1 PIETRO 3: 15-18 – COMMENTO BIBLICO

http://www.chiesaevangelicadivolla.it/n-8-1-pietro-3–15-18.html

(Chiesa Evangelica)

1 PIETRO 3: 15-18

La 1° Pietro affronta uno dei problemi che inevitabilmente incontra il credente quando si lascia guidare dalla logica della sua fede. Alla pari del suo Signore il credente è “messo a morte nella carne e reso vivo nello spirito” (v.18b). Alla violenza non è opportuno rispondere con la violenza. Coloro che si ispirano alla violenza ed invocano “fuoco dal cielo” “non sanno di quale spirito sono animati” (Lc 9:55). Non è necessario raffigurarsi tempi di persecuzione, quali quelli vissuti sotto regimi totalitari (ma quanti ancora ve ne sono qui e là sul nostro globo!) per appropriarci del messaggio presente nei versetti proposti.

Se non proprio di persecuzione, il credente si trova quotidianamente a vivere in un contesto di ‘incompatibilità’ con l’andazzo prassistico del proprio tempo. La verità, ammesso che la si possegga (essa sta sempre e soltanto dinanzi a noi e ci precede!), non la si impone mai: è tentazione che in ogni caso va respinta. In un clima di diffusa osticità o di aperta ostilità occorre discernimento, accortezza e saggezza comportamentale. L’apostolo consiglia “mansuetudine, rispetto e coscienza pulita” (v. 16) soprattutto quando i persecutori occulti, i peggiori!, creano discredito nell’opinione pubblica, anche se limitatamente al proprio condominio, o all’ambito di lavoro ove possono non mancare, come non sono mancati, piccoli soprusi e ingiustizie di varia entità. Non solo i cristiani della chiesa primitiva ma anche quelli che come questi sono stati oggetto di persecuzioni (in Italia si pensi al periodo fascista!) hanno subìto attacchi diretti e continui colpi ai fianchi, pugilisticamente parlando. Il nostro brano (1 Pt 3:15-18) si sofferma soprattutto nella seconda delle tattiche persecutorie, quelle subdole fatte di insinuazioni e di dicerie gratuite. In questi casi a che vale la violenza? Basterà la “buona condotta in Cristo” (v. 16). Per “buona condotta” non deve intendersi il moralismo dei benpensanti. Non v’è nulla di più ottundente del ‘moralismo’ corrente, quell’onestà di facciata, del ‘così fan tutti’ con tutte le sue perverse declinazioni. Con “buona condotta” non deve intendersi neppure obbedienza a quell’insieme di norme scritte o, peggio, non scritte, che costituiscono le cosiddette ‘discipline’ stabilite dalle diverse istituzioni denominazionali. La “buona condotta” del nostro testo è quella che coincide o che è in armonia con la “giustizia” del v. 14. E non si tratta di giustizia umana, ma di giustizia secondo Dio che può contrastare, come a volte contrasta, con la nostra e l’altrui giurisprudenza. Il comportamento del credente di fronte al male non si limita alla sola non-violenza cosa che, da sola, può rendere pavidi, vili e paurosi. Il credente serio deve essere pronto innanzitutto a rispondere, a fare la sua ‘apologia’ (così nell’originale), a testimoniare la sua fede non solo in termini di speranza ma di vita quotidiana condotta sotto il segno della sovranità di Colui che è il Signore. Il timore di Dio cancella il timore degli uomini. La fede in Colui nel quale si crede non si testimonia con le sole parole, mutuate semmai da un catechismo, ma con una seria correttezza comportamentale a livello personale (se si tratta di singoli) come a livello istituzionale (se si tratta di gruppi). La fede deve « alleggerirsi dell’inflazione dottrinale » e recuperare il carattere coraggioso di confrontarsi con una cultura che, a conti fatti, le è ostile. Vi sono due termini che malcelano due comportamenti: “benedire” (v. 9) e “santificare” (v. 15). ‘Benedire’ non come parlar bene di.’, ma, nello spirito di Luca 6:28, pregare per coloro che ci sono ostili e mai ritenerli come ‘nemici’ dichiarati. Molti sono ostili alla fede per ignoranza (Lc 23:34a). ‘Santificare’ nel nostro testo ha come oggetto ‘il Signor Gesù’; ma è inimmaginabile che si possa santificare Colui che è ontologicamente santo. Qui va inteso come in Lc 6:2b, cioè ritenere il Cristo quale il solo santo (Is 8:13) e adorarLo riconoscendone la presenza nella propria storia: “Io sarò santificato in voi… voi conoscerete che io sono il Signore…quando avrò agito con voi per amor del mio nome … dice Dio, il Signore” (Ez 20:41,44).

Mario Affuso

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