale fu crocifisso da Ponzio Pilato, e il suo messaggio”. Sembra di leggere le catechesi recenti di Benedetto XVI; basta leggere le catechesi dedicate all’Apostolo Paolo e alle battute iniziali della prima Lettera Enciclica ( Deus caritas est ). Anche Giovanni Paolo II , nel libro-intervista Varcare la soglia della speranza , ha trattato questo tema: “Poteva Dio andare oltre nella Sua condiscendenza, nel Suo avvicinamento all’uomo e alle di lui possibilità conoscitive? In verità sembra che sia andato lontano quanto era possibile. Oltre non sarebbe potuto andare. In un certo senso Dio è andato troppo lontano! Cristo non divenne forse «scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani» (1 Cor 1,23)? Proprio perché chiamava Dio Suo Padre, perché Lo rivelava così apertamente in Se stesso, non poteva non suscitare l’impressione che fosse troppo… L’uomo ormai non era più in grado di sopportare tale vicinanza, e cominciarono le proteste. Questa grande protesta ha nomi precisi: prima si chiama Sinagoga , e poi Islam. Entrambi non possono accettare un Dio così umano. «Ciò non si addice a Dio» protestano. «Egli deve rimanere assolutamente trascendente, deve rimanere pura Maestà». Certo, Maestà piena di misericordia, ma non fino al punto di pagare le colpe della Propria creatura, i suoi peccati” [1] . Il giovane Saulo arrivò a Gerusalemme per completare i suoi studi, alla scuola di Gamaliele I, probabilmente nel 15 d.C. Alcuni si chiedono se Saulo a Gerusalemme ha incontrato Gesù; la questione non ha molta importanza. Scrive acutamente Murphy O’ Connor : “E anche nel caso in cui avesse di fatto sentito parlare di Gesù, perché avrebbe dovuto perdere tempo a cercare e ascoltare qualcuno che andava scartato per tre buone ragioni? Gesù veniva dalla Galilea, non aveva i titoli per insegnare e, a quanto pare, credeva di essere il Messia” [2] . Saulo – continua Murphy O’ Connor – “cominciò a pensare seriamente a Gesù quando si scontrò con il cristianesimo” [3] . Saulo intuì che ciò che predicavano i cristiani – la salvezza non dipendeva più dall’osservanza della Legge, ma dalla fede in Gesù – era una pretesa assurda, inconcepibile, scandalosa, e per questo andava combattuta. Può Dio – il “Totalmente Altro” – “sporcarsi le mani” con la nostra umanità? Peggio ancora: può la salvezza venire da un “maledetto” che è stato crocifisso? Questo era veramente troppo! Pertanto “va da sé che Paolo il fariseo non credeva a una sola parola di quello che aveva sentito raccontare su Gesù. La sua risurrezione non poteva essere stata altro che un trucco, perché Dio non avrebbe mai ricompensato qualcuno che si poneva al di sopra della legge, come aveva fatto Gesù” [4] . Poi è successo quello che sappiamo… Benedetto XIV, in una sua catechesi per l’Anno paolino, ha scritto: “San Paolo è stato trasformato non da un pensiero ma da un evento, dalla presenza irresistibile del Risorto… Solo l’avvenimento, l’incontro forte con Cristo, è la chiave per capire che cosa era successo” [5] . Incontro folgorante col Risorto e incontro con la Chiesa : deve farsi battezzare e vivere in comunione con gli apostoli. Così potrà scrivere ai Corinti: “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici ( 1 Cor 15,3-5). A Saulo – ormai diventato Paolo – interessa soprattutto l’annuncio che Gesù è il Cristo (l’ Unto, il Messia), Gesù è il Signore. Questo è l’asse portante delle sue lettere. I dati, per così dire biografici relativi a Gesù, sono ridotti all’osso. Tra l’altro, i versetti di Romani e Galati sono generici: Rom 1,3 : “ Nato dalla stirpe di Davide secondo la carne ”. Gal 4,4-5 : “ Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli . Più circostanziati, invece, quelli della 1 Timoteo (accenno a Pilato) e 1 Corinti (accenno al tradimento): 1 Cor 11,23 : “ Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito prese del pane …”. 1 Tim 6,13 : “… e di Gesù Cristo che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato . Il testo che si avvicina al celebre “ Et Verbum caro factum est ” di Giovanni 1,14 si trova nell’ inno stupendo della lettera ai Filippesi 2,6-11 . Questo pregevolissimo riassunto di cristologia – che probabilmente è di origine e uso liturgico anteriore alla lettera ai Filippesi – è collocato in un contesto di tenerezza. Ringraziando i fedeli per averlo soccorso con le loro offerte, Paolo li ricambia con auguri e raccomandazioni per la loro vita cristiana e la loro felicità. L’inno esalta il mistero di Gesù, Dio-Uomo. Le diverse tappe del mistero di Cristo storico, Dio e uomo nell’unità della sua persona – che Paolo non divide mai, sebbene ne distingua i diversi stadi di esistenza – sono celebrate in strofe distinte: la preesistenza divina (v. 6); l’abbassamento dell’incarnazione (v. 7); l’ abbassamento ulteriore della morte (v. 8); la glorificazione (v. 9); l’adorazione dell’universo (v. 10); il titolo nuovo (v. 11): Gesù Cristo è il Signore : è la professione di fede essenziale del cristianesimo! [6] . Ecco il testo:

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

In Fil 2,7 Paolo usa il verbo evke,nwsen ( ekénosen – il verbo kenóo ricorre solo 5 volte nel NT e solo nelle lettere paoline: Rm 4,14; 1 Cor 1,17; 9,15; 2 Cor 9,3; Fil 2,7); la Bibbia di Gerusalemme traduce in Fil 2,7 con « spogliò »; il significato è quello di svuotare , annientare. Gesù doveva diventare uno di noi per andare fino in fondo in questa follia dell’abbassamento. “Per riprendere la società umana in decomposizione, così come per una casa che crolla, bisogna scendere fino alle fondamenta, proprio in basso e solo dopo si potrà ricostruire a poco a poco l’edificio. Gesù è venuto a portare un nuovo ordine di comunione, alla luce e a immagine di Dio. Le società umane sono costruite su una gerarchia che scarta e disprezza chi è più in basso, i deboli e gli emarginati. Ecco perché Gesù si rivolge per primo a loro” [7] . È proprio questo scendere così in basso che è il vero «scandalo dell’incarnazione». Ma questa è la logica di Dio!

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Note: [1] GIOVANNI PAOLO II (con Vittorio Messori), Varcare la soglia della speranza , Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1994, p. 43. [2] J . MURPHY O’ CONNOR, Paolo. Un uomo inquieto, un apostolo insuperabile , Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 2007, p. 30. [3] Ibidem , p. 31. [4] Ibidem , p. 39. [5] Cit. nella rivista Paulus , Anno I – n. 4 Ottobre 2008, p. 1. [6] Vedi anche Rm 10,9; 1 Cor 12,3; Col 2,6. [7] J. VANIER, Lettera della tenerezza di Dio , Edizioni Dehoniane, Bologna 1995, p. 20.

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