25 SETTEMBRE: SAN SERGIO DI RADONEZ
http://www.orthodoxworld.ru/it/sviatye/1/index.htm
(forse una traduzione, l’italiano non mi sembra la lingua originale)
25 SETTEMBRE: SAN SERGIO DI RADONEZ
ROSTOV, 1314 C. – MONASTERO DELLA TRINITÀ, SERGHIEV POSAD, 25 SETTEMBRE 1392
Venerato Sergio di Radonež. XX s. Al giovane Bartolomeo, secondo di tre figli di Cirillo, un boiardo di Rostov, non andava bene lo studio. I maestri lo rimproveravano, gli amici lo stuzzicavano. Un giorno, cercando per campi i puledri che si sono sparsi, Bartolomeo ha incontrato uno sconosciuto starez – prete. Lo starez, avendo conosciuto come il fanciullo è rattristato per gli insuccessi nello studio, lo ha consolato e gli ha dato a mangiare un pezzetino della prosfora – pane benedetto, usato durante la comunione. Il prete accompagnò Bartolomeo a casa, è rimasto per il pranzo, e prima di mangiare ha ordinato al fanciullo di leggere a voce alta i Salmi. Bartolomeo, spaventato, si è rifiutato all’inizio – lui non sapeva leggere bene – però lo starez insisteva. E all’improvviso il bambino ha visto, come le lettere componevano delle parole sensate, e ha iniziato a pronunziarli correttemente. Congedandosi dai genitori del bambino, Cirillo e Maria, lo starez ha detto: « Il vostro figlio sarà grande davanti a Dio! ». Nessuno, dopo, ha mai incontrato questo prete… Così racconta la biografia di s. Sergio di Radonež, Bartolomeo per il mondo, di uno dei primi miracoli, successi nella sua vita.
Da Rostov, spaccato dalle discordie interiori, la famiglia di Bartolomeo è scappata a Radonež. Essendo cresciuto, Bartolomeo ha cominciato a sognare di diventare monaco. Però non poteva lasciare i genitori senza sostegno – i suoi due fratelli hanno lasciato da molto la famiglia. Soltanto dopo la morte dei genitori nel 1337, lui e il suo fratello Stefano, già monaco, si sono appartati nei boschi selvaggi. Hanno deciso di sarcificare della loro vita alla vita solitaria ascetica. Non avendo sopportato le difficoltà della vita nei boschi impenetrabili, Stefano è ritornato a Mosca, nel monastero, invece il 23enne Bartolomeo fu accolto ai monaci con il rito della tonsura fatto da un certo igumeno Mitrofan, nel 1342, ed ha preso il nome di Sergio.
In poco tempo si è sparsa dappertutto la fama di azioni eroiche di un giovane frate asceta che viveva nel bosco con le fiere e addirittura nutriva dalla mano l’orso. I pellegrini hanno cominciato a venire da lui per ricevere un consiglio oppure aiuto. Alcuni si decidevano di diventare frate, costruivano attorno delle celle-tende e cominciavano a vivere in esse. Anche s. Sergio li aiutava nella costruzione, spaccava la legna, preparava il cibo per i fratelli. Poco a poco si formava la comunità monacale, i membri della quale hanno convinto s. Sergio di diventare loro superiore. Nel 1354 il vescovo di Volyn’ Epifanio ha ordinato Sergio come sacerdote.
San Sergio di Radonež con scene della vita. Icona del XVI s. Il monastero di venerato Sergio, dedicato alla Santissima Trinità, per molto tempo era così povero, che addirittura i vasi sacri erano di legno, e invece delle candele e lampade, nella chiesa bruciavano sverze. I monaci non avevano nè pergamene nè carta, per cui le preghiere e i testi liturgici si scrivevano sulla corteccia di betulla. I monaci avevano un giardino, però esso non bastava neanche per nutrirsi poveramente. Non di meno, il Venerato non permetteva chiedere elemosina.
La biografia del santo ci dice che una volta i monaci, portati all’estremo dalla fame, erano già pronti a lasciare il monastero. S. Sergio ha cominciato a esortarli e in questo stesso momento è arrivato alla certosa un carro con dei prodotti, donati da un benefattore sconosciuto come sacrificio per i frati. Nelle relazioni con i monaci, il santo era mite e esigente. Anche quando è diventato igumeno, ha continuato a lavorare a favore dei fratelli: costruiva celle, cuoceva il pane, portava l’acqua. Però quando s. Sergio ha cominciato ha introdurre nel convento un nuovo statuto di vita, sono apparsi gli scontenti. Prima i monaci vivevano nelle loro celle da soli e si radunavano soltanto per i servizi liturgici; però secondo i nuovi statuti, prestati dal Bisanzio, si introducevano una divisione precisa dei compiti e una disciplina dentro il convento. La sua scontentezza riguardo s. Sergio esprimeva anche il suo fratello Stefano: era ritornato nella certosa come igumeno e pretendeva di avere la meglio di lui. Una volta durante la liturgia divian Stefano ha cominciato a richiamare i monaci a voce alta, non essendo per niente imbarazzato dalla presenza del suo fratello. Nella stessa sera s. Sergio, che non voleva rivalità con il fratello maggiore, ha lasciato nel segreto la certosa e se ne andò al fiume Kirzac’.
Riavutisi i frati, si sono precipitati nella ricerca dell’amato superiore e, avendolo trovato, hanno cominciato a spostare le loro celle per vivere con lui. Il monastero della Trinità, Datore di Vita, ha cominciato a svuotarsi. Il santo ci è tornato soltanto dopo quattro anni, alla richiesta del metropolita di Mosca, Aleksiej.
Ancora durante la vita del venerato Serghiej, attorno alla certosa, nel luogo dei boschi addormenati, si sono sparsi diversi paesini e campi arati. Il monastero è diventato più accessibile per i pelegrini, ci venivano sia gente semplice, sia i principi. Per tutti s. Sergio trovava una buona parola, un buon consiglio. Un discepolo del Venerato, frate Epifanio, ha scritto la sua biografia, testimoniando alcuni miracoli. Così, una volta d’inverno, un campesino, il figlio del quale si era ammalato gravemente, ha portato il bambino sulle braccia al venerato, però questo è morto durante il cammino. Il campesino esaurito ha lasciato il corpicino davanti alla porta della certosa ed è tornato a casa per preparare le cose necessarie per i funerali. Quando è tornato al convento per prendere il corpo, ha trovato suo figlio vivo, nella cella con il Venerato. Il Santo ha proibito severamente al campesino di raccontare questo miracolo, non trovando in esso nessun merito, però nascondere ai confrati quello che è successo non era possibile. La fama di S. Sergio, operatore dei miracoli, si rinforzava molte volte con le seguenti guarigioni di ammalati gravi oppure degli indemoniati.
Nel 1390, non lontano dalla certosa passava un altro grande santo russo, il vescovo Stefano di Perm’, l’illuminatore dei comiziriani, autore della traduzione nella lingua di questo popolo di molti testi liturgici e di una parte della Sacra Scrittura. Il Santo non aveva tempo per venire a visitare la certosa, però ha ordinato di fermare la slitta, è sceso da essa ed ha cominciato a pregare, mandando pensieri di affetto al venerato Sergio: « La pace a te, mio fratello spirituale! ». Nel monastero in questo tempo aveva luogo la cena. All’improvviso, durante questa cena, s. Sergio si è alzato, ha fatto inchino e ha proclamato: « Salve, rallegrati anche tu, pastore del gregge di Cristo, e la pace di Dio rimanga con te! ». Il Venerato ha spiegato ai fratelli sbalorditi che salutava s. Stefano, che stava passando accanto. Alcuni dei monaci si sono precipitati fuori della certosa e hanno ancora trovato la gente che accompagnava il Santo.
Più che per altre cose, San Sergio era rattristato dal peccato della divisione tra gli uomini e pregava la Santissima Trinità di poter vincere tale peccato. Il Santo insisteva anzittutto nel riconciliare i principi indipendenti, che erano mortali nemici l’un dell’altro. Nella lotta per il potere e le terre, non risparmiavano sanque dei connazionali, continuamente cercavano di trovare alleati nelle lame dei tatari, portando orda contro i suoi rivali. Il Santo ha visto nel principato di Mosca che stava nascendo una forza che era capace di unire la Rus’ e diventare un appoggio per la Chiesa Russa. Ammirava questo il metropolita di Mosca Aleksiej, che dava a volte a San Sergio degli ordini importanti.
La tradizione dice che proprio dal venerato Sergio è andato nel 1380, prima della lotta di Kulikov, il gran principe Dmitrij Ivanovic’. Il Venerato gli ha dato la sua benedizione e ha lasciato andare con il principe due frati – Aleksander (Peresviet per il mondo) e Andriej (Osliabia). Il Venerato ha prevvisto il culmine della vita terrena di questo due ex-campioni guerrieri nella morte nel campo di lotta per la fede e per il popolo. Durante la battaglia il Santo pregava: rivolgendosi a Dio, chiamava per nome ogni soldato del principe che veniva spazzato dalla morte in dato momento della lotta dall’arma del nemico lì, lontano dal monastero, tra i fiumi del Niepravda e Don.
Il venerato Sergio non ha lasciato nesunno scritto. Della sua vita e delle sue opere abbiamo notizie soprattutto grazie agli scritti del frate Epifanio, e grazie agli altri annuali. Però la memoria di lui nella Chiesa russa è molto viva: fino ad oggi rimane il più amato santo russo. Le sue reliquie si preservano nella Laura della Trinità Divina di San Sergio, vicino a Mosca, città di Serghiev Possad. Centinaia e migliaia delle persone vengono ogni anno per venerare il Santo e per chiedere il suo aiuto.
La memoria del venerato Sergio di Radonež, operatore dei miracoli, si celebra il 5 (18) di settembre, e ancora il 25 settembre (8 ottobre) nel giorno della morte del gran santo.

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