SANTO STEFANO PROTOMARTIRE – 26 DICEMBRE
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STEFANO, IL PRIMO – 26 DICEMBRE
BREVE BIOGRAFIA DEL PROTOMARTIRE
Introduzione Capitolo I – La vicenda umana di Stefano Capitolo II – Le reliquie di Santo Stefano, tra storia e leggenda
Introduzione
Il Servo di Dio Giovanni Paolo II ci ha ricordato più volte, durante il suo pontificato, che ogni epoca della storia della Chiesa è stata segnata dal sacrificio di tanti uomini e donne che, in ogni parte della terra, hanno coraggiosamente offerto la loro esistenza per la causa del Vangelo. Si tratta di una moltitudine proveniente “da ogni tribù, popolo e nazione” costituita da coloro che seguono l’Agnello immolato. Ebbene tale immenso corteo, le cui fila si ingrossano costantemente anche ai nostri giorni, si apre proprio con Stefano, colui che i nostri antenati hanno scelto come titolare della loro chiesa parrocchiale, come modello di vita cristiana, come amico celeste col quale condividere le gioie e le sofferenze dell’esistenza. Così lo invoca un’antica prosa di Chartres:
“Le pietre arrossate dal tuo sangue / Sono la bellezza della tua corona. / Tu fosti il primo a tracciare,/ con un sentiero di pietre, / la strada del cielo. / Tu fosti il primo grano triturato /a entrare nei granai del Cristo”.
Dopo duemila anni il volto del Primo Martire conserva intatto il suo fascino. “Bello come un angelo” lo definisce san Luca negli Atti degli Apostoli, e tale bellezza, ne siamo certi, può ancora attrarre molti a Cristo.
Capitolo I – La vicenda umana di Stefano
Del primo, grande e veneratissimo martire, Stefano, non ci è dato conoscere la provenienza. Si suppone che fosse greco (in quel tempo, infatti, Gerusalemme era un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse) poiché il nome Stefano in quella lingua ha il significato di “coronato”. Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli. Vista la sua cultura, saggezza e fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme. Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni. Dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando e sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei di lingua greca e quelli di lingua ebraica, perché secondo i primi, nell’assistenza quotidiana, le loro vedove venivano trascurate. Allora i dodici Apostoli, riunirono i discepoli dicendo loro che non era giusto che essi disperdessero il loro tempo nel “servizio delle mense”, trascurando così la predicazione della Parola di Dio e la preghiera. Fu proposto di affidare questo compito ad un gruppo di sette di loro, così gli Apostoli avrebbero potuto dedicarsi di più alla preghiera e al ministero. La proposta fu accettata e vennero eletti Stefano, definito “uomo pieno di fede e Spirito Santo”, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia; a tutti, gli Apostoli imposero le mani; la Chiesa ha visto in questo atto l’istituzione del ministero diaconale. Nell’espletamento di questo compito, Stefano “pieno di grazie e di fortezza, compiva grandi prodigi tra il popolo”, non limitandosi al lavoro amministrativo ma dedicandosi attivamente anche alla predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto. Nel 33 o 34 circa., vedendo il gran numero di convertiti, gli ebrei ellenistici sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”. Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”. E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano rispose pronunziando un discorso (il più lungo degli ‘Atti degli Apostoli’,che servirà da modello ai primi predicatori cristiani), in cui ripercorse la Sacra Scrittura in tutti quei passi dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore. Rivolto direttamente ai sacerdoti del Sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e non l’avete osservata”. Mentre l’odio e il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”. Fu il colmo. Elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con pietre. I loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, s. Paolo), che assisteva all’esecuzione. Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non imputare loro questo peccato”. Gli Atti non parlano del luogo dove fu lapidato Stefano, dicono solamente “fuori della città”, ma la tradizione indica come luogo la parte est di Gerusalemme, in una zona lontana dal controllo della guarnigione romana. L’evangelista Luca, autore degli Atti, non indica nemmeno il luogo della sepoltura, afferma solamente che “uomini pii seppellirono Stefano e fecero gran lutto per lui” (At 8, 2). L’anno della morte è ritenuto il 31 o 32 secondo alcuni, altri indicano con maggior certezza il 36 , comunque in prossimità della festa ebraica di Pentecoste o quella dei Tabernacoli, data la presenza in Gerusalemme di molti forestieri (At 7, 9). La celebrazione liturgica di s. Stefano sarà fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, la chiesa vorrà subito commemorare i “comites Christi”, cioè i più vicini a lui nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio.
Capitolo II – Le reliquie di Santo Stefano, tra storia e leggenda
Secondo la celebre lettera del prete Luciano (scritta alla fine del 415) gli Ebrei lasciarono il corpo di Stefano esposto alle belve, ma per volere di Dio nessun animale lo toccò. Gamaliele, che aveva simpatia per i discepoli di Cristo, commosso dalla sorte del Diacono, convinse i cristiani a seppellirlo in segreto in un luogo poco distante da Gerusalemme, detto Caphargamala. I cristiani fecero come aveva suggerito Gamaliele e seppellirono Stefano dopo aver fatto solenni riti funebri. In questo luogo il corpo del Santo rimase come dimenticato per circa quattrocento anni. Tuttavia questo non deve sorprendere, in primo luogo perché il culto dei martiri iniziò solo nel II secolo e si sviluppò dopo il IV in seguito all’ottenimento della libertà religiosa; in secondo luogo perché Gerusalemme subì una completa distruzione prima nel 70 da parte di Tito e poi nel 135 sotto l’imperatore Adriano e quindi la memoria di molti era andata perduta. Nel 415 Luciano, prete del villaggio di Caphargamala, dopo le visioni avute in sogno individuò il luogo in cui era sepolto il corpo del Protomartire. Egli descrisse il ritrovamento in una lettera scritta poco dopo gli avvenimenti. Dopo il ritrovamento, il corpo fu traslato a Gerusalemme, per opera del vescovo Giovanni, nella data del 26 dicembre 415 . Durante la traslazione una pioggia abbondante interruppe la terribile siccità che affliggeva la terra. Il corpo di santo Stefano rimase nella chiesa del Monte Sion fino al 14 giugno del 460, quando fu trasportato nella basilica fatta costruire appositamente per accogliere le reliquie del Santo dall’imperatrice Eudossia moglie di Teodosio II. Intanto, dopo il ritrovamento del corpo, furono inviate in ogni parte del mondo cattolico le reliquie del Santo, e dovunque esse giungevano si costatavano miracoli strepitosi; di conseguenza si moltiplicavano i luoghi di culto dedicati al Protomartire. Le reliquie giunsero anche in molte chiese dell’Africa settentrionale. Anche il più che prudente sant’Agostino, convinto dagli innumerevoli miracoli, favorì l’estensione del culto del Protomartire, soprattutto con i suoi celebri Discorsi e riferendo nella sua famosa opera “La Città di Dio” i miracoli più significativi avvenuti nei nuovi santuari dedicati al Santo, compreso quello consacrato da lui stesso ad Ippona. Secondo una pia tradizione il corpo di Stefano fu successivamente traslato a Costantinopoli e da qui trasferito a Roma alla fine del sec. VI, durante il pontificato di Pelagio II, e sistemato nella Basilica di san Lorenzo fuori le mura. Un manoscritto del del XII secolo riporta il racconto particolareggiato, fatto da un diacono di nome Lucio, sulla traslazione delle reliquie di santo Stefano a Roma. Giunte alla Basilica e aperta la tomba del Martire, il corpo di Lorenzo si ravviva ritirandosi da una parte per accogliere festante il nuovo compagno che giunge dal lontano oriente, cedendogli cortesemente il posto d’onore. Lo stesso manoscritto riporta un Carme del papa Pelagio I (555-561) in cui si dice espressamente che in questo luogo riposano le membra di due uomini santi, Stefano e Lorenzo. (…). Un’altra testimonianza della traslazione di santo Stefano a Roma si trova in un manoscritto del secolo XIV, conservato alla biblioteca Vallicelliana, che corrisponde sostanzialmente al racconto di Lucio e al carme di Pelagio I. (…). Al di là della valutazione che si possa dare alle varie narrazioni circa la traslazione del corpo di santo Stefano, è certa la venerazione delle reliquie del Protomartire nella Basilica di san Lorenzo. Vari elementi stanno ad attestarlo: sull’arco trionfale di Pelagio (secolo VI) è raffigurato santo Stefano, associato nel culto e nel sepolcro al Martire romano; sul marmo all’ingresso della tomba c’è l’iscrizione “LAURENTIUS ALMUS ET PROTOMARTYR STEPHANUS”, risalente al XII secolo; gli affreschi del XIII secolo nel portico onoriano rappresentano gli episodi principali della vita di santo Stefano e della traslazione delle sue reliquie a Roma; accanto alla chiesa esisteva una chiesa e un monastero col nome di santo Stefano. Inoltre ci sono testi storici: il citato Carme di Pelagio I, il martirologio romano , che al 7 di maggio parla della traslazione del corpo di santo Stefano Protomartire da Costantinopoli a Roma e della deposizione nel sepolcro di san Lorenzo martire nell’Agro Verano per disposizione del sommo pontefice Pelagio. (…). Al di là di ogni considerazione possibile è degno di nota il fatto che la pietà popolare ha colto un segno della Provvidenza nel pensare che i due più grandi diaconi d’Oriente e d’Occidente riposano in un solo sepolcro, sotto un solo arco trionfale, come segno della apostolicità e universalità della Chiesa.

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