18 AGOSTO 2013 – 20A DOMENICA – T. ORDINARIO C : GESÙ, SEGNO DI CONTRADDIZIONE
18 AGOSTO 2013 | 20A DOMENICA – T. ORDINARIO C | OMELIA DI APPROFONDIMENTO
GESÙ, SEGNO DI CONTRADDIZIONE
Nel 1976 il cardinale Karol Wojtyla predicò gli esercizi spirituali alla presenza di Paolo VI e della Curia romana, raccogliendo poi le 22 meditazioni in un libro dal titolo: « Segno di contraddizione ». Si riferiva alle parole dette da Simeone a Maria quando fu presentato al tempio Gesù, bambino di 40 giorni: « Egli è… segno di contraddizione » (Lc 2,34). Tale fu veramente Gesù in tutta la sua vita e tale è ancora nella storia della Chiesa che lo rende perennemente presente al mondo. È un insegnamento di fondo che emerge dalla parola di Dio proclamata nella Messa di questa domenica. La vicenda di Gesù è in certo modo anticipata da quanto accadde al profeta Geremia. I capi del popolo lo accusavano di disfattismo perché, obbedendo alla voce di Dio che voleva evitare agli Israeliti peggiori sciagure, sconsigliava la resistenza ad oltranza a un nemico troppo superiore di forze. I suoi avversari s’impongono al re Sedecia, e il profeta viene calato in una cisterna dove « non c’era acqua ma fango », condannato a morire di fame. Poi, in seguito a un contrordine del re, meglio consigliato, il profeta sarà tratto in salvo. Segno di contraddizione, non solo in quell’occasione, ma, prima e dopo, solo perché vuol adempiere fedelmente la missione che Dio gli ha affidato.
Segno di contraddizione sarà Gesù, come risulta, fra l’altro, dalle sue parole riferite nel Vangelo di oggi: « Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione ». Divisione, continua, che metterà gli uni contro gli altri le persone della stessa famiglia: « Padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera ». Segno di contraddizione, nella sua passione, a cui allude parlando d’un battesimo che deve ricevere e che egli attende con angoscia finché non sia compiuto.
Segno di contraddizione è stato Gesù durante la sua vita, fino al momento in cui doveva compiere il suo « battesimo » nell’umiliazione e nelle atroci sofferenze della sua passione. Un discepolo che lo tradisce, lo vende ai capi del popolo che da tempo tramano per eliminarlo, e ora cercano falsi testimoni, lo accusano di bestemmia, lo denunciano al tribunale romano come sovversivo, aizzano contro di lui la folla che ne reclama la crocifissione. Pilato è obbligato a riconoscere l’innocenza di questo singolare imputato, ma finisce col cedere per evitare guai e firma la condanna a morte. Ma non mancano, anche se sono pochi, i fedeli che lo seguono fino al Calvario: un gruppetto di donne che da tempo gli sono vicine, uno dei discepoli, Giovanni, e soprattutto Maria, la Mater dolorosa.
Gesù, oggi
Gesù è segno di contraddizione. Anche oggi egli sopporta « contro di sé una così grande ostilità dei peccatori ». Ci sono i nemici dichiarati, i militanti dell’ateismo che lottano per cacciarlo dalla società, e che, non potendo cancellare il nome dalle coscienze, consentono che qualcuno si ricordi di lui nel chiuso dei luoghi di culto. Ci sono quelli che lo riconoscono come un giusto e un benefattore degli uomini, ma non come Dio fatto uomo. Ci sono quelli che si servono del suo nome come d’una bandiera per giustificare la sovversione e la violenza, spesso contro quelli che, al contrario, vorrebbero fare di Cristo e del suo Vangelo un puntello d’un preteso « ordine » che è « disordine stabilito », d’una autorità che è tirannia e violenza legalizzata, strumento di sfruttamento dell’uomo e di oppressione.
La Chiesa, segno di contraddizione
Segno di contraddizione è la Chiesa. Nessuna meraviglia, dal momento che la sua missione è annunziare il messaggio di Cristo, renderlo perennemente presente al mondo, operare perché arrivi a tutti gli uomini la salvezza portata da Cristo. La Chiesa, ci ha detto Giovanni Paolo II, « desidera servire quest’unico fine: che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perché Cristo possa, con ciascuno, percorrere la strada della vita, con la potenza di quella verità sull’uomo e sul mondo, contenuta nel mistero dell’Incarnazione e della Redenzione, con la potenza di quell’amore che da essa irradia » (Redemptor hominis, 13).
Anche la Chiesa è odiata e combattuta da molti, che non sanno o non vogliono riconoscerla come opera di Cristo e continuatrice della sua missione, che vorrebbero far tacere la sua voce quando richiama la legge del Vangelo, legge di giustizia, di solidarietà, di amore, di rispetto dell’uomo, di tutti gli uomini, in primo luogo dei poveri, dei deboli, degli emarginati, degli indifesi. Uomini e donne fedeli a questo impegno pagano ancora oggi la loro fedeltà con le denigrazioni e le calunnie di cui sono bersaglio, con la prigionia, le torture, l’internamento in ospedali psichiatrici, talvolta con la vita, ma anche con l’ostilità esercitata in modo subdolo e insidioso.
E noi?
Che fare? Per ciò che riguarda Cristo come segno di contraddizione, ricordare ch’egli stesso ci ha messo in guardia: « Beato colui che non si scandalizza di me » (Mt 11,6). Ricordarci che Cristo dobbiamo riconoscerlo nel suo Vangelo, come ce lo presenta la Chiesa, e non nelle deformazioni di chi, colpevolmente o senza colpa, ce lo presenta travisato. Quando, all’udirlo parlare della sua carne come nostro cibo, del suo sangue come nostra bevanda, molti lo abbandonano, Gesù domanda ai suoi: « Forse anche voi volete andarvene? », Pietro risponde: « Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna » (Gv 6,67-68).
Questa dev’essere la nostra risposta. L’ostilità e la lotta contro Cristo, l’indifferenza verso di lui maestro e salvatore, dev’essere stimolo a un amore più vivo, ardente e generoso.
Quando vediamo la Chiesa, a qualsiasi livello e in qualsiasi paese, combattuta e perseguitata, dobbiamo sentire maggiormente il dovere di amarla e d’impegnarci per renderla migliore, anzitutto in noi stessi, e prendere responsabilmente il nostro posto nella preghiera e nell’apostolato. Se poi noi stessi siamo coinvolti nell’ostilità più o meno aperta, se siamo anche noi segno di contraddizione, ricordiamo la parola di s. Pietro: « Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome » (1 Pt 4,15-16).
Ricordiamo, in ogni caso, l’incoraggiamento che ci viene dalla Parola di Dio: non stancarci perdendoci d’animo: « Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato ». Preghiamo, se ci sentiamo deboli, col salmista: « Io sono povero e infelice; di me ha cura il Signore. Tu, mio aiuto e mia liberazione, mio Dio, non tardare ».
Infine, facciamo nostro il programma che ci propone ancora il Papa nell’enciclica già menzionata: « Essere come quei « violenti di Dio » che abbiamo tante volte visto nella storia della Chiesa e che scorgiamo ancor oggi, per unirci consapevolmente nella grande missione, e cioè: rivelare Cristo al mondo, aiutare ciascun uomo perché ritrovi se stesso in lui, aiutare le generazioni contemporanee dei nostri fratelli e sorelle, popoli, nazioni, stati, umanità, paesi non ancora sviluppati e paesi dell’opulenza, tutti insomma, a conoscere le « imperscrutabili ricchezze di Cristo », perché queste sono per ogni uomo e costituiscono il bene di ciascuno » (Redemptor hominis, 11).
Da: P. PELLEGRINO M.

Vous pouvez laisser une réponse.
Laisser un commentaire
Vous devez être connecté pour rédiger un commentaire.