MT 13,44-52 – UN BREVIARIO DI SAPIENZA (anche Paolo)

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MT 13,44-52 – UN BREVIARIO DI SAPIENZA (anche Paolo)

Bibbia CEI Mt 13,44-52 [1]

1. La sapienza di Salomone
Le parole «saggezza» e «sapienza» hanno sempre interessato gli esseri umani, che si sono chiesti, dai filosofi fino alla gente più semplice: «In che cosa consiste l’essere saggi? Dove si trova la sapienza?». Nelle letture bibliche qui proposte, dall’Antico al Nuovo Testamento, abbiamo un piccolo vademecum per districarci in questo argomento, che è difficile per tutti.
Nel primo testo, Salomone, figlio di Davide e nuovo re d’Israele, nel giorno della sua consacrazione regale, così prega Dio nel Tempio: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al mio popolo, e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?” (1 Re 3,9).
Ecco un sapiente! La sua preghiera dovrebbe essere ripetuta da chiunque abbia delle responsabilità di qualsiasi genere sugli altri: dal sindaco al capo di famiglia, dal medico al maestro di scuola, dal sindacalista al parroco del villaggio. Ma è raro che avvenga: quasi tutti credono che la sapienza sia come un diploma ricevuto insieme all’incarico. Perciò di sapienza in giro se ne vede poca.

2. La sapienza di Paolo
Il secondo testo del vademecum che ci conduce alla sapienza, è dell’apostolo Paolo, che scrive ai suoi discepoli della comunità cristiana di Roma, che Dio li ha “destinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito di molti fratelli”, e che per questo li ha «giustificati», anzi li ha «glorificati» insieme al Figlio suo (Rm 8,28-30). [2]
La sapienza presentata da Paolo è certamente più alta di quella di Salomone. Dio non solo ascolta chi si rivolge a lui con umiltà di cuore, donandogli la capacità di distinguere il bene dal male, come afferma Salomone nella sua preghiera, ma è talmente ben disposto verso i suoi figli, che Egli ha resi «conformi all’immagine del Figlio suo» e perciò li considera già da adesso accanto a Lui nella gloria.
Qui siamo al vertice della sapienza, non una sapienza esoterica, cioè riservata a pochi, ma aperta a tutti. Ognuno di noi, senza speciali «cammini devozionali» o «tecniche di respirazione» o «di illuminazione», è già nel sublime, nella stessa posizione di Gesù davanti al Padre suo. Il cristiano non disprezza gli aneliti religiosi dei non cristiani, ma è convinto che ciò che gli altri cercano nel mistero dell’universo, egli lo ha già ricevuto da Dio attraverso Gesù Cristo.

3. Dio, apri la solitudine!
Il terzo testo del nostro Breviario di sapienza ci è dato dal vangelo secondo Matteo, in cui si legge: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo” (Mt 13,44). [3] È questa una strepitosa conclusione del Breviario di sapienza, iniziato con il re Salomone e proseguito con l’apostolo Paolo.
Noi abbiamo a disposizione un tesoro nascosto, cioè delle energie spirituali, che ogni tanto emergono e, nel bel mezzo della nostra vita frammentata, ci rivelano la vera natura del nostro essere. La Bibbia dice, con un’immagine comprensibile a tutti, che Dio, nel creare l’essere umano, s’è chinato su di lui e gli ha soffiato dentro il suo spirito. La nostra nobiltà è tutta qui.
Gli esseri umani, anche coloro che si dichiarano scettici o miscredenti, hanno sempre aspirato ad entrare in comunione con il mondo invisibile. Il poeta Salvatore Quasimodo, premio Nobel 1959 per la letteratura, dice in una sua splendida poesia: «E dovremo dunque negarti, o Dio? / Dio del silenzio, apri la solitudine» (da «Thànathos athànatos»). Il poeta ha visto bene: solo Dio può aprire l’umana solitudine. Lo ha fatto attraverso Gesù. 1 – Come termini di confronto all’interno della Bibbia si leggano, per es., 1 Re 3,5.7-12; Rm 8,28-30.
2 – Nello scrivere che Gesù è «il primogenito di molti fratelli», S. Paolo intende insegnare che «il piano di Dio è la conformità di tutti i discepoli di Gesù all’immagine di Cristo, e definisce questo piano con il termine di «predestinazione», non nel senso che alcuni di loro siano chiamati ed altri no ad entrare in questo progetto, ma nel senso che l’attuazione concreta del piano divino dipende dalla libera risposta di ogni discepolo di Gesù alla chiamata divina. Questa interpretazione non è presente nel brano, ma corrisponde a quanto è dichiarato in tutta la sacra Scrittura, in cui Dio non impone mai nulla all’essere umano, per quanto attiene all’ordine morale e religioso.
3 – Il comportamento di chi trova un tesoro nel campo che non è suo, e poi vende tutto quello che ha per comprare quel campo all’insaputa del legittimo proprietario, è certamente immorale. Ma, come è stato spiegato nella nota del commento precedente, il fine di una parabola non è quello di spiegare o giustificare tutti gli elementi che la compongono, ma solo quello di insegnare una verità. In questa parabola di Mt 13, Gesù intende insegnare che il regno di Dio vale più di tutti i tesori della terra. Questo è esplicitato meglio nella piccola parabola della perla (v. 5).

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