Archive pour juin, 2013

LUTERO E LA MUSICA

http://www.parodos.it/musica/musica/lutero_e_la_musica.htm

LUTERO E LA MUSICA    

RIFORMA

« Ho sempre amato la musica [...]. La musica è un dono sublime che Dio ci ha dato, ed è simile alla teologia. Non darei per nessun tesoro quel poco che so di musica » (Luterò, Dal lettera a Ludwig Sentì, 4 ottobre 1530).

Certamente è l’enorme passione dell’uomo Luterò (1483-1546) nei confronti della musica che giustifica la sua straordinaria considerazione pel quest’arte, al di là delle possibili spiegazioni ideologiche. Né l’appartenenza all’ordine ( sant’Agostino (che scrisse sì di musica, ma in termini che spesso hanno poco da spartire con la concezione di Lutero) né la nuova esegesi biblica protestante, che porta Calvino e Zwingli a provvedimenti talora radicalmente anti musicali, sono sufficienti a rendere conto d un atteggiamento che avrà conseguena straordinarie per la civiltà musicale religiosa e civile della Germania e di parte dell’Europa. Questa passione trova nutrimento nelle competenze musicali di cui è dotato Lutero: da fanciullo impara a cantare, in seguito a suonare il liuto e il flauto e acquisisce nozioni di teoria musicale. Durante il suo viaggio a Roma (1510-1511) ha modo di conoscere la superba vita musicale della capitale dell cristianità; apprezza le composizioni polifoniche dei fiamminghi, di Heinrich Isaac, Ludwig Senfl (con cui è in rapporto epistolare): e soprattutto Josquin Desprez.
Punto centrale della filosofia musicale luterana è la natura divina della musica. Eqli capovolge la concezione cattolica e moralista (condivisa peraltro da Calvino e altri riformatori) secondo cui sono la funzione religiosa e testi di natura spirituale che nobilitano, redimono, o almeno rendono tollerabile la musica. Per Lutero, invece, la musica possiede un valore religioso intrinseco, che solo il suo utilizzo in contesti funzionali e verbali di carattere lascivo può distorcere. La musica deve accompagnarsi alla parola di Dio non per utilitarismo o per esserne redenta, ma perché la loro natura è affine. La musica, unita alla parola, è il mezzo naturale per pregare e lodare Dio e per diffonderne il verbo, ma è anche, per il fedele, esperienza del divino. Lutero non ignora la capacità della musica di agire sulla sfera affetiva, ma ne esalta soprattutto le potenzialità positive di moderazione delle passioni violente, conforto per gli afflitti e incitamento alle buone imprese. Lutero insiste particolarmente sulla funzione edificante ed educativa (ma anche terapeutica e catartica) della musica, che si esplica, più che nell’ascolto, nella pratica musicale attiva, cioè nel canto. La musica glorificata nella concezione di Lutero è la musica vocale: è nel canto infatti che si concretizza la naturale unione della musica con il verbo divino e la voce è lo strumento musicale per eccellenza, attraverso cui ogni uomo beneficia del dono della musicalità che Dio gli ha concesso.
L’affermazione del valore primario del canto nel contatto con Dio, insieme alla concezione del « sacerdozio di tutti i fedeli », avvalorano la musica come pratica comune prima che come attività specialistica. Nel rito l’esercizio musicale attivo si sposta dunque, in tutto o in parte, dal coro alla comunità. Contemporaneamente, attraverso un deciso intervento in ambito pedagogico, viene incentivata la preparazione musicale di base, favorendo una tradizione che ancora oggi segna una differenza sensibile nella cultura musicale tra paesi cattolici e paesi protestanti.
Sebbene la teologia luterana si basi sulle scritture piuttosto che sulla tradizione della Chiesa, il problema di Lutero nella sua opera di riforma musicale non è quello di opporsi al canto gregoriano o alla polifonia, allo stesso modo in cui il latino viene progressivamente sostituito con il tedesco. I nuovi presupposti teologici portano certo a sensibili interventi sul repertorio liturgico romano, come l’eliminazione dell’offertorio, la decisa riduzione del proprium missae, e quindi dell’uso di graduali e sequenze.
Ma al di là dei contenuti del testo liturgico, la preoccupazione di Luterò è che il contatto tra il fedele e Dio sia diretto e non mediato da una ritualità monopolizzata dal celebrante e dai suoi agenti (tra cui la cappella dei musicisti professionali) e contemplata dall’esterno, o subita, dalla comunità.
Il canto comunitario quale canale privilegiato del contatto tra uomo e Dio va salvaguardato e incentivato, ed è indispensabile che il fedele comprenda il senso della parola sacra in esso veicolata e della preghiera che egli innalza al Signore. Questo è il motivo per cui, al di fuori delle cattedrali e dei templi frequentati dalle comunità universitarie, il tedesco deve sostituirsi al latino, così nella liturgia in prosa come nel canto.
La spiccata sensibilità musicale con cui Luterò dimostra di cogliere l’intimo connubio tra parola e intonazione musicale lo porta tuttavia a riconoscere come le versioni tedesche, letterali o « teologicamente perfezionate », dei testi latini spesso non si adattino facilmente alla struttura musicale del gregoriano: « testo e note, accento, melodia e modo di esecuzione dovrebbero trovare origine nella vera lingua materna e dalle sue inflessioni » (Lutero, 1525).
Anche le melodie sacre vengono dunque rielaborate e adattate, altre si attingono dal già ricco repertorio del Lied sacro tedesco preriformistico, o si prendono a prestito dal repertorio popolare, dalle melodie d’arte dei Lieder tedeschi più conosciuti, altre vengono create (spesso attraverso elaborazione e centonizzazione di materiale esistente) parallelamente alla produzione di nuovi testi. Si crea dunque il repertorio di un canto religioso comunitario, monodico e di facile cantabilità che i fedeli sentono come proprio sia dal punto di vista testuale che musicale.
Lutero stesso è estensore di numerosi testi originali (ce ne sono pervenuti 36), nonché di adattamenti o travestimenti spirituali di testi latini o tedeschi che riceveranno svariate intonazioni come canti monodici comunitari e come elaborazioni polifoniche, e andranno a formare la base di tutti i Gesangbùcher evangelici. È inoltre del tutto probabile, in virtù della sua più volte attestata competenza musicale, che Lutero stesso fornisca di intonazione alcuni dei suoi testi. In ogni :caso nel suo lavoro di riforma si giova della consulenza di diversi musicisti tra i quali Georg Rhau, Conrad Rupsch e, soprattutto, Johann Walter.

BENEDETTO XVI E LA MUSICA

http://www.korazym.org/index.php/musica/25-ascolti/3066-benedetto-xvi-e-la-musica.html

BENEDETTO XVI E LA MUSICA   

SCRITTO DA LUCIO COCO *   

DOMENICA 30 SETTEMBRE 2012

E’ a tutti nota la passione di papa Benedetto XVI per la musica. Il pianoforte lo accompagna nelle ore di relax e nel tempo libero. Ed egli stesso non ha mancato di fare accenni autobiografici che testimoniano e confermano questo suo interesse fin dalla giovinezza quando, insieme al fratello Georg, che in seguito lo avrebbe diretto per trent’anni, ha potuto partecipare all’attività del coro di chiesa più antico del mondo, quello dei “Passeri del Duomo di Ratisbona” (i «Regensburger Domspatzen»). Sempre indulgendo ai ricordi, egli può riandare a un lontano 1941 allorché, ancora con il fratello, poté assistere ad alcuni concerti del Festival di Salisburgo e ascoltare, nella Basilica abbaziale di San Pietro, una indimenticabile esecuzione della Messa in do minore di Mozart (cfr Discorso, 17.1.09). Un autore questo che lo fa andare con la memoria a tempi più remoti quando, da ragazzo, nella sua chiesa parrocchiale, ascoltando una sua Messa, poteva fare un’esperienza sublime della musica che gli faceva sentire che «un raggio della bellezza del Cielo lo aveva raggiunto» (Discorso, 7.9.10).
Il discorso sulla musica di papa Benedetto è sempre attraversato da una lettura spirituale di essa per cui, attraverso i suoni dell’orchestra, il canto del coro o anche l’esecuzione di un solista, noi possiamo arrivare ad avere uno sguardo più puro sulla nostra realtà interiore per scrutare in essa, nel riflesso della trama musicale, le passioni che la agitano e la scuotono oppure le gioie e le speranze che la animano e la destano (cfr Discorso, 18.11.06). Accanto a questo sguardo introspettivo, che armonizza il nostro intimo, la musica suscita risonanze che rimandano continuamente al di là di se stessa, «al Creatore di ogni armonia» (Discorso, 4.9.07). Proprio “giocando” su questa differenza, su questo scarto (non a caso in tedesco “suonare” è “spielen”, in inglese è “play” e in francese è “jouer”), essa ha il potere di «aprire le menti e i cuori alla dimensione dello spirito e condurre le persone ad alzare lo sguardo verso l’Alto, ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la sorgente ultima in Dio» (Discorso, 29.4.10).
Attraverso la musica, forse in una maniera privilegiata rispetto ad altre arti, si può arrivare, mediante l’esperienza del vero, del buono e del bello che essa sollecita, a un contatto più diretto con Dio. In questo senso la musica può condurci alla preghiera: «Non è un caso – dice il papa – che spesso la musica accompagni la nostra preghiera. Essa fa risuonare i nostri sensi e il nostro animo quando, nella preghiera, incontriamo Dio» (Discorso, 11.8.12). Tuttavia come alla preghiera non può mai corrispondere un sentimento narcisistico e appagante, ma dal rinnovato e ritrovato contatto con Dio dobbiamo attingere nuove energie spirituali per incidere positivamente sulla realtà, così anche la musica può diventare preghiera se «possiamo insieme costruire un mondo nel quale risuoni la melodia consolante di una trascendente sinfonia d’amore» (Discorso, 18.11.06).
La musica ci rivela che c’è una parte indistrutta del mondo, capace di resistere alla “hýbris” e alla superbia di Babele, dove la bontà e la bellezza della creazione non sono rovinate e ci ricorda che non siamo continuamente richiamati a mantenere e ripristinare, in una parola, «a lavorare per il bene e per il bello» (Discorso, 2.8.09). Non è questo l’unico messaggio della musica. Esso è certamente il più alto, per l’armonia e la sintonia che scopre con la Trascendenza, alla quale ci impone di adeguarci, aderendo alla bontà, alla bellezza e alla verità, per non rendere le nostre esistenze “stonate” e prive di significato. Tuttavia papa Benedetto si serve anche di altre immagini per spiegare, attraverso la musica, quelli che sono i nostri compiti. Egli immagina infatti la storia «come una meravigliosa sinfonia che Dio ha composto e la cui esecuzione Egli stesso, da saggio maestro d’orchestra, dirige» (Discorso, 18.11.06).
E’ vero, in certi momenti non è sempre facile leggerla e il suo disegno ci sembra discutibile oppure incomprensibile: la realtà del male e la sua azione nella storia degli uomini, lasciano talvolta pensare che «la Sua bontà non arriva giù fino a noi» (Discorso, 1.6.12). Nondimeno, continua il Santo Padre, sviluppando la similitudine dell’orchestra, non tocca a noi salire sul podio del direttore per dirigere e tanto meno possiamo cambiare la melodia che non ci piace, piuttosto «siamo chiamati, ciascuno di noi al suo posto e con le proprie capacità, a collaborare con il grande Maestro nell’eseguire il suo stupendo capolavoro. Nel corso dell’esecuzione ci sarà poi anche dato di comprendere man mano il grandioso disegno della partitura divina» (Discorso, 18.11.06).
Da questa osservazione, di natura prettamente teologica, ne discendono altre, di carattere più pratico, che possono fornire importanti istruzioni sulle regole vita della Chiesa in generale. Infatti l’esperienza del suonare insieme dell’orchestra, il rito stesso dell’accordatura e la pazienza delle prove, che impegnano i musicisti a «non suonare « da soli », ma di far sì che i diversi « colori orchestrali » – pur mantenendo le proprie caratteristiche – si fondano insieme» (Discorso, 29.4.10), ci forniscono un’immagine appropriata per le relazioni che si costruiscono in ambito ecclesiale ed invitano a rinunciare a ogni forma di protagonismo al fine di diventare « »strumenti » per comunicare agli uomini il pensiero del grande « Compositore », la cui opera è l’armonia dell’universo» (Discorso, 18.11.06).
Negli interventi che il Santo Padre dedica alla musica un posto importante è quello accordato alla musica sacra. Anche in tal caso Benedetto XVI vuole sgombrare il campo da alcuni equivoci che hanno fatto considerare il patrimonio della musica sacra o la tradizione del canto gregoriano come l’espressione «di una concezione rispondente ad un passato da superare e da trascurare, perché limitativo della libertà e della creatività del singolo e delle comunità» (Discorso, 13.5.11). Come risposta a queste posizioni il papa ribadisce la centralità di una Liturgia in cui il vero soggetto è la Chiesa: «Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività» (ib.). Occorre perciò – afferma il Santo Padre – tener presente il patrimonio storico-liturgico per mantenere «un corretto e costante rapporto tra “sana traditio e legitima progressio”» (Discorso, 6.5.11) nel quale, come reso esplicito dalla Sacrosanctum Concilium (n.23), questi due aspetti si integrano dal momento che «la tradizione è una realtà viva e include perciò in se stessa il principio dello sviluppo e del progresso» (Discorso, 6.5.11).
Dal discorso che Benedetto XVI tesse sulla musica, anche attraverso i giudizi che di volta in volta formula sui diversi compositori (Vivaldi, Händel, Bach, Mozart, Beethoven, Rossini, Schubert, Mendelssohn, Liszt, Verdi, Bruckner), emergono non solo una grande competenza ma anche una notevole finezza interpretativa, segno di una particolare sensibilità per questa universale forma di espressione artistica e per gli ideali di verità, bontà e bellezza che la musica comunica e modula. Perciò è ancora il papa a sottolineare il suo debito di gratitudine verso quest’arte e verso tutti coloro che ad essa, fin da bambino, lo hanno accostato: «Nel guardare indietro alla mia vita, – egli ha modo di dire con parole davvero toccanti – ringrazio Iddio per avermi posto accanto la musica quasi come una compagna di viaggio, che sempre mi ha offerto conforto e gioia. Ringrazio anche le persone che, fin dai primi anni della mia infanzia, mi hanno avvicinato a questa fonte di ispirazione e di serenità» (Discorso, 16.4.07).
E l’augurio che egli esprime, a conclusione di un concerto, fa capire molto bene l’alto valore e il posto davvero centrale che egli assegna alla musica non solo nella sua vita ma in quella di tutti: «Ecco il mio auspicio: che la grandezza e la bellezza della musica possano donare anche a voi, cari amici, nuova e continua ispirazione per costruire un mondo di amore, di solidarietà e di pace» (ib.).

*Lucio Coco, studioso di letteratura classica antica è curatore dei volumi della collana Pensieri di Papa Benedetto XVI, editi dalla Libreria Editrice Vaticana

El Greco “John the Baptist”, M. H. de Young Memorial Museum, San Francisco

El Greco “John the Baptist”, M. H. de Young Memorial Museum, San Francisco dans immagini sacre john-the-baptist-el-greco

http://daydreamtourist.com/2012/02/24/iconography-of-john-the-baptist/

Publié dans:immagini sacre |on 24 juin, 2013 |Pas de commentaires »

GIOVANNI BATTISTA (da Paoline.it)

http://www.paoline.it/Conoscere-la-Bibbia/PERSONAGGI-DELLA-BIBBIA/articoloRubrica_arb83.aspx

GIOVANNI BATTISTA

[FILIPPA CASTRONOVO]

Giovanni Battista è l’ultimo dei profeti dell’Antico testamento; il precursore di Gesù, colui che gli prepara la strada, lo battezza e lo indica come il Messia.Giovanni Battista è uno dei personaggi più importanti ricordati nei quattro Vangeli.
Ogni evangelista lo presenta con una propria ottica e con particolari che ne arricchiscono la figura.
Luca, nel suo Vangelo, narra che Giovanni è figlio di Elisabetta, cugina di Maria la mamma di Gesù, e di Zaccaria, uno dei sacerdoti che officiava nel tempio di Gerusalemme.
La sua nascita, è annunciata a Zaccaria dall’arcangelo Gabriele e, come quella di altri illustri personaggi della Bibbia (es, Isacco, Samuele, Sansone) è eccezionale perché i suoi genitori sono anziani. Questo è segno che il bimbo sarà portatore di una grande missione.
Il suo nome, Giovanni (anziché Zaccaria come il padre) che significa ‘Dio fa grazia’, stupisce tutti, ma indica che la nascita di Giovanni è motivo di gioia perché Dio è intervenuto, sorprendendo tutti. Nacque sei mesi prima di Gesù, ed è suo parente. Crebbe nel deserto fino al momento della chiamata di Dio che lo voleva il profeta che prepara la ‘strada’ al Signore; vale a dire il profeta che prepara i cuori delle persone ad accogliere il Messia, Gesù.
Per preparare questa ‘via’ Giovanni, lungo il fiume Giordano, predica con coraggio la conversione dai peccati e battezza. Per questo i vangeli lo chiamano il Battista, che significa colui che amministra il battesimo di penitenza.
Gli evangelisti Marco e Matteo ricordano che Giovanni battezzò anche Gesù (Mt 3,13-17, Mc 1,9-11) per indicare così la solidarietà di Gesù verso un popolo di peccatori, del quale prende su di sé il peccato.
Dal momento del battesimo di Gesù, Giovanni termina il suo ministero perché inizia quello di Gesù, che era stato indicato dal Padre come il Figlio che tutti devono ascoltare. Il re Erode imprigiona Giovanni che aveva condannato il suo matrimonio con Erodiade, moglie di suo fratello, e lo fa barbaramente decapitare (Mar 1,14; Mt 14,1-12).
Giovanni Battista è detto anche il Precursore perché la sua missione si è fermata con l’arrivo di Gesù cui ha preparato la ‘via’. Egli realizza la profezia del profeta Malachia che aveva predetto il ritorno del profeta Elia per preparare, invitando alla conversione, il giorno della venuta del Signore (Ml 3,23-24).
Gesù, ricorda il vangelo secondo Matteo, fa un grande elogio di Giovanni e afferma che è l’ultimo dei profeti dell’Antico Testamento ma il più grande tra i credenti. Giovanni, infatti, è più che un profeta perché è il messaggero del Cristo (Mt 11,7-14).
C’è, tuttavia, una grande differenza tra la predicazione di Giovanni e quella di Gesù: Giovanni insiste sulla conversione a causa del giudizio imminente di Dio; Gesù, invece, accentua la misericordia di Dio verso i peccatori, che Egli è venuto a salvare.
Il vangelo di Giovanni, a differenza degli altri tre, mostra che il Battista indica Gesù con il titolo di agnello di Dio, richiamando sia l’agnello pasquale (Es 12,7-13) sia la figura del servo di Dio che, come agnello mite, soffre senza ribellarsi (Is 53,7).

Da sapere che:
La Chiesa solo per Giovanni Battista, dopo Maria, ricorda il giorno della sua morte (29 agosto) ed il giorno della sua nascita, stabilita il 24 giugno. E’un personaggio chiave nel cammino liturgico di Avvento.
Giovanni Battista è molto presente nell’arte cristiana, che raffigura i santi sia da soli sia intorno al trono della Vergine Maria. Solitamente è rivestito con una pelle d’animale e con in mano un bastone terminante a forma di croce. Artisti come Raffaello e Leonardo lo raffigurano mentre gioca con Gesù bambino e sempre rivestito con la pelle di animale. Queste numerose raffigurazioni testimoniano come tutte le epoche della storia cristiana abbiano avuto un grande interesse verso Giovanni Battista, definito da Gesù ‘Il più grande tra i nati da donna’.
Giovanni il Battista è presente anche nel Corano, che lo considera uno dei grandi profeti che precedettero Maometto.

SOLENNITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA – UFFICIO DELLE LETTURE – 24 GIUGNO 2013

http://www.maranatha.it/Ore/solenfeste/0624letPage.htm

UFFICIO DELLE LETTURE – 24 GIUGNO  2013

SOLENNITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Prima Lettura
Dal libro del profeta Geremia 1, 4-10. 17-19

Vocazione del profeta
Mi fu rivolta la parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni».
Risposi: «Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane».
Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane,
ma và da coloro a cui ti manderò
e annunzia ciò che io ti ordinerò.
Non temerli,
perché io sono con te per proteggerti».
Oracolo del Signore.
Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca
e il Signore mi disse:
«Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca.
Ecco, oggi ti costituisco
sopra i popoli e sopra i regni
per sradicare e demolire,
per distruggere e abbattere,
per edificare e piantare».
Tu, dunque, cingiti i fianchi,
alzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti alla loro vista,
altrimenti ti farò temere davanti a loro.
Ed ecco oggi io faccio di te
come una fortezza,
come un muro di bronzo
contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese.
Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti».

Responsorio   Cfr. Ger 1, 5. 9. 10
R. Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, io ti avevo consacrato; * ti ho stabilito profeta delle nazioni.
V. Ecco, ho messo le mie parole sulla bocca; oggi ti ho costituito sopra i popoli e sopra i regni;
R. ti ho stabilito profeta delle nazioni.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 293, 1-3; PL 38, 1327-1328)

Voce di chi grida nel deserto
La Chiesa festeggia la natività di Giovanni, attribuendole un particolare carattere sacro. Di nessun santo, infatti, noi celebriamo solennemente il giorno natalizio; celebriamo invece quello di Giovanni e quello di Cristo. Giovanni però nasce da una donna avanzata in età e già sfiorita. Cristo nasce da una giovinetta vergine. Il padre non presta fede all’annunzio sulla nascita futura di Giovanni e diventa muto. La Vergine crede che Cristo nascerà da lei e lo concepisce nella fede.
Sembra che Giovanni sia posto come un confine fra due Testamenti, l’Antico e il Nuovo. Infatti che egli sia, in certo qual modo, un limite lo dichiara lo stesso Signore quando afferma: «La Legge e i Profeti fino a Giovanni» (Lc 16, 16). Rappresenta dunque in sé la parte dell’Antico e l’annunzio del Nuovo. Infatti, per quanto riguarda l’Antico, nasce da due vecchi. Per quanto riguarda il Nuovo, viene proclamato profeta già nel grembo della madre. Prima ancora di nascere, Giovanni esultò nel seno della madre all’arrivo di Maria. Già da allora aveva avuto la nomina, prima di venire alla luce. Viene indicato già di chi sarà precursore, prima ancora di essere da lui visto. Questi sono fatti divini che sorpassano i limiti della pochezza umana. Infine nasce, riceve il nome, si scioglie la lingua del padre. Basta riferire l’accaduto per spiegare l’immagine della realtà.
Zaccaria tace e perde la voce fino alla nascita di Giovanni, precursore del Signore, e solo allora riacquista la parola. Che cosa significa il silenzio di Zaccaria se non la profezia non ben definita, e prima della predicazione di Cristo ancora oscura? Si fa manifesta alla sua venuta. Diventa chiara quando sta per arrivare il preannunziato. Il dischiudersi della favella di Zaccaria alla nascita di Giovanni è lo stesso che lo scindersi del velo nella passione di Cristo. Se Giovanni avesse annunziato se stesso non avrebbe aperto la bocca a Zaccaria. Si scioglie la lingua perché nasce la voce. Infatti a Giovanni, che preannunziava il Signore, fu chiesto: «Chi sei tu?» (Gv 1, 19). E rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1, 23). Voce è Giovanni, mentre del Signore si dice: «In principio era il Verbo» (Gv 1, 1). Giovanni è voce per un po’ di tempo; Cristo invece è il Verbo eterno fin dal principio.

24 GIUGNO: OMELIA NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA – (Lc 1,57-66.80)

http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2331

OMELIA NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA – (Lc 1,57-66.80)

(le prendo dall’anno B perché la solennità capitava di domenica)

GLI SI SCIOLSE LA LINGUA E PARLAVA BENEDICENDO DIO

DI PADRE MARIANO PELLEGRINI

Oggi la Chiesa celebra la natività di san Giovanni Battista. Di nessun altro santo si celebra il giorno della nascita, ma solo il giorno del passaggio da questa all’altra vita. Per quale motivo, dunque, di san Giovanni Battista si celebrano due feste, quella della nascita (oggi) e quella del suo martirio (in agosto)? Il motivo è che san Giovanni Battista, a differenza degli altri santi, è nato santificato. Quando ancora era nel grembo materno fu liberato dal peccato originale; dunque la sua nascita fu un evento di grazia che la Chiesa fin dall’inizio ha celebrato. In che circostanza fu santificato san Giovanni Battista? Ce lo ricorda l’evangelista Luca quando scrive della visita di Maria Santissima a santa Elisabetta. In quella circostanza, quando la Madonna entrò nella casa di Zaccaria ed Elisabetta, il bambino che era ancora nel grembo materno esultò, sussultò di gioia. Questo particolare fu interpretato dai Padri come la santificazione di Giovanni, per cui egli nacque che era già stato liberato dal peccato originale. In quella circostanza fu Maria a portare la grazia in quella casa. Giovanni fu santificato ed Elisabetta si mise a profetare e riconobbe in Maria la Madre del suo Signore. Dio operò questi prodigi di grazia servendosi di Maria. Ed è sempre così: dove entra la Madonna lì entra e fiorisce la Grazia. Facciamo dunque entrare anche noi la Vergine Santa nella nostra vita, nelle nostre case, con la recita assidua del Rosario in famiglia. Dove entra Maria di lì esce il peccato. Questa è la grazia che maggiormente sta a cuore a Lei che è l’Immacolata, la Tutta Santa. Dopo la nascita di Giovanni anche il padre, Zaccaria, fu visitato dalla grazia e recuperò la parola. Egli, infatti, era rimasto muto a causa della sua incredulità. Gli sembrava impossibile che la sua sposa, Elisabetta, potesse avere un bambino a quell’età. Ma nulla è impossibile a Dio. Per la sua incredulità alle parole dell’Angelo, che gli assicurava il dono di un figlio, rimase muto; e solo dopo la nascita del bambino riebbe l’uso della parola. E allora « gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio » (Lc 1,64). Da questo impariamo a credere e confidare sempre in Dio. Se manca questa fiducia, allora ci priviamo da noi stessi di tanti benefici che diversamente verrebbero. La missione di san Giovanni Battista è stata quella di preparare le vie al Signore. Per questo motivo è detto il Precursore. Anche noi, in qualche modo, dobbiamo essere come il Precursore, preparando ai fratelli la via per il loro ritorno al Signore. Il peccato ci tiene lontani da Dio. Pertanto, come san Giovanni Battista, dobbiamo illuminare i fratelli, parlare loro della gravità del peccato e dell’infinita misericordia di Dio, dobbiamo predisporli al pentimento e alla conversione. Ma per far questo dobbiamo lottare contro un difetto che, più o meno, è di tutti: il cosiddetto rispetto umano. Il rispetto umano è quella vergogna che tante volte proviamo nel dimostrarci cristiani e nel vivere coerentemente la nostra Fede nella società odierna.  Anche il rispetto umano è un peccato da accusare in confessione. Gesù, nei confronti di questo peccato, ha usato delle parole molto forti: « Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi » (Mc 8,38). Per vincere il rispetto umano dobbiamo innanzitutto pregare e chiedere questa grazia. Poi bisogna considerare la nostra meschinità ogni qualvolta ci facciamo dominare da questa vergogna. Di certo non facciamo una bella figura, né nei confronti di Dio e nemmeno nei confronti della società. Infatti, il mondo disprezza chi si vergogna della propria Fede e delle proprie convinzioni, mentre ammira, anche se a volte perseguita, chi vive la propria Fede con coraggio, a fronte alta. Chiediamo dunque due grazie quest’oggi. La prima è quella di vivere sempre lontani dal peccato per essere pure noi, in qualche modo, come l’Immacolata e come san Giovanni Battista. La seconda grazia è quella di professare con gioia e coraggio la Fede.

Raphael, Christ’s Charge to St. Peter – I believe that the image refers to the Gospel of Matthew

Raphael, Christ's Charge to St. Peter - I believe that the image refers to the Gospel of Matthew dans immagini sacre va_-_raphael_christs_charge_to_peter_1515
http://www.mortalresurrection.com/

Publié dans:immagini sacre |on 21 juin, 2013 |Pas de commentaires »
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