IL SAN PAOLO DI JACQUES MARITAIN: LA VITA È DRAMMA, NON TRAGEDIA
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IL SAN PAOLO DI JACQUES MARITAIN
LA VITA È DRAMMA, NON TRAGEDIA
Tre sono le opere di Jacques Maritain che hanno avuto la più larga diffusione nel mondo, suscitando consensi e dissensi, Il primato dello spirituale (1927) Umanesimo integrale (1936) e Il contadino della Garonna (1966), e in tutte abbondano le citazioni dalle Lettere di san Paolo. Ma per conoscere la profondità dell’influenza del pensiero paolino su Maritain bisogna esplorare l’Opera omnia controllando tutti i riferimenti e i rimandi nei temi teologici, politici, culturali della sua lunga riflessione filosofica.
Maritain parte dall’analisi del nodo cruciale della riflessione paolina, la relazione tra la legge e la grazia.
L’uomo è libero, Dio rispetta la sua libertà, ma la libertà di scelta tra il bene e il male non è la vera libertà, è soltanto la possibilità della libertà, perché l’uomo è realmente libero quando, potendo fare il male, fa il bene e realizza se stesso. Per scegliere occorre una regola, una legge con cui misurare il proprio comportamento.
“Il fatto che ciascuno sarà giudicato secondo le sue opere costituisce agli occhi di Paolo un’indiscutibile premessa, un presupposto, di tutto ciò che egli dice. I pagani saranno giudicati in base alla loro legge, che è la norma di condotta invisibilmente presente alla loro coscienza, in virtù della natura e dei misteriosi suggerimenti divini. I giudei saranno giudicati in base alla loro legge, che è la legge di Dio, scritta e resa pubblica, la legge di Mosè”. San Paolo ci indica i due errori da evitare: la pretesa di salvarsi da sé o di salvarsi con la semplice conformazione alla legge naturale o mosaica. “L’illusione capitale, a questo punto, è quella di credere che siamo noi a salvarci (o a giustificarci) da soli, con le sole energie della nostra anima e della nostra volontà tese a conformare esattamente la nostra condotta alle regole morali o ai precetti religiosi posti dall’esterno davanti ai nostri occhi”.
Poiché la legge trascende la coscienza, l’uomo non può giudicarsi e giustificarsi da solo. Le riflessioni di Maritain, nelle Nove lezioni sulle prime nozioni della filosofia morale, si raccordano all’insegnamento di san Paolo. “La legge da sola è incapace di rendermi buono, la legge può condannarmi, ma non salvarmi. Amo il bene che mi comanda, ma non voglio farlo. La legge costringe, condanna la mia volontà ribelle”. Si ha qui un netto superamento della morale kantiana, perché si passa dalla colpa al peccato, riconoscendo che l’infrazione della legge è un’offesa al Legislatore, per cui la morale deve, senza perdere il suo valore, risolversi nella religione.
Si passa da iussum a iustum, in quanto una norma non è giusta perché è comandata dalla coscienza, ma è comandata dalla coscienza perché è giusta in se stessa, per cui quando si infrange la legge non ci si sente solo in colpa verso se stessi, ma in peccato verso il Legislatore, fondamento ultimo della norma.
Si passa così da un vivere secondo la legge (coscienza sociale) e da un vivere per la legge (coscienza morale) a un vivere oltre la legge (coscienza religiosa). Maritain precisa: “Il limite insormontabile contro il quale urta la filosofia è dovuto al fatto che questa conosce senza dubbio i soggetti, ma li conosce come oggetti, risulta totalmente circoscritta entro la relazione intelligenza-oggetto, mentre la religione si inscrive nella relazione tra soggetto e soggetto”.
È proprio questa relazione religiosa che è mancata al paganesimo: “San Paolo incolpa la sapienza pagana di non avere riconosciuto questa gloria di Dio che pur conosceva. Certo conoscere questa gloria significa già adorarla. Ma sapere che Dio è un Io trascendente, e sovrano, ed entrare, invece, con tutto il proprio bagaglio e la propria esistenza in carne e ossa, nel rapporto vitale in cui la soggettività creata viene messa di fronte a questa soggettività trascendente, attende da essa la propria salvezza, trema e ama, sono due cose ben diverse. Questo secondo atteggiamento riguarda la religione”. La coscienza religiosa non cancella, bensì include la coscienza morale. Infatti “una volta giustificato, l’uomo è tenuto più che mai a operare bene, non perché le opere umane siano idonee, da sole, a salvarlo, ma perché le buone opere procedono dalla carità che ha ricevuto in dono”.
Da filosofo precisa che, con le opere, dalla carità “l’uomo, agendo liberamente sotto l’influenza della grazia divina riceve dalla misericordia di Dio la dignità di causa seconda e strumentale nelle vicende della propria salvezza”.
La legge è santa, eppure è foriera di morte, ma il Cristo ci affranca dal regime della legge, perché Dio, che per la libertà dell’uomo permette il male, ripara quel non-essere che l’uomo ha introdotto nella storia. È il dramma della storia dell’uomo, ma non è una tragedia, come intende il pensiero pagano prigioniero della fatalità – basti pensare alle tragedie di Sofocle e all’esistenzialismo di Sartre – perché nel sacrificio di Cristo ha una soluzione positiva per tutti gli uomini, che accettano e partecipano all’Amore riparatore di Dio.
Anche in questo senso la carità è il vertice della vita morale, come dice san Paolo e Maritain commenta: “L’amore è la pienezza della legge. È l’amore che permette realmente e integralmente tutti gli altri comandamenti. La carità è inseparabile dalla fede e dalla speranza, ma delle tre virtù teologali che ci vengono donate dalla grazia della giustificazione gratuita, la più grande, quella che merita la vita eterna, è la carità”.
Anzi la carità è la stessa vita eterna, come ci dice Benedetto XVI nella sua prima enciclica Deus caritas est. Anche le riflessioni ecclesiologiche di Maritain nascono dalla meditazione ”che la Chiesa è una persona, non una moltitudine dotata, in senso analogico, di una personalità morale, ma veramente una persona, e questo è il suo privilegio, essenzialmente soprannaturale e unico”.
Piero Viotto
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