Archive pour mai, 2013

27 MAGGIO: SANT’AGOSTINO DI CANTERBURY

http://it.cathopedia.org/wiki/Sant’Agostino_di_Canterbury

27 MAGGIO: SANT’AGOSTINO DI CANTERBURY

Da Cathopedia, l’enciclopedia cattolica.

Vescovo, Santo

Sant’Agostino, vescovo di Canterbury in Inghilterra, che fu mandato dal Papa san Gregorio Magno insieme ad altri monaci a predicare la parola di Dio agli Angli: accolto con benevolenza da Edilberto re del Kent, imitò la vita apostolica della Chiesa delle origini, convertì il re e molti altri alla fede cristiana e istituì in questa terra numerose sedi episcopali. Morì il 26 maggio. »
Sant’Agostino di Canterbury, in latino Augustinus Cantiacorum (Roma, 13 novembre 534; † Canterbury, 26 maggio 604), [1] è stato un monaco britannico e primo arcivescovo di Canterbury.
Venerato come santo da cattolici e anglicani, è conosciuto anche come l’Apostolo d’Inghilterra. Fu infatti inviato presso il re (Bretwalda capo supremo della Britannia) Ethelbert del Kent, in Inghilterra, da papa Gregorio I nel 597. Fu accompagnato da san Lorenzo, secondo arcivescovo di Canterbury.
Biografia
Dopo l’invasione dei Sassoni (V-VI secolo), in Britannia si era diffuso il paganesimo e l’idolatria, in precedenza soppiantati dal cristianesimo. La situazione vide un’inversione di tendenza quando il re del Kent Etelberto, sposò Berta, figlia del cristiano Cariberto I, re di Parigi e pupilla di san Gregorio di Tours al tempo in cui aveva occupato un posto eminente alla corte dei Merovingi. Ella portò con sé il cappellano e vescovo di Senlis Liudhard (Luidardo). La piccola comunità cattolica, con l’appoggio della regina e la tolleranza del marito, poté erigere, o forse solo restaurare, una chiesa a Canterbury, che fu dedicata a san Martino di Tours, patrono della famiglia della regina (i Merovingi).
Etelberto, interessato al nuovo culto, chiese a papa Gregorio I di inviare dei missionari. Gregorio affidò il compito a un gruppo di 40 monaci benedettini del monastero romano di Sant’Andrea sul Celio, di cui Agostino era priore. Partito nel 597, Agostino raggiunse la Provenza ma, spaventato dai racconti che facevano i Sassoni su di un popolo crudele e intollerante, tornò a Roma, rinunciando all’incarico. Il pontefice riuscì però a rincuorarlo, e alla fine Agostino raggiunse l’isola di Thanet, accolto dal re in persona. Egli lo accompagnò a Canterbury e qui il monaco fu messo a capo della comunità. In breve tempo, lo stesso sovrano e migliaia di sudditi (secondo la tradizione, circa 10.000) chiesero il battesimo. Agostino rimaneva nel frattempo in contatto con il papa, elencando i successi conseguiti e chiedendo consigli.
Nel 601 Mellito, Giusto e altri portarono, assieme alle risposte del Papa, dei libri, alcune reliquie ma soprattutto il pallium simbolo del servizio arcivescovile. Da questo momento Agostino divenne primate d’Inghilterra. Gregorio I indicò al nuovo arcivescovo di ordinare quanto prima dodici nuovi vescovi ausiliari e di inviare un vescovo a York. Nel 604 Agostino consacrò Mellito vescovo di Londra e Giusto vescovo di Rochester.
Seguendo le disposizioni del papa in materia di luoghi di culto, Agostino riconsacrò e ricostruì una vecchia chiesa a Canterbury, che divenne cattedrale, e fondò un monastero.
La Scuola reale di Canterbury attribuisce ad Agostino la propria fondazione, il che ne farebbe la scuola più antica del mondo, anche se le prime fonti documentarie risalgono al XVI secolo[2].
Agostino cercò, senza successo, di riunire le comunità evangelizzate dai monaci irlandesi alle nuove, direttamente dipendenti da Roma, ma solo dopo il sinodo di Whitby del 664 la Chiesa celtica rinuncerà alle sue tradizioni. L’opera risultò in effetti molto difficoltosa e vide numerosi insuccessi. L’attività del santo fu tuttavia importante perché alla base dell’evangelizzazione della Gran Bretagna.
Morì il 26 maggio del 604 e fu sepolto a Canterbury, nella chiesa dell’abbazia dedicata ai santi Pietro e Paolo (oggi abbazia di Sant’Agostino).

OGGI COME ALLORA (ebraismo)

http://www.pensieriditora.it/index.php/2012/04/oggi-come-allora/

OGGI COME ALLORA

Posted on 3 aprile 2012

Questa è la libertà? Si domandarono gli ebrei nel giorno dell’uscita dall’Egitto. Quale sarà la nostra nuova identità? Si chiesero persone che fino a pochi giorni prima non avevano più il coraggio di porsi domande. Questo è il gusto della libertà? Tentarono di capire individui i cui corpi erano ancora segnati dalla violenza della schiavitù d’Egitto. Libertà è prendere la divinità del posto e sacrificarla senza timore davanti agli occhi di chi la venera, rispose  Mosè spiegando le regole del sacrificio pasquale. La vostra nuova identità consisterà nell’essere la nazione ebraica. In poche parole, i servi di D-o, continuò Mosè chiarendo il motivo della loro venuta in questo mondo a centinaia di migliaia di individui. Sapete quale è il vero sapore della libertà? Domandò Mosè senza dar tempo di rispondere. Quello dello shabat, degli animali kasher, del pane non lievitato che oggi portate con voi. Il tempo passò. E i figli dei figli dei figli di coloro che un giorno uscirono dall’Egitto, si ritrovarono in un mondo incapace di dare risposte. Questa è vera libertà? Si domandano quei figli le cui attività lavorative non subiscono mai nessuna interruzione, sette giorni su sette. Quale è la nostra vera identità? Chiedono all’improvviso quei figli poco abituati a porsi domande sul motivo per cui si trovano in questo mondo. Questo è il vero gusto della libertà? Tentano di capire quei figli a cui è stato insegnato che le regole divine sono una limitazione alla libertà individuale. Libertà è essere in grado di pensare da ebreo. Senza timore e vergogna. Indipendentemente da chi ci sta davanti. E dal modo in cui la pensa il mondo intero.  Risponde Rabbi Menachem Mendel Schneerson, il Rebbe, il cui scopo di vita fu di salvare i propri fratelli ebrei dal nemico più subdolo e imprevedibile. L’assimiliazione. La nostra vera identità consiste nel cercare le risposte nelle parole della Torà, continua il Rebbe a ripetere durante ogni giorno della sua vita. La libertà ha il gusto del cibo kasher. Delle matzot di pesach, del maror e charoset. La vera libertà sta qui. Conlcude il Rebbe ricordando che ogni ebreo possiede le forze spirituali per stravolgere tutto. Per mangiare pane azzimo durante otto lunghi giorni mentre il mondo là fuori festeggia con uova e colombe. Riscrivendo  il vero significato di libertà ispirandosi a fonti non riportate sui dizionari. Libertà è la possibilità di procedere al di là dei mass media, di mode e correnti. È portare avanti un pensiero autonomo e non condizionato. È essere capaci, nonostante il mondo là fuori martelli pesante, di scuotersi dalla schiavitù delle influenze esterne. È sedersi alla tavola del Seder il 6 e 7 aprile 2012 e trasmettere ai figli una rinnovata certezza. Che la vera libertà consiste nel servire D-o. Oggi come allora.

Pesach Kasher vesameach

Gheula Canarutto Nemni

Publié dans:EBRAISMO, EBRAISMO - STUDI |on 27 mai, 2013 |Pas de commentaires »

IL NOSTRO ESSERE È PAROLA: «SUL DIALOGO» DI MARTIN BUBER

http://www.zenit.org/it/articles/il-nostro-essere-e-parola

IL NOSTRO ESSERE È PAROLA

«SUL DIALOGO» DI MARTIN BUBER

Roma, 27 Maggio 2013 (Zenit.org) Robert Cheaib

Ci sono tre specie di dialogo: quello autentico, quello tecnico, e il monologo travestito da dialogo. Così Martin Buber riassume i tipi di dialogo, mostrando che l’essere dialogico non è necessariamente l’essere che parla. Il dialogo autentico, infatti, può essere sia parlato sia silente. La sua essenza non consiste nella chiacchiera, ma nel fatto che «ciascuno dei partecipanti intende l’altro o gli altri nella loro esistenza e particolarità e si rivolge loro con l’intenzione di far nascere tra loro una vivente reciprocità».

Il dialogo tecnico, è il dialogo convenzionale delle professioni, volto a un’intesa oggettiva. La negazione del dialogo, invece, è «il monologo travestito da dialogo, in cui due o più uomini riuniti in un luogo, in modo stranamente contorto e indiretto, parlano solo con se stessi e tuttavia si credono sottratti alla pena del dover contare solo su di sé».

Il libretto Sul dialogo. Parole che attraversano, di Martin Buber è un invito a conoscere la natura esigente del dialogo. Il dialogo ci configura e ci trasfigura… è una cosa seria!Uno può lavorare anche nell’aiuto umanitario e trovarsi quotidianamente a parlare con gli altri, ma rimanere al di qua dell’esistenza dialogica perché «vita dialogica non è quella in cui si ha a che fare con molti uomini, ma quella in cui si ha davvero a che fare con gli uomini con cui si ha a che fare» (47). L’eremita a volte può portare nel cuore un dialogo empatico con il mondo che un uomo immerso e affogato nelle folle può solo sognare.

D’altronde, «come anche lo scambio di parole più animato non costituisce una conversazione (ne è una chiara prova quello strano sport esercitato da uomini dotati in certa misura di pensiero, che, con una parola che coglie nel segno, viene chiamato discussione, dibattito), così, d’altra parte, una conversazione non necessita di suoni, neppure di gesti» (11). Si pensi al dialogo silente degli occhi degli innamorati, i quali con uno sguardo comunicano e si capiscono.

Il sacramento dialogico

L’ingresso nel dialogo avviene quando cadono le maschere e si abbandonano le riserve. Lì, l’altare è pronto per «il sacramento della parola dialogica». La «sacramentalità» non significa che la comunicazione dialogica avviene in un processo «mistico» (almeno non soltanto, e non ordinariamente). Essa avviene, piuttosto, «in un processo fattuale nel vero senso della parola, del tutto inserito nel comune mondo umano e nella concreta scansione temporale» (14).

Non ci capita a volte, nel frastuono della città e nell’affollamento di una metrò, di incontrare – sì, dico incontrare – una persona e di sperimentare una rivelazione di un volto, di una «natura dialogica»? La dialogicità, infatti, non è limitata al rapporto che gli uomini hanno gli uni con gli altri. Essa è «un atteggiamento degli uomini gli uni verso gli altri, atteggiamento che solo nel loro rapporto si manifesta» (21).

Il dialogo e Lui

La parola orizzontale e la parola verticale non sono scindibili: «Sopra e sotto sono legati l’uno all’altro. La parola di colui che vuole parlare con gli uomini senza parlare con Dio non trova compimento; ma la parola di colui che vuole parlare con Dio senza parlare con gli uomini si smarrisce» (36).

Buber offre un racconto molto incisivo al riguardo: «Si racconta che una volta un uomo entusiasta di Dio, abbandonando il regno della creazione, vagò nel grande vuoto. Lì andò errando, finché giunse alle porte del segreto. Bussò. Da dentro gli fu chiesto: “Che cosa cerchi qui?”. Disse: “Ho proclamato la tua lode agli orecchi dei mortali, ma erano sordi alla mia parola. Allora giungo a te, perché tu stesso mi ascolti e mi risponda”. “Torna indietro”, si udì dall’interno, “qui non c’è orecchio per te. Ho inabissato il mio udito nella sordità dei mortali”» (37).

L’appello di Dio – nella Scrittura e nella storia – è rivolto nello spazio della lingua vissuta. È nello spazio dell’effimero che si incontra l’Eterno.

Se il rapporto con Dio è amore, l’amore non può essere senza dialogo, senza esodo, senza andare incontro all’altro, l’amore che rimane presso di sé è diabolico (49).

Il movimento dialogico è un «rivolgersi», è assumere l’altro, empatire con lui, attenderlo ed essere attenti a lui. È difficile? – senza dubbio, ma è possibile! D’altronde, «il dialogo non si impone a nessuno. La risposta non è dovuta; ma rispondere si può» (78). Questa è la sfida del dialogo che Buber continua a lanciarci. È una sfida di umanizzazione della nostra umanità!

*

Santissima Trinità

Santissima Trinità dans immagini sacre Holy-Trinity-Hungarian

http://www.doctrinalhomilyoutlines.com/2013/05/the-solemnity-of-the-most-holy-trinity-may-26/

Publié dans:immagini sacre |on 25 mai, 2013 |Pas de commentaires »

SOLENNITÀ DELLA SS. TRINITÀ : UFFICIO DELLE LETTURE

SOLENNITÀ DELLA SS. TRINITÀ : UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla prima lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo     2, 1-16

Il grande mistero della volontà d Dio
Fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi presentai ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
Tra i perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla; parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.
Sta scritto infatti:
Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano (Is 64, 4).
Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. L’uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. L’uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno.
Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo dirigere? (Sap 9, 13).
Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.

Responsorio    Cfr. Ef 1, 17. 18; 1 Cor 2, 12
R. Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Illumini gli occhi della vostra mente * per comprendere a quale speranza egli vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi.
V. Non avete ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio;
R. per comprendere a quale speranza egli vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi.

Seconda Lettura
Dalle «Lettere» di sant’Atanasio, vescovo
(Lett. 1 a Serap. 28-30; PG 26, 594-595. 599)

Luce, splendore e grazia della Trinità
Non sarebbe cosa inutile ricercare l’antica tradizione, la dottrina e la fede della Chiesa cattolica, quella s’intende che il Signore ci ha insegnato, che gli apostoli hanno predicato, che i padri hanno conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale, se qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere cristiano, né venir chiamato tale.
La nostra fede è questa: la Trinità santa e perfetta è quella che è distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma è tutta potenza creatrice e forza operativa. Una è la sua natura, identica a se stessa. Uno è il principio attivo e una l’operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, è mantenuta intatta l’unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che è al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed è in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). E’ al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo.
L’apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 4-6).
Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito è in noi, è anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi è anche il Padre, e così si realizza quanto è detto: «Verremo io e il Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Dove infatti vi è la luce, là vi è anche lo splendore; e dove vi è lo splendore, ivi c’è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia.
Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia è il dono che viene dato nella Trinità, è concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l’amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito.

Responsorio    Cfr. Cantico dei tre fanciulli; Dn 3, 56
R. Adoriamo il Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo: * a te la lode, a te la gloria nei secoli!
V. Benedetto sei tu, o Dio, nel firmamento del cielo:
R. a te la lode, a te la gloria nei secoli!

Fresco of the Holy Trinity, Vatopedi Monastery, Mt Athos

Fresco of the Holy Trinity, Vatopedi Monastery, Mt Athos dans immagini sacre moni_vatopediou_fresco_1000ad

http://iconreader.wordpress.com/2011/10/27/holy-trinity-icon-of-the-written-stone-monastery/

Publié dans:immagini sacre |on 24 mai, 2013 |Pas de commentaires »

SS. TRINITÀ – COMMENTO DI MARIE NOËLLE THABUT SU PROVERBI 8, 22-31

http://www.eglise.catholique.fr/foi-et-vie-chretienne/commentaires-de-marie-noelle-thabut.html

DIMANCHE 26 MAI : COMMENTAIRES DE MARIE NOËLLE THABUT

PREMIERE LECTURE – Proverbes 8, 22-31

(traduzione Google)

(il commento a romani 5,1-5, l’ho già messo in precedenza)

Per gli uomini della Bibbia, non c’è dubbio che Dio ha condotto il mondo con saggezza! « Tu hai fatto ogni cosa con sapienza », dice il Salmo 104 (103), che abbiamo cantato per la Pentecoste. E ‘così evidente che arriva anche a scrivere il discorso intero su questo argomento. Questo è il caso del testo che abbiamo appena letto: si tratta di una vera e propria predicazione sul tema: « Fratelli miei, non impegnate la vostra vita sulla strada sbagliata. Dio solo sa che cosa è bene per l’uomo, di rispettare l’ordine delle cose che ha stabilito fin dall’inizio del mondo, questo è l’unico modo per essere felici. « 
 Per dare più peso alla sua predicazione, l’autore parla la sapienza stessa, come se fosse una persona. Ma non fare errore: si tratta di un dispositivo letterario, l’evidenza è che nel prossimo capitolo, Lady Follia parla anche.
 Quindi, per il momento, questa è Lady Sapienza che viene a noi prima osservazione, che non parla la sua … lei ne parla solo in termini di Dio, come se fossero inseparabili. « Il Signore mi ha dato per lui all’inizio della sua azione … Prima che il mondo, mi è stato based (cioè Dio) … Quando la profondità non esistevano, sono stato portato via (cioè Dio) … Quando Dio ha stabilito le fondamenta della terra, io ero lì al suo fianco … « Così tra Dio e la Sapienza è un rapporto molto forte intimità … La credenza giudaica in un Dio non ha mai considerato un Dio uno e trino: ma sembra che qui, senza abbandonare l’unicità di Dio, la folla al cuore stesso di Dio A, c’è un mistero di dialogo e di comunione.
 Seconda osservazione: « prima » è la parola che compare più spesso in questo passaggio! « Il Signore mi ha fatto prima che i suoi lavori più grandi … PRIMA i secoli, ho fondato … IN PRINCIPIO prima della comparsa della terra. Il profondo non esisteva ancora, non c’era sorgenti zampillanti, sono stato portato via. PRIMA i monti fossero fondati, prima delle colline, io sono stata generata. Anche se Dio non aveva fatto la terra, né i campi, né il mondo argilla primitivo quando affermissait cielo, io ero il … « E ‘chiaro il motto è: » Ero lì per tutta l’eternità, prima di tutte la creazione « … Quindi non vi è un forte accento sulla priorità dei quali è chiamato Saggezza su tutta la creazione.
 Terzo punto, la Sapienza ha un ruolo nella creazione: « Quando Dio richiedeva al mare il suo limite, che le acque non dovrebbero superare le sponde, quando ha stabilito le fondamenta della terra, io ero con lui come prime contractor « . Per un bel lavoro come si crea un vero e proprio tripudio: « Ero lì la mia gioia ogni giorno, a giocare davanti a lui in ogni momento, giocando su tutta la terra, e deliziando con il figlio dell’uomo. « La sapienza è con Dio ed » è la sua delizia « con Dio … è con noi … ed « è la sua delizia » con noi. Si intende qui come un’eco del ritornello della Genesi: « Dio vide che era cosa buona », ancora di più, il sesto giorno, subito dopo la creazione dell’uomo che era come il culmine di tutta la sua opera, « Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona! »(Gn 1, 31).
 Così, questo testo rivela un aspetto particolare e altamente positivo della fede di Israele: la Sapienza eterna ha presieduto l’intera opera della creazione: l’insistenza del testo è molto forte su questo, possiamo dedurre due cose: in primo luogo, fin dagli albori del mondo, l’umanità e il cosmo immersi nella sapienza di Dio. In secondo luogo, il mondo creato non è così disordinato Sapienza è il prime contractor. Questo dovrebbe coinvolgere noi di non perdere mai la fede. Infine, è la follia della fede, per il coraggio di credere che Dio è sempre presente nella vita degli uomini, e più egli trova piacere nella nostra azienda … E ‘follia, ma il fatto è che se Dio continua instancabilmente per fornire il suo patto d’amore, è perché « è ogni giorno delizia con il figlio dell’uomo ».
 Una domanda rimane: perché questo testo è offerta per la festa della Trinità? Non abbiamo mai sentito parlare di Trinità in queste righe, o anche le parole Padre, Figlio e Spirito.
 Per quanto riguarda il libro dei Proverbi, non è sorprendente, come quando è stato scritto, non si trattava di Trinità non solo la parola non esisteva, ma l’idea della Trinità non toccato nessuno. In un primo momento, per il popolo eletto, la prima priorità era quella di allegare all’Unico Dio, da qui la lotta feroce di tutti i profeti contro l’idolatria e politeismo, perché la vocazione di questo popolo è proprio quello di testimoniare l’unico Dio, non dimenticare questa frase dal libro del Deuteronomio: « A voi è stato dato di vedere, in modo da sapere che è il Signore è Dio, non vi è nulla di diverso da lui. « 
 Primo passo, dunque, per scoprire che Dio è uno, non c’è dubbio molte persone divine! Solo più tardi, i credenti imparano che solo Dio non significa solo, che è Trinità. Questo mistero della vita trinitaria ha cominciato ad essere indovinato nella meditazione del Nuovo Testamento, dopo la risurrezione di Cristo. A questo punto, quando gli Apostoli e gli scrittori del Nuovo Testamento hanno cominciato a vedere questo mistero, hanno cominciato a scrutare le Scritture e così hanno fatto quello che viene chiamato un replay, e, in particolare, hanno letto linee che abbiamo sentito parlare e la sapienza di Dio e leggerlo nella persona di Cristo filigrana.
 San Giovanni, per esempio, ha scritto: « In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio … « E tu sai quanto quella frase in greco ha detto una profonda comunione, un continuo dialogo d’amore. Il libro dei Proverbi, lui non era ancora lì.
 ——————-
 Complemento
 Ireneo e Teofilo di Antiochia identificati Sapienza con lo Spirito, e l’Origene identificato con il Figlio. E ‘questa seconda interpretazione che è stata alla fine adottata dalla teologia.

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