L’ANNO PAOLINO CONTINUA (stpauls 2009)
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L’ANNO PAOLINO CONTINUA
(luglio agosto 2009)
L’insegnamento del Papa è una completa antologia esegetico-teologica sulla figura del « Maestro delle genti » di ogni tempo. L’Apostolo Paolo sia riconosciuto sempre più come modello di comunicazione. Conclusa solennemente la celebrazione dell’Anno Paolino in tutta la Chiesa, ci pare di poter tuttavia scegliere come slogan, a significare la nostra accresciuta devozione verso il grande Apostolo: l’Anno Paolino continua. Forse è presto per tracciare bilanci su quanto si è fatto e vissuto quest’anno; ma è certo che le tante iniziative che si sono avute – a cominciare dalle « Catechesi » di Papa Benedetto XVI su San Paolo – sono servite ad accrescere la conoscenza e la venerazione dell’Apostolo delle genti, non mai abbastanza « fatto conoscere » al di fuori degli ambiti accademici di Scuole Bibliche e di Teologia. E c’è da credere che una nuova coscienza sia stata suscitata in tutti i cristiani, e che questa produrrà frutti abbondanti di approfondimenti e di confronti con gli insegnamenti di Paolo. Noi paolini diamo, forse, troppo per scontato, che Paolo sia conosciuto a sufficienza, fino ad averne la santa aspirazione o « pretesa » di essere Paolo vivo oggi. Scontato non lo è affatto nell’ordinaria predicazione o nel pur encomiabile esercizio di « lectio divina » sui testi paolini. Di Paolo si ha da sempre un certo timore reverenziale, quasi diffidando di poterlo capire e interiorizzare come merita. E può comunque succedere, come mi confidava di sé un noto studioso di storia medievale il prof. Franco Cardini, di « ammirare Paolo ma di non riuscire ad amarlo; e non certo per irriverenza: semmai, per timore dinanzi alla sua grandezza ».
L’Anno Paolino nel magistero del Papa Circa l’insegnamento di Papa Benedetto sull’Apostolo Paolo abbiamo più volte ricordato quest’anno su « Il Cooperatore Paolino » il ciclo di Catechesi tenute nelle Udienze generali del Mercoledì, dove il Papa si è soffermato su vari aspetti della figura e della dottrina di San Paolo. Ricordiamo ad esempio: la sua relazione con il Gesù storico, la conformità del « Vangelo di Paolo » con l’insegnamento dei Dodici, l’importanza della Cristologia paolina: preesistenza e incarnazione, la teologia della Croce, l’attesa della parusia di Gesù e l’impegno in questo mondo nelle Lettere paoline, la dimensione ecclesiologica del pensiero di Paolo, il culto spirituale in San Paolo, la vera libertà cristiana secondo Paolo, l’Apostolo Paolo modello di evangelizzazione, Paolo e le caratteristiche dell’apostolato, Paolo esempio per i consacrati di tutto il mondo, la straordinaria eredità spirituale dell’Apostolo Paolo, ecc. Una vera e completa antologia esegetico-teologica che ha educato i fedeli per tutto l’Anno Paolino ad avvicinarsi a Paolo, approfondendo l’eccezionale figura e l’insegnamento del « Maestro delle genti » di ogni tempo. Ricapitolando il senso dell’Anno Paolino celebrato, ci dobbiamo comunque rifare al magistero di Papa Benedetto XVI che, fin dall’apertura dello straordinario evento dell’Anno da lui dedicato all’Apostolo Paolo, disse nella Basilica romana di San Paolo fuori le Mura: « (San Paolo) non è una storia passata, irrevocabilmente superata, ma vuole parlare con noi oggi. Per questo ho voluto indire questo speciale ‘Anno Paolino’: per ascoltarlo e per apprendere ora da lui, quale nostro maestro, ‘la fede e la verità, in cui sono radicate le ragioni dell’unità tra i discepoli di Cristo ». Riflettere sul « maestro delle genti » – ha affermato allora il Sommo Pontefice – apre lo sguardo « al futuro, verso tutti i popoli e tutte le generazioni. Paolo non è per noi una figura del passato, che ricordiamo con venerazione. Egli è anche il nostro maestro, apostolo e banditore di Gesù Cristo anche per noi ».
Tre aspetti da considerare Benedetto XVI invitava quindi a considerare tre aspetti della vita dell’Apostolo: a) il suo amore per Cristo e il suo coraggio al momento di predicare il Vangelo; b) la sua esperienza dell’unità della Chiesa con Gesù Cristo; c) la consapevolezza che la sofferenza è indissolubilmente unita all’evangelizzazione. Quanto al primo aspetto, il Papa ha riflettuto sulla confessione di fede contenuta nella lettera ai Galati, in cui Paolo mostra che « la sua fede è l’esperienza di essere amato da Gesù Cristo in modo tutto personale; è la coscienza del fatto che Cristo ha affrontato la morte non per un qualcosa di anonimo, ma per amore di lui di Paolo e che, come Risorto, lo ama tuttora ». Per questo, « la fede dell’Apostolo non è una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo. La sua fede è l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore ». E questa esperienza lo spingeva attraverso le difficoltà, perché ciò che « lo motivava nel più profondo » era « l’essere amato da Gesù Cristo e il desiderio di trasmettere ad altri questo amore. Paolo era un uomo colpito da un grande amore, e tutto il suo operare e soffrire si spiega solo a partire da questo centro ». Papa Benedetto ha commentato, nella circostanza, anche la manifestazione di Cristo sulla via di Damasco, e l’espressione rivolta a Saulo dal Signore che gli è apparso: « Io sono Gesù che tu perseguiti ». « Perseguitando la Chiesa – osservava Benedetto XVI – Paolo perseguita lo stesso Gesù: ‘Tu perseguiti me!’. Gesù si identifica con la Chiesa in un solo soggetto. In questa esclamazione del Risorto, che trasformò la vita di Saulo, in fondo ormai è contenuta l’intera dottrina sulla Chiesa come Corpo di Cristo ». Perciò, « la Chiesa non è un’associazione che vuole promuovere una certa causa » – ha aggiunto il Papa –; ed è questa la dottrina che Paolo trasmette nelle sue Lettere (…) ». Benedetto XVI ha quindi riflettuto sul senso della sofferenza per l’Apostolo attraverso la Lettera a Timoteo. « L’incarico dell’annuncio e la chiamata alla sofferenza per Cristo vanno inscindibilmente insieme. La chiamata a diventare il « maestro delle genti » è al contempo e intrinsecamente una chiamata alla sofferenza nella comunione con Cristo, che ci ha redenti mediante la sua Passione (…) ». Sono pensieri tanto semplici quanto profondi che ci danno tutto intero il senso della grandezza dell’Apostolo delle genti e dell’importanza unica del suo insegnamento nella storia della Chiesa.
Paolo modello di comunicazione Come Paolini, non possiamo fare a meno di auspicare che la figura dell’Apostolo Paolo sia davvero riconosciuta, da ora in avanti, sempre più come quella del modello di comunicazione, lui che – come è stato detto – se fosse vissuto ai nostri giorni avrebbe sicuramente fatto il giornalista. Riportiamo in merito alcuni pensieri del giornalista e conduttore televisivo, Francesco Giorgino, apparsi sul numero del Maggio scorso della rivista « Paulus », ultima e più significativa espressione dell’impegno dei figli di Don Alberione per far conoscere al grande pubblico la figura del nostro Padre e Protettore. Giorgino, riflettendo sui modelli di trasmissione della fede utilizzati da Paolo, scrive fra l’altro: « L’attualità del messaggio di Paolo sta, anzitutto, nella natura stessa della sua esperienza di fede, nella volontà e nel coraggio che questo grande uomo di comunicazione dimostra fin dall’inizio del suo cammino di fede, scegliendo un Cristianesimo non relegato nel buio del privato né cupamente ripiegato su se stesso, ma capace di guadagnarsi la luminosità del pubblico. Un Cristianesimo in grado di osservare il contesto circostante per misurarsi realmente con esso, fino al punto di correggerne i tratti più a rischio di distorsione o più insidiosi per la dignità della persona umana (…) ». Sviluppa poi un ragionamento molto pertinente: « L’attualità del messaggio di Paolo nell’ambito più specifico della comunicazione sta nel voler essere portatori non di « una » parola, ma della Parola. Tutta la sua esistenza, del resto, è piegata a un solo imperativo: « Guai a me se non predicassi il Vangelo (…). Mi sono fatto tutto a tutti, per guadagnare a ogni costo qualcuno » (1Cor 9,16.22). In San Paolo tutto è posto al servizio del Vangelo. La sua comunicazione è soprattutto una partecipazione che nasce dall’ardore della testimonianza. Evangelizza con tutti gli strumenti messi dall’uomo a disposizione di se stesso per produrre una significazione della realtà coerente. Perché si sviluppi al meglio questo processo che è l’evangelizzazione (specie se praticato con la sequenzialità propria dell’agire comunicativo) c’è bisogno non solo che si stabilisca bene l’estensione della portata del messaggio, ma che si conosca di più e meglio il ricevente. Com’è possibile, altrimenti, fare del bene a chi non si conosce? Ecco, dunque, un altro importante elemento di attualità del messaggio paolino. Viviamo in un’era in cui il mass comunication viene messo a dura prova dalla tendenza sempre più marcata a privilegiare la cosiddetta personal comunication. L’unidirezionalità del modello lineare di comunicazione (nato contestualmente alla fase dei cosiddetti media power nella comunicazione di massa) lascia il passo alla bidirezionalità (…). Paolo è emittente perché apostolo di Cristo. Il messaggio è il Vangelo. Il destinatario è già compreso nell’incarico dell’enunciatore e nella definizione del contenuto da trasmettere. Insomma, il ricevente di questo processo non è solo la fase terminale (se si considera l’unidirezionalità del modello) o la ripartenza (se si considera la bidirezionalità della dinamica comunicativa), ma è la sua ragion d’essere ».
Evangelizzare la cultura E legando il tema della comunicazione a quello della cultura, Giorgino deduce quanto segue: « Torna in mente una vecchia domanda di T.S. Eliot, rilanciata da Kapuscinsky: « Abbiamo l’informazione, abbiamo la comunicazione, ma dov’è la conoscenza? ». Ecco che cosa si garantisce quando si asseconda l’approccio della comunicazione così come indicatoci dalla predicazione paolina e di chi ne ha seguito nei secoli le orme: si garantisce la conoscenza della verità. La nuova evangelizzazione, che trae fondamento dall’attualità del messaggio paolino, si colloca con forza in questo rinnovato e urgente bisogno di acquisizione della verità. La nostra identità, frutto della nostra tradizione e capacità di « protenderci in avanti », non può compiersi senza un governo a pieno dei linguaggi della comunicazione ». E conclude con una riflessione che potrebbe segnare davvero – almeno per noi Paolini – un rinnovato e più forte impegno nell’ambito del nostro carisma di apostoli dell’evangelizzazione attraverso i mass media: « Mi sono sempre chiesto se i media –i news media, soprattutto – siano o no dei luoghi teologici, come direbbe Von Balthasar. Non è facile rispondere a questa domanda. Dire se i mezzi di comunicazione parlino di Dio, significa riflettere sulla loro disponibilità a non essere soltanto un mix di tecnologie, ma anche e soprattutto un insieme di processi culturali capaci di modellare profondamente i comportamenti individuali e collettivi (…). Innanzi a noi vi sono sfide enormi, tutte connesse all’esigenza di contrastare quella deriva nichilista, specie di matrice occidentale, che Benedetto XVI – il Papa della circolarità ermeneutica tra fede e ragione – chiama « apostasia silenziosa » e che il card. Angelo Bagnasco definisce « anestesia degli spiriti ». Nell’arco di pochi decenni siamo passati dalla necessità di evangelizzare la cultura, secondo la formula di Paolo VI, all’urgenza di riportare la cultura all’interno dell’esperienza di fede. Ciò con l’intento di rendere i credenti più consapevoli della tradizione alla quale appartengono, del depositum fidei – per dirla con San Paolo – che la millenaria tradizione cristiana consegna all’uomo di oggi. Occorrono umiltà, chiarezza, precisione, semplicità e coraggio. Ecco, soprattutto coraggio, come l’Apostolo dice senza mezzi termini nella Lettera ai Tessalonicesi. Anche da questo punto di vista rappresenta un esempio imprescindibile. Un paradigma di evangelizzazione della modernità al quale non si può e non si deve rinunciare. Dio solo sa di quanto coraggio abbiamo bisogno oggi ».
Bruno Simonetto

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