L’ATTIVITÀ DI PIETRO SECONDO GLI ATTI DEGLI APOSTOLI
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L’ATTIVITÀ DI PIETRO SECONDO GLI ATTI DEGLI APOSTOLI
tratto da: Paolo BREZZI, Il Papato, Studium, Roma 1967, p. 17-23.
Il gruppo dei superstiti discepoli di Gesù si ritrovò a Gerusalemme dopo le turbinose vicende della Pasqua e dei quaranta giorni successivi; resi forti dall’infusione dello Spirito, questi uomini, che fino a quel momento non avevano ancor dimostrato di comprendere appieno quale fosse il loro compito, incominciarono a svolgere opera di apostolato. Pietro ne dirigeva i movimenti.
Una narrazione storica, gli Atti degli Apostoli, ci permette di seguire da vicino l’attività di Pietro almeno fino all’anno 50 d.C.; gravi dubbi vennero elevati da esegeti razionalisti sulla validità di quella fonte, ma ormai anche queste difficoltà sono state quasi completamente superate da una sana critica storica e l’attendibilità delle informazioni degli Atti è sicura. Gli episodi principali della vita di Pietro qui registrati sono: l’iniziativa del completamento del collegio dei dodici (anteriore alla discesa dello Spirito Santo); il grande discorso dopo la Pentecoste ed altri tenuti in varie occasioni e davanti a pubblici diversi per razza e per preparazione; numerosi miracoli; la difesa davanti al Sinedrio; la condanna di Anania e Saffira, che erano dei fedeli che avevano tentato di ingannare gli Apostoli sul ricavato della vendita di un loro podere; la prigionia e la liberazione miracolosa; la scelta dei diaconi; la missione insieme a Giovanni nella Samaria e le severe parole rivolte ad un Simone che aveva tentato di comprar con denaro le virtù carismatiche degli Apostoli; i primi contatti con il neo convertito Paolo; altre missioni a Lidda e a Joppe con miracoli e conversioni; l’accoglienza nella comunità del centurione Cornelio e le vivaci polemiche che ne seguirono sull’opportunità o meno di estendere anche ai Gentili la predicazione della parola di Dio; una nuova prigionia per opera del re Erode Agrippa ed una nuova miracolosa liberazione.
A questo punto gli Atti, dopo aver detto che Pietro «partitosi andò altrove», incominciano a seguire Paolo nelle sue peregrinazioni e nominano ancora l’altro apostolo soltanto in occasione del concilio di Gerusalemme, di cui riparleremo; di conseguenza è possibile fissare soltanto pochi punti della successiva biografia di Pietro sulla base di altre fonti o di indicazioni indirette, ma, prima di proseguire, è necessario ritornare sul già detto, per sottolineare l’importanza di alcuni atteggiamenti da lui assunti in quei primi anni, decisivi per tutto l’ulteriore orientamento della vita della a chiesa».
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è noto che alcuni studiosi hanno imbastito un vero romanzo storico sull’ipotetico contrasto di tendenze tra i giudaizzanti e gli ellenizzanti in seno alla primitiva comunità ed hanno considerato Pietro come uno degli esponenti della prima corrente.
Le cose sono più semplici, anche se non meno interessanti; già in Gesù vi è una predicazione a carattere universalistico, ma tra i suoi discepoli vi furono quelli che pretesero una iniziazione al Giudaismo come premessa indispensabile per diventar cristiani e continuarono a conservare l’antico sospetto che era nutrito dai membri del «popolo eletto» verso i Gentili. Pietro, avendo visto per chiari segni divini che tutti potevano essere chiamati alla penitenza ed alla nuova vita (Atti, II, 18), accettò senz’altro la conversione dei Gentili, ma più tardi ritenne più opportuno seguire la prassi normale, facendo precedere la circoncisione al battesimo, ed infine, dopo uno scambio di vedute con Paolo, che non fu privo di momenti drammatici, ritornò al suo primo modo d’agire facendolo sanzionare ufficialmente da un solenne consesso. Si tratta di alternative naturali, data la delicatezza della decisione da prendere, né queste oscillazioni rendono meno simpatico il loro protagonista, anzi lo avvicinano a noi, lo presentano in tutto il suo aspetto umano senza intaccare, con questo, le sue prerogative, non essendo egli mai caduto in errore né avendo insegnato il falso.
Tra Pietro e Paolo, anche quando più vivo fu il contrasto, non si trattò mai di radicale diversità di dottrina, ma di differente attitudine, di divergenze tattiche; Paolo non aveva torto a rimproverare al confratello le contraddizioni della sua condotta pratica, ma non pensò mai, per questo, di contestare la legittimità della posizione di primo piano goduta dall’altro; anzi, anche questo episodio conferma l’importanza di Pietro, il peso da lui rappresentato nella vita della comunità, le conseguenze derivanti da ogni suo gesto, il valore attribuito alle sue decisioni. Ma quest’autorità eccezionale, che tutti gli riconoscevano, doveva derivare da qualche ragione profonda; il prestigio goduto era effetto di una prerogativa speciale, e questa non poteva essere fondata che sulla scelta fatta da Gesù, sul mandato affidatogli personalmente dal Maestro e ben presente nel cuore di tutti i discepoli.
Poiché si è già fatto incidentalmente più volte riferimento a Paolo, è doveroso ricordare la cura particolare da lui posta nel mantenere i contatti con Cefa (è questo il nome aramaico grecizzato che ricorre nelle lettere paoline, che furono scritte anteriormente al Vangelo di Matteo e possono quindi costituire una riprova dell’autenticità dei passi di questo sopra esaminati); in quella specie di autodifesa premessa all’epistola ai Galati, l’apostolo delle genti dichiara infatti che dopo la sua conversione ed il ritiro di preparazione «tre anni dopo andai a Gerusalemme per visitare Pietro e stetti presso di lui quindici giorni: non vidi alcun altro degli Apostoli, ma solo Giacomo fratello del Signore» (Gal., I, 18).
Dove andò Pietro allorché dovette allontanarsi da Gerusalemme per motivi prudenziali? Più volte è stata ripresa dagli storici l’ipotesi che egli si sia diretto a Roma e, sulla base di scarne notizie di S. Girolamo e di Eusebio, si è dissertato a lungo circa un primo soggiorno romano dell’Apostolo. Sia permesso di lasciare molto in forse la cosa limitando la menzione ai dati più certi; così, ad esempio, è indubbia la permanenza ad Antiochia di Siria ed è più che probabile che Pietro si sia spinto nelle regioni del Ponto, della Galazia e della Cappadocia perché in caso contrario non si comprenderebbe la ragione che lo mosse più tardi ad indirizzare «agli eletti stranieri della diaspora» di quelle sole terre una lettera; anche il tono di questa fa pensare che l’autore fosse già noto ai corrispondenti. Forse Pietro fu pure a Corinto, dato che in questa città si era formato un partito di Cefa, come attesta Paolo, benché potrebbe trattarsi solamente di immigrati che, giungendo colà, si stupirono del grande ascendente goduto a Corinto da quest’ultimo e si richiamarono invece all’autorità dell’altro apostolo.
Intorno all’anno 50 Pietro era di nuovo in Palestina, e presiedette quello che fu chiamato il concilio di Gerusalemme, convocato per risolvere la questione dell’obbligatorietà dell’osservanza delle leggi mosaiche; il suo discorso è molto esplicito e non privo di durezza contro i rigidi: «Dio non fece differenza alcuna tra loro (Gentili) e noi, purificando con la fede — cioè non con i riti giudaici — i loro cuori. Perché tentate voi Dio per imporre sul collo dei discepoli un giogo che né i padri nostri né noi abbiamo potuto portare?». Ma gli effetti furono immediati e decisivi: «tutta la moltitudine si tacque» ed anche Giacomo aderì, salvo qualche riserva, all’indirizzo fissato «di non imporre altro peso fuori delle cose necessarie», come aveva appunto suggerito Pietro. Si tratta di una riunione importante, che non dovette essere priva pure di una certa solennità, vedendo raccolti tutti gli esponenti più autorevoli della nuova società cristiana; era in gioco l’interpretazione di tutto il messaggio di Gesù e non si poteva tardar oltre ad imboccare la via giusta. Anche in questo caso Pietro agì con franchezza ed audacia, dimostrandosi autorizzato a risolvere le questioni più delicate che insorgevano nella vita delle comunità, pur mantenendo una forma collegiale all’esercizio dei poteri, per tenere conto dei privilegi spettanti anche agli altri apostoli; ciò dimostra che esisteva un doppio ordine di giurisdizioni, quella primaziale, che il Maestro aveva conferito individualmente a Pietro, e quella pastorale, che era propria di tutto il collegio apostolico. Non ebbe torto il protestante Heiler a dire che in tutto questo vi è già «il cattolicesimo in divenire» nel senso che embrionalmente si scoprono qui presenti i vari elementi caratteristici della costituzione cattolica quale apparirà in piena luce dopo aver raggiunto la sua completa efficienza nel corso dei secoli.
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