LETTERA AGLI EBREI – CARATTERISTICHE TEOLOGICHE (stralcio)
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(è uno stralcio dello studio sulla lettera agli ebrei, sulle caratteristiche teologiche, la parte che spiega il tema della lettura di domenica)
LETTERA AGLI EBREI: PRESENTAZIONE GENERALE
Giuseppe De Virgilio
La lettera agli Ebrei è l’esempio più antico e completo di omelia cristiana su Cristo «sommo sacerdote della nuova alleanza». Affascinante e complesso, questo scritto intende formare e sostenere i credenti nella concretezza della vita, in vista di un’autentica testimonianza di fede.
CARATTERISTICHE TEOLOGICHE
La qualità della composizione letteraria di Ebrei si aggiunge alla profondità dottrinale e teologica del suo contenuto, la cui peculiarità è la presentazione di Cristo «sommo sacerdote della nuova alleanza». Fin dai primi secoli la peculiarità teologica di Ebrei è stata interpretata come una nuova sintesi della dottrina e della vita cristiana imperniata sulla mediazione sacerdotale di Cristo. Ci limitiamo a riassumere il suo messaggio segnalando tre prospettive: a) la relazione tra antica e nuova alleanza; b) la cristologia sacerdotale; c) la vita cristiana.
La relazione tra antica e nuova alleanza La densità teologica si manifesta anzitutto nella qualità dell’approccio ermeneutico e nell’uso delle tecniche esegetiche per l’impiego delle Scritture. Nell’evidenziare la peculiarità della posizione (mediazione) di Cristo nella storia salvifica, l’autore mostra come l’alleanza e i riti che accompagnano il divenire dell’identità del popolo eletto trovano compimento nella nuova alleanza inaugurata con la Pasqua del Signore. Il procedimento dimostrativo che riguarda la relazione tra la prima e la nuova alleanza segue lo schema continuità-rottura-superamento. Si afferma la validità della connotazione profetica della prima alleanza, ma mediante l’opera di Cristo si riconosce anche la fine della sua istituzione. Ciò appare soprattutto nell’esposizione centrale della lettera (7,10-10,18) in cui si reinterpretano i Sal 110 e 40, l’oracolo di Ger 31 e i riti prescritti dalla Legge in Lv 16. Nel disegno divino l’antica alleanza ha svolto un ruolo importante ma preparatorio, in vista del compimento della nuova alleanza in Cristo. Allo stesso modo l’antico culto e la sua istituzione sacerdotale appaiono realtà inefficaci a confronto con il nuovo sacrificio di Gesù Cristo (9,11-26), unico mediatore dell’alleanza nuova (12,24).
La cristologia sacerdotale
Mediante il confronto con l’antico culto e sacerdozio levitico (Aronne), si elabora una singolare cristologia sacerdotale. Con i titoli di «sacerdote» e di «sommo sacerdote» applicati a Cristo, l’autore afferma l’identità e la funzione mediatrice del Figlio di Dio. Con l’aiuto della tradizione scritturistica s’introduce un cambiamento radicale delle nozioni di sacrificio e di sacerdozio. Partendo dalle funzioni sacerdotali e dai riti antichi, la lettera mostra come Cristo merita il titolo di sacerdote perché egli fu intimamente unito a Dio e agli uomini. Come Figlio egli è stato intronizzato alla destra del Padre (1,4-14); come uomo, egli ha raggiunto la gloria percorrendo un cammino di piena solidarietà con i peccatori (2,11-16). Pertanto Cristo è divenuto il «mediatore perfetto» e deve essere riconosciuto come il «sommo sacerdote» (2,7; 3,1; 4,14) capace di conferire la salvezza a quanti per mezzo suo si accostano a Dio (7,24-25; 9,11). L’attestazione di questa verità di fede è avvalorata dall’interpretazione del Sal 110, che presenta il Messia nella linea di Melchisedek (Gen 14,18-20), figura prefigurativa dell’eterno sacerdozio di Cristo. Tale mediazione si è compiuta in Cristo che si è offerto «una volta per sempre» come vittima sacrificale nella sua passione, morte e risurrezione, entrando con il proprio sangue nel santuario celeste (tenda non fatta da mani d’uomo) e procurando una redenzione eterna (9,11-14; 10,8-10).
La vita cristiana Il dono della salvezza connotato in chiave sacerdotale ha conseguenze radicali per la vita dei credenti. L’attesa segnata da riti di separazione e di purificazione del periodo pre-messianico è terminata grazie al sacrificio sacerdotale del Cristo, la cui obbedienza filiale schiude a tutti l’ingresso nel santuario, simbolo della riconciliazione con Dio (10,19-21). Avendo come fondamento la fede (11,1) ogni credente è invitato ad accostarsi al mistero di Dio e ad assumere la propria responsabilità nella storia, illuminata dalla splendida testimonianza dei padri (11,2-40). L’accentuazione escatologica che accompagna la descrizione simbolica del processo redentivo (santuario celeste, tenda, beni futuri, ecc.) non elude il realismo del quotidiano. Emerge forte nella lettera la concretezza della vita cristiana, insieme alla preoccupazione per una comunità matura e solidale. Una vita credibile si declina mediante la comunione fraterna (10,25; 13,1), la corresponsabilità nella testimonianza (13,17) e soprattutto nella sollecitudine verso le persone bisognose (13,1-3). La logica del dono di sé che ha contrassegnato la cristologia sacerdotale e cultuale, illumina la sottostante visione etica della lettera e la sua proiezione pastorale.
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