L’INCONTRO CON L’APOSTOLO PAOLO
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L’INCONTRO CON L’APOSTOLO PAOLO
Tema: Meditazioni
(parla di Madre Giiulia, non la conosco, dovrebbe essere la fondatrice della famiglia spirituale « L’Opera »)
All’inizio del XX secolo si diffuse in molti paesi il movimento liturgico. Il Congresso delle associazioni cattoliche a Mechelen nel 1909 divenne punto di partenza in Belgio di questo movimento, che ebbe l’obiettivo principale di porre nuovamente la santa Messa al centro della vita cristiana. In effetti, da diversi secoli la liturgia era divenuta una realtà riservata in gran parte ai chierici. Sebbene i laici fossero uniti, nella fede, al sacrificio della Messa, avessero un forte rispetto per la presenza eucaristica del Signore e confidassero nella sua grazia, potevano partecipare alla celebrazione della Messa solo in modo limitato. Durante la santa Messa i laici recitavano spesso preghiere personali che non erano sempre in stretta relazione con la celebrazione liturgica. Il movimento liturgico voleva contribuire a riscoprire la grande ricchezza della liturgia e ad arricchire la vita spirituale di molte persone. Durante il suddetto Congresso a Mechelen, il Padre Lambert Beauduin, benedettino, propose di diffondere il Messale come un libro di preghiera e di renderlo accessibile a tutti grazie ad una traduzione nella lingua madre dei testi latini della liturgia domenicale e dei vespri. Egli disse: “La liturgia è la vera preghiera dei fedeli; è una spinta potente verso l’unione ed un insegnamento religioso completo.”[1] Padre Hillewaere promosse il movimento liturgico. Da fedele sacerdote volle venir incontro alla sete spirituale della giovane Giulia, infondendole un sano orientamento e il nutrimento spirituale necessario. Egli comprese che Giulia aveva molti doni particolari. Per questo motivo, le regalò – allora poteva avere 15 o 16 anni – un Messale in latino e olandese. In questa maniera ella poteva comprendere meglio le letture e le preghiere della santa Messa ed attingere in modo più fecondo dalla ricchezza delle Sacre Scritture e della liturgia. Questo Messale ebbe grande influenza sul suo sviluppo religioso. Circa settant’anni dopo, Giulia raccontò l’esperienza fatta con questo Messale, come se tutto fosse accaduto il giorno prima: “A quell’epoca le Sacre Scritture non erano ancore accessibili in lingua volgare. Per la prima volta ricevetti in mano un Messale in cui le letture e il vangelo non erano scritte solo in latino, ma anche in olandese. Ho aperto questo tesoro con molta gioia ed amore. Mi sentivo pervadere come da un grande fuoco. Non me lo potevo spiegare. Già dalla prima sera provai a meditare tutte le preghiere e tutti i testi: la lettura, il vangelo e tutto quanto si sarebbe letto o cantato durante la santa Messa del giorno seguente. Le parole della Sacra Scrittura mi affascinavano. Per noi bambini e giovani era del tutto ovvio andare quotidianamente a Messa.”[2] Giulia, a quell’epoca, si trovava in una situazione difficile. Tempo addietro, prima che Padre Hillewaere le avesse regalato il Messale, le venne chiesto di servire ad un banchetto di alcuni personaggi famosi. In quest’occasione sentì parlare un sacerdote in termini poco rispettosi circa alcune questioni di fede, portando al riso gli altri commensali. Fu per lei un vero scandalo che un sacerdote avesse ridicolizzato le cose sacre. Provò sofferenza ed ansia fin nell’intimo della sua anima. Mai prima era stata così profondamente colpita dalle debolezze umane dei rappresentanti della Chiesa. Lo scontro con la superbia e la falsità di alcune persone quasi sopraffecero Giulia con un senso di impotenza sempre maggiore: “Tutto questo mi portò lentamente ad una specie di crisi di fede. Ero molto infelice, sola, chiusa e quasi imprigionata in me stessa. Mi sforzavo di giungere ad un rapporto puro e autentico con Dio, attraverso sacrifici nascosti e l’impegno sincero nella virtù. Ma ciononostante mi allontanavo dalla pratica della fede. Cominciai ad essere assalita da una specie di superficialità e passività.”[3] Questa condizione di insicurezza nella sua anima perdurava. La sua confidenza nella Chiesa era compromessa. Per le tentazioni che l’assillavano non progrediva più ed era in cerca d’aiuto: “In questa situazione la giustizia misericordiosa del Signore mi venne incontro in maniera semplice, ma per me meravigliosa e assoluta.”[4] Una sera – non molto tempo dopo aver ricevuto il Messale – Giulia si stava preparando ancora per la santa Messa, leggendo i testi liturgici del giorno seguente. Quella sera non si accorse di nulla in particolare, tuttavia il mattino seguente, durante la santa Messa, venne colpita così profondamente da una lettura di san Paolo da perdere, per un breve periodo, contatto con tutto il mondo circostante: “’Verrà un giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina’ (2 Tim 4,3). Venni così profondamente toccata da questo richiamo di san Paolo d’aver la sensazione di essere completamente inserita nel contenuto di tale testo. Mi pareva che Paolo volesse svelarmi il suo senso più profondo ed invitarmi ad orientare in questa direzione la mia vita.”[5] Le parole che l’avevano folgorata provengono dalla seconda lettera a Timoteo e costituiscono una sorta di testamento del grande apostolo al suo figlio spirituale: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà un giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del vangelo, adempi il tuo ministero. Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione.” (2 Tim 4,1-8) Verso la fine della sua vita, Giulia ebbe a testimoniare: “Questo testo fu per me come un richiamo della provvidenza di Dio per tutta la mia vita sino ad oggi. Esso fu il primo seme per il Carisma de ‘L’Opera’”.[6] In quel periodo Giulia prese coscienza della perenne attualità della parola di Dio. La Sacra Scrittura, in cui risplende la luce di Dio in tutta la sua chiarezza, divenne per Giulia una fonte di consolazione, di forza e di gioia. Più tardi scrisse che la parola del Signore “dà orientamento, con forza, a coloro che l’accettano nella fede, ascoltandola e accogliendola con cuore aperto e mettendola in pratica”.[7] Tuttavia venne colpita dalla parola di Dio non la sera prima quando leggeva personalmente il testo di san Paolo, bensì solo durante la celebrazione eucaristica. In questo modo la liturgia, che è il luogo proprio della parola di Dio, raggiunse nella vita di Giulia un’importanza fondamentale. Da questo istante l’Apostolo Paolo divenne la sua guida personale, che la inserì sempre più nella ricchezza della fede ed nel mistero della Chiesa. Egli l’aiutava a ritrovare la serenità interiore e a crescere nell’amore verso la Chiesa: “Le sue lettere costituirono per me un preferito e fortificante nutrimento spirituale. Scoprii in esse, se posso esprimermi così, la santa Chiesa e concepii un grande amore per il Corpo mistico di Cristo. Questo mistero allo stesso tempo mi è stato ispirato e mi ha sempre accompagnata. Il santo Apostolo Paolo divenne per me uno strumento di Dio, una guida spirituale e un fratello diletto, di cui potevo sentire la vicinanza. In quel periodo mi pareva di vivere una seconda conversione verso il Cuore di Gesù e il suo Corpo, la Chiesa.”[8] In modo del tutto inaspettato Paolo era entrato nella vita della giovane Giulia. Trovò in lui un amico che formava la sua coscienza. Passo dopo passo, si compì in lei una trasformazione di sentimenti che l’abituarono ad aprirsi ai doni della misericordia divina. Le persone che la incontravano potevano percepire che da lei emanava una particolare forza interiore. La sua preghiera divenne più contemplativa. Un fedele, che andava spesso a pregare nella chiesa parrocchiale di Geluwe, testimoniò: “Era mia abitudine andare ogni mattina in chiesa. La prima persona che vedevo era una donna giovane e graziosa, che abitualmente era inginocchiata vicino all’altare. Tutta la sua attitudine emanava interiorità. Era come rapita dalla preghiera.”[9] Sempre più Paolo le aprì gli occhi anche riguardo alla perdita della fede, che si annunciava come una terribile tempesta. Lei percepì che l’Apostolo le voleva dare un orientamento ed un aiuto nelle difficoltà del tempo. La grande povertà spirituale, il crollo della morale, il crescente allontanamento dalla Chiesa, le debolezze all’interno del popolo di Dio e la progressiva secolarizzazione in tutte le realtà della vita minacciavano di portare ad un moderno paganesimo.[10] Paolo fece comprendere a Giulia che la conversione e la fede ci danno la forza per mantenerci fedeli anche in mezzo a nuove sfide: “Questo diletto fratello e padre mi ha accompagnato sul cammino di una profonda conversione e nello spirito del discernimento.”[11] Giulia custodiva sempre nel proprio cuore, come un tesoro assai prezioso, la luce dell’Apostolo Paolo, anche in tempi di ricerca e di lotta interiore. Alla fine della sua vita scrisse: “Sono perfettamente consapevole che san Paolo, che mi ha insegnato le parole di Dio, è stato lo strumento di grazia per la mia vita. Egli mi ha aiutato ad aprire gli occhi della mia anima per la benevolente grazie dell’amore misericordioso del Signore, che è come un filo d’oro nell’intimo tessuto della mia vita. Mi ha regalato una chiave che poteva aprire il mio cuore ai comandamenti e alle leggi del Signore. Così potevo comprendere intimamente che le opere di Dio sottostanno a leggi soprannaturali e che spesso vanno in direzione opposta ai nostri calcoli puramente umani; che la parola di Dio, che viene percepita da cuori aperti, possiede in sé un’incredibile forza trasformatrice; che il merito della nostra vita e la sua forza d’irradiazione non dipende dalla misura delle nostre attività, bensì dall’amore che ci pervade e che è infuso nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo. Infatti, è proprio l’amore che ci rende possibile vedere Dio in tutto e in tutti.”[12]
estratto dal libro ” Ha amato la Chiesa. Madre Giulia Verhaeghe e gli inizi della Famiglia spirituale “L’Opera”, Vita e Pensiero, Milano 2007, 53-57.
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