PAOLO, IL FARISEO CHIAMATO DA DIO

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PAOLO, IL FARISEO CHIAMATO DA DIO    di: p. Fabrizio Tosolini          

  Nella Lettera ai Filippesi Paolo vanta le sue origini: « Circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto a zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile » (Fil 3,5-6). In Gal 1,13-14 evidenzia la propria intransigenza come persecutore: « Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo; superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri ».  

I FARISEI E IL MOVIMENTO DI GESÙ I Farisei sembrano essere gli eredi dei gruppi di Giudei che nel II sec. a.C. si erano opposti al progetto di ellenizzazione forzata di Antioco IV Epifane, prima sostenitori e poi perseguitati dalla dinastia Asmonea. Pongono in grande rilievo lo studio della Legge, ritenendo che essa possa guidare il comportamento umano e santificarlo fin nelle azioni più comuni. Per mettere in pratica la Legge in ogni azione della giornata, in particolare per quanto riguarda il prendere cibo, devono sottoporla a minuziosa analisi in modo da trovarvi tutte le indicazioni necessarie. Al tempo di Gesù e di Paolo sembra che le confraternite farisaiche fossero concentrate a Gerusalemme e dintorni (la vita in comune rendeva più facile l’osservanza delle regole alimentari); appartenevano in media agli strati sociali più bassi e vivevano poveramente. Il movimento che nasce attorno a Gesù mostra molti tratti di similitudine sia con gli Esseni che con i Farisei. I Vangeli presentano i Farisei come duri avversari del Cristo a motivo della separazione che avviene dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 d.C., verso la fine del I sec. Al tempo di Gesù l’opposizione veniva da parte dei Sadducei, in particolare dalla famiglia di Anna e Caifa, sulla base di considerazioni politiche (in quanto discendente di Davide, Gesù aveva tutti i diritti di aspirare al trono di Israele). Giunto a Gerusalemme, Paolo deve essersi unito a qualcuna delle confraternite farisaiche e aver con loro studiato la Legge. Atti dice sotto la guida di Gamaliele. Non è impossibile che in questo tempo Paolo abbia sentito parlare di Gesù e forse lo abbia anche visto, quando il Rabbi di Nazaret saliva alla Città Santa.  

LA REAZIONE DI PAOLO AL MOVIMENTO DI GESÙ  La predicazione di Gesù, e su Gesù da parte della prima comunità, deve aver suscitato in Paolo una forte reazione negativa: durante la sua vita pubblica Gesù mostra un’autorità superiore alla Legge e si attribuisce prerogative, quale quella di perdonare i peccati e di riformare il servizio nel Tempio, che sono solo di Dio; e questo sulla base della precisa coscienza di essere Figlio di Dio in modo superiore a quello di tutto Israele e di essere inviato da Dio per salvare il mondo e portare a tutti lo Spirito. Gesù era stato crocifisso e, siccome moriva della morte dei maledetti, Dio non poteva essere con lui. Ma i suoi seguaci stavano riempiendo Gerusalemme e il mondo giudaico della notizia della sua glorificazione, con un successo notevolissimo e con minaccia non solo per la funzione espiatrice del Tempio, ma anche per le tradizioni tramandate da Mosé (cf. At 6,13-14). Per questo, probabilmente, Paolo passa all’azione, mosso da quello zelo che era tipico delle comunità farisaiche e delle loro accese discussioni riguardo alla Legge. Non ci è chiaro come egli in concreto perseguiti i cristiani. È verosimile che si sia mosso in modo personale, autonomo, come un battitore libero, approfittando delle riunioni nelle sinagoghe per accusare pubblicamente i cristiani, contraddire il loro messaggio, obbligarli a fare pubblicamente delle affermazioni o dei giuramenti che andassero contro la loro fede (cosa che farà qualche decina d’anni dopo anche Plinio il Giovane). In questo modo egli ottiene la loro condanna da parte dei responsabili delle sinagoghe; condanna che, se non necessariamente comportava conseguenze fisiche (c’erano problemi di giurisdizione), di sicuro diventava un ostracismo morale che rendeva ai cristiani, doppiamente rifiutati (dai greci in quanto giudei, dai giudei in quanto cristiani), la vita molto difficile. È anche possibile che, in vista di questo, abbia ottenuto da parte del Sinedrio lettere di autorizzazione, che garantivano la sua autorità e ortodossia, e gli davano così una notevole forza di coercizione.  

SULLA VIA DI DAMASCO LA CONVERSIONE  L’apparizione di Gesù sulla via di Damasco costringe Paolo a ristrutturare tutto il suo mondo interiore. In quanto fariseo credeva nella risurrezione. Ora Gesù, vivo, si fa riconoscere da lui come colui che il Padre ha glorificato, e che, nello stesso tempo, manifesta la sua vita risorta nella Chiesa creando con essa una nuova storia. Non solo: dalla risurrezione risulta confermato quanto Gesù diceva di sé, di essere venuto e di donare se stesso per la salvezza di tutti gli uomini. Così che in Paolo l’attitudine di difensore della tradizione di Israele si rovescia nell’impegno di mettere tutti a contatto vivente, per mezzo della tradizione della comunità, con l’intenzione salvifica del Risorto. In questo modo Paolo riconosce che la Legge non può liberare dal peccato, se il Figlio di Dio è dovuto morire per espiare i peccati; anzi, se la Legge ha fornito le ragioni ad alcuni israeliti per condannare il Figlio di Dio, quel modo di interpretarla non ha più valore. La Legge ormai parla solo di Cristo e di ciò che lui è venuto a portare.   DALLA CONVERSIONE LA MISSIONE  Paolo vede che il rapporto che Cristo instaura con lui avviene non più a partire dalla buona volontà umana, ma nasce e cresce per l’azione della potenza del Risorto, per la presenza dello Spirito che dà testimonianza allo spirito dell’uomo, lo guida alla confessione di fede e alla vita secondo la nuova Legge, che è la sua ispirazione nel profondo del cuore. Questa nuova Legge guida immancabilmente il cristiano sulle orme di Cristo, il quale si dona per la comunità degli uomini fino a perdere per loro le sue prerogative divine. Anche Paolo vedrà che ai doni mistici individuali è preferibile lo svuotamento di sé in vista della costruzione della famiglia di Dio, così che Cristo sia tutto in tutti. In questo modo Paolo esperimenta, interiormente ed esteriormente, nei gloriosi anni dell’impegno missionario, la mirabile corsa della Parola di Dio. Da povera e piccola parola annunziata, essa entra nel cuore e in esso si sviluppa, trasformandolo, operando in esso la fede, la speranza, la carità. La santificazione dello spirito umano si irradia nella vita visibile nel comportamento storico, nel cammino della comunità, la quale a sua volta diventa parola: parola irresistibile nella dinamica delle sue relazioni interne, quando tutti dicono le parole di Dio (cf. 1 Cor 14,25); parola che di nuovo diventa seme sulla bocca e nella vita degli annunciatori che essa invia. Sembra impossibile che Paolo abbia colto tutto questo nei brevi momenti in cui il Risorto gli fa conoscere la sua potenza. Eppure si può serenamente pensare che sia stato così, proprio come un grande albero è già tutto presente nel seme nascosto nella terra.  

LE CONVERSIONI SONO L’OPERA DI DIO  Il libro degli Atti racconta tre volte l’esperienza della conversione di Paolo. L’apostolo stesso la paragonerà alla creazione (cf. 2 Cor 4,5). Sembra incredibile quanto poco poi, nell’esperienza comune della Chiesa, siano valutate le conversioni. Il fatto stesso di collocarne alcune in un’aura di straordinarietà contribuisce a distanziarle dalla vita. Eppure sono per antonomasia l’opera di Dio, il fuoco dal cielo che anche lo stesso Elia può solo invocare. Le comunità dovrebbero ritrovarsi sempre di nuovo attorno alle esperienze di conversione quasi come davanti alla Scrittura e davanti all’Eucaristia. Sono le conversioni quel mondo nuovo che Dio continua a scrivere nelle tenebre, facendole diventare giorno luminoso di risurrezione. Il resto rimane notte.  

FABRIZIO TOSOLINI

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