IL VOSTRO CORPO È TEMPIO DELLO SPIRITO SANTO (1COR 6,13C-15A.17-20).
CAMMMINO DI FEDE CON GIOVANI SPOSI E COPPIE
IL VOSTRO CORPO È TEMPIO DELLO SPIRITO SANTO (1COR 6,13C-15A.17-20).
Fratelli, il corpo non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo.
O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
(LECTIO )Che cosa dice il testo
Siamo all’interno di una sezione (capp. 5-7) della Prima Lettera ai Corinzi in cui Paolo si confronta con problemi diversi e perfino di segno opposto: un lassismo libertario e, viceversa, un ascetismo rigido. I due atteggiamenti hanno però una radice comune, che fa da sfondo alle considerazioni della lettera sul matrimonio o su temi affini, e precisamente un’errata comprensione del significato del corpo umano, sia sul piano antropologico che su quello teologico. In questo contesto vanno collocate le riflessioni dell’Apostolo, con cui egli espone alcune linee ispiratrici di un corretto vissuto cristiano in ordine alla sessualità.
Nei vv. 13-20 egli affronta probabilmente il tema della proibizione dei rapporti con le prostitute, ma il suo discorso si estende a tutti quei comportamenti qualificati, senza ulteriori precisazioni, come “impudicizia”.
Paolo porta allora i Corinzi a riflettere sul valore della sessualità: essa si esprime in gesti che coinvolgono le dimensioni più profonde della persona, e quindi non può essere indifferente un comportamento o un altro (v. 18).
Il cristiano è chiamato a decidere se usare il proprio corpo alla maniera della “carne”, abbandonandolo all’impudicizia, oppure a vivere fino in fondo la vocazione cristiana anche nella corporeità. La dignità di quest’ultima è fondata nella relazione con Cristo, dal quale il credente è stato riscattato a caro prezzo (v. 20), vedendosi assegnato un destino di risurrezione (v. 14); con Cristo il cristiano forma un solo “spirito” (v. 17) e cioè una piena unione realizzata dallo Spirito del Risorto! Il battezzato concretizza così anche nella propria corporeità il “corpo” ecclesiale del Cristo (v. 15); l’immagine del cristiano come una delle membra della Chiesa trapassa poi insensibilmente nell’altra metafora del corpo come tempio dello Spirito Santo (v. 19). Filone d’Alessandria era solito affermare che tempio di Dio è l’intelligenza dell’uomo; Paolo invece non esita a chiamare tempio addirittura il corpo del cristiano. In questo tempio si deve veramente esercitare il culto-servizio a Dio, per cui ogni ambiguità deve essere evitata.
Ringraziamo sul testo (MEDITATIO)
Nella prospettiva di un corpo destinato alla risurrezione, cerchiamo di riflettere su un campo non ancora esplorato in tutta la sua portata nell’ambito della co-educazione sessuale di coppia: quella particolare forma di “impudicizia” che è la pornografia. In questo ambito si insinua una sorta di implicito “lasciapassare”: come se l’uso di materiale pornografico (sia nella forma semplice del giornaletto che in quella più complessa del mezzo televisivo, delle linee erotiche, della navigazione su Internet, chat comprese) potesse configurarsi come un uso privato, una specie di zona franca; quando non è perfino propinato (in genere da lui a lei) come stampella o ausilio al raggiungimento del piacere erotico.
Ma l’uso di materiale pornografico si paga assai caro: e non solo perché sollecita istinti sessuali disordinati, ma perché parcellizza il corpo umano, lo riduce all’esibizione dei puri organi sessuali, opera una “gigantografia” che mano a mano ha il potere di assorbire l’intero della persona in pratiche più o meno meccaniche che falsano proprio quella sessualità (che riguarda sempre l’intero della persona) che si vorrebbe “liberare”. Chi afferma che attraverso la pornografia conosce meglio la sessualità è un immaturo, che si fissa sulla parte e perde di vista il tutto. Ha ragione Paolo: “Chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo” (v. 18). Lo sanno le prostitute che, spesso per disperazione o per una vera e propria schiavizzazione, accettano l’umiliazione di essere ridotte ad una parte del corpo, anonima, senza anima né vita. Questo è contro il corpo, cioè la propria e altrui integrità, il rispetto che ciascuno deve a se stesso e all’altro.
L’uso di materiale pornografico è poi difficile da metabolizzare. Non dimentichiamo che la persona è anche mente, mondo interno, immaginario, per cui occorre popi molta pulizia della mente per accostare l’altro senza ridurlo a zone di piacere; più la mente è infarcita d pornografia, meno è capace di raggiungere l’altro nella sua interezza e nella sua bellezza di tempio dello spirito. Il suo corpo, come il mio, tende a glorificare Dio come Amore che non viene meno. Meraviglioso Amore che attende di essere glorificato nei nostri corpi (cfr. v. 20)!
Preghiamo (ORATIO)
Signore Gesù, tu sai quanto la natura abbia posto nel corpo dei nostri bambini e delle nostre bambine dei segnali inibitori che vengono oltrepassati solo nel sovvertimento dei sensi. Ma i nostri occhi di adulti talvolta vedono negli altri degli esseri da umiliare o schiavizzare, non ne riconoscono più la sacralità, l’intimità e la meraviglia che genera rispetto. Aiutaci a recuperare in ogni persona chi ci stia di fronte la sua dimensione fanciulla che ci apre alla contemplazione. Tutte le persone adulte sono state bambine e sono tenute in braccio da te, o Signore, come bambini.
Che cosa ha detto la Parola (CONTEMPLATIO)
Dio non ritenne vergogna assumere la carne per via di quelle membra e con quelle membra che egli stesso plasmò. Chi ce lo dice? Il Signore che lo assicurò a Geremia: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato” (Ger 1,5). Dio, che plasmò l’uomo toccandone senza vergogna la carne, non poté certo venir meno al pudore nel plasmarsi quella santa carne che velò la sua divinità. E’ del resto Dio che da sempre forma le creature nel seno di una madre. Lo dice Giobbe: “Non m’hai colato forse come latte e fatto accagliare come cacio? Di pelle e di carne mi hai rivestito, d’ossa e di nervi mi hai intessuto”
(cfr. Gb 10,10s). Nulla è contaminante nella formazione di un uomo, a meno che non intervengano a contaminarla l’adulterio o l’incontinenza. Dio formò Adamo e formò Eva, e plasmò con le sue mani divine sia il maschio sia la femmina, né alcuna parte del loro corpo fu creata impura. Tacciano tutti gli eretici che condannano il corpo o piuttosto il Creatore del corpo.
Quanto a noi, però, ricordiamoci di quel che scrisse Paolo: “Non sapete che i vostri corpi sono tempio dello Spirito Santo che è in voi?” (1Cor 6,19). Il profeta, parlando a nome di Gesù, affermava: “La mia carne è la loro” (Os 9,12). (Cirillo di Gerusalemme, Le Catechesi).
Mettere in pratica la Parola (ACTIO)
Traducete nella vostra vita coniugale questa parola: “Glorificate Dio nel vostro corpo!” (1Cor 6,20).
PER LA LETTURA SPIRITUALE
La sessualità, mediante la quale l’uomo e la dona si donano l’uno all’altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l’intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza i modo veramente umano solo se è parte integrale dell’amore con cui l’uomo e la donna si impegnano totalmente l’uno verso l’altra fino alla morte. La donazione fisica totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità di decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe totalmente.
Questa totalità richiesta dall’amore coniugale corrisponde anche alle esigenze di una fecondità responsabile, la quale, volta come è a generare un essere umano, supera per sua natura l’ordine puramente biologico, e investe un insieme di valori personali, per la cui armoniosa crescita è necessario il perdurante e concorde contributo di entrambi i genitori.
Il “luogo” unico che rende possibile questa donazione secondo l’intera sua verità è il matrimonio, ossia il patto di amore coniugale ovvero la scelta cosciente e libera con la quale l’uomo e la donna accolgono l’intima comunità di vita e d’amore, voluta da Dio stesso (cfr. GS 48), che solo in questa luce manifesta il suo vero significato. L’istituzione matrimoniale non è un’indebita ingerenza della società o dell’autorità, né l’imposizione estrinseca di una forma, ma esigenza interiore del patto d’amore coniugale che pubblicamente si afferma come unico ed esclusivo perché sia vissuta così la piena fedeltà al disegno di Dio creatore. Questa fedeltà, lungi dal mortificare la libertà della persona, la pone al sicuro da ogni soggettivismo e relativismo, la fa partecipare della Sapienza creatrice (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris Consortio, 22 novembre 1981,

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