IL VIAGGIO DI PAOLO VI IN TERRA SANTA, 1963

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IL VIAGGIO DI PAOLO VI IN TERRA SANTA

«Una visita orante ai luoghi santificati dalla vita, passione e risurrezione di Gesù»

Il pellegrinaggio di Papa Francesco in Terra Santa è avvenuto cinquanta anni dopo quello di Papa Montini. Ripubblichiamo alcuni brani dai discorsi pronunciati da Paolo VI durante il suo viaggio, compiuto dal 4 al 6 gennaio 1964 (tratto da 30Giorni n. 2, 2000)

4 dicembre 1963

Annunzio del pellegrinaggio ai padri conciliari alla chiusura della II sessione del Concilio Vaticano II
[…] Tanto è viva in noi la convinzione che per la felice conclusione finale del Concilio occorre intensificare preghiere ed opere, che abbiamo deliberato, dopo matura riflessione e non poca preghiera, di farci noi stessi pellegrini alla Terra di Gesù nostro Signore.
Vogliamo infatti recarci, se Dio ci assiste, nel prossimo mese di gennaio, in Palestina, per onorare personalmente, nei luoghi santi, ove Cristo nacque, visse, morì e risorto salì al Cielo, i misteri primi della nostra salvezza: l’incarnazione e la redenzione. Vedremo quel suolo benedetto, donde Pietro partì e dove non ritornò più un suo successore; noi umilissimamente e brevissimamente vi ritorneremo in segno di preghiera, di penitenza e di rinnovazione per offrire a Cristo la sua Chiesa, per chiamare ad essa unica e santa i Fratelli separati, per implorare la divina misericordia in favore della pace fra gli uomini, la quale in questi giorni mostra ancora quanto sia debole e tremante, per supplicare Cristo Signore per la salvezza di tutta la umanità. Che la Madonna Santissima guidi i nostri passi, che gli apostoli Pietro e Paolo e tutti i santi ci assistano benigni dal Cielo.

4 gennaio 1964

Discorso all’aeroporto di Roma
[…] È stato detto giustamente che il Successore del primo degli apostoli ritorna dopo venti secoli di storia là, di dove Pietro è partito, portatore del messaggio cristiano. E di fatto vuol essere il nostro un ritorno alla culla del cristianesimo, ove il granello di senapa dell’evangelica similitudine ha messo le prime radici, estendendosi come albero frondoso, che ormai ricopre con la sua ombra tutto il mondo (cfr. Mt 13,31s); una visita orante ai luoghi santificati dalla vita, passione e risurrezione di nostro Signore.
È un pellegrinaggio di preghiera e di penitenza, per una partecipazione più intima e vitale ai Misteri della Redenzione, e per proclamare sempre più alto davanti agli uomini, come annunziammo nel nostro primo messaggio Urbi et orbi, che «solo nel Vangelo di Gesù è la salvezza aspettata e desiderata: “Poiché non c’è sotto il cielo altro nome dato agli uomini, mercè il quale abbiamo ad essere salvati” (At 4,12)».
In questi giorni, in cui la Liturgia sacra ricorda il Principe della pace, noi chiederemo a Lui di dare al mondo questo dono prezioso, e di consolidarlo sempre più fra gli uomini, nelle famiglie, tra i popoli.
Presenteremo a Cristo la sua Chiesa, nel suo proposito di fedeltà al comandamento dell’amore e dell’unione, da Lui lasciatole come suo estremo mandato. Porteremo sul Santo Sepolcro e sulla Grotta della Natività i desideri dei singoli, delle famiglie, delle nazioni; soprattutto le aspirazioni, le ansie, le pene dei malati, dei poveri, dei diseredati, degli afflitti, dei profughi; di quanti soffrono, di coloro che piangono, di coloro che hanno fame e sete di giustizia. […]

4 gennaio 1964
Discorso davanti alla porta di Damasco all’arrivo a Gerusalemme
Signor governatore, signor sindaco, abitanti di Gerusalemme, e voi tutti che siete venuti da vicino o da lontano per circondarci in questo istante.
[…] Oggi si realizza per noi ciò che ha fatto l’oggetto di tanti desideri di tanti uomini all’epoca dei patriarchi e dei profeti, di tanti pellegrini venuti da venti secoli a visitare la tomba di Cristo. Oggi possiamo gridare con l’autore sacro: «Finalmente i nostri piedi calpestano adesso la soglia delle tue porte, Gerusalemme» (Sal 122,2) e aggiungere con lui in tutta verità: «Ecco il giorno che il Signore ha fatto: giorno di gioia e d’allegrezza» (Sal 117,24).
Dal più profondo del nostro cuore ringraziamo Iddio onnipotente di averci condotto fino a questo luogo e fino a quest’ora. Vi invitiamo tutti a unirvi alla nostra azione di grazie.
La nostra riconoscenza si indirizza prima di tutto alle autorità per l’accoglienza piena di fervore che ci hanno dedicato.
Agli abitanti di Gerusalemme diciamo la nostra stima per lo spirito religioso e per le nobili tradizioni di cortesia e di ospitalità verso tutti i pellegrini dei luoghi santi. Li invitiamo ad alzare con noi le loro mani e i loro cuori verso il cielo per far discendere sulla loro santa città l’abbondanza delle benedizioni divine.
Ai nostri cari figli cattolici e a tutti quelli che si onorano del nome cristiano diciamo: entrate con noi nello spirito di questo pellegrinaggio. Venite con noi a mettere i vostri passi sulle orme di quelli di Cristo, a salire con Lui al Calvario, a venerare la sua tomba sempre gloriosa da dove è uscito pieno di vita dopo aver vinto la morte e redento il mondo. Venite con noi a offrirgli la sua Chiesa sugli stessi luoghi dove Egli ha versato il suo sangue per lei. […]

4 gennaio 1964
Nella Basilica del Santo Sepolcro e al Calvario
[…] Ecco, o Signore Gesù, noi siamo venuti come ritornano i rei al luogo e al corpo del loro delitto; noi siamo venuti come chi ti ha seguito, ma ti ha anche tradito, fedeli infedeli tante volte siamo stati; noi siamo venuti per riconoscere il misterioso rapporto fra i nostri peccati e la tua passione; opera nostra, opera tua; noi siamo venuti per batterci il petto, per domandarti perdono, per invocare la tua misericordia; noi siamo venuti perché sappiamo che tu ci puoi perdonare; perché Tu hai espiato per noi, Tu sei la nostra unica redenzione. Tu sei la nostra speranza. […]

Discorso ai patriarchi orientali cattolici
[…] Grande è la nostra gioia nell’incontrarvi. Siamo venuti qui in pellegrinaggio, voi lo sapete, per seguire i passi di Cristo nella «santa e gloriosa Sion, madre di tutte le Chiese», per riprendere una frase della antica liturgia gerosolimitana di san Giacomo. Il luogo della vita, passione e risurrezione del Signore è infatti quello in cui la Chiesa è nata. Nessuno può dimenticare che quando Dio volle scegliersi come uomo una patria, una lingua, una famiglia in questo mondo, le prese dall’Oriente. All’Oriente chiese gli apostoli. «E prima di tutto in Palestina gli apostoli sparsero la fede in Gesù Cristo e fondarono Chiese. Poi partirono per il mondo e vi annunziarono la stessa dottrina e fede» (Tertulliano). Ogni nazione riceveva il buon seme della loro predicazione nella mentalità e cultura che le erano proprie. Ciascuna Chiesa locale cresceva con la propria personalità, i propri usi, la maniera propria di celebrare i medesimi misteri senza che questo recasse nocumento all’unità della fede e alla comunione di tutti nella carità e nel rispetto dell’ordine stabilito da Cristo. Questa è l’origine della nostra diversità nell’unità, della nostra cattolicità, nota sempre essenziale della Chiesa di Cristo e della quale lo Spirito Santo ci concede di fare una nuova esperienza nel nostro tempo e nel Concilio. […]

5 gennaio 1964
Indirizzo al presidente d’Israele Zalman Shazar
[…] Noi vorremmo che le nostre prime parole esprimessero tutta l’emozione che noi proviamo vedendo coi nostri occhi e calcando coi nostri piedi questa Terra dove vissero un tempo i patriarchi, nostri padri nella fede, questa Terra dove risuonò per tanti secoli la voce dei profeti, che parlavano nel nome del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, questa Terra, infine e soprattutto, che la presenza di Gesù Cristo ha reso ormai benedetta e sacra per i cristiani, e, si può dire, per l’intero genere umano.
Vostra eccellenza sa, e Dio ci è testimone, che noi in questa visita non siamo guidati da alcuna considerazione che non sia di ordine puramente spirituale. Noi veniamo come pellegrini; noi veniamo a venerare i luoghi santi; noi veniamo per pregare. […]

Saluto di congedo dal presidente israeliano
[…] Siamo venuti tra voi con i sentimenti di Colui che noi abbiamo coscienza di rappresentare, e che i profeti hanno annunciato fin dal loro tempo, col nome di «Principe della pace». Vogliamo dire che noi non nutriamo, verso tutti gli uomini e verso tutti i popoli, che pensieri di bontà. La Chiesa, infatti, li ama ugualmente tutti.
Il nostro grande predecessore Pio XII l’ha affermato con forza e in varie riprese, nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, e tutto il mondo sa che cosa egli ha fatto per la difesa e la salvezza di tutti coloro che erano nella prova, senza alcuna distinzione. E tuttavia, voi lo sapete, si sono lanciate supposizioni e anche delle accuse contro la memoria di questo grande Pontefice. Noi siamo felici di aver occasione per affermare in questo giorno e in questo luogo: nulla di più ingiusto di questo attentato contro una sì venerabile memoria.
Coloro che, come noi, hanno conosciuto da vicino quest’anima mirabile, sanno fin dove giungeva la sua sensibilità, la sua compassione verso le sofferenze umane, il suo coraggio e la sua delicatezza di cuore.
E lo sapevano bene anche coloro che, all’indomani della guerra, si recarono, con le lacrime agli occhi, a ringraziarlo per aver loro salvato la vita. Veramente, sull’esempio di Colui che rappresenta qui in terra, il Papa non desidera nulla quanto il vero bene di tutti gli uomini.
Noi formuliamo ora i migliori voti per voi, al termine di questa visita, compiacendoci di pensare che i nostri figli cattolici, che vivono in questa Terra, continueranno a godere dei diritti e delle libertà che oggi normalmente sono riconosciuti a tutti. […]

6 gennaio 1964
Omelia a Betlemme
[…] Noi vorremmo innanzitutto presentarci, ancora una volta, a questo mondo in cui noi ci troviamo. Siamo i rappresentanti e promotori della religione cristiana. Abbiamo certezza di promuovere una causa che viene da Dio; siamo i discepoli, gli apostoli, i missionari di Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, il Messia, il Cristo. Siamo i continuatori della sua missione, gli araldi del suo messaggio, i ministri della sua religione, che sappiamo avere tutte le garanzie divine della verità. Non abbiamo altro interesse che quello di annunziare questa nostra fede. Non chiediamo nulla, eccetto la libertà di professare e di offrire a chi liberamente la accoglie questa religione, questo rapporto fra gli uomini e Dio instaurato da Gesù, nostro Signore.
Poi vogliamo aggiungere un’altra cosa che preghiamo il mondo di volere lealmente considerare. È lo scopo immediato della nostra missione; ed è questo: noi desideriamo operare per il bene del mondo. Per il suo interesse, per la sua salvezza. Pensiamo anzi che la salvezza che noi gli offriamo sia necessaria.
Questa nostra affermazione ne implica molte altre. E cioè noi guardiamo al mondo con immensa simpatia. Se il mondo si sente estraneo al cristianesimo, il cristianesimo non si sente estraneo al mondo, qualunque sia l’aspetto che esso presenta e il contegno che esso gli ricambia. Sappia il mondo d’essere stimato ed amato da chi rappresenta e promuove la religione cristiana con una dilezione superiore ed inesauribile. È l’amore che la nostra fede mette nel cuore della Chiesa, la quale non fa che servire da tramite dell’amore immenso, meraviglioso di Dio verso gli uomini.
Questo vuol dire che la missione del cristianesimo è una missione di amicizia in mezzo alla umanità, una missione di comprensione, d’incoraggiamento, di promozione, di elevazione; diciamo ancora di salvezza. Noi sappiamo che l’uomo oggi ha la fierezza di voler fare da sé, e fa delle cose nuove e stupende; ma queste cose non lo fanno più buono, non lo fanno felice, non risolvono i problemi umani nel loro fondo, nella loro durata, nella loro generalità. Noi sappiamo che l’uomo soffre di dubbi atroci. Noi sappiamo che nella sua anima vi è tanta oscurità, tanta sofferenza. Noi abbiamo una parola da dire, che crediamo risolutiva. E tanto più noi osiamo offrirla, perché essa è umana. […] 

Publié dans : PAPA PAOLO VI, TERRA SANTA (LA) |le 7 mai, 2015 |Pas de Commentaires »

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