OMELIA 20 LUGLIO 2014 | 16A DOMENICA – NON HAI SEMINATO DEL BUON SEME? DA DOVE VIENE LA ZIZZANIA? »

http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/01-annoA/Anno_A-2014/5-Ordinario-A-2014/Omelie/16a-Domenica-A/12-16aDomenica-A-2014-SC.htm

20 LUGLIO 2014 | 16A DOMENICA A | T. ORDINARIO | OMELIA DI APPROFONDIMENTO

NON HAI SEMINATO DEL BUON SEME? DA DOVE VIENE LA ZIZZANIA? »

C’è una certa rassomiglianza e continuità di sviluppo fra la parabola del seminatore (Mt 13,3-9) e quella della zizzania: nell’una e nell’altra c’è un seminatore, c’è un campo dove si semina, e c’è anche il Diavolo, o Maligno, che nella prima « ruba ciò che è stato seminato nel cuore » dell’ascoltatore distratto (Mt 13,19) e nella seconda « semina » la zizzania (Mt 13,39).

« La riserva escatologica » del cristiano
Però lo sfondo e il significato sono profondamente diversi: quello che conta non sono gli apparenti successi del male, ma il « giudizio » ultimo che Cristo pronunzierà sulle azioni degli uomini, quando avverrà la grande discriminazione (cf vv. 40-43).
È la « riserva escatologica » del cristiano che, per un verso, tiene accese tutte le sue speranze, anche quando sembra che la zizzania infesti l’immenso « campo del mondo » (cf v. 38) e minacci il magro raccolto che, nonostante tutto, l’agricoltore continua ad attendere; e, per un altro verso, gli impedisce di lanciare anatemi sul mondo, creando assurde divisioni fra gli uomini, quasi che gli uni fossero « già » salvi e gli altri « già » in anticipo condannati.
In tal modo la Chiesa si ridurrebbe a una setta di fanatici, di niente altro preoccupati che di premunire se stessi dal male, dimenticando invece che Cristo ha voluto che fossimo « fermento » che si perde e si aggrega alla insipida massa di farina fino a che « sia tutta fermentata » (v. 33). Fino a che si svilupperà il corso della storia, il gioco è ancora tutto da fare: i buoni possono diventare cattivi, e i cattivi possono diventare buoni. Non solo: ma i buoni devono impegnarsi a convertire i cattivi e a dilatare i rami del grande « albero » che è la Chiesa, perché tutti gli uccelli del cielo vi trovino rifugio (v. 32).
Per cui è bene per tutti che il Giudice « pazienti » fino all’ultimo!

« Lasciate che la zizzania e il grano crescano insieme sino alla mietitura »
Il brano evangelico odierno è piuttosto lungo. Riporta prima la parabola della zizzania (vv. 24-30), seguita dalle due brevi parabole del granello di senape che diventa grande albero (vv. 31-32) e del pizzico di lievito (v. 33), che gli studiosi chiamano anche « parabole della crescita », perché preannunciano la misteriosa forza di dilatazione del « regno ». Dopo una ripresa del motivo del « perché » Gesù parlava in parabole (vv. 34-35; cf vv. 10-17), abbiamo la spiegazione della parabola della zizzania, provocata anch’essa, al pari di quella del seminatore (cf vv. 18-23), dagli Apostoli che non ne avevano afferrato il significato. Come si vede, ci sono motivi di carattere strutturale, che Matteo segue molto abilmente nella composizione del suo Vangelo.
Data la lunghezza e l’importanza della parabola della zizzania, non possiamo intrattenerci sulle altre due (il granello di senapa e il lievito), che pur meriterebbero un discorso a parte.
Anche qui la scena è molto realistica. Un uomo ha seminato del buon grano nel suo campo; ma « di notte » un suo « nemico », per fargli dispetto, vi semina la zizzania, che appare solo al momento della fioritura. Non appena i servi se ne accorgono, si precipitano dal padrone e gli denunciano il fatto (vv. 27-30).
Ciò che viene detto a proposito della difficoltà di estirpare la zizzania dal campo di grano corrisponde a quanto era ancora possibile osservare una volta nei pressi del lago di Genesaret: il lolium temulentum non può essere distinto dal grano, in mezzo al quale cresce, prima che esso maturi e si faccia giallo. Ed è chiaro che in una situazione del genere sarebbe stato poco saggio tentare di estirpare il « loglio », pensando di poter lasciare intatto il buon seme. Meglio aspettare la « mietitura », quando l’operazione sarebbe stata più facile e anche senza molto rischio. Allora i fasci di zizzania venivano bruciati, oppure dati in cibo al pollame.

Dio « non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma per salvarlo »
Ma che cosa vuol dire Gesù con questa parabola? Molto probabilmente anche qui abbiamo una sovrapposizione di due significati, del resto collegati fra di loro, come abbiamo già visto per la parabola del seminatore: un significato « cristologico », e uno di carattere « esortativo ». Il primo è quello direttamente inteso da Gesù; il secondo dovrebbe essere piuttosto frutto della riflessione della primitiva comunità cristiana.
Gesù con i suoi miracoli e l’annuncio del Vangelo aveva fatto nascere intorno a sé un grande senso di attesa messianica. Ora, secondo la parola dei Profeti, il Messia avrebbe dovuto radunare attorno a sé una comunità di santi e di puri. « Il tuo popolo sarà tutto di giusti, per sempre avranno in possesso la terra, germogli della piantagione del Signore, lavoro delle sue mani per mostrare la sua gloria »: così preannunciava Isaia (60,21) la Gerusalemme ideale dei tempi ultimi.
Se non che nessuna comunità di « santi » si era costituita attorno a Gesù: perfino tra i suoi Apostoli c’era un traditore! Addirittura, sfidando tutti i « perbenismi » del tempo e del proprio ambiente sociale, sarà l’amico dei « pubblicani » e perfino delle prostitute. La spettacolare « separazione » degli empi dai giusti, come sognava gran parte della letteratura intertestamentaria per il tempo del Messia,1 non si era verificata.
Proprio contro questa attesa « giustizialistica », che considerava il male più come un fatto fisico che morale, e perciò può essere corretto, riparato, superato, addirittura cambiato in bene, Gesù racconta questa parabola.
È bensì vero che egli è il Messia: ma il tempo del Messia è tempo di salvezza e non di « giudizio », come si afferma in Giovanni: « Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui  » (Gv 3,17). Perciò ci dovrà essere una possibilità concreta di salvezza offerta ad ogni uomo. In questo senso non è un male che la zizzania cresca insieme al buon grano: anzi, questo è il segno della « benevolenza » di Dio!

La « pazienza » di Dio e le « impazienze » dei cristiani
Perciò, oltre che essere realistica, la parabola è anche carica di « ottimismo ».
E questo in un duplice senso: prima di tutto, nel senso che il male non è un’accusa contro Dio, ma se mai reclama la sua presenza proprio per essere vinto. Che Messia-Salvatore sarebbe stato Cristo se non avesse trovato peccatori e peccatrici da « redimere »? In secondo luogo, perché di fatto il male sarà anche vinto: però alla fine, « al momento della mietitura » (v. 31). Allora il Messia-Salvatore diventerà anche il Messia-Giudice, che « manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti » (vv. 41-42).
È un monito, questo, alle « impazienze » dei cristiani troppo zelanti, che vorrebbero vedere subito il trionfo della causa di Dio. A leggerlo meglio, però, questo atteggiamento, più che zelo, manifesta paura ed insicurezza: non è comodo per nessuno rimanere in assetto di guerra contro il « nemico », che può fare le sue incursioni notturne ad ogni momento! Più che la gloria di Dio, è la propria tranquillità che si è tentati allora di ricercare.
Ed è anche un monito contro tutte le tentazioni di « manicheismo », per cui ognuno di noi è portato a vedere il bene e il male in certe strutture, o sistemi, o schieramenti ideologici e politici, diversi da quelli che noi vorremmo, per cui basterebbe recidere qualcosa, come consigliavano i servi della parabola, per sradicare il male. Al contrario, nel « medesimo » campo ci può essere il bene e il male; nel cuore dello stesso uomo, cioè nel cuore di ognuno di noi, Satana può seminare, non appena ci addormentiamo un poco, la sua viscida zizzania.
Perfino la Chiesa, che pure è « il germe e l’inizio » del regno di Dio sulla terra,2 può essere devastata e infestata dalla zizzania, come la storia ampiamente dimostra.

« Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal regno tutti gli scandali »
Sembra essere precisamente questo il significato della spiegazione della parabola, richiesta dagli Apostoli, e che dovrebbe esprimere molto della esperienza della primitiva comunità cristiana alla quale si rivolge san Matteo (vv. 37-43).
Come è facile vedere, qui l’accento, più che sulla « attuale » convivenza del bene e del male, è tutto spostato sul « giudizio » finale, che è un tema assai caro al primo Evangelista (cf 25,31-46). Anche l’ultima espressione (« i giusti splenderanno come il sole »), ripresa da Daniele 12,3, rimanda a una prospettiva « escatologica ».
Come mai questo spostamento d’accento? Probabilmente per una ragione molto semplice: la comunità, a cui si rivolge Matteo, ha perduto il primitivo fervore; non solo non si meraviglia più per la strana convivenza del bene e del male nel mondo, ma neppure per quella al proprio interno. Ci sono dei cristiani incoerenti con la loro fede, che danno addirittura « scandalo » agli altri.
Cosa fare per scuoterli? A costoro bisognava ricordare che l’appartenenza alla Chiesa non è garanzia di salvezza, se non porta con sé le « opere » della fede: verrà il momento in cui sarà disvelato il bene e il male che è in ognuno di noi.
E il disvelamento sarà inesorabile e imparziale: chiunque avrà operato « l’iniquità » (in greco anomía: v. 41), cioè sarà stato infedele alla « legge » di Cristo, che è soprattutto legge dell’amore, sia esso cristiano o no, sarà condannato; chiunque avrà operato la « giustizia », sia esso cristiano o no, sarà coronato di gloria « nel regno del Padre ».
Come si vede, davanti al Cristo-Giudice non ci sono privilegi di sorta: neppure quello della fede! Tutto questo non poteva non far riflettere i cristiani, inducendoli a convertirsi e a « giudicarsi » da sé, prima che venisse il tempo del giudizio ultimo e inappellabile.

« Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza »
Anche la prima lettura contiene una riflessione sul modo di agire di Dio, che sconcerta alcuni Giudei della Diaspora alessandrina: essi lo volevano più energico nel punire gli idolatri, così come i servi impazienti del Vangelo.
L’autore del libro della Sapienza, scritto all’incirca nel primo secolo a.C. ad Alessandria d’Egitto, ripercorrendo alcune tappe della storia dell’Antico Testamento, specialmente quelle dell’Esodo, si meraviglia perché Dio abbia usato una così grande moderazione verso l’Egitto e i popoli di Canaan, che non ha « distrutto all’istante » (12,9). Interrogandosi su questo problema, egli trova la ragione di tale moderazione nella « benevolenza » di Dio che, pur « potendo » tutto, « pazienta » per dar luogo agli uomini di « pentirsi » (Sap 12,18-19).
Siamo dunque, di nuovo, di fronte all’amore di Dio, che sopporta il male non per debolezza ma proprio perché ha la « forza » e vuole usarla per indurre gli uomini a penitenza. In tal modo egli dà un esempio anche a noi, che siamo il suo « popolo » (v. 19): è molto più bello che nel campo di Dio ci sia abbondanza di frumento, magari trasformatosi e diventato tale dalla zizzania, che solo « poche » spighe di buon grano! In questo caso ci sarebbe sempre carestia nel mondo: la carestia del bene che, anche per colpa nostra, ci poteva essere e invece non è riuscito a fiorire.
La misteriosa « preghiera » dello Spirito, che « intercede per noi con gemiti inesprimibili e viene in aiuto della nostra debolezza », come ci insegna san Paolo (Rm 8,26), ci ottenga la generosità del cuore e ci apra la mente a capire il senso della tragica presenza del male nel mondo: una sfida, offerta ai cristiani, per verificare la loro capacità di amare e il loro ottimismo pieno di speranza in un mondo che la potenza di Dio, favorita dalla nostra buona volontà, renderà certamente migliore, nonostante tutte le apparenze, almeno nella fase ultima della storia.

Da: CIPRIANI S.

Publié dans : OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |le 18 juillet, 2014 |Pas de Commentaires »

Vous pouvez répondre, ou faire un trackback depuis votre site.

Laisser un commentaire

Une Paroisse virtuelle en F... |
VIENS ECOUTE ET VOIS |
A TOI DE VOIR ... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | De Heilige Koran ... makkel...
| L'IsLaM pOuR tOuS
| islam01