21 SETTEMBRE SAN MATTEO APOSTOLO – IL VANGELO DI SAN MATTEO

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21 SETTEMBRE SAN MATTEO APOSTOLO

IL VANGELO DI SAN MATTEO

AUTORE, DATA E LUOGO DI COMPOSIZIONE
Il Vangelo secondo Matteo è scritto in greco. Il testo non dice nulla a proposito dell’autore, ma il nome di Matteo compare nel racconto della chiamata di un funzionario che riscuoteva le imposte a Cafàrnao (9,9-13) e nell’elenco dei dodici apostoli, dove è accompagnato dal soprannome «il pubblicano». (10,3).
Un vescovo del II secolo (Papia) e altri dopo di lui hanno affermato che l’apostolo Matteo ha scritto in lingua «ebraica», cioè nell’aramaico parlato ai tempi di Gesù, un testo che potremmo chiamare un «Vangelo».
Dopo aver analizzato con molta precisione le caratteristiche letterarie del Vangelo di Matteo nel testo che è arrivato fino a noi, gli studiosi sono attualmente propensi a credere che quello di Marco sia più antico.
Nel Vangelo secondo Matteo troviamo alcune allusioni alla distruzione di Gerusalemme come a un fatto già avvenuto (22,7); vediamo inoltre riflettersi nelle sue pagine l’aspra lotta tra il giudaismo ortodosso dei farisei e la nascente chiesa cristiana. Possiamo concludere che è stato scritto non prima dell’anno 70 d.C., probabilmente intorno all’80.
Gli studiosi sono abbastanza concordi anche nel ritenere che sia stato redatto in Siria (Antiochia) o in Fenicia, due zone dove i cristiani provenivano in gran parte dal giudaismo. La cosa più importante comunque è sapere che il primo Vangelo, come tutti i libri della sacra Scrittura, è stato composto sotto la guida dell’ispirazione divina.

I DESTINATARI DEL PRIMO VANGELO
Se vogliamo conoscere meglio il volto della giovane chiesa a cui probabilmente è indirizzato il primo Vangelo dobbiamo soffermarci su tre sue caratteristiche:
I suoi membri sono cristiani provenienti dal giudaismo.
Prendono decisamente le distanze dalla dottrina ufficiale dei farisei.
Si sforzano di aprire progressivamente le porte ai pagani.
 CRISTIANI PROVENIENTI DAL GIUDAISMO
  Ebrei di razza, fino a poco tempo prima questi cristiani erano anche di religione giudaica. Sono riconoscibili nel Vangelo secondo Matteo situazioni, problemi, residui di tradizioni e preoccupazioni che rivelano un ambiente e un’origine giudaica. Molti particolari lo indicano chiaramente: la presenza di una genealogia dettagliata che risale fino ad, Abramo; l’importanza attribuita alla legge di Mosè e all’insegnamento dei dottori della legge; l’interesse per il mantenimento delle tradizioni degli antichi (preghiera, elemosina, digiuno); il rispetto per il sabato; l’aspirazione alla «giustizia» che apre le porte del regno tanto atteso.
È evidente tuttavia che i destinatari del Vangelo secondo Matteo non sono giudei, ma cristiani che hanno bisogno di una «catechesi» per consolidare la propria fede in Gesù, il Messia figlio di Davide. Essi sanno che la legge è stata portata a compimento dal Cristo. Non ignorano che la celebrazione del culto eucaristico esige una vita di perdono, di amore e di misericordia. Sanno che i responsabili della comunità e tutti i suoi membri hanno bisogno di essere continuamente stimolati a preoccuparsi con amore dei più piccoli e dei più deboli, a perdonare senza misura, a denunciare l’ipocrisia e a non lasciarsi trascinare dal desiderio degli onori umani. E poiché l’attesa della venuta del Signore si prolunga, sono minacciati dal pericolo della stanchezza. Di qui il pressante invito: vegliate, tenetevi pronti, perché non conoscete né il giorno né l’ora.
PRENDONO LE DISTANZE DALLA DOTTRINA UFFICIALE DEI FARISEI
L’autore del primo Vangelo ha compreso l’enorme pericolo che correrebbe la comunità cristiana se intendesse la legge del Cristo come i farisei intendono la legge di Mosè. L’insistente affermazione: « Ma io vi dico», contrapposta all’espressione: «Avete inteso che fu detto», mette davanti agli occhi dei discepoli la distanza tra l’antica e la nuova legge, che si può osservare soltanto con la grazia del Cristo e che trasforma il mondo e i rapporti fra gli uomini.
In molte pagine del primo Vangelo si avverte la contrapposizione al fariseismo. Certi farisei non hanno visto la luce che brillava in Gesù. Una parte del popolo si è lasciata trascinare al punto da prendere su di sé la responsabilità della condanna del Cristo («II suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli») (27,23-25). Il regno sarà tolto loro e sarà dato ad altri (21,43). Un primo segnale del castigo è la distruzione della città santa e del suo tempio (24,2). Nel giorno del giudizio costoro avranno una sorte più dura di quella degli abitanti di città come Sòdoma e Gomorra (10,15) o come Tiro e Sidone (11,22-24).
Notiamo tuttavia che le minacce non sono soltanto per i farisei, ma anche per i cristiani che non amano Dio. L’opposizione al fariseismo inoltre non è un invito alla vendetta e all’odio. Il richiamo all’amore per i nemici viene ricordato in maniera molto esplicita (5,44-47).
SI SFORZANO DI APRIRE PROGRESSIVAMENTE LE PORTE AI PAGANI
Si tratta di una preoccupazione reale, che in Marco e Luca emerge con molta maggior forza ma che è riconoscibile anche in Matteo. La comunità per cui scrive l’evangelista ha i suoi problemi sul piano dell’organizzazione, della vita morale, della preghiera e della pratica sacramentale, ma non tralascia per questo di sforzarsi di essere una comunità in cui possano trovare posto tutti gli uomini.
Il racconto dei magi (i primi adoratori del Messia) (2,1-12) e le ultime parole di Gesù risorto (che chiede ai suoi di portare l’annuncio evangelico a tutti i popoli) (28,19) inquadrano una serie di allusioni all’idea che la salvezza di Dio è per tutti: «Questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo» (24,14). «Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli» (8,11). Gesù infatti è « il servo che annunzierà la giustizia alle genti», come ricorda Matteo (12,18-21) citando il profeta Isaia (Is 42,1-4).

UNO SCRIBA DIVENUTO DISCEPOLO DEL REGNO DEI CIELI
L’autore del primo Vangelo redige il suo testo dando un’interpretazione nuova a tradizioni preesistenti. Cura attentamente il suo stile. È chiaro e preciso nelle sue espressioni. Usa un linguaggio raffinato. Non trascura i piccoli particolari e li inserisce armoniosamente all’interno dei blocchi dottrinali.
Nel Vangelo di Matteo troviamo espressioni e procedimenti letterari molto usati dagli ebrei della Palestina.
Fra le prime, le principali sono: «il regno dei cieli», «la Legge e i Profeti», «legare e sciogliere», «prendere sopra di sé il giogo».
Fra i secondi ricordiamo:
I raggruppamenti numerici, molto in uso presso i giudei. Hanno valore simbolico e rendono più facile imparare il testo a memoria. (Abbiamo ad esempio una serie di sette parabole. Sette sono anche le invettive contro i farisei e le domande del Padre nostro. I grandi discorsi sono cinque e le tentazioni tre).
ll parallelismo sinonimico o antitetico, cioè l’introduzione di formule parallele facili da ricordare («Avete inteso che fu detto… Ma io vi dico»).
La ripetizione di determinate espressioni («Guai a voi, scribi e farisei»; « Tu invece»; «Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà»).
Matteo è attratto, più degli altri evangelisti sinottici, dagli insegnamenti di Gesù maestro. Li raggruppa in cinque discorsi, lunghi, densi di contenuto e molto più completi di quelli riportati da Marco o da Luca nei rispettivi Vangeli:
Il cosiddetto discorso della montagna, che si apre con le « beatitudini» e costituisce una specie di dichiarazione programmatica o di grande annuncio del regno di Dio (5-7).
Il discorso ai missionari, che raccoglie i consigli dati da Gesù ai discepoli inviati a predicare il regno di Dio (10).
Le parabole del regno. Il regno è un mistero e non solo una legge nuova. Attraverso una serie di parabole Gesù ci rivela i misteri di Dio (13).
Il discorso ai responsabili della comunità, in cui si raccomanda vivamente la sollecitudine per i più piccoli, la fraternità e il perdono delle offese (18).
Il discorso sulla fine dei tempi, in cui risuona il pressante invito a vegliare in modo attivo e responsabile, dedicandosi al servizio dei più umili (24-25).
Matteo si rifà molto spesso all’Antico Testamento. Nel suo Vangelo è possibile rintracciare quarantatré riferimenti molto chiari. La formula introduttiva più usata è: «Perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta». L’Antico Testamento viene citato ad esempio per quanto riguarda:
il concepimento verginale di Gesù (1,22);
l’adorazione dei magi (2,5);
la fuga in Egitto (2,15);
la strage degli innocenti (2,17);
il ritorno di Gesù a Nàzaret (2,23);
la predicazione iniziale in Galilea (4,14);
l’insegnamento per mezzo di parabole (13,14.35);
la guarigione di indemoniati e di altri infermi (8,17;12,17);
l’ingresso trionfale in Gerusalemme (21,4);
la triste fine di Giuda (27,9).
In tutti questi casi l’evangelista afferma non solo che si compie ciò che era stato predetto, ma anche che il disegno di Dio raggiunge in Gesù la piena realizzazione prevista da Dio stesso.
 Le indicazioni geografiche del primo Vangelo sono vaghe e non permettono di ricostruire un itinerario preciso. Alcuni studiosi pensano che potrebbero anche avere un significato religioso.
Bambino, Gesù ritorna dall’Egitto e si stabilisce in Galilea. Proprio in questa regione, che aveva ben poco valore agli occhi degli abitanti di Gerusalemme, Gesù comincia a predicare il regno di Dio. Matteo vede in questo fatto la grande luce annunciata da Isaia per il popolo che camminava nelle tenebre (4,15-16).
Gesù risorto si manifesta ai discepoli in Galilea. Da questa terra disprezzata dai giudei la parola di Dio rimbalzerà in tutto il mondo: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni» (28,19). Tranne qualche rapida puntata in terra pagana, Gesù esce soltanto due volte dalla Galilea: la prima per essere battezzato da Giovanni sulla riva del fiume Giordano. Qui egli riceve e accetta la sua missione. Il Padre dichiara Gesù Figlio e Messia. Sullo sfondo si delinea la figura del servo sofferente preannunciato da Isaia (3,17).
Gesù esce una seconda volta dalla Galilea per andare a morire nella città santa. A Gerusalemme si consumerà il rifiuto del Cristo da parte dei capi e del popolo. Matteo segnala questo fatto riferendo nel suo Vangelo che alla morte di Gesù il velo del tempio si squarcia da cima a fondo (27,51).
«Vi precede in Galilea; là lo vedrete» (28,7). «Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato…, lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani… perché sia crocifisso…» (20,18-19). Galilea e Gerusalemme. Due luoghi e anche due simboli. La regione disprezzata si apre alla luce. La città santa si chiude e porta fino in fondo il rifiuto di Dio.

GESÙ È IL MESSIA ATTESO. LA CHIESA LO PROCLAMA SIGNORE

 Il Vangelo secondo Matteo è costruito su due idee chiave:
Gesù è il Messia atteso da Israele. Ma in seno al suo popolo questa verità non è stata riconosciuta.
Gesù fonda una nuova comunità e la chiama chiesa. È il nuovo Israele. Il suo capo è Pietro. Questa comunità è depositaria delle promesse di Dio e viene incaricata di annunciare a tutti i popoli il regno dei cieli.
Matteo vuol rivelare il mistero meraviglioso di Gesù. Per questo presenta il Cristo con nomi e titoli che sono molto significativi per i suoi ascoltatori giudeo-cristiani.
Gesù è il figlio di Abramo, il figlio di Davide, il re dei giudei. Secondo le antiche promesse, il Messia sarebbe venuto dalla stirpe di Abramo (Gn 12,2) e il suo regno avrebbe reso eterno il regno di Davide (2Sam 7,12).
Gesù è anche il Figlio dell’uomo. Questo misterioso personaggio del libro di Daniele riceve da Dio il potere divino di giudicare (Dn 7). Gesù riceverà questo potere il giorno della sua risurrezione. Di conseguenza è il titolo che Gesù preferisce, perché esprime velatamente la gloria che egli possiede come Figlio eterno del Padre e che lo attende come uomo.
Gesù è il servo sofferente che si carica della nostra miseria e versa il suo sangue per la remissione dei nostri peccati (Is 42,1 = Mt 12,18; Is 53,4 = Mt 8,17; Is 53,12 = Mt 26,28). Egli rivela così la misericordia di Dio verso tutti.
Il Cristo del Vangelo di Matteo si presenta rivestito di una maestà e di una dignità straordinaria. È il maestro per eccellenza, che vive in mezzo alla comunità. Insegna la nuova «giustizia» e interpreta la legge con autorità e in maniera definitiva. Non la sopprime, ma ne mette in luce l’essenza e la porta a compimento: Dio vuole che amiamo anche i nemici.
 Il Cristo di Matteo infine è il Signore onnipotente. Questo titolo, ripetuto per ottanta volte nel corso del Vangelo, equivale all’affermazione che Gesù è Dio (il termine «Signore» traduce l’ebraico JHWH). Gesù vive nella sua chiesa e agisce in essa con potenza.
Il contenuto del primo Vangelo si potrebbe sintetizzare in una frase: «La salvezza di Dio è Gesù Cristo per mezzo della chiesa».

UN POSSIBILE SCHEMA DEL VANGELO SECONDO MATTEO
Per la sua semplicità e chiarezza, presentiamo come semplice guida di lettura il seguente schema del primo Vangelo:

Vangelo dell’infanzia del Cristo                                1,1-2,23
Il regno dei cieli: proclamazione
                – Sezione narrativa                                           3,1-4,25
                – Discorso della montagna                                5,1-7,29
Il regno dei cieli: istruzioni agli apostoli
                – Sezione narrativa (miracoli)                            8,1-9,38
                – Discorso ai missionari                                    10,142
Il mistero del regno dei cieli
                – Sezione narrativa                                            11,1-12,50
                – Le parabole del regno                                     13,1-52
Il primo frutto del regno dei cieli: la chiesa
                – Sezione narrativa                                             13,53-17,27
                – Discorso alla comunità                                     18,1-35
L’avvento prossimo del regno dei cieli
                – Sezione narrativa                                              19,1-22,46
                – Discorso contro i capi del popolo                      23,1-39
                – Insegnamenti sulla fine                                      24,1-25,46
Vangelo della passione e della risurrezione                      26,1-28,20

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