LA FEDE DI FRONTE AL TRIBUNALE DELLA RAGIONE (Paolo ad Atene)

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LA FEDE DI FRONTE AL TRIBUNALE DELLA RAGIONE    (Paolo ad Atene)

PUBBLICATO 2011/06/13

AUTORE: THIAGO DE OLIVEIRA GERALDO

Pur facendo parte della pianura dell’Attica, con il suo terreno roccioso e poco fertile, Atene vide nascere nel suo seno insigni pensatori i cui nomi cotinuano a risuonare nella cultura da più di duemila e cinquecento anni
Per compiere l’incarico di annunciare il Vangelo di Gesù Cristo in tutto il mondo, i primi cristiani avevano bisogno di adattarsi alla cultura deiloro ascoltatori. L’Apostolo delle Genti lo realizzò in forma mirabilein un suo discorso nell’Areopago di Atene.
Thiago de Oliveira Geraldo

Pur facendo parte della pianura dell’Attica, con il suo terreno roccioso e poco fertile, Atene vide nascere nel suo seno insigni pensatori i cui nomi cotinuano a risuonare nella cultura da più di duemila e cinquecento anni. Vi fiorirono, nel V e IV secolo a.C., tre figure di spicco della Filosofia: Socrate, Platone e Aristotele, l’ultimo dei quali ha ricevuto da parte di studiosi insigni elogi come questo: « Più che ‘il maestro di coloro che sanno’, come lo reputava Dante, Aristotele meritava di essere chiamato l’ispiratore di coloro che disputano, in tutti i campi del sapere, dell’azione, della produzione ».1 O anche come quest’altro, di cui potrebbe vantarsi il più prestigioso degli intellettuali di oggi: « Pochi uomini hanno fondato una scienza; a parte Aristotele, nessuno ne fondò altre ».2
« PIÙ FACILE TROVARE UN DIO CHE UN ESSERE UMANO »
Per secoli, si affrontavano in Atene esponenti di diverse scuole di pensiero nei campi del sapere, della morale, della politica. In questa città, affacciata sul Mar Egeo, c’era anche, come in tutta la Grecia antica, un confronto tra le credenze politeistiche e il rigore del pensiero puramente umano, che portava ad interminabili discussioni circa le divinità e l’origine del mondo. « Ad Atene è più facile trovare un dio che un essere umano »3, ironizzava Petronio, scrittore romano del primo secolo. Nel secolo seguente lo scrittore greco Pausania così qualificava gli ateniesi: « essi sono anche più pietosi degli altri popoli ».4
In questo contesto di agguerrite dispute culturali e religiose, si immagini quale dovesse essere lo spirito di fede e la capacità intellettuale di un cristiano per annunciare in modo convincente la Buona Novella nella metropoli delle scienze, a pensatori di diverse scuole filosofiche, dotati di acuto senso critico e abili nelle schermaglie della dialettica.
Wikipedia, Victor Toniolo, Gustavo Kralj

Nei secoli V e IV a.C. fiorirono, ad Atene, tre figure di spicco della Filosofia: Socrate,
Platone e Aristotele
  »Socrate » – Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo, « Platone » – Musei Capitolini, Roma,
« Aristotele »- Museo Nazionale Romano – Palazzo Altemps
Questa missione la Provvidenza Divina la affidò all’Apostolo delle Genti, « l’uomo che Dio chiamò e inviò ad intraprendere la diffusione universale del Cristianesimo ».5

Dispute quotidiane con giudei e greci
Uomo di forte tempra, abituato ai sacrifici e alle difficoltà, San Paolo predicava con coraggio il Vangelo di Gesù Cristo in tutti i luoghi in cui lo portava il suo zelo apostolico. La sua audacia missionaria non si attenuò, quando si vide costretto a rimanere alcuni giorni ad Atene in attesa di Sila e Timoteo, per proseguire insieme il viaggio fino a Corinto.
Anche se si trovava lì di passaggio, come rimanere in quella città senza evangelizzare? Impossibile per uno che disse di se stesso: « Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo! » (I Cor 9,16).
Quanto all’ambiente che San Paolo incontrò nella capitale della cultura, scrive un autorevole esegeta: « La città in quel tempo non era politicamente importante, anche commercialmente era molto decaduta, ma continuava ad essere ‘la pupilla della Grecia’ (Filon), ‘la fiaccola di tutta la Grecia’ (Cicerone). Come sede delle grandi scuole filosofiche e culla della più raffinata cultura greca, si distingueva sulle altre città dell’Impero Romano ed esercitava un’irresistibile forza di attrazione su quanti aspiravano ad acquisire scienza e cultura, specialmente sulla gioventù della nobiltà romana ».6
Tuttavia, la prima reazione dell’Apostolo quando venne a contatto con la realtà ateniese fu di avversione: « Mentre aspettava Sila e Timoteo, ad Atene, Paolo restò disgustato nel vedere quella città consegnata all’ idolatria » (At 17, 16). La sua indignazione, frutto della fede, accresceva in lui il desiderio di cogliere l’occasione per annunciare Gesù Cristo crocifisso a quegli adoratori di idoli. E San Paolo sapeva adattarsi al pubblico che lo ascoltava.
Ricardo Castelo Branco
Nelle missioni realizzate poco prima in varie città, predicò nelle sinagoghe ai giudei, rivelandosi un esimio conoscitore delle Scritture e dimostrando, sulla base di queste, che era stato necessario che Cristo soffrisse e risorgesse dai morti (cfr. At 17, 3). Ad Atene abitavano anche alcuni giudei, ma l’ardente evangelizzatore capiva perfettamente che lì l’immensa maggioranza dei suoi ascoltatori era costituita da greci, la cui mentalità era molto diversa da quella degli israeliti. Si lanciò subito alla conquista di anime anche in questo campo, poiché come narrano gli Atti degli Apostoli, San Paolo discusse « nella sinagoga con i giudei e proseliti, e tutti i giorni, nella piazza, con quelli che incontrava » (At 17, 17).

Uomini insaziabili di novità
Tra quelli che ascoltarono San Paolo nell’agorà – nome con cui i greci denominavano la piazza principale della città, dove avvenivano le discussioni politiche – c’erano filosofi epicurei e stoici. I primi avevano la fruizione dei piaceri come principale finalità dell’esistenza e, di conseguenza, fuggivano dal dolore quanto potevano; erano materialisti, ma non negavano l’esistenza degli dei, i quali, però, raramente interferivano nella vita degli uomini. Per i secondi, al contrario, l’autosufficienza e l’impassibilità di fronte al dolore erano considerate come grandi virtù.
Ascoltando la predicazione di quello straniero, alcuni filosofi lo canzonavano, chiamandolo spermologòs, ossia, ciarlatano o chiacchierone. Altri gli facevano una delle accuse che cinque secoli prima portarono Socrate a morte in questa stessa città: quella di propagare il culto a dèi stranieri. Infatti San Paolo predicava Gesù e l’Anástasis (Resurrezione), nomi che suonavano per loro come una coppia di divinità. Lo condussero allora all’Areopago, antico tribunale di Atene, nel quale si giudicavano anche questioni religiose e morali. Era questo, oltre che un organo giuridico, un punto di riunione degli ateniesi e forestieri che, in quest’epoca, « non si occupavano di altro se non dire o ascoltare le ultime novità » (At 17, 21).
Questa sete insaziabile di novità facilitava l’operato dell’Apostolo: tutti si mostravano avidi di conoscere quanto quello straniero avrebbe dovuto dire loro. Come avrebbe cominciato il suo discorso davanti a quell’esigente uditorio, costituito dai rappresentanti della più elevata cultura?
Trattandosi di gentili, a nulla sarebbe giovato presentare argomenti tratti dalle Sacre Scritture. « I primi cristiani, per farsi comprendere dai pagani, non potevano citare soltanto ‘Mosè e i profeti’ nei loro discorsi, ma dovevano servirsi anche della conoscenza naturale di Dio e della voce della coscienza morale di ogni uomo »7 – osserva il Beato Giovanni Paolo II.
Gustavo Kralj

Come sede delle grandi scuole filosofiche e culla della più raffinata cultura greca,
Atene esercitava un’irresistibile forza di attrazione su quanti aspiravano
ad acquisire scienza e cultura
« Scuola di Atene », di Raffaello Sanzio – Stanza della Segnatura, Vaticano
Nella città di Tarso, luogo di passaggio per il commercio in Asia, il giovane Saulo certamente non ricevette soltanto la formazione giudaica tradizionale, ma deve aver studiato anche discipline elleniche, come la retorica. Nelle loro scuole, oltre all’alfabetizzazione, gli alunni apprendevano ginnastica e musica.

Proclamazione della Fede con saggezza e sagacia
Era giunto per l’Apostolo dei Gentili il momento di mettere a servizio della Fede quello che aveva appreso dalla stessa cultura greca. « Il vivere in una città ellenica e l’educazione ellenistico-giudaica del giovane Paolo gli conferirono la competenza per poter utilizzare, più tardi, come cristiano, con autonomia e come patrimonio personale, lo spirito e la tradizione dell’ellenismo ».8
Adattò le sue parole al pubblico che aveva davanti a sé e, contenendo l’indignazione che gli aveva causato l’idolatria degli ateniesi, cominciò a tessere loro le lodi della religiosità. Agendo così, commenta il Beato Giovanni Paolo II, rivelò saggezza e sagacia: « L’Apostolo mette in evidenza una verità che la Chiesa ha sempre conservato nel suo tesoro: nel più profondo del cuore dell’uomo è stato seminato il desiderio e la nostalgia di Dio ».9
Intanto, il suo sguardo indagatore aveva catturato un dettaglio che gli servì per introdurre il tema della sua predicazione. « Percorrendo la città e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio! » (At 17, 23). Su questo, lo studioso Schökel commenta: « L’esordio, come entrata nell’argomento, è magistrale. Come un saluto cortese e ambiguo, che si trasforma in critica e sa individuare un valore profondo ».10
La religiosità dei greci era, in quel tempo, orientata sotto una prospettiva fortemente politeista e pagana, essendo la profusione di divinità, da loro venerate, vincolata alle diverse vicissitudini che la vita presenta. Gli ateniesi immaginavano che dietro ad ogni avvenimento ci fosse sempre l’azione di un dio, e temevano che gli capitassero disgrazie a causa di qualche culto omesso o mal realizzato. Di qui il loro impegno nell’erigere altari anche al « dio sconosciuto », come spiega Fillion: « Abituati a vedere in tutto, specialmente nelle circostanze pericolose (guerre, terremoti, malattie, ecc.), la manifestazione della divinità, e sempre temendo di offendere qualche dio sconosciuto, essi ricorrevano a questo mezzo per rendersi propizi tutti gli dèi, grandi e piccoli, dai quali potevano temere un atto di vendetta o sperare un beneficio ».11

Anche noi siamo della stirpe di Dio
Nel seguito del suo discorso, l’Apostolo si scaglia contro l’idolatria: Dio, creatore di quanto esiste, Signore del Cielo e della Terra, « non dimora in templi costruiti dalle mani dell’uomo « , e di niente ha bisogno, poiché è lui « che dà a tutti la vita » (cfr. At 17, 24-25). Subito dopo, introduce un argomento incoraggiante: il Dio vivo e vero non è un essere inaccessibile agli uomini; al contrario, Egli ci incita a cercarLo, anche se « a tentoni », perché in realtà Egli « non è lontano da ciascuno di noi » (cfr. At 17, 27).
Alcuni ateniesi lanciavano a San Paolo una delle accuse che cinque secoli prima portarono Socrate a morte in questa stessa città: quella di propagare il culto a dèi stranieri
Con l’obiettivo di aumentare l’effetto delle sue parole di fronte a quegli ascoltatori colti ed eruditi, San Paolo cita un verso del poeta greco Arato (sec. III a.C.) per affermare che « anche noi siamo della stirpe di Dio » (At 17, 29).12 Avvalendosi di quanto detto, l’Apostolo delle Genti mostra agli ateniesi come è poco saggio, per chi è « della stirpe di Dio », adorare immagini scolpite da mani umane.
Entrando nel merito del suo discorso, San Paolo presenta un argomento particolarmente sensibile per chi faceva parte del tribunale dell’Areopago: Dio li invita a pentirsi dell’idolatria, « poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia » (At 17, 31). Ma, al contrario di quanto avviene nei tribunali umani, l’ammonimento relativo a questo giudizio divino veniva unito alla speranza di un grande perdono, come osserva un illustre esegeta del XX secolo: « Si tratta di un dono che Dio fa della sua grazia e del suo perdono della vita precedente, trascorsa nel peccato, affinché gli uomini possano superare il giudizio ».13

Il fulcro della predicazione: Cristo è risuscitato
Fino a qui, San Paolo faceva il suo annuncio della Fede in termini principalmente filosofici, ma era giunto il momento di entrare nel fulcro della questione: Cristo risuscitò dai morti. Questa Resurrezione tante volte predicata da lui, come si legge negli ultimi capitoli degli Atti degli Apostoli, forse è ciò che più gli causò accuse e persecuzioni. Così afferma il domenicano Michel Gourgues: « La fede nella Resurrezione di Gesù e la speranza nella resurrezione dei morti si presentano con insistenza come l’oggetto centrale della Fede e della predicazione cristiana e come il principale motivo delle opposizioni e delle accuse contro Paolo ».14
San Paolo diede dappertutto testimonianza della Resurrezione di Cristo in una forma tale che egli ben meritava di esser soprannominato Apostolo della Resurrezione. « L’apparizione di Cristo risuscitato a Paolo vicino a Damasco è un’esperienza di vita chiave per la fede e per l’insegnamento dell’Apostolo ».15 Come avrebbe potuto lui, allora, stare zitto riguardo a questo favoloso avvenimento?
Invece, quando lo udirono parlare di resurrezione dei morti, alcuni dei suoi ascoltatori si beffarono di lui ed altri interruppero il discorso, dicendo ironicamente: « Ti sentiremo su questo un’altra volta » (At 17, 32).
Gustavo Kralj

Così, dunque, i greci che credevano nell’immortalità dell’anima non furono capaci di accettare la resurrezione dei morti, cosa che oltrepassava i limiti della loro ragione, e per questo si presero gioco dell’Apostolo e della sua dottrina. Ma, questi stessi apologisti della sapienza e della logica non riuscivano a capire l’irrazionalità che presupponeva l’adorare dèi fatti di oro, argento, pietra o legno, prodotti dell’arte e dell’immaginazione dell’uomo.

Apparente insuccesso, risultati evidenti

Fu un insuccesso la predicazione di Paolo nell’Areopago?

Apparentemente, sì. Alcuni commentatori, anzi, furono indotti a pensare che la lettera scritta anni dopo alla comunità di Corinto avesse riconosciuto l’insuccesso di questo discorso: « Anch’io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. [...] La mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza » (I Cor 2, 1-2.4a).
In realtà, San Paolo non fece invano questa sua fiera proclamazione di fede nella Resurrezione di Cristo. In primo luogo, il suo esempio serve da prezioso stimolo per quanti sono chiamati ad annunciare il Vangelo negli areopaghi paganizzanti di tutti i tempi e città. Oltre a questo, « alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionigi membro dell’Areopago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro » (At 17, 34).
Degli altri convertiti, poco o nulla si sa. Ma prestiamo attenzione al soprannome di Areopagita, che indica trattarsi di un membro dell’elite intellettuale e giudiziaria della Grecia. Infatti, « questo titolo presuppone che Dionigi fosse un personaggio molto influente, poiché secondo le leggi di Atene, si arrivava a questa elevata posizione solamente dopo aver occupato un altro posto ufficiale importante e raggiunta l’età di sessant’anni ».16
©santiebeati.it

Così San Dionigi Areopagita entrò nella Storia come modello di pensatore convertito, che non ebbe bisogno di rinnegare la sua cultura e scienza per diventare cristiano. Al contrario, le sue notevoli qualità intellettuali e la vastità delle sue conoscenze giuridiche e filosofiche furono messe al servizio della Chiesa e caratterizzarono, senza dubbio, il suo ministero episcopale come primo Vescovo di Atene.

La Fede cristiana autentica non limita la ragione
Lo stesso avviene con qualsiasi popolo o nazione che decida di aprire le sue porte alle benefiche influenze della Chiesa. Insegna, a questo proposito, il Beato Giovanni Paolo II: « L’annuncio del Vangelo nelle diverse culture, esigendo da ognuno dei destinatari l’adesione alla Fede, non gli impedisce di conservre la propria identità culturale ».17
San Paolo si mostrò fedele all’annuncio della Buona Novella, adattandosi alle circostanze concrete che dovette affrontare ad Atene; fedele fu anche Dionigi, ricevendo umilmente la Rivelazione. Infatti, come ci insegna Papa Benedetto XVI, la tendenza moderna di considerare vero solamente lo sperimentale, limita la ragione umana. L’autentica Fede cristiana non impone limiti alla ragione, al contrario, incontrandosi e dialogando, entrambe possono esprimersi meglio. « La fede presuppone la ragione e la perfeziona; la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio e delle realtà spirituali. La ragione umana non perde nulla aprendosi ai contenuti della fede, d’altronde, essi esigono la sua adesione libera e cosciente ».18

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