AGOSTINO, COSTRUTTORE DELLA CITTÀ DI DIO NELLA CITTÀ DELL’UOMO
AGOSTINO, COSTRUTTORE DELLA CITTÀ DI DIO NELLA CITTÀ DELL’UOMO
Posted by Padre Eugenio Cavallari on 24 April 2013
Amore di Dio e amore del mondo
Se conosciamo veramente, non possiamo non amare: una conoscenza senza amore non ci salva. Se professate la fede, ma non amate, voi assomigliate ai demoni. Perciò, come ameremo Dio se amiamo il mondo? Egli vuole farsi accogliere in noi mediante la carità. Ci sono dunque due amori: quello del mondo e quello di Dio; se alberga in noi l’amore del mondo, non potrà entrarvi l’amore di Dio. Si tenga lontano l’amore del mondo e resti in noi l’amore di Dio. Abbia posto in noi l’amore migliore (Commento I lettera di Giovanni 2, 8).
La città dei santi
Sion è la città di Dio, che con altro nome si chiama Gerusalemme. Sion significa speculazione, cioè visione e contemplazione. Orbene ogni anima, che con attenzione fissa la luce divina per venirne illuminata, è Sion. Se invece essa si volge a fissare la propria luce, diventa opaca. E qual è la città di Dio se non la Chiesa? Gli uomini che amano Dio e si amano a vicenda costituiscono la città di Dio. Ogni città è governata da una legge: la legge di costoro è la carità. La legge di questa città è la carità, e la carità è Dio. Chi è colmo di carità è pieno di Dio. Sii nella Chiesa e Dio non sarà al di fuori di te (Esposizione Salmo 98, 4).
Le due città
La redenta famiglia di Cristo Signore e l’esule città di Cristo Re adduca contro i propri nemici ogni argomento; ricordi però che anche fra i nemici sono nascosti dei futuri concittadini. Non ritenga privo di risultato il fatto che, prima di giungere ad essi come compagni di fede, li deve sopportare come avversari. Allo stesso modo la città di Dio accoglie con sé, finché è esule in questo mondo, alcuni che partecipano ai suoi sacramenti, ma non saranno con lei nell’eterna eredità dei santi. Di essi alcuni sono celati, altri manifesti. E questi ultimi non si fanno scrupolo di mormorare assieme ai nemici di Dio, pur avendo in fronte il sacramento. Infatti le due città non sono identificabili nel fluire dei tempi e sono fra loro perfettamente mescolate, finché non saranno separate nell’ultimo giudizio (Città di Dio 1, 35).
Prerogative delle due città
Sebbene molti grandi popoli coesistano nel mondo con diverse religioni e costumi, distinguendosi per notevole diversità di lingua, armamento e abbigliamento, tuttavia non vi sono che due tipi di umana convivenza. Secondo il linguaggio biblico, li possiamo definire giustamente le due città. Una è quella degli uomini che vogliono vivere secondo la carne, l’altra di coloro che intendono vivere secondo lo spirito: ciascuna nella pace del proprio stile di vita. E quando conseguono il fine a cui tendono, ciascuna vive nella propria pace. (Città di Dio 10, 25).
Nella storia si profilano le due città
Due amori diedero origine a due città: alla terrena l’amore di sé fino al disprezzo per Dio, alla celeste l’amore a Dio fino al disprezzo di sé. Quella si gloria in sé, questa in Dio. Quella esige la gloria dagli uomini, per questa la più grande gloria è Dio, testimone della coscienza. Quella leva in alto la testa nella sua gloria, questa dice a Dio: Tu sei la mia gloria perché levi in alto la mia testa. Nella prima prevale la passione del dominio sia nei capi sia nei popoli che assoggetta, in questa si scambiano i servizi della carità: i capi col deliberare, i sudditi con l’obbedire. Quella ama la propria forza nei propri eroi, questa dice al suo Signore: Tu sei la mia forza. Nella città terrena quindi i filosofi hanno dato rilievo al bene o del corpo o dell’anima, o di tutti e due. Coloro che poi potevano conoscere Dio, non lo adorarono e ringraziarono come Dio, ma si smarrirono nei propri pensieri e fu lasciato nell’ombra il loro cuore stolto perché credevano di essere sapienti: in essi domina la superbia. Per questo divennero sciocchi e sostituirono alla gloria di Dio immortale quella dell’uomo o dell’animale mortale: in tali forme di idolatria furono guide o partigiani della massa. Così si asservirono nel culto alla creatura, anziché a Dio creatore, che è benedetto per sempre. Nella città celeste invece l’unica filosofia è la religione con cui Dio si adora convenientemente, perché essa attende il premio nella società degli eletti affinché Dio sia tutto in tutti (Città di Dio 14, 1).
La gloriosissima città di Dio
Essa conosce e adora un solo Dio. L’hanno annunziata i santi angeli che ci hanno invitato alla sua vita comunitaria e hanno voluto che in essa noi fossimo loro concittadini..Non vogliono che sacrifichiamo loro ma, con essi, siamo un sacrificio a Dio. Tutti gli immortali felici ci vogliono bene: se non lo volessero, non sarebbero felici. Ci vogliono bene appunto perché anche noi siamo felici con loro: ci soccorrono e ci aiutano di più se adoriamo con loro il solo Dio: padre, Figlio, Spirito Santo, che non se adorassimo loro stessi con sacrifici (Città di Dio 14, 28).
Le due vite della Chiesa
La Chiesa conosce due vite, che le sono state rivelate e raccomandate da Dio: una è nella fede, l’altra nella visione; una appartiene al tempo del pellegrinaggio, l’altra all’eterna dimora; una è nella fatica, l’altra nel riposo; una lungo la via, l’altra in patria; una nel lavoro dell’azione, l’altra nel premio della contemplazione; una che si tiene lontana dal male e compie il bene, l’altra che non ha alcun male da evitare ma un solo grande bene da godere; una combatte con l’avversario, l’altra regna senza contrasti; una è forte nelle avversità, l’altra non ha alcuna avversità da sostenere; una deve tenere a freno le passioni della carne, l’altra riposa nelle gioie dello spirito; una è tutta impegnata nella lotta, l’altra gode tranquilla e in pasce i frutti della vittoria; una chiede aiuto nelle tentazioni, l’altra, libera da ogni tentazione, trova il riposo in colui che è stato il suo aiuto; una soccorre l’indigente, l’altra vive dove non esiste alcun indigente; una perdona le offese per essere a sua volta perdonata, l’altra non subisce offese da perdonare, né deve farsi perdonare alcuna offesa; una è colpita duramente dai mali affinché non esulti nei beni, l’altra gode di tale pienezza di grazia ed è così libera da ogni male, che senza alcuna tentazione di superbia aderisce al sommo bene: una discerne il bene dal male, l’altra non ha che da contemplare il Bene. Quindi una è buona, ma ancora infelice, l’altra è migliore e beata (Commento Vangelo Giovanni 124, 5).
Confronto fra le due città
Nell’evoluzione della storia umana le due città, la celeste e la terrena, sono mescolate dall’inizio alla fine. La terrena ha creato per sé, da ogni provenienza o anche dagli uomini, i falsi dèi che ha voluto, per sottomettersi a loro mediante l’offerta di vittime. Invece quella celeste, che è esule sulle terra, non crea falsi dèi, ma essa è stata creata dal vero Dio ed essa stessa è la sua vera immolazione. Tutte e due però usano ugualmente i beni temporali e sono colpite dai mali con diversa fede, diversa speranza, diverso amore, fino a che siano separate dal giudizio finale e ciascuna raggiunga il proprio fine che non ha fine (Città 18, 54, 2).
Il fine ultimo
Fine del nostro bene è quello per cui gli altri beni si devono desiderare ed esso per se stesso; fine del male è quello per cui gli altri mali si devono evitare ed esso per se stesso. In questo modo diciamo fine del bene non là dove termina, cioè dove cessa di esistere, ma là dove raggiunge la compiutezza poiché ha tutta la pienezza; allo stesso modo diciamo fine del male non dove cessa di essere, ma là dove conduce nel danneggiare. Questo fine è dunque il sommo bene e il sommo male (Città 19, 1).
Nel giudizio la coscienza e il libro della vita
L’apostolo Giovanni scrive: Furono aperti i libri, e fu aperto anche un altro libro, che è proprio dell’esistenza di ciascuno; i morti furono giudicati in base a ciò che era scritto nei libri, ciascuno secondo le proprie azioni (Apocalisse 20, 12). I primi libri sono i Libri del Vecchio e Nuovo Testamento, in base ai quali veniamo giudicati; l’altro libro è quello dell’esistenza di ciascun uomo, con cui verificare quale dei precetti divini ciascuno avrà osservato o violato. Chi apre questo libro è un potere divino, per cui avviene che a ciascun uomo sono richiamate alla memoria tutte le proprie opere, buone e cattive, che saranno esaminate con mirabile prontezza da un immediato atto della mente, in modo tale che la consapevolezza interiore accusi o scusi la coscienza e così tutti e ciascun uomo siano simultaneamente giudicati. Questo divino potere ha certamente avuto il nome di ‘libro’ perché in esso in certo qual senso si legge ogni particolare della vita, che mediante tale potere viene appunto rievocato (Città 20, 14).
Salutare il pensiero dell’Inferno
Con l’aiuto della grazia di Dio siamo sempre all’erta con costante attenzione perché non ci inganni l’infondata certezza di ciò che sembra vero, non suggestioni un discorso scaltro, non offuschino le tenebre di qualche errore, non si creda male ciò che è bene e bene ciò che è male, né il timore distolga dalle azioni che si devono compiere, né il sole tramonti sopra la nostra ira, le inimicizie non spingano a ricambiare male per male, non avvilisca una disonesta o smodata tristezza, una mente ingrata non induca all’indifferenza del bene che si deve compiere, una buona coscienza non sia importunata dalle dicerie della maldicenza, un nostro sospetto temerario sull’altro non ci inganni e il falso dell’altro su di noi ci butti a terra, non regni il peccato sul nostro corpo mortale per obbedire ai suoi desideri, non siano usate le nostre membra come armi di malvagità per il peccato, non si faccia ciò che non è lecito. Infine: in questa aperta battaglia di affanni, sofferenze e impegno non si speri di ottenere la vittoria con le nostre sole forze, ma tutto si attribuisca solo alla infinita grazia di Dio (Città 22, 23).
Nella contemplazione della verità il riposo dei beati
Questa vita dei santi riempirà anche i loro corpi, trasformati nello stato celeste e angelico, ed essi godranno di tale vigore immortale che da nessuna necessità dello stato mortale potranno essere attirati né essere allontanati dalla contemplazione e dalla lode della verità che li fa beati. La stessa verità sarà per loro cibo e riposo, come lo è il riposo del sonno. E’ stato scritto: Sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno del Padre mio. Questo significa che nel gran riposo si nutriranno del cibo della verità: cibo che viene assunto come alimento senza mai venire a mancare, viene assunto a sazietà senza venire intaccato, viene a completarti senza consumarsi, diversamente dal nostro cibo che restaura le forze, ma si esaurisce, e finisce perché non finisca la vita di chi se ne alimenta. Quel riposo sarà la pace eterna, quel cibo sarà la verità immutabile, quel banchetto sarà la vita eterna, cioè lo stesso conoscere: Questa è la vita eterna, che conoscano te, l’unico vero Dio e colui che hai mandato Gesù Cristo (Disc. 362, 29, 30).
Sublime visione spirituale di Dio
In Dio, che è presente ovunque e dirige al proprio fine tutte le cose, noi vedremo noi stessi e tutti gli uomini nella luminosità spirituale dei nostri corpi. E così contempleremo Dio che è incorporeo e conduce tutti gli esseri al proprio fine. Dio sarà a noi noto con tanta evidenza che sarà veduto con la propria facoltà spirituale da ognuno di noi, da uno nell’altro, in se stesso, nel nuovo cielo e nella nuova terra e in ogni creatura che esisterà nell’eternità, sarà veduto anche mediante il corpo in ogni corpo, in qualunque direzione saranno volti gli occhi del corpo spirituale con un’acutezza che raggiunge l’oggetto.. Si sveleranno anche i nostri pensieri dall’uno all’altro. (Città 22, 29, 6).
L’Amen e l’Alleluia della vita celeste
Tutta la nostra attività consisterà nell’Amen e nell’Alleluia. Che ne dite, fratelli? Vedo che vi rallegra l’udire questo, ma vi prego anche di non rattristarvi ancora ragionando secondo la mentalità carnale che porta a pensare, che, ripetendo per un giorno lem stese parole, proverebbe una gran noia e vorrebbe soltanto tacere. Proverò a spiegarmi come potrò. Noi non diremo queste due parole con suoni fuggevoli, ma con il moto interiore dell’amore. Amen infatti significa: E’ vero; Alleluia significa: Lodate Dio. Dio è verità incommensurabile, nella quale sono impensabili carenza o progresso, aumento o diminuzione o cedimento o falsità, perché resta perpetuamente stabile e sempre incorruttibile. Tutto ciò che facciamo quaggiù è figura della realtà, espresso attraverso la mediazione del corpo, e in esso ci muoviamo retti dalla fede. Ma quando vedremo faccia a faccia quello che ora vediamo in uno specchio, in maniera confusa, allora proclameremo: E’ vero, in un modo così diverso che non si può nemmeno dire. Esclameremo: Amen, saziandocene in modo insaziabile. Si potrà parlare di sazietà perché non si avvertirà alcuna mancanza, ma poiché tale pienezza non cesserà mai di dare diletto, si può in certo modo dire insaziabile la sazietà stessa. E come vi sazierete insaziabilmente della verità, così con insaziabile verità proclamerete il vostro Amen. Nessuno può dire per ora come saranno quelle cose che occhio non vide né orecchio udì né mai entrarono in cuore di uomo. Ma poiché, senza alcuna noia, anzi col massimo diletto perpetuo,, vedremo il vero e lo contempleremo nella più certa evidenza, noi stessi, accesi dall’amore della verità e a lei uniti in dolce e casto abbraccio, fuori dalla mediazione del corpo, con tale acclamazione loderemo Dio e diremo: Alleluia. Esultando in tale lode con l’ardente carità che li unisce tra loro e a Dio, i cittadini di quelle città celeste diranno: Alleluia, perché diranno : Amen (Discorso 362, 28, 29).

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