FESTEGGIAMO LA CROCE DI CRISTO, San Giovanni Crisostomo *
FESTEGGIAMO LA CROCE DI CRISTO
San Giovanni Crisostomo *
Dopo aver compiuto studi brillanti e aver passato parecchi anni nella solitudine, Giovanni Crisostomo fu ordinato sacerdote ad Antiochia, sua città natale, nel 386. Rivelò ben presto una eccezionale forza di eloquenza. Nominato vescovo di Costantinopoli nel 398, si dedicò a correggere gli abusi che si erano introdotti in questa Chiesa e a ravvivare la fede nei fedeli. Il suo messaggio, eco di tutta la Bibbia e soprattutto di san Paolo e del Vangelo, sembrò rivoluzionario a molti dei suoi contemporanei. Il coraggio con cui denunciò il lusso della corte imperiale, lo condusse per due volte in esilio. Confinato sul Mar Nero, nel Ponto, morì ormai esausto nel 407.
Oggi il Signore Gesù è sulla croce e noi facciamo festa: impariamo così che la croce è festa e solennità dello spirito. Un tempo la croce era nome di condanna, ora è diventata oggetto di venerazione; un tempo era simbolo di morte, oggi è principio di salvezza. La croce è diventata per noi la causa di innumerevoli benefici: eravamo divenuti nemici e ci ha riconciliati con Dio; eravamo separati e lontani da lui, e ci ha riavvicinati con il dono della sua amicizia. Essa è per noi la distruzione dell’odio, la sicurezza della pace, il tesoro che supera ogni bene.
Grazie alla croce non andiamo più errando nel deserto, perché conosciamo il vero cammino; non restiamo più fuori della casa del re, perché ne abbiamo trovato la porta; non temiamo più le frecce infuocate del demonio, perché abbiamo scoperto una sorgente d’acqua. Per mezzo suo non siamo più nella solitudine, perché abbiamo ritrovato lo sposo; non abbiamo più paura del lupo, perché abbiamo ormai il buon pastore. Egli stesso infatti ci dice: lo sono il buon pastore (Gv. 10,11). Grazie alla croce non ci spaventa più l’iniquità dei potenti, perché sediamo a fianco del re.
Ecco perché facciamo festa celebrando la memoria della croce. Anche san Paolo invita ad essere nella gioia a motivo di essa: Celebriamo questa festa non con il vecchio lievito… ma con azzimi di sincerità e di verità (1 Cor. 5, 8). E, spiegandone la ragione, continua: Cristo infatti, nostra Pasqua, è stato immolato per noi (1 Coro 5, 7). Capite perché Paolo ci esorta a ,celebrare la croce? Perché su di essa è stato immolato Cristo. Dove c’è il sacrificio, là si trova la remissione dei peccati, la riconciliazione con il Signore, la festa e la gioia. Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Immolato, ma dove? Su un patibolo elevato da terra. L’altare di questo sacrificio è nuovo, perché nuovo e straordinario è il sacrificio stesso. Uno solo è infatti vittima e sacerdote: vittima secondo la carne, sacerdote secondo lo spirito…
Questo sacrificio è stato offerto fuori dalle mura della città per indicare che si tratta di un sacrificio universale, perché l’offerta è stata fatta per tutta la terra. Si tratta di un sacrificio di espiazione generale, e non particolare come quello dei Giudei. Infatti ai Giudei Dio aveva ordinato di celebrare il culto non in tutta la terra, ma di offrire sacrifici e preghiere in un solo luogo: la terra era infatti contaminata per il fumo, l’odore e tutte le altre impurità dei sacrifici pagani. Ma per noi, dopo che Cristo è venuto a purificare tutto l’universo, ogni luogo è diventato un luogo di preghiera. Per questo Paolo ci esorta audacemente a pregare dappertutto senza timore: Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo, levando al cielo mani pure (1 Tim. 2,8). Capite ora fino a che punto è stato purificato l’universo? Dappertutto infatti possiamo levare al cielo mani pure, perché tutta la terra è diventata santa, più santa ancora dell’interno del tempio. Là si offrivano animali privi di ragione, qui si sacrificano vittime spirituali. E quanto più grande è il sacrificio, tanto più abbondante è la grazia che santifica. Per questo la croce è per noi una festa.
* Eis ton stauron kai eis ton lesten, Omelia 1: P.G. 49, 399-401.
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