11 AGOSTO 2013 | 19A DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO C : « TENETEVI PRONTI! » MA PERCHÉ?

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 11 AGOSTO 2013  |  19A DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO C  | OMELIA DI APPROFONDIMENTO

« TENETEVI PRONTI! » MA PERCHÉ?

« Tenetevi pronti! ». Possiamo cogliere in questa esortazione che Gesù rivolge ai suoi discepoli, per estenderla – rispondendo a Pietro – a tutti, un ammonimento che emerge dalle letture di questa domenica. Nella prima, è rievocata l’attesa del popolo ebreo, pronto per partire, al cenno di Dio, dall’Egitto in cui gemeva sotto l’oppressione, verso la patria promessa ai suoi padri. Il salmo esprime l’attesa, nella speranza dell’aiuto che verrà da Dio: « L’anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo ». La lettera agli Ebrei esalta la prontezza con cui Abramo parte, senza « sapere dove andava », per la terra promessa. Luca riferisce la raccomandazione di Gesù a tenersi pronti per la venuta del Figlio dell’uomo.

Tenersi pronti: perché?
Perché il Signore un giorno verrà. Da tanto tempo il popolo ebreo soffriva in terra straniera, oppresso e sfruttato. Dio aveva preparato in Mosè il liberatore; se i passi compiuti da lui e dal fratello Aronne presso il Faraone e i prodigi con cui Dio aveva confermato il suo messaggio (le « piaghe » d’Egitto) sembravano senza risultato, la promessa divina non poteva rimanere vana. Perciò il popolo « si attendeva la salvezza dei giusti come lo sterminio dei nemici ». Abramo si teneva pronto nell’attesa perché Dio gli aveva promesso un luogo « che doveva ricevere in eredità » per i suoi discendenti.
Perché dobbiamo tenerci pronti? Gesù risponde con due immagini: quella del padrone che ritorna, non si sa quando, da una festa di nozze, e quella del ladro che viene senza preavviso a scassinare la casa. E spiega subito il significato: « Il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che voi non pensate ». Il Figlio dell’uomo è lui stesso che parla. Verrà, per tutti, alla fine dei tempi come giudice. Verrà, per ognuno di noi, all’ora della nostra morte, che sarà l’incontro con lui. Le morti improvvise: esperienza di tutti i giorni. Il Figlio dell’uomo è venuto: i fratelli si sono incontrati col Signore.

Come tenerci pronti
Con la fede che ispira e sostiene la speranza. Questa risposta è accennata nella 1ª lettura, dove si ricorda che gli Ebrei nell’Egitto « avevano creduto » alle promesse di Dio e che la notte della liberazione fu loro preannunziata « perché… stessero di buon animo ». Il salmo responsoriale invita i giusti a esultare nel Signore, perché « l’occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame ». « La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono »: con queste parole, con cui Dante comincerà la sua risposta a s. Pietro quando sarà esaminato sulla fede, la Sacra Scrittura indica come sulla fede e sulla speranza si costruisca tutta la vita del cristiano.
Non si è cristiani solo perché si va in chiesa (anche se è dovere andarci); non si è cristiani solo perché si è onesti e galantuomini (anche se è verissimo che chi non è onesto e galantuomo non è cristiano). « Senza la fede », dirà poco dopo la lettera agli Ebrei, « è impossibile essere graditi a Dio: chi infatti s’accosta a Dio deve credere che egli esiste e che egli ricompensa coloro che lo cercano » (Eb 11,6; dovrà credere anche altre cose, in primo luogo che Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto).
Poi incomincia la litania di nomi con cui ci sono presentati gli uomini dell’Antico Testamento che ci lasciarono esempi luminosi di fede (e nel Nuovo Testamento e nella storia della Chiesa l’elenco continua e continuerà fino alla fine del mondo, contro tutti i pessimismi di chi considera la fede come un relitto di tempi tramontati per sempre). Nella pagina che ci è proposta oggi è esaltata la fede dimostrata da Abramo in due momenti. Prima, nell’obbedire alla chiamata di Dio lasciando la sua terra, partendo « senza sapere dove andava ». Poi, nel credere alla promessa fattagli da Dio, mentre sia lui che la moglie Sara erano ormai vecchi, di un figlio, anzi, di « una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia innumerevole che si trova lungo la spiaggia del mare ». È un invito a dar credito a Dio e alla fedeltà con cui egli adempie le sue promesse, anche quando queste sono una sfida a tutte le risorse e le possibilità umane e naturali. Alla speranza Gesù esorta i suoi discepoli: « Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno ».
Come essere pronti? Stando svegli, dice Gesù. Secondo Origene, questo vuol dire che dobbiamo tener aperto « l’occhio dell’anima », tener accesa la lampada che è l’intelligenza attenta alle cose della fede, non lasciarci prendere dal torpore che ci fa dimenticare Dio, la sua parola, i grandi orizzonti della fede in cui deve muoversi il pensiero, il cuore, la vita del cristiano. L’ascolto e la lettura assidua della Bibbia, la frequentazione degli ambienti in cui si cerca di capire e vivere il Vangelo, l’attenzione ai fratelli che danno un’autentica testimonianza di fede, ci aiutano a stare svegli, a tenerci pronti.
Come tenerci pronti? « Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro ». Il nostro lavoro è quello che ci attende nella famiglia, nel mestiere, nella professione. Lavoro che certo dev’essere mezzo per guadagnarci il pane, ma che è anche l’adempimento d’una missione per il bene dei fratelli. Il nostro lavoro è l’impegno a cui siamo chiamati, ciascuno secondo le proprie possibilità e le necessità dell’ambiente, anche fuori del campo professionale, nell’apostolato, nell’esercizio della carità, nel servizio alla comunità civile.
Come tenerci pronti? Ancora una risposta: « Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignuola non consuma. Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore ». Il distacco dal denaro. Se siamo schiavi del denaro e ne facciamo lo scopo della vita, non saremo mai pronti ad accogliere il Signore quando verrà. Il nostro vero tesoro non può essere sulla terra, dove tutto passa, ma « nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignuola non consuma ». Là dunque dev’essere rivolto il nostro pensiero e il nostro cuore. O diremo una menzogna quando, all’invito del celebrante: « In alto i nostri cuori », rispondiamo senza esitazione: « Sono rivolti al Signore »?

 Da: PELLEGRINO M., Servire la Parola, Anno C, Elledici,

Publié dans : OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |le 9 août, 2013 |Pas de Commentaires »

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