L’ICONOGRAFIA DI PAOLO
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L’ICONOGRAFIA DI PAOLO
(ci sono alcune immagini, sono piccole ed è meglio che – se volete – le guardate dal sito)
Questa voce è stata pubblicata il 16 febbraio, 2010, in Progetto EC. – di E. Josi e E. Battisti
L’articolo è tratto dalla voce «Paolo apostolo», in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano 1948-1954, vol. I, coll. 720-724.
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1. L’ICONOGRAFIA ANTICA
L’iconografia antica cristiana ha rappresentato per lo più s. Paolo insieme con Pietro, il principe degli apostoli; il suo tipo è costante dal secolo IV, con fronte alta, naso aquilino, viso allungato, barba a punta e scura nella pittura, come lo descrive Niceforo. Il medaglione vaticano edito dal Boldetti, in cui il suo busto è insieme con quello di s. Pietro, è un vero e proprio falso del sec. XVI-XVII, accertato in seguito all’esame chimico eseguito nel gabinetto scientifico dei Musei Vaticani (E. Romagnoli, in Conferenza della Società dei Cultori dell’archeologia cristiana, in Riv. Arch. Crist., 21 [1944-1945], p. 323).
Insieme con s. Pietro o con gli altri apostoli appare in affreschi del sec. IV dei cimiteri cristiani di Roma, come in Domitilla [Fig. 1] (G. Wilpert, Le pitture delle catacombe romane, Roma 1903, tavv. 153, 2; 154, 1; 155, 2; 181, 2; 182; 248), in Pretestato (tav. 251), nel cimitero detto di Marco e Marcelliano (tav. 249, 1). Paolo è ritratto anche nel cimitero detto di S. Gennaro a Napoli, con s. Lorenzo che gli porge la corona (H. Achelis, Die Katakomben von Neapolis, Lipsia 1936, tav. 41, pp. 48 e 70).
I sarcofagi cristiani hanno rappresentato specialmente la scena del suo martirio, sia a Roma (Museo del Laterano, S. Sebastiano) che nella Gallia (ad esempio, a Marsiglia, nel Museo Borely); il migliore esemplare di questi scena è nel sarcofago di Giunio Basso [Fig. 2], rinvenuto presso la confessione di S. Pietro in Vaticano, ora nelle Grotte Vaticane; l’Apostolo fa pendant a s. Pietro nei sarcofagi in cui è rappresentata la traditio legis, che ricorre pure in un affresco del cimitero ad decimum della Via Latina, da G. Wilpert datato alla fine del secolo IV (Die römischen Mosaiken und Malereien der kirchlichen Bauten vom 4. bis zum 13. Jahrhundert, Freiburg im Breisgau 1916, tav. 132), e in una lastra marmorea graffita proveniente da Roma, ora in Anagni, presso la chiesa dei SS. Cosma e Damiano.
Secondo G. Wilpert, Paolo e Pietro sarebbero effigiati davanti a Nerone in un sarcofago spagnolo rinvenuto presso Almería (I Sarcofagi cristiani antichi, Roma 1932, p. 167 e tav. 151, 2). Nei sarcofagi ravennati i due principi degli apostoli si appressano al Redentore portando sul capo una corona. In un frammento di copertura di sarcofago [Fig. 3], rinvenuto nel 1897 nella basilica di S. Valentino sulla Via Flaminia, un uomo barbato dal nome PAULUS inciso accanto tiene il timone e governa l’albero della nave sul cui fianco è scritto THECLA. O. Marucchi vi ha veduto un’allusione alle leggendarie relazioni tra Tecla e s. Paolo (in M. Simon, L’apôtre Paul dans le symbolisme funéraire chrétien, in Mélanges d’archéologie et d’histoire, 50 [1933], pp. 156-182]).
G. Wilpert pubblicò un Frammento di una lapide cimiteriale con il busto di s. Paolo (metà del sec. IV) trovato nel cimitero di S. Agnese (in N. Bull. Arch. Crist., 7 [1901], pp. 257-258 e tav. 9): vi è scritto invece il nome «Petrus»; esso richiama altri tipi simili nel Laterano, come l’epitaffio di Asellus (O. Marucchi, Monumenti del Museo cristiano lateranense, Milano 1910, tav. 57, p. 42) e doveva contenere anche il busto di s. Pietro.
In vetri dorati figura con il solito tipo iconografico o insieme con Pietro soltanto, come in esempi romani nel Museo sacro della Biblioteca Vaticana [Fig. 4] (R. Garrucci, Vetri ornati di figure in oro trovate nei cimiteri dei cristiani primitivi di Roma, Roma 1857, tav. 10, nn. 2, 4, 5, tav. 12, nn. 3-6) e in uno di Regensburg (E. Ebner, Altchristliche Denkmate Regensburg’s, in Romische Quartalschrift, 1 [1892], p. 158 e tav. 9); oppure è solo, come in vetri romani (Garrucci, op. cit., tav. 14, nn. 5-6); a Colonia (H. Vopel, Die altchristlichen Goldgläser, Friburgo in Br. 1900, p. 116); o con figure anepigrafi agli angoli (ibid., tav. 25, 7).
Si trova poi con Gesù Cristo che pone una corona sul capo suo e su quello di s. Pietro (J. E. Liebersdorf, Christus und Apostelbilder, Lipsia 1902, p. 75, fig. 34), insieme con Pietro e Maria (Garrucci, op. cit., tav. 9, n. 6-7), con Pietro e Lorenzo (ibid., tav. 20, 7), con Pietro e Agnese (ibid., tav. 21, n. 1, 4), con Pietro, Sisto e Damaso (ibid., tav. 23, 1), con Pietro, Luca, Giulio, Sisto (ibid., tav. 17, 5). In una lampada di terracotta, ora a Colonia, ma rinvenuta ad Akhmin, con i due principi degli apostoli, Paolo ha il nimbo crucigero e stringe la spada (R. Forrer, Die frühchristlichen Alterthümer aus dem Gräberfelde von Achmin Panopolis, Strasburgo 1893, p. 6 e tav. 5, 2).
Nei musaici Paolo appare in tutte le scene della traditio legis a Pietro, così nel mausoleo di S. Costanza a Roma [Fig. 5] (Wilpert, Mosaiken, tav. 4); della sua figura resta solo la parte inferiore nel musaico del battistero di Napoli (ibid., tav. 32); nell’abside della Basilica Vaticana (ibid., pp. 361-363 e fig. 114). Del pari è insieme con Pietro ai lati del trono, nell’arco trionfale di S. Maria Maggiore, come lo sarà più tardi nella cappella di S. Zenone in S. Prassede.
Nella scena della traditio clavium, sul sepolcro del martire Adautto nel cimitero di Commodilla, l’Apostolo si appressa al Signore assiso sul globo con i suoi volumi delle Epistole (Enc. Catt., vol. IV, coll. 63-64). Sempre insieme con s. Pietro, Paolo appare quale protettore o advocatus per accogliere i defunti nella felicità eterna.
In avori si hanno tre scene della sua vita in un dittico del secolo V al Museo del Bargello a Firenze (Venturi, vol. I, fig. 385); in un altro dittico a Rouen (H. Leclercq, Diptyques, in DACL, IV, 1, p. 1149, fig. 3770), in un terzo a Tongres (ibid., p. 1153, fig. 3772).
La conversione di s. Paolo era effigiata in una basilica della Spagna, verosimilmente in Saragozza; se ne conosce il distico illustrativo di Prudenzio (Dyttochaeum, n. 48). Secondo G.B. De Rossi il martino di s. Paolo era rappresentato nella basilica di S. Pietro in Vincoli, dato il distico ivi trascritto: «Laetus procubuit Paulus cervice secanda, cui caput est Christus despicit ipse suum» (Inscriptiones christianae Urbis Romae, vol. II, Roma 1888, p. 110, n. 68).
2. L’iconografia medievale e moderna
L’episodio della vita dell’Apostolo destinato ad avere la più larga fortuna è certamente quello della sua conversione. Ad essa è dedicato l’intero f. 82 del manoscritto di Cosma Indicopleuste, del secolo VII, alla Biblioteca Vaticana [immagine in alto]; ed il racconto si svolge in quattro momenti diversi: Paolo lascia Gerusalemme (quest’ultima rappresentata nell’angolo sinistro del foglio); alla Rivelazione divina il Santo si prostra a terra; a destra, sotto le mura di Damasco, conversa con Anania, istruendosi nella dottrina cristiana; conclude il ciclo, al centro, l’immagine in gloria dell’Apostolo, che regge l’evangeliario. Il manoscritto di Cosma Indicopleuste è anche da considerarsi il prototipo dei cicli dedicati alla storia dell’Apostolo, che fioriranno in età romanica, ma già diffusi in età carolingia, come attestano le raffigurazioni della bellissima Bibbia dell’abbazia di S. Paolo a Roma.
Nell’arte bizantina, e in quelle manifestazioni da essa influenzate, il Santo è per lo più rappresentato con s. Pietro e con gli altri apostoli: così, ad esempio, in un rilievo della chiesa di Etschmiadzin, nei mosaici delle basiliche romane di S. Cecilia e di S. Prassede (817-824), negli affreschi di S. Martino ai Monti, di S. Clemente (sec. IX), di S. Maria in Via Lata, di S. Pellegrino in Naumachia (sec. X), i quali, nella stessa Roma, avevano avuto precedenti paleocristiani nei mosaici di S. Costanza, dei SS. Cosma e Damiano, di S. Lorenzo e S. Teodoro (sec. VI) e in affreschi di S. Maria Antiqua (sec. VIII).
Fuori Roma si trovano raffigurazioni analoghe in S. Elia a Nepi, in S. Silvestro a Tivoli, in S. Pietro a Tuscania (sec. XI), nel S. Pietro a Civate (sec. XII), in S. Maria infra portas a Foligno, in una serie quasi innumerevole di opere, che arriva fino al ciclo dei mosaici di Monreale [Fig. 6], ai pittori toscani del ’200, agli affreschi di S. Bevignate a Perugia, nella cappella di S. Silvestro ai SS. Quattro Coronati [Fig. 7] (Wilpert, Mosaiken, tav. 268), ai SS. Giovanni e Paolo (ibid., tav. 270, 2); scene della leggenda di Pudente sono in una cappella in S. Pudenziana (ibid., tav. 262, 2) e negli affreschi di S. Francesca Romana a Roma, del S. Speco a Subiaco, della cattedrale d’Anagni, ecc., ormai in piena età romanica.
Singolare è la scena di s. Paolo che accompagna le varie classi di defunti, sacerdoti, monaci, ricchi, plebei al giudizio, nella tavola della fine del secolo XI nella Pinacoteca Vaticana (D. Redig De Campos, in Rendiconti Pont. Accad. Rom. di Archeol., 11 [1935], p. 139 sgg.). Il suo martirio è rappresentato nel celebre trittico giottesco del card. Stefaneschi nella Pinacoteca Vaticana.
Dalla fine del Duecento a tutto il Trecento, le rappresentazioni dell’Apostolo si moltiplicano: dagli affreschi di Cimabue ad Assisi [Fig. 8], alla scultura di Arnolfo di Cambio nel ciborio di S. Paolo, dal Torriti, dal Rusuti, dal Cavallini a Duccio, a Simone Martini, a Lippo Memmi, ad Ambrogio Lorenzetti, a Taddeo Gaddi, a Bernardo Daddi, è tutta una fioritura artistica che, realizzandosi in tavole, giunge non di rado a sommi capolavori, mentre anche l’iconografia si modifica a partire dal secolo XIII, e compare la spada, simbolo del martirio.
Fuori d’Italia, si ricordano una statua del Museo di Tolosa, una tavola del Museo di S. Paolo a Worms (del sec. XIII), e rilievi a Tournai, ad Aquisgrana, e altrove. Decapitato, sorreggentesi la testa fra le mani, compare in un martirologio della Biblioteca di Stoccarda.
3. I cicli di san Paolo
Il più importante ciclo dedicato alla storia del Santo si trovava, come è naturale, nella Basilica sorta sulla sua tomba, ed era stato eseguito dal Cavallini, tra il 1280 ed il 1292, in due ripiani sovrapposti della navata di sinistra, purtroppo andati irrimediabilmente perduti nell’incendio del 1823 e nei restauri ad esso conseguenti, e sostituiti da 38 affreschi ottocenteschi. Nello stesso incendio vennero danneggiati i musaici dell’arco trionfale, mentre si salvò in un andito d’accesso alla sagrestia l’affresco di Antoniazzo Romano, in cui appare l’Apostolo, con il libro aperto e la lunga spada.
Parimenti distrutti nei rifacimenti edilizi del Cinquecento furono gli altri affreschi con la vita di s. Paolo nella Basilica Vaticana: eseguiti sotto papa Liberio, furono restaurati da papa Gregorio IV e da Formoso (891-894) e ridipinti, secondo il Vasari, alla fine del Duecento e nel Trecento, dal Cavallini e da Giotto.
Si sono invece conservati intatti i riquadri del grande ciclo musivo di Monreale, con i seguenti episodi: spedizione a Damasco, conversione, accecamento presso le porte della città, colloquio con Anania, Battesimo, disputa con i Giudei, fuga da Damasco, consegna delle lettere di Timoteo, incontro a Roma con s. Pietro, decapitazione.
Il Cinquecento, oltre a numerose raffigurazioni di singoli episodi, offre il ciclo, dovuto a Raffaello, nei celebri arazzi ora nella Pinacoteca Vaticana con la Conversione di s. Paolo, l’Accecamento di Elymas, il Sacrificio in Lystra, la Predica sull’Areopago [immagine in alto] e la Prigionia.
Anche Holbein il Vecchio diede una complessa rappresentazione di più episodi, secondo la leggenda di Jacopo da Varazze, nella tavola ora nella Galleria di Augusta, del 1504. In essa sono le scene della Conversione, del Battesimo, della Prigionia, della Consegna delle lettere, della Predica (cui assiste Thecla), dell’Incontro con s. Pietro, della Decapitazione, del Miracolo delle tre sorgenti e del Ritrovamento del capo dell’Apostolo, raffigurate secondo i modi fiamminghi della narrazione continuata. Il Forment, nell’altare di S. Paolo in Saragozza (1516-1524), presenta otto scene, delle quali alcune erano rare iconograficamente (Risurrezione di un giovane caduto dalla finestra, Preghiera tra due leoni e due orsi, Giudizio davanti a Nerone).
Ma nell’età moderna sono soprattutto diffuse le rappresentazioni di singoli episodi. La prigionia del Santo, ad esempio, affrescata da Michelangelo nella Cappella Paolina [Fig. 9]: poi due quadri del Rubens (nel Kaiser Friedrich Museum di Berlino e nella Pinacoteca di Monaco) e una incisione del Dürer. La conversione, fra l’altro, è nella tela del Caravaggio in S. Maria del Popolo. L’Apostolo compare inoltre nella Disputa del Sacramento di Raffaello nella Camera della Segnatura, in Vaticano.
Nel rifacimento della Basilica Ostiense l’iconografia dell’Apostolo si è arricchita di varie rappresentazioni plastiche che si sono affiancate alla statua lignea del sec. XIII venerata dai pellegrini che ne asportarono schegge. Di esse si ricordano la gigantesca opera del Revelli e quella per l’altare del Santo, del Tenerani.
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Questa voce fa parte del Progetto Enciclopedia Cattolica.

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