Archive pour août, 2014

LA SACRA SCRITTURA (LO STUDIO DELLA)

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LA SACRA SCRITTURA (LO STUDIO DELLA)

“Chi ha l’irremovibile principio della verità dentro di sé, quel principio che ha ricevuto attraverso il battesimo, conosce benissimo i nomi, le parole e le parabole delle Scritture ma non conosce l’irriverenza… In realtà, la Chiesa, sebbene diffusa in tutto il mondo fino alle estremità della terra, avendo ricevuto (…) la fede, …, conserva questa predicazione e questa fede con cura e, come se abitasse un’unica casa, vi crede nello stesso identico modo, come se avesse una sola anima ed un cuore solo, e predica le verità della fede, le insegna e le trasmette con voce unanime, come se avesse una sola bocca. Infatti, se le lingue nel mondo sono varie, il contenuto della Tradizione è però unico e identico”. Sant’Ireneo, Adversus haereses, 1 10.
La Sacra Scrittura contiene la Parola di Dio. Dio parla e gli uomini ascoltano. Questo è vero. Questa frase però non esprime in maniera sufficiente tutta la verità della Rivelazione di Dio nella Sacra Scrittura, siccome questa ultima descrive le opere di Dio che si sono dimostrate salvatrici per gli uomini e per l’umanità, interpreta tali opere e tramanda agli uomini il loro senso esatto. La Sacra Scrittura è la “parola di Dio” per la nostra grazia. Dio agisce e parla attraverso la Scrittura e noi non solo sentiamo, ma partecipiamo anche a ciò che Dio fa per noi.
1. Le opere salvatrici di Dio realizzate per noi, come pure la loro corretta interpretazione, si esprimono per la nostra grazia attraverso il Culto. E’ volontà di Dio. Il culto cristiano è inconcepibile fuori dall’ambito dell’Alleanza di Dio con noi. L’Alleanza di Dio è un evento storico che nel Culto e attraverso il “ricordo” si ripete e s’interpreta in maniera esatta nelle Letture e nella Predicazione. La Sacra Eucaristia costituisce il nucleo di tale “ricordo”. Le letture Liturgiche o di altro tipo mirano solo all’interpretazione del significato della Liturgia o dei Misteri, vale a dire delle opere salvatrici che Dio creò per noi nell’Eucaristia, nel Battesimo, nel Matrimonio, nell’Ordinazione ecc.
Di conseguenza, il Culto e la Sacra Scrittura sono due cose strettamente collegate tra loro. Non possiamo capire correttamente l’una senza l’altra. Lo studio della Scrittura fuori del sacro mistero che si realizza nella Liturgia, apre più possibilità affinché la Parola di Dio diventi la parola dell’uomo. Il Verbo di Dio va da Dio in direzione dell’uomo o dell’umanità, mentre la parola dell’uomo va dall’uomo verso il suo prossimo. La parola dell’uomo è la parola del mondo e dei filosofi ed è autonoma e auto-evidente. Il Verbo di Dio non si basa sugli uomini, ma su Colui che trasmette la parola agli uomini. La Parola di Dio si basa sulla forza di Dio e non è né autonoma né auto-evidente, almeno nella maniera in cui si presenta la parola dell’uomo. La parola dell’uomo è la nostra parola, mentre il Verbo di Dio è la Parola che Dio vuole e offre agli uomini. Il Verbo di Dio non è quello che siamo noi dal punto di vista spirituale, politico o sociale, ma quello che ci invita a diventare. Si tratta di un invito al pentimento e alla trasformazione. Il Verbo di Dio giudica l’uomo e lo sottopone al giudizio. In questa maniera l’uomo entra in comunione con Dio attraverso la parola. L’Incarnazione del Verbo nella persona di Cristo realizza l’unione e Cristo rappresenta la via, la vita e la verità. Attraverso il Verbo di Dio, l’uomo non diventa lui stesso la Verità, ma si avvicina o meglio comunica e si unisce con la verità. Inoltre, il Verbo di Dio non rappresenta per l’uomo una verità fuori del tempo e della realtà, al contrario rappresenta un posizionamento nell’ambito della storia e di specifiche condizioni e bisogni dell’uomo. Di conseguenza, il Verbo di Dio s’incarna nelle condizioni specifiche in cui vive l’uomo e nell’ambito della Chiesa. L’uomo può accettare o rinnegare il Verbo. Così, quando lo rinnega si sottomette ad un altro “signore” siccome perde la propria libertà. Al contrario, quando lo accetta partecipa alla libertà. Origene presenta la Sacra Scrittura come il Verbo di Dio incarnato. In questa maniera, si avvicina all’uomo non solo come illuminazione ma anche come forza (“… perché il regno di Dio non consiste in parole, ma in potenza” 1 Corinzi 4, 30), portando la rivoluzione e non solo la pace.
2. La Rivelazione di Dio si realizza nella storia e si sviluppa attorno ad un centro da cui s’illumina. Avendo, cioè, come punto di partenza la persona e l’opera di Gesù Cristo, tutta la storia della divina Rivelazione si riassume nell’esperienza di Dio come quell’origine del mondo e della storia umana che ama, salva e conduce l’umanità al suo completamento storico. Tutto ciò avviene malgrado la presenza dell’irrazionalità, del fallimento, della disperazione, della perversione e dell’annientamento nella vita dell’uomo e nella storia dei popoli. Questo contenuto redentore si realizza concisamente dalla Sacra Eucaristia. Storia ed Eucaristia sono indissolubilmente collegate.
La Rivelazione della verità di Dio, non è solo la visione – ricca di significato – della realtà che si acquisisce attraverso la storia contrapponendosi alla menzogna, al logorio e alla morte, ma anche la consapevolezza della possibilità di poter concretizzare tale concetto sorpassando, con la fede, le potenze negative della vita. La Rivelazione rappresenta in sostanza per l’uomo o per l’umanità la creazione di un nuovo potenziale di vita. Questo potenziale non ha solo le caratteristiche di una vittoria sugli elementi negativi della vita da parte di una singola persona, completamente indipendente rispetto alle altre, assolutamente indipendente dai rapporti umani, ma mira innanzi tutto ai rapporti stessi e alle situazioni negative di tali rapporti, per far sì che si formi una giusta “comunione” umana. La Rivelazione è una “comunione” nell’Eucaristia. La nuova visione di Dio nel Vecchio Testamento, la rivelazione della doppia natura divina e umana nella persona di Gesù Cristo e l’opera dello Spirito Santo nella Chiesa non costituiscono delle semplici “formule” pedagogiche, modelli ed esempi per l’insegnamento delle generazioni future, ma costituiscono tappe per nuove creazioni spirituali, nuove fonti di forza per la vita del mondo. La salvezza dell’umanità nell’ambito della storia è, in fondo, un processo misterioso che rimane vivo nel mistero dell’Eucaristia, una continuazione del passato che si riflette nel presente. Nel mistero di questa continuazione, il fedele ha la possibilità di vivere l’evento originale della Rivelazione, siccome i limiti tra il passato e il presente, in sostanza, si eliminano. La tradizione della verità che è stata rivelata, significa che l’uomo ha la possibilità di partecipare e di entrare in comunione con la visione di quella realtà che rende una persona membro della nuova umanità, del “nuovo creato”. “… perché il regno di Dio non consiste in parole, ma in potenza” (1 Corinzi 4, 20). Per l’uomo, che è stato creato “a immagine” di Dio ma che solleva anche i pesi da ogni tipo di debolezza, non è solo la verità il dono che riceve da Dio. Il dono si completa con la conservazione della verità nella tradizione, soprattutto quella eucaristica, e ogni fedele riceve anche dallo Spirito Santo il dono dell’ “appropriarsi” della verità attraverso la fede.
Prendendo in considerazione la situazione storica specifica nella quale Ireneo scrisse il suo trattato, si potrebbe affermare che la tradizione si definisce come la possibilità della Chiesa come tale di interpretare la rivelazione o la verità che ne scaturisce, contenuti in modo uniforme nei testi sacri. La verità si riceve, si custodisce, si predica o si consegna. L’unità della Chiesa in tutto ciò è possibile grazie alla forza della tradizione. Il principio interpretativo della Chiesa non si trova in questo o quell’altro testo biblico, ma nella situazione che lo generò, lo mantenne, lo registrò e lo riconobbe, vale a dire nella continuità della comunione eucaristica.

Concludendo, si può dire che:
a. la verità nella teologia mira al completamento dell’uomo e della comunità umana;
b. l’uomo ricerca la verità, ma in sostanza essa lo incontra non tanto nella dimensione mentale, quanto nella profondità del carattere complesso dell’esperienza storica, attraverso la quale conduce l’uomo e la comunità umana – vivendo la comunione dell’ Eucaristia – alla scoperta della propria dimensione che si trova “al di sopra della storia”;
c. la verità, come incontro realizzato dal significato e come percorso verso il significato, è la tradizione, in altre parole è il vivere, in certe condizioni, del mistero dell’amore creativo di Dio che conduce al completamento nell’esperienza del popolo di Dio mentre cammina verso il suo completamento storico. La verità, come incontro da Dio e come percorso verso di Lui, ha bisogno di essere interpretata.

Trasfigurazione del Signore

Trasfigurazione del Signore dans immagini sacre Transfiguration
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Publié dans:immagini sacre |on 6 août, 2014 |Pas de commentaires »

TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE (A) – LETTURE DELLA MESSA E COMMENTO

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TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE (A)

FESTA DEL SIGNORE

Quando questa festa ricorre in domenica, si proclamano le tre letture qui indicate; se la festa ricorre in settimana si sceglie come prima lettura una delle due che precedono il Vangelo; il Salmo Responsoriale è sempre lo stesso.
Prima Lettura
Dal libro del profeta Daniele (7,9-10.13-14)
Io continuavo a guardare,
quand’ecco furono collocati troni
e un vegliardo si assise.
La sua veste era candida come la neve
e i capelli del suo capo erano candidi come la lana;
il suo trono era come vampe di fuoco
con le ruote come fuoco ardente.
Un fiume di fuoco scendeva dinanzi a lui,
mille migliaia lo servivano
e diecimila miriadi lo assistevano.
La corte sedette e i libri furono aperti.
Guardando ancora nelle visioni notturne,
ecco apparire, sulle nubi del cielo,
uno, simile ad un figlio di uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui,
che gli diede potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano;
il suo potere è un potere eterno,
che non tramonta mai, e il suo regno è tale
che non sarà mai distrutto.

* Il libro di Daniele racchiude l’ultima pagina della storia di questo mondo. Il profeta Daniele mostra che il Cristo in gloria rivelerà in tutto il suo splendore il compimento della creazione e della redenzione, rivelerà la risurrezione dei morti e la regalità universale del Crocifisso.
Salmo Responsoriale (dal Salmo 96)
Splende sul suo volto la gloria del Padre.

Il Signore regna, esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono,
giustizia e diritto sono la base del suo trono.

I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
I cieli annunziano la sua giustizia
e tutti i popoli contemplano la sua gloria.

Tu sei, Signore,
l’Altissimo su tutta la terra,
tu sei eccelso sopra tutti gli déi.

Seconda lettura (o Prima lettura opzionale in settimana)
Dalla seconda lettera di San Pietro Apostolo (1,16-19)
Carissimi, non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza.
Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto».
Questa voce noi l’abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori.

* La trasfigurazione è il preludio alla venuta gloriosa del Signore Gesù, è una proiezione anticipata della Parusìa. La storicità di essa garantisce la certezza del ritorno trionfale del Cristo alla fine del mondo. E S .Pietro afferma: «Questa voce noi l’abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte».
Canto al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Dalla nube luminosa si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio prediletto: ascoltatelo».

Alleluia.

Vangelo
† Dal vangelo secondo Matteo (17,1-9)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.
E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

* La narrazione fa una sintesi della storia della salvezza: il Sinai e Mosè, Elia e il profetismo; ma tutto è centrato su Gesù («discorrevano con Gesù»). «Maestro, è bello per noi stare qui». La luce che rende le vesti splendenti è la gloria di Dio; la nube è la presenza, la « shekinàh » di Dio; la voce è la Parola del Padre che dal Fiat della Genesi aveva annunciato con sempre maggior precisione la gloria futura di un uomo misterioso che sarebbe stato figlio di Davide, figlio della Vergine Maria, figlio dell’uomo, figlio di Dio: «Gesù solo con loro».
SPUNTI DI RIFLESSIONE
Bagliore di una luce lontana
Gesù si trasfigura su un monte. Il suo abito e il suo volto si mutano completamente; sfolgorano di vivissima luce. Tutto viene irradiato dallo splendore della gloria divina. Mosè ed Elia che gli compaiono vicini rappresentano la Legge e i Profeti. È un lampo, una fugace, fugacissima manifestazione del Regno di Dio nella sua gloria. L’Antica e la Nuova Alleanza partecipano alla gloria di Cristo. Ogni tenebra diventa luce, ogni sofferenza si muta in gloria. Ma al momento presente non c’è ancora uno stato permanente di gloria. C’è solo la preparazione attraverso la sofferenza e la croce. Solo dopo la risurrezione diventerà duratura. Adesso è solo come l’antifona di un salmo, è come il bagliore di una luce lontana, è una pausa di respiro nel cammino verso la morte, un barlume di ciò che sfolgorerà nell’aldilà. È appena un murmure. Gli apostoli, presenti alla trasfigurazione, ne rimangono talmente stupiti che Pietro propone di allestire delle tende per prolungare la visione e il soggiorno e rendere duraturo ciò che è transitorio. Ma una nube nasconde il Signore e i due testimoni dell’altro mondo. La nube significa (oltre all’indicazione della presenza di Dio) il buio che resta ancora da attraversare; nel mistero di Dio si entra solo con la morte. La trasfigurazione, nella sua realtà, appartiene alla vita futura; la fede introduce in questa gloria. Proprio in quel momento, risuona la voce del Padre Celeste: «Questi è il mio Figlio diletto e unico, ascoltatelo».
L’episodio della trasfigurazione si chiude con una frase molto semplice: « … non videro più nessuno, se non Gesù solo». La luce si è spenta, lo splendore è sbiadito, la voce si è andata perdendo a poco a poco. Silenzio. Solitudine. Pace. Solo la fede parla di Gesù, e fa comprendere quale splendore abiti in lui e verso quale gloria egli si diriga. Gli apostoli silenziosi conservano il segreto per sé. In questa scena si mescolano luce e tenebre, gloria e passione, vita eterna e morte temporanea, meta e via.
LA PAROLA PER ME OGGI
Molti tra noi non sanno più sopportare né il silenzio né la solitudine, mentre la voce di Dio è così sottile che non possiamo udirla che nel silenzio. In questa giornata, festa della Trasfigurazione del Signore, voglio prepararmi ad un incontro cuore a cuore con Gesù-Parola e Eucaristia, nella solitudine e nel silenzio.
LA PAROLA SI FA PREGHIERA
Padre, la potenza del tuo Spirito spezzi la nostra sufficienza, perché diventiamo capaci di vedere e accettare il volto dell’Amore da sempre chinato sul mondo, il volto del tuo Figlio che oggi si rivela a noi nel suo splendore, non più velato. Insegnaci ad ascoltare la sua Parola perché i nostri volti ne siano illuminati e divengano liberi e fraterni, splendenti di luce e di riconoscenza.

OMELIA (06-08-2014) – TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/32164.html

OMELIA (06-08-2014) – TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

QUANDO UNA NUBE LUMINOSA LI COPRÌ CON LA SUA OMBRA

Movimento Apostolico – rito romano

Gesù non è solo Colui che è venuto per dare alla verità e di conseguenza alla fede il sommo splendore, la somma perfezione, la luce più piena senza alcuna ombra, neanche quanto quella di un granello di senape. È anche colui che sempre in ogni momento è creatore e sostegno, fonte e aiuto, sorgente e soccorso della fede. Non basta dare la più pura verità della fede perché l’altro all’istante si apra ad essa. Perché la fede attecchisca in un cuore occorrono lunghi e ininterrotti sforzi di sapienza, saggezza, intelligenza nello Spirito Santo. Sono necessari altresì preghiera, parola sempre vigile e attenta, esemplarità perfetta, infinita pazienza, amore illimitato, impegno sempre nuovo, in modo che nulla venga tralasciato di tutto ciò che è utile, vitale perché la vera fede nasca, si irrobustisca, produca frutti di altra fede per i fratelli.
La prima regola perché la fede venga data e aiutata nel suo divenire storico è una fede forte, una verità indistruttibile, un convincimento frutto in noi di profonda sapienza, saggezza, che la verità della nostra vita è la sola verità che dovrà essere data al fratello perché sia in lui trasformata in fede. È il cristiano il soggetto che dona la fede ma anche l’oggetto della fede. È la sua nuova verità, nella quale è stato inserito dall’amore del Padre, dalla grazia di Cristo Gesù, dalla comunione dello Spirito Santo. Se il cristiano, come Cristo Gesù, non è insieme soggetto donante e oggetto donato della verità della fede, mai da lui potrà trasmettersi fede vera. Potrà anche trasmettere delle verità altissime su Dio e sul mistero celeste, mai però potrà nascere la vera fede in un cuore, mai la fede nascente o già nata potrà essere aiutata nel suo divenire storico. È il cristiano il vero seme della fede per ogni suo fratello.
Questa verità va gridata ai quattro venti ogni giorno con voce sempre più forte, specie ai nostri giorni nei quali da tutti viene invocata l’esigenza di una nuova evangelizzazione. Non si può evangelizzare senza il soggetto evangelizzante e questo soggetto è il cristiano divenuto verità piena in Gesù Signore che si dona come verità di fede al mondo nel quale lui è chiamato a vivere. Se il cristiano non imita Cristo Signore, che è insieme parola della fede e verità piena di essa, mai potrà divenire strumento di vera fede per i suoi fratelli. Lui non è nella sua natura verità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Non essendo verità, mai potrà aiutare la verità sulla quale poggia ogni fede. La fede senza verità è purissima illusione, inganno della mente e del cuore.
Oggi Gesù mostra ai discepoli la sua verità. Lui è di origine divina. È persona celeste. Ciò che i discepoli vedono è un corpo nel quale vive tutta la potenza, l’onnipotenza di luce di verità, carità, giustizia, misericordia del Padre. Mosè ed Elia sono accanto a Gesù per attestare che tutto l’Antico Testamento è con Gesù. La verità antica è con Gesù e per Lui. Anche il Padre dei Cieli interviene e dall’alto grida che Gesù è il Figlio suo, il suo amato. In Lui ha posto il suo compiacimento. Lui cioè è il suo Messia e loro i discepoli devono ascoltare la sua voce, convincendosi che quanto Gesù dice è purissima verità. Il cristiano che va nel mondo a creare la fede nei cuori, deve essere attestato da Dio nella sua verità. Se lui è vero, sempre il Signore attesterà per lui. Se invece è falso, mai il Signore potrà attestare e per lui nessuna fede nascerà mai.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci purissima verità di fede.

 

Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, Abside

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http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2011/11/28/roma-e-loriente-tra-mosaici-e-icone/

Publié dans:immagini sacre |on 5 août, 2014 |Pas de commentaires »

5 AGOSTO : MADONNA DELLA NEVE

http://www.unavoce-ve.it/pg-5ago.htm

5 AGOSTO : MADONNA DELLA NEVE

di dom Prosper Guéranger

La liturgia del 5 Agosto.
Per quanto siano semplicemente di rito doppio maggiore e passino inavvertite a molti, le due feste del 16 luglio e del 5 agosto non sono tuttavia meno care alla pietà cristiana. Esse sono un preludio al trionfo dell’Assunzione e vi preparano le nostre anime invitandole al raccoglimento e a una tenera devozione verso la Madre di Dio. I mesi estivi attraggono i fedeli ai luoghi di pellegrinaggio e ai santuari dedicati alla Vergine dove sentono maggiormente la sua presenza e ottengono più abbondanti benefici dalla Mediatrice di tutte le grazie. È a un pellegrinaggio da compiere con il pensiero e il desiderio che ci invita oggi la Liturgia festeggiando da tanti secoli la Dedicazione della chiesa che fu la prima a portare a Roma il santo nome di Maria e che è non soltanto una delle più belle e delle più ricche della Città eterna, ma anche l’antenata delle innumerevoli chiese dedicate alla Vergine che la pietà cristiana doveva erigere su tutta la terra, dalle modeste cappelle di campagna fino alle splendide cattedrali di Chartres, di Reims o di Parigi.

Storia e leggenda.
Verso la metà del secolo IV il Papa Liberio aggiunse un’abside a una vasta sala chiamata il « Sicininum » e la consacrò al culto. Appunto per questo si dà ancora talvolta a quell’edificio il nome di basilica liberiana. Sisto III la ricostruì quasi interamente e la dedicò quindi, verso il 435, alla Vergine di cui il Concilio di Efeso aveva, nel 431, definito la divina Maternità e consacrato il nome di « Theotókos », cioè Madre di Dio. La basilica ricevette allora e conservò in seguito il nome di S. Maria Maggiore.
Una graziosa leggenda, fiorita nel Medioevo, narra che la Santa Vergine apparve in sogno a Liberio, ordinandogli di costruirle una basilica sull’Esquilino, nel luogo che egli avrebbe trovato, l’indomani, tutto coperto di neve. E il giorno dopo, infatti, per quanto si fosse in piena estate, una neve miracolosa indicava il punto in cui costruire la basilica desiderata dalla Vergine. Per questo si sarebbe chiamata quella chiesa la Madonna della Neve. La leggenda non è senza relazione con l’usanza di far cadere in quel giorno una pioggia di fiori bianchi nella basilica. Tale usanza, che esprime la purezza di Maria, fu forse all’origine della leggenda, oppure per la leggenda a dar luogo al profumato rito [1]? Non lo sappiamo. Certo è, invece, che S. Maria Maggiore merita giustamente il suo nome: è infatti la basilica mariana per eccellenza. E se, « tante volte la spirituale purezza di Nostra Signora di Chartres o di Amiens ha fatto sprigionare dal cuore dei pellegrini un grido di gioia e di lode, l’armonia della Madonna di Roma invita alla tranquilla fiducia nell’indulgenza infinita della Madre » [2].

Presenza mariana.
La Madonna: è lei che troviamo in questo luogo ammirando sul frontone dell’abside i mosaici che ricordano i misteri dell’Incarnazione e della divina Maternità. È lei che veneriamo davanti alla bella icone di stile bizantino, chiamata « Madonna di san Luca », per lungo tempo attribuita all’Evangelista e che, pur essendo d’un’epoca più recente, è certo la riproduzione di un’opera antica. Roma che conserva con pietà tante meravigliose immagini della Vergine, ama quest’ultima come la più veneranda fra tutte; questo dipinto è il suo palladio, e lo considera come « la salvezza del popolo romano ». È la Madonna infine che ritroviamo ancora nei ricordi della mangiatoia del Salvatore: cinque pezzi di legno tarlato racchiusi in un reliquiario che vengono posti sull’altare maggiore, a Natale, durante la messa di mezzanotte.
Innumerevoli sono i pellegrini venuti ad implorare in questa basilica la materna protezione della Vergine o a presentarle i loro omaggi di filiale tenerezza. E quanti santi vi ricevettero grazie particolari! Appunto qui, in una notte di Natale, la Santa Vergine depose il Bambino Gesù fra le braccia di san Gaetano da Thiene; qui, durante un’altra notte di Natale, sant’Ignazio di Loyola celebrò la sua prima messa; qui i rosari sgranati da san Pio V ottennero ai Crociati la vittoria di Lepanto; davanti alla Madonna di san Luca amava pregare san Carlo Borromeo quando era arciprete della basilica e fu appunto lui che, per testimoniare la sua gratitudine verso la Madre di Dio, riformò il coro dei canonici, gli diede un regolamento del tutto monastico e assicurò una esemplare celebrazione dell’Ufficio divino.

Ricordi liturgici.
E quali ricordi, o Maria, ridesta in noi questa festa della tua basilica Maggiore! E quale più degna lode, quale migliore preghiera potremmo offrirti oggi se non ricordare, supplicandoti di rinnovarle e di confermarle per sempre, le grazie ricevute da noi in questo benedetto recinto? Non è forse alla sua ombra che, uniti alla nostra madre, la Chiesa, a dispetto delle distanze, abbiamo gustato le più dolci e più elevate emozioni della Liturgia?
È qui che nella prima Domenica di Avvento ha avuto inizio l’anno, come nel « luogo più conveniente per salutare l’avvicinarsi della divina Nascita che doveva allietare il cielo e la terra, e mostrare il sublime prodigio della fecondità d’una Vergine » [3]. Traboccanti di desiderio erano le anime nostre nella santa Vigilia che, fin dal mattino, ci radunava nella radiosa basilica « dove la Rosa mistica si sarebbe alfine schiusa e avrebbe effuso il suo divino profumo. Regina di tutte le numerose chiese che la devozione romana ha dedicate alla Madre di Dio, essa si ergeva dinanzi a noi risplendente di marmi e di oro, ma soprattutto beata di possedere nel suo seno, insieme con il ritratto della Vergine Madre, l’umile e gloriosa Mangiatoia. Durante la notte, un popolo immenso faceva ressa dentro le sue mura, aspettando il beato istante in cui quello stupendo monumento dell’amore e delle umiliazioni d’un Dio sarebbe apparso portato a spalle dai ministri sacri, come un’arca della nuova alleanza, la cui vista rassicura il peccatore e fa palpitare il cuore del giusto » [4].
Appena trascorso qualche mese, eccoci nuovamente nell’insigne santuario, « per partecipare questa volta ai dolori della nostra Madre nell’attesa del sacrificio che si preparava » [5]. Ma tosto, quali nuovi gaudi nell’augusta basilica! « Roma faceva omaggio della solennità pasquale a colei che, più di ogni altra creatura, ebbe il diritto di provarne la gioia, sia per le angosce che il suo cuore materno aveva sopportate, sia per la fedeltà nel custodire la fede nella Risurrezione durante le ore crudeli che il suo divin Figliolo dovette trascorrere nell’umiliazione del sepolcro » [6]. Splendente come la neve, o Maria, una candida schiera di neonati usciti dalle acque formava la tua corte e rinnovava il trionfo di quel giorno.

Preghiera.
Fa’ che in essi come in tutti noi, o Maria, gli affetti siano sempre puri come il marmo bianco delle colonne della tua chiesa prediletta, la carità risplendente come l’oro che brilla nella sua volta, e le opere luminose come il cero pasquale, simbolo di Cristo vincitore della morte e che ti fa omaggio dei suoi primi fuochi.

 

DEDICAZIONE DELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE – RICORRENZA: 5 AGOSTO -

http://www.comunitasantiapostoli.it/doc/doa_maggiore.asp

DEDICAZIONE DELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE (MADONNA DELLA NEVE) – - RICORRENZA: 5 AGOSTO -

La Basilica Papale di Santa Maria Maggiore è qualche cosa di più di una Basilica, di un tempio mariano per eccellenza; è (anche) un gioiello ricco di bellezze di valore inestimabile che gente da tutto il mondo viene ad ammirare.
Ovviamente siamo a Roma. Anche Milano ebbe una sua basilica di Santa Maria Maggiore, cattedrale « invernale », affiancata dalla Basilica Santa Tecla, « estiva »; entrambe – già cadenti – furono abbattute per far posto al Duomo attuale, intitolato a Maria Nascente, la cui costruzione iniziò « ufficialmente » nel 1386. [vedi ]
Tra le maggiori basiliche di Roma (quelle definite « papali » sono quattro) è l’unica a conservare le strutture paleocristiane, sia pure arricchite di consistenti aggiunte successive, e presenta al suo interno alcune particolarità che la rendono unica: i mosaici della navata centrale e dell’Arco trionfale risalenti al V secolo d.C. realizzati durante il pontificato di Sisto III (432-440) e quelli dell’Abside affidati da Niccolò IV al frate francescano Jacopo Torriti (1288-1292); il pavimento « cosmatesco » (ovvero realizzato dalla famiglia dei Cosmati) donato dai nobili romani Scoto e Giovanni Paparoni nel 1288; il soffitto a cassettoni in legno dorato disegnato da Giuliano da Sangallo (1450); il Presepe del XIII secolo di Arnolfo da Cambio; le numerose cappelle (Borghese, Sistina o del Ss. Sacramento, Sforza, Cesi e quella del Crocifisso nonché quella – purtroppo quasi scomparsa – di San Michele); l’Altare maggiore opera di Ferdinando Fuga successivamente arricchito dal genio di Giuseppe Valadier; infine, la Reliquia della Sacra Culla e il Fonte Battesimale bronzeo anch’esso del Valadier.
Insomma questo luogo offre emozioni non solo al pellegrino devoto che si raccoglie in preghiera ma anche al semplice appassionato di arte e addirittura al turista superficiale e distratto. L’incontro con la Basilica liberiana (dal nome di papa Liberio) è un’esperienza che arricchisce umanamente e spiritualmente tutti indistintamente, ferma restando la devozione di fronte all’immagine di Maria, qui venerata con il dolce titolo di Salus Populi Romani (Salvezza del popolo di Roma).
Il 5 agosto di ogni anno viene rievocato, attraverso una solenne Celebrazione, il « Miracolo della Nevicata » (ne parliamo più avanti), quando di fronte agli occhi commossi dei partecipanti una cascata di petali bianchi scende dal soffitto ammantando l’ipogeo e creando quasi un’unione ideale tra l’assemblea e la Madre di Dio. Ed eccoci all’ulteriore appellativo di Madonna della Neve.
Giovanni Paolo II all’inizio del suo pontificato volle che una lampada ardesse giorno e notte sotto l’icona della Salus Populi Romani, a testimonianza della sua grande devozione per la Madonna. Lo stesso Pontefice l’8 dicembre del 2001 inaugurò il Museo della Basilica, luogo dove la modernità delle strutture e l’antichità dei capolavori esposti offrono al visitatore un panorama unico.
Si è detto che la Basilica, pur « crescendo » e modificandosi moltissimo nel corso degli anni, ha mantenuto l’impianto originario. Ma forse occorre soffermarsi su quali siano le sue origini.
A volere l’edificazione fu papa Sisto III (Santo) fra gli anni 432 e 440 per intitolarla alla Madre di Dio, evidentemente perché il Concilio di Efeso aveva appena proclamato Maria Theotòkos (appunto: Madre di Dio, anno 431) [vedi ]. La costruzione avvenne su una chiesa precedente che era stata voluta da papa Liberio (352-366) al quale secondo la tradizione la Madonna stessa, apparsa in sogno, disse che il luogo ove costruire la chiesa gli sarebbe stato indicato da un miracolo. E questo miracolo fu una nevicata che il 5 agosto 356 imbiancò il colle Esquilino in piena estate; lo stesso papa Liberio tracciò nella neve il contorno di quella che sarebbe stata la nuova chiesa; i lavori furono finanziati da due patrizi romani, un certo Giovanni e sua moglie, che avevano fatto lo stesso sogno del papa.
Questa primitiva Basilica, della quale nulla è giunto fino a noi, era nota come Santa Maria Liberiana (dal nome del Papa) o Santa Maria ad Nives (per via della neve). È da questi fatti che ancora ai giorni nostri si ricorda la data del 5 agosto con una suggestiva celebrazione durante la quale dal soffitto della Basilica viene lasciata scendere una « nevicata » di petali bianchi, rievocazione della nevicata miracolosa.
Il miracolo della neve ci viene raccontato solo dalla tradizione, non comprovato da alcun documento e quindi non più citato; dal 1568 la denominazione ufficiale della festa liturgica della Madonna della Neve, è stata modificata in Dedicazione di Santa Maria Maggiore. Ma le chiese, santuari, basiliche minori, cappelle, parrocchie, confraternite, intitolate alla Madonna della Neve sono numerosissime come numerose sono le celebrazioni tradizionali.
Ma torniamo alla Basilica « di Sisto III », quella che sia pur con grandi modifiche è giunta a noi, con l’attuale titolo di Santa Maria Maggiore, datole qualche decennio dopo la costruzione, a sottolineare la sua preminenza su tutte le chiese dedicate alla Madonna. Curiosità vuole che si accenni alla tradizione secondo la quale le ricche dorature del soffitto furono realizzate con il primo oro proveniente dalle Americhe e donato a papa Alessandro VI da Ferdinando di Aragona e Isabella di Castiglia, cioè los Reyes Catolicos che avevano « sponsorizzato » (si direbbe oggi) le spedizioni di Cristoforo Colombo.
Fra i molti « tesori » custoditi vi è anche un « primato »: il primo presepe « plastico » della storia, cioè realizzato con statue e non con bassorilievi monoliti rappresentanti la Natività come sino ad allora si era usato fare. L’iniziativa fu di papa Niccolò IV che nel 1288 commissionò ad Arnolfo di Cambio (o Arnolfo di Lapo, che dir si voglia) una raffigurazione della Natività con sculture rappresentanti ciascuna un « personaggio » (originariamente le statuette erano otto).

Il Presepe di Arnolfo e la Sacra Culla
Niccolò IV veniva dai Frati Minori francescani; è evidente la sua volontà di seguire in qualche modo l’idea di San Francesco, che sessantadue anni prima aveva « inventato » il Presepe ricostruendone la scena con personaggi viventi nella grotta di Greccio.
Un Presepe « vecchia maniera » in bassorilievo era tuttavia già presente sin dal 432 quando papa Sisto III aveva voluto nella Basilica una grotta della Natività simile a Betlemme, tanto che all’epoca la Basilica veniva pure chiamata Santa Maria ad praesepem (dal latino: praesepium = mangiatoia). Nel 1590 papa Sisto V volle poi riunire entrambe le rappresentazioni in una nuova cappella detta del SS. Sacramento (o Sistina, dal suo nome).
Reliquia tutta particolare nella Basilica è la Sacra Culla, preziosa urna ovale opera dell’orafo e architetto Giuseppe Valadier che custodisce ancor più preziosi frammenti del legno della Sacra Culla (cunabulum) recati dai primi pellegrini di ritorno dalla Terrasanta.
È d’obbligo un cenno al Campanile, che è il più alto di Roma (75 metri, in stile romanico) voluto da papa Gregorio XI appena dopo aver riportato la sede del Papato da Avignone a Roma, alla conclusione di quel periodo della storia della Chiesa che va sotto il nome di cattività avignonese (dal latino captivus = prigioniero).
L’edificio della Basilica, comprese le scalinate esterne, costituisce area extraterritoriale a favore della Santa Sede, pur essendo territorio italiano, come San Giovanni in Laterano, San Paolo Fuori le Mura, la residenza di Castel Gandolfo, il Palazzo del Laterano, il Palazzo della Datarìa, il Palazzo ex Sant’Ufficio, il Colle del Gianicolo, il Policlinico Gemelli e la vasta area di Santa Maria di Galeria ove sorgono le antenne della Radio Vaticana.
La Madonna della Neve è patrona di almeno una quarantina di località italiane, fra le quali Ascoli Piceno, Boffalora sopra Ticino, Codroipo, Novi Ligure, Nuoro, Pusiano (Como), Rovereto, Susa, Torre Annunziata e ovviamente Santa Maria Maggiore (Verbania) e Madonna della Neve (Frosinone).
In molti luoghi vi sono tradizioni particolari: a Ponticelli (alle falde del Vesuvio) la statua della Madonna viene portata in processione issata su un carro alto più di sedici metri (un casa di cinque piani) trainato da decine di fedeli e la cui decorazione esterna è scelta annualmente con un apposito concorso; a Torre Annunziata la Madonna è di colore nero, il perché non si sa (ma forse per via che la sua icona fu trovata casualmente da alcuni marinai, ed era nera; ma siccome fu trovata il 5 agosto …); a Santa Maria Colle Sambuco (Rieti) la processione si conclude con una caratteristica nevicata artificiale al rientro in chiesa.

Publié dans:FESTE DI MARIA, MARIA VERGINE |on 5 août, 2014 |Pas de commentaires »
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